ORAZIONE IN LODE
DI S. PIETRO APOSTOLO
RECITATA NELLA CHIESA DI S. FERDINANDO IN NAPOLI
Dal P. M. COSTANTINO ROSSINI
Tu es Petrus et super hanc petram ædificabo Ecclesiam.
[S. Matteo, Capo XVI].
[Saggio di eloquenza sacra– Parte Seconda. – Tipogr. De Cristofaro, Napoli, 1854]
Dovendo, spettabilissimi uditori, tenere a voi ragionamento di Pietro che il principato si ebbe in fra tutti gli Apostoli: dovendo tessere le laudi di un discepolo del Cristo, a cui Egli commetteva la potestà suprema di legare, e di sciogliere: dovendo alla vostra mente, e alla vostra fede incarnare con la mia povera parola le virtù, di lui, per le quali è insieme fondamento e vertice della Chiesa di Dio: il mio pensiero in tanta vastità, in tanta amplitudine, ed in tanta altezza di grado, e di postura; smarrisce, e smarrito si arresta. E di vero; se io mi fo a considerarlo quanto all’imperio, per Daniele mi si dice la potestà di lui essere sempiterna, ed il suo regno di generazione in generazione: potestas ejus, potestas sempiterna, et regnum ejus in generationem, et generationem. Se mi fo a contemplarlo nella sua fede, ella fu tale, e tanta che il Verbo incarnato ebbe a dirgli, la carne, e il sague non a te fu maestra, ma il Padre mio che è nei cieli: caro, et sanguis non revelavit libi, sed Pater meus qui in cœlis est. Se mi fo ad affissarlo nella sua carità, ed ella fu tanto viva, e tanto fervente, che il divin maestro vedendo in lui l’immagine dell’amor suo, volle sopra gli omeri di lui posar le fondamenta della sua Chiesa: tu es Petrus, et super hanc petram ædificabo Ecclesiam meam. Se mi fo a risguardare l’amore che portò ai suoi fratelli, fu questo così intenso, e per modo sentito che l’eterno Pastore a lui trasferiva del gregge redimito la pastura « pascola le mie pecore: pasce oves meas. » Se mi fo ad addentrare la fortezza del suo animo, ed a lui fu detto, « conferma i tuoi fratelli qualche volta vacillanti: confirma fratres tuos. » Se pongo mente al suo apostolato, ed egli dopo aver seminato il semente della parola divina nell’Asia, ed aver qua, e là molte Chiese fondate, diritto si volge a Roma, regina dell’universo, e asilo di tutti gli errori de’ popoli conquistati, e quivi rovesciato il Panteon, stabilisce la sua cattedra, onde il magno Leone disse: ad hanc Urbem, beatissime Petre venire non metuis … silvam frementium bestiarum. Se da ultimo mi fo a riflettere alla sua umiltà, ed egli nel versare il sangue, che fu l’umor fecondante della sua fede; volle capovolto esser crocefisso, reputando indegno morir sulla Croce nel modo che l’immacolato Agnello moriva. Egli adunque il maggiore, ed il Principe degli Apostoli, egli il candelabro acceso innanzi al tabernacolo di Dio, egli la pietra angolare dell’edificio gettato sulla terra dal Redentore, egli il pastore vigilantissimo del gregge di Cristo, egli la ferma colonna del tempio di rigenerazione, egli la tromba sonora che rintrona negli estremi della terra la sacra parola, egli la cattedra della vera sapienza nella scuola della fede, egli il custode, ed interprete delle ieratiche dottrine, egli l’esempio vivo della vera umiltà. Perloché primeggiando egli nella fede, nella carità, nella fortezza, nello zelo, nella umiltà, nell’imperio, e nella dignità; l’acume del pensiero tanta celsitudine non mai raggiunge, né tutta quanta può cogliere la grandezza di lui. Laonde perchè il mio ragionare fosse ad un’ora e all’altezza del soggetto in qualche modo dicevole, e alla vostra aspettazione corrispondente, m’ingegnerò dimostrarvi esser Pietro la pietra fondamentale dell’edilizio civile: I riflessione: esser Pietro la pietra fondamentale dell’edificio II. riflessione: esser Pietro la pietra fondamentale dell’edificio spirituale, III. riflessione. Epperò la pietra angolare del regno del Cristo : Tu es Petrus, et super hanc petram ædifìcabo Ecclesiam meam.
