Catechismo dogmatico (XII)
[Giuseppe Frassinetti, priore di S. Sabina di Genova:
Ed. Quinta, P. Piccadori, Parma, 1860]
APPENDICE
SUL MODO D’INSEGNARE
LA DOTTRINA CRISTIANA AI FANCIULLI.
§ I .
Dell’importanza di questo insegnamento.
1. La cognizione di Dio e delle verità da Lui rivelate è il primo e il sommo bisogno dell’uomo: privo di essa, percorrendo la vita più infelice in questo mondo, va a terminare in una eterna miseria nell’altro. Questo suo primo e sommo bisogno, addiviene urgente tosto che il lume della ragione ne rischiara l’intendimento; quindi mentre ogni altra istruzione si potrebbe differire al fanciullo per gli anni appresso, questa della Religione non gli può essere ritardata. Per la qual cosa l’insegnamento della dottrina cristiana ai fanciulli è della più alta importanza, di assoluta necessità.
2. Inoltre è da notare che l’età della più verde adolescenza è la più adatta a tale istruzione, mentre che se le prime idee che sono comunicate al fanciullo quando perviene all’uso della ragione sono le idee cristiane, queste gli rimangono quasi naturali e profondamente impresse; quindi si trova Cristiano quasi nato e non fatto, né facilmente soffre che gli vengano alterate, o scambiate nelle età successive. L’istruzione cristiana cominciata ai primi albori dell’intelligenza, e continuata poi, com’è dovere, con paziente e solerte perseveranza, è la più grande guarentigia che possa aversi per la buona riuscita dell’adolescente, dell’uomo.
3. Egli è per questo che i Concili Generali, i Sommi Pontefici e i Vescovi prescrivono con gli ordini più pressanti e severi, che non si lasci mancare questa istruzione ai fanciulli: egli è per questo che gli uomini più eminenti in dottrina e in santità, l’hanno sempre promossa con indefesso zelo, e si pregiarono costantemente di amministrarla personalmente essi stessi.
§ II.
Del modo che sì deve tenere in questo insegnamento.
1. L’insegnamento deve essere uniforme. Perciò ai fanciulli si deve insegnare soltanto il Catechismo della Diocesi e, se è possibile, procurare che l’imparino tutto materialmente. Se si usassero catechismi diversi si produrrebbe una considerabile confusione; inoltre la materialità delle parole più facilmente si ritiene, e questa conserva nella memoria più lungamente la sostanza, ossia l’intelligenza delle cose.
2. Non si vuol dire però che si debba insegnare il catechismo solo materialmente. Lo devono mostrare soltanto materialmente le persone che non sono istruite nella teologia; queste bisogna si contentino d’insegnare il catechismo siccome sta senza sminuzzarlo, e spiegarlo, perché mancanti delle opportune cognizioni teologiche, insegnerebbero alle volte dei gravi errori; chi poi è istruito sufficientemente, procuri di sminuzzarlo, di spiegarlo secondo la capacità dei fanciulli, affinché meglio lo comprendano, e le verità che vi si contengono facciano più viva impressione nei loro animi.
3. Ma qui si avverta di non credere sempre cosa facile ed opportuna, lo sminuzzare molto sottilmente ai fanciulli le verità della Dottrina Cristiana; ella non è sempre cosa facile, perché nei misteri della Fede non si può sapere tutto ciò che si vorrebbe, ma soltanto quello che dei medesimi Dio ha voluto manifestare. Diceva Sant’Atanasio, a riguardo del mistero della Ss. Trinità, che noi ci dobbiamo contentare di saperne quel tanto che ce ne insegna la Chiesa, e che il rimanente lo coprono i Cherubini con le loro ali. Similmente nel mistero della Incarnazione, della Grazia e in tutti gli altri, non bisogna pretendere di dare ragione di ogni difficoltà che vi s’incontri, o di essere al caso d’intendere tutto e di tutto spiegare. Non è poi cosa opportuna, poiché quantunque chi insegna la Dottrina Cristiana fosse dottissimo, e al caso di trattare delle verità cattoliche con la maggior profondità e sottigliezza, non sarebbe questa cosa adattata per li fanciulli, i quali appena intendono le cose principali, e all’ingrosso. Si sminuzzi adunque la dottrina cristiana, ma non molto sottilmente, affinché apprendano le cose necessarie, e frattanto non restino più confusi che illuminati.
