G. FRASSINETTI: IL CATECHISMO DOGMATICO (XI)

Catechismo dogmatico (XI)

[Giuseppe Frassinetti, priore di S. Sabina di Genova:

Ed. Quinta, P. Piccadori, Parma, 1860]

Cap. VII.

§. V.

Della penitenza.

— La Penitenza è un Sacramento della nuova legge?

La Penitenza è una virtù morale soprannaturale, che inclina il peccatore alla detestazione, e al dolore dei propri peccati in quanto sono offesa di Dio, con proposito di emenda e di soddisfazione. « Questa virtù fu sempre necessaria ai peccatori anche nella Legge antica affinché ottenessero il perdono dei loro peccati, e Gesù Cristo innalzò al grado di Sacramento; cosicché quando la Penitenza ha i dovuti requisiti secondo l’istituzione di Cristo, è un vero Sacramento ( Halert c. 1.)

— La Penitenza dunque non è sempre un Sacramento?

Quando vi è non solo il dolore del peccato commesso, non solo il proponimento di emendarsi e di soddisfare alla Divina Giustizia; ma vi è ancora la confessione del peccato fatta al Sacerdote approvato per le confessioni, e l’assoluzione dello stesso, allora è di Fede che sia un vero Sacramento; quando poi mancano queste due cose è una semplice virtù.

— Come si definisce il Sacramento della Penitenza?

« Un Sacramento istituito da Gesù Cristo in cui per gli atti del penitente e l’assoluzione del Sacerdote approvato, si rimettono i peccati commessi dopo il Battesimo.

— Qual è la materia di questo Sacramento?

La materia rimota di questo Sacramento sono i peccati commessi dopo il Battesimo, la materia prossima sono la contrizione, la confessione degli stessi peccati, e la soddisfazione.

— Tutti i peccati commessi dopo il Battesimo sono ugualmente materia di questo Sacramento?

I peccati mortali non ancora confessati sono materia necessaria, sicché questi, tolto il caso di vera impotenza, bisogna confessarli per ottenerne il perdono; i peccati veniali poi, e tutti gli altri peccati mortali già confessati, sono materia sufficiente, sicché non vi è obbligo di confessarli, ma si possono confessare, e non avendone altri, ricevere per questi solo l’assoluzione.

— In caso di vera impotenza come restano perdonati i peccati mortali senza la Confessione?

Restano perdonati mediante la contrizione perfetta la quale include il desiderio, ossia il voto della confessione, come abbiamo detto nel Cap. 3, §. 4.

— È bene frequentare la Confessione quando non si hanno peccati mortali?

É certamente cosa ben fatta, conforme al desiderio di S. Chiesa, e alla pratica dei fervorosi Cristiani.

— Che cosa è la contrizione?

Il Concilio di Trento (sess. IV, c. 4) la definisce: « Un dolore di animo, e detestazione del peccato commesso accompagnato dal proponimento di non più peccare ». Altra è  perfetta quando questo dolore nasce del perfetto amor di Dio, altra è imperfetta quando nasce da un motivo soprannaturale, ma non dal perfetto amor di Dio. Se uno si pente di avere offeso Dio perché ha offeso il Sommo Bene che merita di essere amato sopra ogni cosa, ha la contrizione perfetta; se invece si pente per aver meritato l’inferno e perduto il Paradiso, ha la contrizione imperfetta.

— Nella Confessione è necessaria la contrizione perfetta o l’imperfetta?

La perfetta è senza dubbio desiderabile, però non è necessaria; giacché altrimenti chiunque si va a confessare dovrebbe andarvi già in istato di grazia; non potendosi dubitare, come abbiamo detto nel Cap. 6, § 4, che la carità perfetta e la perfetta contrizione, mettono l’anima in grazia di Dio prima che si riceva l’assoluzione Sacramentale, anche fuori del caso di necessità (vedi il cit. § 4). Pertanto nella Confessione basta la contrizione imperfetta.

— Quali condizioni deve avere la contrizione, ossia il dolore dei peccati?

Deve essere interno, cioè che provenga dal cuore; sommo, che ci faccia detestare il peccato più di qualunque male, universale, che ci faccia abborrire qualunque dei peccati mortali.; soprannaturale, che cioè nasca da un motivo rivelato dalla s. Fede. Si noti che il dolore deve sempre avere queste condizioni, sicché mancandone alcuna, la Confessione è mal fatta.

— Questo dolore con tali condizioni, è necessario anche nelle Confessioni nelle quali si accusano soltanto i peccati veniali?

Non ve n’ha dubbio ad eccezione della terza; giacché non è necessario che il penitente abbia un dolore universale di tutti i suoi peccati veniali, basta che confessando i soli peccati veniali si penta di qualcuno. Però di quello di cui si pente, bisogna che abbia un dolore interno, sommo, soprannaturale, sicché sia disposto a soffrire qualunque cosa più tosto che commetterlo mai più.