I . Che Pietro sia la pietra fondamentale dell’edifìcio civile, frughiamo col pensiero indagatore la civile comunanza prima della società del Cristo, e fuori questa società. Cerchiamo la famiglia domestica nella Città, e fuori dell’eterna Città, che il Verbo del Padre venne a porre in atto sulla terra. – Smarrita l’uomo l’idea per la sua ribellione a Dio, smarriva seco e il dritto, e lo scopo del dritto. E di vero: richiamando alla mente la famiglia domestica, fondamento della civil famiglia; in questa non si vede che un capo il cui dritto riposa nell’essere il più forte, ed è questo il marito. La donna non è, che istrumento delle sue voluttà, delle sue libidini, non è che l’oggetto de’ suoi appetiti, l’esca, ed il fuoco delle sue lascivie, e se ei l’ama, non è amor di amicizia, amor d’istinto, il quale intiepidisce, e s’infredda appena avvizzano le rose delle sue guance, non appena si appanna il rubino delle labbra, l’aureo color delle chiome, il vermiglio del suo seno, le grazie della persona. Perdute le quali, non è più compagna della sua vita, obbietto delle sue tenerezze, ond’è che rimane deserta, abbandonata, ed in preda delle sventure, e delle miserie, delle lacrime. I figliuoli, in questa famiglia domestica, non sono che proprietà del padre, accessione pel suo conjugio. Egli ha il dritto di alienare, di vendere, di uccidere la propria prole, né la tenera età, né la debolezza, né il pianto, né i vezzi fanciulleschi, né le grazie, né l’amore istintivo. è loro di scudo all’arbitrio, ed all’ira del padre. I servi, in questa famiglia, non sono che strumenti di lavoro, e di fatiche, ed organi passivi del capriccio delle furie del padrone. Egli li condanna alla fame, ed al digiuno, alle torture, ed ai flagelli, gli vende nei mercati, gli uccide né sospetti, e la proprietà materiale ha più valore della proprietà personale. Questa è la famiglia domestica di Atene, di Sparta, di Grecia, di Roma, questa è la famiglia dell’Asia, e dell’America in cui la luce del Vangelo non è stata ancora ricevuta. Se tale adunque è la famiglia domestica, quale poi non è la famiglia civile? Guerre, discordie, lizze, soprusi, favore, arbitrio, violenza, ecco il corredo della civile comunanza prima del Cristianesimo. Venne sulla terra il Verbo dal Padre, rischiarò le nebbie della umana ragione, seminò il buon semente della divina parola, ruppe le catene del servaggio, strinse il freno alle passioni, e all’imperio della forza, sostituì l’imperio del dritto. Nel Cristianesimo la moglie è la tenera compagna della vita, uguale ne’ diritti, nei doveri al marito, perché sta scritto « ciò che Dio congiunse, l’uomo non può separare. È questo connubio gran sacramento al dir di Paolo, ed è simbolo di quel connubio che il Cristo stringeva indivisibilmente con la Chiesa. Nel Cristianesimo i figliuoli non sono accessioni, e proprietà dei parenti, non è loro dato il potere di uccidere, e di alienare, perocché essi non sono che pegni della bontà consegnati ai genitori, e tenere piatite che debbono allevare all’ombra vitale del Vangelo, perché sta scritto: “lasciate i pargoli venissero a me”. Nel Cristianesimo i servi non sono animali condannati alle più dure fatiche, semoventi al capriccio del padrone, ma perché figli del medesimo Padre celeste, e rigenerati alla fede del Cristo, son fratelli al Signore, e soci, e compagni nella famiglia. Nel Cristianesimo non solamente vennero restituiti i dritti alle persone, ma eziandio venne garantito il diritto, od imposto il rispetto, imponendo l’esercizio delle morali virtù, nel qual esercizio sta ogni bene. E se la società civile è composta dalla società domestica, migliorata l’una ch’è base e fondamento, senza dubitare è migliorata l’altra. Oltre a ciò, se a sentenza di due gravi Sapienti della Gentilità, non vi può