4. Un’altra importante avvertenza, è quella di non toccare quelle obbiezioni alle quali non si può dare una risposta che appieno soddisfi il grosso ingegno dei fanciulli, né quelle difficoltà che non si possano appianare con ragioni palpabili, e quasi direi materiali, delle quali soltanto è capace la loro mente. Ai fanciulli si devono dare quelle cognizioni che sono importanti a sapersi per tutti, e con la possibile chiarezza e semplicità: eglino non devono o confutare gli eretici, o salire le cattedre. – Questa avvertenza è necessaria ai chierici studenti, i quali alle volte vorrebbero insegnare ai fanciulli tutto ciò che essi vanno imparando nelle scuole.
5. Bisogna istruire i fanciulli gradatamente, cominciando dalle cose più necessarie a sapersi, e da quelle progredendo a tutte le altre; non si devono pertanto istruire sopra molte cose confusamente. Bisognerà, p. es., prima istruirli sull’esistenza di Dio, sopra i suoi Attributi, quindi sopra i misteri della Trinità, l’Incarnazione ecc., e progredire in tal modo di materia in materia, senza confusione. È ben vero però che spesso bisognerà ritornare sulle materie anteriori affinché non le dimentichino. E qui si osservi essere cosa importante, il far prendere ai fanciulli una idea grande di Dio, e la più grande che sia possibile spiegando loro i suoi Divini Attributi, giacché questa idea grande servirà molto, perché quindi facciano nei loro cuori maggiore impressione le massime del Santo Amore, e del Santo Timor di Dio. Si sa che Dio è poco amato e poco temuto da tanti Cristiani, perché hanno troppo poca cognizione della sua Bontà, e della sua Grandezza.
6. Si avverta che nell’istruire i fanciulli non si può pretendere da tutti la stessa riuscita. Perciò si deve procurare che i più svelti, d’ingegno pronto e di memoria tenace, imparino più cose, e conviene contentarsi che tanti altri, tardi d’ingegno e di poca memoria, imparino soltanto le cose più necessarie; si perde il tempo quando si vuole che un di questi impari molte cose come le imparano tanti altri di maggiore capacità, e non si fa che confonderne l’intendimento; laonde il prudente catechista non cercherà d’istruire i fanciulli di grossolano ingegno che intorno alle verità più importanti, e talora più indispensabili a sapersi.
§ III.
Delle massime che si devono instillare
ai fanciulli.
1. È insegnamento della Dottrina Cristiana: ai fanciulli non dev’essere un insegnamento nudo e secco delle verità della Fede, come sarebbe: vi è Dio, vi è l’inferno, vi è il Paradiso, i Sacramenti sono sette ecc., ma dev’essere un insegnamento sugoso il quale mentre illumina la mente, formi anche il cuore. – Si riesce a questo con l’insegnamento e la dilucidazione delle buone massime cristiane, e qui se ne metteranno per esempio e norma alcune principali. La prima massima è quella che Dio ci ha messo al mondo, non perché mangiamo, beviamo, ci divertiamo ecc., ma perché lo conosciamo, lo amiamo, lo serviamo e lo andiamo poi a godere in Paradiso; e questa massima come fondamentale bisogna spiegarla bene, e fare intendere ai fanciulli che chiunque non istà al mondo per conoscere, amare, servire Iddio e per guadagnarsi il Paradiso, al mondo sta male, e si merita di esserne levato, come si merita di essere tagliata nel campo quella vigna che non fa uva, quella ficaia che non fa fichi.
2. Che la grazia di Dio è il maggior tesoro, anzi l’unico vero tesoro che sia al mondo; che per conservarsi la grazia di Dio nel cuore, bisognerebbe gettar via un mondo intero quando fosse nostro, se per conservarla convenisse gettarlo via.
3. Che la peggior cosa è il peccato, il quale ci priva di quella grazia, e che sarebbe meglio tenersi un serpente vivo in seno, che un peccato mortale sull’anima; e siccome chi avesse un serpente vivo in seno non potrebbe né mangiare, né dormire, né divertirsi pel timore che da un momento all’altro gli desse la morte, così la persona, se ha un po’ di Fede, pare impossibile che possa mangiare, dormire, divertirsi, quando ha il peccato mortale sull’anima che da un momento all’altro la può precipitare all’inferno; che perciò quando uno avesse la disgrazia, la più spaventosa di tutte, di commettere un peccato mortale, dovrebbe fare subito vivi atti di contrizione, e poi confessarsene al più presto possibile.
4. Che chi ha compagnie cattive non ha bisogno di demonio che lo tenti per andare all’inferno; che un cattivo compagno alle volte, fa più danno all’anima di quello che non le farebbe un demonio. Che se non sono cattive compagnie, almeno sono sempre pericolose, e non piacciono agli Angeli Custodi, le compagnie promiscue di fanciulli e fanciulle insieme.
5. Che è meglio non confessarsi, che confessarsi male tacendo dei peccati; e a questo oggetto sarà cosa opportuna l’addurre qualche terribile esempio di confessioni mal fatte.
6. Che bisogna esercitarsi negli atti di amor di Dio, i quali al dire di Santa Teresa sono come le legna che mantengono e fanno crescere nel nostro cuore il santo fuoco dell’Amor di Dio. E qui sarà bene suggerire ai fanciulli la pratica di farne spesso tra il giorno, quali sarebbero: Mio Dio vi amo sopra ogni cosa. Signore vi amo con tutto il mio cuore. Convengono i teologi che i fanciulli tosto che arrivano all’uso della ragione sono obbligati a fare atti di amor di Dio; tuttavia, generalmente parlando, si trascura di ammaestrarli e di eccitarli all’adempimento di questo loro dovere, cui per la loro irriflessione badano poco o nulla. Per ottenere che prendano la consuetudine di fare spesso atti di amor di Dio, sarà bene di tempo in tempo interrogarli domandandone loro conto.
7. Che un vero devoto della Madonna non si è dannato mai; e qui bisogna avvertire ad instillare nel cuore dei fanciulli questa divozione tenera e fervente, procurando che tengano Maria in conto della più buona Madre, e a Lei ricorrano in tutti i loro bisogni. Tra le altre pratiche che loro si potrebbero suggerire questa sarebbe facile, e molto fruttuosa; che cioè recitassero tre Ave mattina e sera con questa breve orazione — Cara Madre, guardatemi dal peccato mortale. — Cara Madre piuttosto morire, che offender Dio.
8. Se queste ed altre massime s’instilleranno nel cuore dei fanciulli e dei giovinetti, ai quali s’insegna la Dottrina Cristiana, si formeranno al bene e alla pietà molto facilmente, e queste massime ben impresse nella prima età, non si scancelleranno mai più in avvenire.
§ IV.
Delle qualità che si deve procurare chi insegna la Dottrina Cristiana ai fanciulli.