essere civile comunanza senza religione, e senza vera religione; ivi questa civile società di uomini è perfetta, ove la religione è vera, e dove la religione è santa. E se non vi è verità di religione fuori della religione del Cristo, aperto conseguita che vi può esser consorzio veramente civile fuori della Chiesa. E dove mai, spettabilissimi Signori, questa Chiesa riposa? Portatevi col pensiero nelle parti di Cesarea, ed ecco al vostro cospetto un uomo mite di cuore, mansueto negli atti, gentile nei modi, soave nelle parole: eccolo in mezzo ad un cerchio de’ suoi discepoli, altri vengono dalle reti, altri dal traffico, e tutti dalla gente minuta, rozzi di costume, ignari di lettere, poveri di fortuna e ruvidi della persona. Ecco che così dice « Chi dicono essere il Figliuol dell’uomo? Altri rispondono, gli uomini forse, avendo riguardo alla solitudine della tua vita, alla forza della tua voce, alla calca delle turbe che spesso ti seguono, alla rigidità del tuo costume, dicono esser tu il Battista, e la voce che grida nel deserto, preparate la via del Signore: altri avendo forse riguardo alle luce di cui sul monte flagrò il tuo volto e le tue vestimenta addivenir bianche come la neve, dicono esser tu Elia dal carro infuocato: altri avendo riguardo alle tue profetiche parole, ai tuoi avverati vaticini, ed all’altezza delle dottrine, dicono esser tu Geremia, o uno de’ profeti della Santa Città. Ed egli allora disse, se ciò dicono di me gli uomini, di me che dite? E Pietro rispose, tu sei il Cristo, Figliuolo di Dio vivo: allora il Maestro, vedendo risosta cotale Tirata non esser opera del sangue, e della carne, ma della Grazia che in lui potentemente operò; rispose; sei beato, o Simone Bariona, ed io ti dico tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò fa mia Chiesa, ed ecco Pietro pietra fondamentale dell’edificio civile, perciocché, Pietro innalzando la bandiera della Croce, predicando ai popoli esser Figliuoli del medesimo Padre cioè Iddio; le varie razze degli uomini si ridussero all’unità, le varie famiglie all’unico principio. Sparvero le divisioni degli imperi, dei Regni, delle Provincie: sparve alla luce del Vangelo l’opposizione, e la varietà delle complessioni dipendenti dal vario cielo, dal vario clima: sparve al suono della parola divina che rintronò per tutti gli angoli della terra la varietà, e l’opposizione dei riti, dei culti: sparve alla parola di pace la discordia, e la guerra che divideva, e insanguinava le nazioni: parve alla promulgazione della legge del perdono l’odio intestino che rodeva lentamente gli umani: sparve alla nuova dottrina la dissonanza delle opinioni, e degli errori: sparve al nuovo patto la tenebra che avvolgeva gli umani intelletti, si ruppero le cabine del servaggio cui l’angelo delle tenebre teneva stretti i figliuoli della colpa. E predicandosi un Dio principio, e fine degli esseri, predicando il Cristo Redentore del genere umano, predicando un culto, ed un rito, predicando una legge, ed un dritto stabilì quella teocrazia perfetta desiderata dai Santi, veduta dai Profeti, conosciuta in fra le tenebre della ragione dai Sapienti della terra, e disegnata ab eterno nella mente di Dio: quella teocrazia in cui Iddio realmente comunica cogli uomini, e gli uomini con Dio: quella teocrazia in cui scopo è la verità per essenza, la virtù, la felicità eterna dei popoli: quella teocrazia ch’è fondamento, è radice, è mezzo, è fine di ogni civile comunanza: quella teocrazia insomma che restituiva agli uomini il dritto usurpato, dettava la legge infallibile, e segnava la meta cui devono tendere incessantemente e governanti, e governati, perché uno è il pastore, ed uno l’ovile. Ma Pietro non è pure pietra fondamentale dell’edificio civile, sebbene pietra fondamentale dell’edilizio morale.