1. Chi si mette ad istruire i fanciulli bisogna che sia paziente, grave, e manieroso. Bisogna in primo luogo che sia paziente, perchè i fanciulli, o per indole alquanto trista, o per rozzezza di educazione, o per inconsiderazione, e leggerezza sono alle volte difficili e tediosi: bisogna compatirli; tutto il male in loro non è malizia: di certi difetti alle volte non ne possono far di meno; diceva però bene quel Santo ai fanciulli: state savii se potete. Molte leggerezze o mancanze, che non sono d’altronde di gran conseguenza, conviene far mostra di non osservarle; bisogna sgridarli, o castigarli all’opportunità, quando le mancanze sono veramente considerabili, se il fanciullo si sente sempre sgridare, e si vede sempre castigato per ogni bagatella, non sapendo come evitare tanti gridi o castighi, non bada più né a questi né a quelli, e si forma di un’indole insensibile, e quindi incorreggibile.
2. Bisogna quindi che conservi la conveniente gravità, affinché i fanciulli abbiano sempre per lo maestro il necessario rispetto, senza cui non vi sarà né attenzione né profitto. Per tanto richiedesi che il Catechista si tenga sempre in certo decoro dì aspetto e di maniere, sicché i fanciulli lo rispettino. La quale avvertenza è necessaria in modo particolare, anche per altri titoli, a chi istruisce le fanciulle.
3. La gravità non deve essere disgiunta dalla buona maniera, affinché i fanciulli gustino di trattenersi con chi loro insegna la Dottrina. Chi usa aspre maniere e ributtanti, aliena gli animi dei fanciulli dalla Dottrina Cristiana; quei pochi che v’intervengono si tediano, si divagano, e nulla apprendono.
4. Quelli per altro, che insegnano la Dottrina Cristiana con vero zelo, non si trovano mai privi delle richieste qualità; perché l’amor di Dio lor insegna ogni modo opportuno per far profitto. Abbiano dunque molto amor di Dio, considerino quanto sia cosa importante istruire le menti, e formare i cuori dei giovinetti, e quindi sperino abbondante frutto dalle loro fatiche. Fatiche le quali, agli occhi di alcuni, sembrano poco onorevoli e poco stimabili, perché sono dirette alla tenera età, e il più delle volte ai fanciulli rozzi e malnati; ma che sono preziosissime agli occhi di Dio, il quale non riguarda le cose coi pregiudizi dell’umana vanità.
DOTTRINE NOTEVOLI PER L’AMMINISTRAZIONE DEI SS. SACRAMENTI AGL’INFERMI.
1. Riguardante la Confessione.
Qualunque Cristiano, sia uomo, sia donna in occasione d’infermità, anche non pericolosa di morte, per cui sia impedito di portarsi alla Chiesa, può confessarsi in casa: e ciò per più ragioni. Prima di tutto perché il Cristiano, potrebbe trovarsi in istato di peccato mortale, indi aver bisogno della Confessione per rimettersi in grazia di Dio. In secondo luogo, perché le malattie le quali sul principio non sembrano pericolose di morte, si aggravano alle volte improvvisamente, togliendo all’infermo anche l’uso dei sentimenti. Inoltre questa dottrina si rileva dai decreti del Concilio Lateranese sotto il Papa Innocenzo III e di S. Pio V. Questi decreti sono generali, tanto per gli uomini come per le donne, come sono generali le ragioni che indussero la Chiesa ad emanarli. Si noti che per ricevere questo Sacramento non fa bisogno della licenza del medico; che anzi sarebbe cosa ridicola chiedere licenza al medico di far ciò che non solo permette, ma ordina la Chiesa.
2. Riguardante il Ss. Viatico.
Come si può vedere in tutti i teologi, si può amministrare il Ss. Viatico ogni volta che la malattia è grave, ossia pericolosa di morte, quantunque vi sia ancora buona speranza di guarigione; e si dice grave, ossia pericolosa di morte, perché la gravità del male è necessariamente congiunta al pericolo della vita: anzi in tutte le malattie gravi, si possono sempre temere fatali peggioramenti anche precipitosi. Eccettuati i casi evidenti, di questa gravità e pericolo giudica il medico. Ma è da notare che, qualora l’infermo avesse argomenti da credere grave e pericolosa la propria malattia, purché seriamente il medico non gli asserisca il contrario, potrebbe esigere che gli fosse amministrato il Ss. Viatico, ancorché con tutta verità gli si dicesse non essere disperata la sua malattia, ed anzi dare buone speranze di risanamento.
III. Riguardante l’Estrema Unzione.
Primieramente si deve notare che questo Sacramento si chiama con tal nome, non perché debba darsi agli estremi momenti della vita; ma perchè è l’estrema, ossia l’ultima delle sacre unzioni che dà la Chiesa. In secondo luogo si deve osservare che l’Estrema Unzione si può amministrare come il Ss. Viatico, ogni volta che la malattia è grave, ossia pericolosa di morte, come si è detto. E poiché questo è un punto nel quale comunemente v’ha maggiore ignoranza, sarà bene sentire come ne parli s. Alfonso (Homo Apost. de Ex. Unct. n. 7). Ecco la fedele traduzione delle sue parole: « Comunemente dicono i Dottori che basta che l’infermità sia pericolosa di morte, almeno remotamente, cosi Suarez, Layman, Castropalao, Bonacina, Conninchio, i Salmanticesi ed altri. Basta perciò che vi sia un pericolo anche remoto. Prova quindi questa dottrina con le autorità dei Concili di Aquisgrana, di Magonza, di Firenze e di Trento; quindi segue: « Ma più chiaramente ciò si conferma da Benedetto XIV nella Bolla già citata, dove dice che il Sacramento dell’Estrema Unzione non si amministri a coloro che sono sani; ma soltanto a coloro che hanno una grave malattia: per il che dice rettamente Castropalao, che tutte le volte che si può dare il Viatico all’infermo non digiuno, si può dare, ed è espediente che si dia l’Estrema Unzione, « Per tanto l’infermo, ricevuto che abbia il Ss. Viatico, può domandare l’Estrema Unzione con diritto che gli sia data (A Parigi si costuma di dare l’Estrema Unzione immediatamente dopo il Viatico, come si legge nella Vita di Vittorina di Gallard morta nel 1836 – Vita, parte IV-). Queste avvertenze potranno servire di regola non solo agl’infermi, ma anche ai loro parenti ed ai medici.
PROFESSIONE DI FEDE CATTOLICA
Io N. N. credo e confesso con ferma fede tutti e ciascun articolo compreso nel simbolo di fede, del quale si serve la Santa Chiesa Romana, cioè:
Credo in un solo Dio Padre Onnipotente, Creatore del Cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili; e in un solo Gesù Cristo, Figlio di Dio unigenito, e nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, Lume da Lume, vero Dio dal vero Dio, generato e non fatto, consostanziale al Padre, per mezzo del quale furono fatte tutte le cose, che per amore verso noi uomini, e per la nostra salute è disceso dai Cieli, e ha preso carne dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, e si è fatto uomo: che è stato crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, ha patito e fu seppellito, che è risuscitato nel terzo giorno, giusta le Scritture, ed è salito al Cielo, che è seduto alla destra dei Padre; e che verrà un’altra volta con gloria a giudicare i vivi ed i morti, di cui il regno non avrà più fine. Credo nello Spirito Santo, Signore e Vivificatore, il quale procede dal Padre e dal Figliuolo, e che è adorato e glorificato col Padre e col Figliuolo, che ha parlato per bocca dei Profeti. Credo la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica. Riconosco un solo Battesimo per la remissione dei peccati, ed aspetto la risurrezione de’ morti, e la vita del futuro secolo. Così è. – Ammetto ed abbraccio fermamente le apostoliche ed ecclesiastiche tradizioni, e tutte le altre osservanze e costituzioni della Chiesa medesima. Ammetto inoltre la Sacra Scrittura nel senso che ha sempre tenuto, e tiene anche oggi la Santa Madre Chiesa, alla quale appartiene di giudicare del vero senso e della vera interpretazione delle Sante Scritture, e