- Per quaranta secoli -, l’umana ragione si era studiata trovare un principio di giure, un criterio di bene e di male, un modo a distinguere la virtù, e il vizio, e per quaranta secoli non altro si era veduto, che errori, congetture, opinioni. I Greci che tanto s’innalzarono sugli altri, e che nella sapienza riponevano ogni umana grandezza, i Greci stessi che in contemplando trapassavano, e consumavano i giorni, nella variabilità quasiché infinita delle molle principali delle umane azioni, nel complesso indefinito degli effetti non avevano potuto con l’analisi pervenire al primo principio, giungere alla prima cagione. I Legislatori più prudenti, e più maturi si veggono smarrire il sentiero, e senza tipo di giusto, e di bene sanzionare false leggi. Dracone detta leggi di sangue: Licurgo reputato sapientissimo punisce la deformità, e per fare robusti gli uomini eradica il pudore: Solone signoreggiato dall’idea di patria grandezza corrompe la severità de’ nativi costumi. Zeleuco sancisce la legge di vendetta. Numa rende superstizioso un popolo sorto dal coraggio, e dal valore. Caronda legittima il furto. Ma non pure i Legislatori, i Filosofi più accurati, e maggiormente intesi alla morale degli uomini, errabondano nel campo della ragione, e malgrado tanti sforzi, tante vigilie, tante fatiche; non sanno discendere nell’uman cuore, e trovare la prima forza che l’abita, né sanno salire nella mente, e vedere lo scopo a cui tende, e la destinazione per la quale venne creato. – Pitagora altro non vede che armonia nel creato, e da questa armonia vuol ricavare la legge. Platone non vede che tipi, ed a questi tipi vuol ridurre la norma. Aristotile non iscopre che sviluppamento sociale, ed in questo sviluppamento ripone il dritto. Zenone non altro vede, che relazioni tra azioni, ed obblighi, ed in questa reciprocanza statuisce il Catecon. Cicerone non altro vede che consentimento universale di popoli, ed in questo consentimento alloga l’officio. Epicuro altro non scorge che voluttà, ed in questa voluttà statuisce la virtù. Quindi nei magni Filosofi non altro si vede che aberrazioni di mente. L’umana ragione dunque errava di sistema in sistema, di opinioni in opinioni, di errore in errore senza poter conoscere il vero, il buono, il giusto. Nella lotta di tanti sistemi, nella discordia di vari elementi politici, contrasto di varie credenze, appare un uomo di invano cerchi l’educazione, invano il luogo della giovanil dimora, invano la scuola delle dottrina che professa. Parla, e divien muta la Sinagoga, si muove, e le turbe lo seguono, comanda, e la natura gli ubbidisce, opera ed una serie di meraviglie lo accompagna. Non profeta, predica l’avvenire, non dottore, adempie e modifica la legge, non filosofo, ritrova il legame della società, non politico stabilisce il fondamento di un’ ampia famiglia. Quest’uomo misteriosamente pacifico minaccia una guerra, mentre è umile, affronta i superbi, mentr’è inerme, combatte, e vince i secoli, mentre è solo lotta con gl’lmperii. Questo essere misterioso, quest’uomo dei portenti è il Verbo del Padre: la sua lingua grida amore, ed ecco a questa parola onnipotente fuggir la guerra nel luogo dond’era sbucata, estinguersi la fiaccola della discordia. La sua lingua grida pazienza, ed ecco spuntati i pungoli del dolore, delle ingiurie, dei morbi, degli affanni, della morte. La sua lingua grida perdono, ed ecco attutite le vendette, racquetati gli odii, estinte le ire. La sua lingua grida povertà, ed ecco abborrite le grandezze, detestati i tesori. La sua lingua grida abnegazione, ed ecco l’uomo dal mondo del senso, della voluttà, rientrato nel mondo della contemplazione, della mortificazione. Tutte queste dottrine le compie con l’esemplo di se stesso: la legge la scrive con il suo sangue, la vita l’apre con la sua morte, l’ira l’espugna col suo sacrificio, l’inferno lo vince con la sua passione. Questo potere, il Verbo del Padre, trasmette agi Apostoli con quelle parole « come mandò me il Padre, così io mando voi, andate nella universal terra, predicate il mio Vangelo, battezzate le creature nel Nome del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito Santo. E dopo questa missione, e questo potere delegato rivolto a Pietro dice, e tu conferma i tuoi fratelli qualvolta volta vacillanti. Ed Egli perché fosse la pietra fontale dell’edificio morale, e come colonna sopra riposava cotanto apostolato; dal centro della Galilea, altri manda nella Siria, altri nell’Acaja, altri nella Giudea, altri nella Bitinia, altri nell’Armenia, altri nella Macedonia, altri nella Grecia, altri nell’Epiro, altri| in Cartagine, altri nelle Gallie, ed ei medesimo stabilita la Cattedra in Antiochia, dopo la predicazione in varie Regioni, e Città, prende la volta dell’Italia, e pervenuto in questa Regione Signora, e Regina dell’universo, parla e l’ira depone il suo tosco, l’avarizia lascia le sue arche, la libidine rompe i suoi lacci, la superbia depone il suo cipiglio, l’ambizione si spoglia dei suoi titoli. Parla e l’ipocrisia si denuda del velo, la menzogna, e l’errore perde le sue apparenze ed i pregiudizi, e le superstizioni di quaranta secoli vengono eradicate dall’annoso tronco. E qui si vedono rovesciati gli altari sozzi di sangue, altrove i fani, ed i delubri tramutati in tempio del Signore, altrove gli Oracoli caduti da’ loro tripodi, altrove l’areopago confuso: qui i panteon distrutti, qui i sistemi filosofici obbliati, altrove le aquile tarpate le penne, altrove lo stendardo della guerra umiliato al vessillo della Croce, e tutta l’umanità per lo innanzi divisa in principati, in caste, in reami, in imperii, lacerata da discordie e da ire intestine, sorretta da affetti, da opinioni, guidata dal senso, dal capriccio, rientrare nell’unità di famiglia, nell’unità di fede, avendo per fondamento la pace, per guida la Croce, per iscopo un bene che avanza i desiderii. Ben dunque vi diceva sin da prima che Pietro è la pietra fondamentale dell’edificio morale.
III. Il Cristo assumendo nella sua Persona l’umana natura, sublimava seco l’umanità. E però come il Padre si compiace di Lui giusta quelle parole, tu sei il mio figliuolo diletto in cui mi son compiaciuto; compiacendosi, si compiace ancora della natura umana nella persona del Cristo. E se prima per la ribellione al suo volere il genere degli uomini venne condannato al dolore, all’ira, ed alla morte; dopo la pienezza del tempo, rediviva la natura per il Cristo, sottentrava al dolore il gaudio, all’ira la clemenza, alla morte la vita. E pel novello Adamo offerto il cruento olocausto, vinto l’inferno, espugnata la morte, rovesciata la muraglia di bronzo che separava dal Cielo la terra, eretta di nuovo la scala di Giacobbe che pone il piede nel disco della terra, e la cima al trono di Dio, avvenne che fosse 1′ umanità conciliata col Cielo, la fattura in grazia del suo fattore, e l’uomo con Dio; donde nel Cristo quella perfetta teocrazia in cui Iddio realmente comunica cogli uomini, e gli uomini con Dio; gli uni, e l’altro avente il medesimo scopo, il medesimo fine. E però il Cristo è il vero Signore degli uomini, il ministro della salute del genere umano, ed il capo del nuovo gregge. Questo suo potere ei lo delega a Pietro, perciocché vedendo in lui quella carità di cui Egli fin dai secoli eterni arse per la salute degli uomini; vedendo in lui quell’amore di cui sempre palpitò il suo tenero cuore, quella carità, e quell’amore che è l’epigrafe della sua bandiera, la legge del suo imperio, la catena de’ suoi soci, e il patto sanzionato con la sua Chiesa; a lui rivolto, sicuro dell’amor di Pietro in lui, e per lui nel suo ovile, disse, a te do le chiavi del regno de’ Cieli, tu aprirai a tua posta le porte della celeste Sionne, tu chiuderai a tuo arbitrio le porte dell’inferno: tu scioglierai, e legherai, sulla terra: tu imporrai le mani sopra i miei eletti, e lo Spirito che da me, e dal Padre procede, scenderà su di loro: tu insomma avrai quel potere nella terra che io ebbi dal Padre mio. E Pietro rispose nella carità, perché aveva risposto nella fede, quindi pervenuto a Roma, condotta a salute nel Tevere la nave del Vangelo innalzato sul Campidoglio l’albero trionfale del riscatto, stabilita sopra eterne fondamenta la cattedra di verità, perché in tutto fosse somigliante al suo maestro, compiva il suo sacrificio nel centro dell’Universo, e Roma pagana signora de’ popoli, santificata dal sangue del principe degli Apostoli, addivenne signora, e Regina di un impero che ha per limiti la terra, e il Cielo, il visibile, e l’invisibile, per sudditi le generazioni, per legge la fede, per capo, Iddio, per fine l’eternità. – Salve adunque, o Pietro, salve, o pietra fondamentale dell’edificio civile, pietra fondamentale di edilizio morale, pietra fondamentale di edilizio spirituale. Deh! tu in questi tempi in cui l’errore tenta di spandere la tenebrosa sua ala in questo Cielo d’Italia rischiarato sempre dal vivo fuoco che tu accendevi nel centro di essa, e dalla luce che perenne splenderà e splende fino alla conclusione dei secoli, deh! tu tarpa le sue penne, tronca i suoi muscoli, dissipa le sue ombre, perché conosciuto il vero, le nostre menti fossero tratte dal suo bello, e dal suo bene, ed a lui strette nella milizia della vita, lo fruissero poi nel trionfo della gloria.
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In questo giorno di festa, auguriamo al Santo Padre, Gregorio XVIII, lunga vita, salutandolo con le parole che l’Angelo rivolse a Pietro nel liberarlo dalla prigione: “Petre, exurge velociter… et ceciderunt catenae de manibus ejus”. [Act. XII, 7]