non le intenderò, e non le interpreterò mai altrimenti, che secondo il consenso unanime dei santi Padri. Confesso altresì che vi sono propriamente e veramente sette Sacramenti della nuova legge, instituiti da Gesù Cristo Signor nostro, per la salute del genere umano, comecché non tutti siano necessari alla salvezza di ciascuno in particolare. Tali sono: il Battesimo, la Cresima, l’Eucarestia, la Penitenza, l’Estrema Unzione, l’Ordine, e il Matrimonio. Credo che questi Sacramenti conferiscono tutti la grazia, e che tra questi il Battesimo, la Cresima, e l’Ordine non si possono ricevere che una sola volta senza sacrilegio. – Accetto, ed abbraccio del pari i riti dalla Chiesa Cattolica ricevuti ed approvati nella amministrazione solenne di tutti i suddetti Sacramenti: accetto ed abbraccio ogni e qualunque cosa che è stata definita e dichiarata nel Sacrosanto Concilio di Trento circa il peccato originale e la giustificazione. Confesso similmente, che nella santa Messa si offre a Dio vero, proprio e propiziatorio Sacrifizio per i vivi e per i morti; e che nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia è veramente, realmente e sostanzialmente il Corpo e il Sangue in un con l’Anima e Divinità di nostro Signor Gesù Cristo, e che si opera una conversione di tutta la sostanza del pane nel Corpo, e di tutta la sostanza del vino nel Sangue, il qual cangiamento la Chiesa Cattolica chiama Transustanziazione. Confesso altresì che Gesù Cristo v’è tutto ed intero, ed il vero Sacramento ricevasi sotto l’una e l’altra delle due specie. Tengo costantemente esservi il Purgatorio, e credo che le anime quivi detenute sono sollevate ed aiutate dai suffragi de’ fedeli. Credo per egual maniera, che i Santi che regnano con Gesù Cristo debbono essere onorati ed invocati, e che offrono le loro orazioni a Dio in favor nostro, e che le loro reliquie devono essere venerate. – Affermo fermissimamente che le immagini di Gesù Cristo e della Madre di Dio sempre Vergine, siccome quelle degli altri Santi, debbono essere conservate, ritenute e onorate con la debita venerazione. Affermo anche che il potere di concedere Indulgenze, è stato lasciato da Gesù Cristo nella Chiesa, e che il loro uso è salutevolissimo al popolo Cristiano. Riconosco la Santa Chiesa Romana Cattolica ed Apostolica per madre e maestra di tutte le Chiese, e giuro e prometto una vera obbedienza al Pontefice Romano, Vicario di Gesù Cristo, successore di S. Pietro, principe degli Apostoli. Confesso e ricevo similmente, senza alcun’esitazione tutte le altre cose lasciate per tradizione, definite e dichiarate dai sacri Canoni, e dai Concili ecumenici, e segnatamente dal Sacrosanto Concilio di Trento, e similmente condanno, rigetto, ed anatematizzo tutte le cose contrarie e tutte le eresie, quali e quante mai sono state condannate, rigettate e anatematizzate dalla Chiesa. – Questa Fede vera e Cattolica, fuor della quale nessuno può salvarsi, che professo ora e di mia spontanea volontà, e che tengo fermamente e sinceramente, io N. N. giuro, prometto, e m’impegno di tenerla e di professarla col soccorso di Dio costantemente e inviolabilmente in ogni sua parte fino all’ultimo mio respiro, e di procurare, per quanto è da me, che sia predicata, insegnata ed osservata da tutti coloro che dipendono da me e da quelli tutti che saranno alla mia cura commessi. Così Dio mi aiuti, ecc.
Ha il Cristiano Cattolico in questa professione un eccellente Atto di Fede, e sicura norma per conoscere tutti i protestanti.
FINE