— Chi non avesse se non peccati veniali, e non si sentisse questo dolore, non potrebbe confessarsi?

Costui non potrebbe ricevere l’assoluzione, altrimenti resterebbe nullo il Sacramento come mancante di una parte essenziale. Anzi avvertono i Teologi le persone che frequentano la Santa Confessione e si accusano di soli peccati veniali nei quali sono abituati, a volervi aggiungere qualche peccato più grave della vita passata di cui abbiano più certo dolore: affinché non manchi la materia del Sacramento. Per mancanza di questa avvertenza, forse non poche persone che frequentano la S. Confessione, ricevono inutilmente l’assoluzione; ma di ciò parlano i Teologi moralisti.

— Quale deve essere il proponimento?

Il proponimento deve essere fermo, sicché la volontà sia risoluta di non tornare mai più al peccato che si detesta; universale, sicché sia risoluta di guardarsi dal commettere qualunque peccato mortale; efficace, sicché sia disposta ad adoprare tutti i mezzi necessari per evitare il peccato.

— Che cosa è la Confessione?

« É l’accusa dei propri peccati commessi dopo il Battesimo fatta dal penitente alla presenza del Sacerdote per ottenerne l’assoluzione (Hubert).

— Non si può ottenere il perdono dei peccati mortali senza la Confessione dei medesimi?

Questo è articolo di Fede definito dal Santo Concilio di Trento (sess.  XII, c. 5 et 7) perché vi è espresso comando Divino di confessare tutti e singoli i peccati mortali; e se si ottiene il perdono di tali peccati mediante la contrizione perfetta, si ottiene perché nella contrizione perfetta è incluso il voto, ossia il desiderio della Confessione.

— Ogni quanto tempo obbliga questo precetto?

Generalmente parlando obbliga una volta all’anno, e in punto di morte: vi possono però essere altre circostanze nelle quali obblighi pure, come si può vedere, appresso i Teologi moralisti.

— Che cosa è la soddisfazione?

La soddisfazione, che forma una parte del Sacramento della Penitenza, è l’accettazione e il volontario adempimento della Penitenza ingiunta dal Confessore per compensare l’ingiuria fatta a Dio col peccato (Habert).

— Perdonata la colpa del peccato resta a scontarsi alcuna pena?

Alle volte la contrizione è così forte e veemente, che toglie la colpa e tutta la pena; ma per lo più, come insegna il Concilio Tridentino, perdonata la colpa, resta una pena temporale da scontarsi o in questa vita, con opere penitenziali, o nell’altra nel Purgatorio.

— Pare che la penitenza si dovrebbe fare prima di ricevere l’assoluzione?

La pratica della Chiesa è contraria, giacché s’ingiunge la penitenza, e se chi si confessa è disposto, gli si dà tosto l’assoluzione commettendogli di eseguirla di poi; anzi la Chiesa ha condannato alcuni moderni rigoristi, i quali pretendevano che prima dell’assoluzione si dovesse adempire la penitenza ingiunta dal Confessore.

— La penitenza imposta dal Confessore è una parte essenziale del Sacramento?

Non è una parte essenziale, sicché non potendosi imporre o non potendosi eseguire, il Sacramento produrrebbe il suo effetto, cioè la giustificazione del peccatore; per altro ha una parte necessaria, stante il precetto Divino che questa penitenza s’imponga e si eseguisca, tolto il caso di una impossibilità che non lo permettesse. Perciò se uno si confessasse con intenzione di non eseguire la penitenza, avrebbe una intenzione cattiva che lo renderebbe indisposto, riceverebbe male l’assoluzione, e non gli sarebbero perdonati i suoi peccati.

— Questa penitenza è tutta in arbitrio del Confessore?

Non è in arbitrio del Confessore di modo che possa imporre la penitenza a capriccio; ma è in arbitrio del Confessore perché, giudiziosamente osservando il numero e la qualità dei peccati e le disposizioni del penitente, spetta a lui di assegnare quella penitenza che giudica prudentemente più adattata e salutare: dovendo essere, come insegna il S. Concilio di Trento, non solo diretta a castigo delle colpe passate, ma anche a medicinale preservativo dalle future (sess. XIV, c. 8).

— Quale è la forma del Sacramento della Penitenza ?

Io ti assolvo dai tuoi peccati in nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Per altro queste ultime parole non sono essenziali, sicché chi le tralasciasse peccherebbe, ma l’assoluzione sarebbe valida: le essenziali sono: Io ti assolvo (Habert).

— Quale è il senso di queste parole?

Il senso di queste parole è: Io ti amministro il Sacramento dell’assoluzione [così San Tommaso], oppure: Io ti do per quanto posso la grazia che riconcilia, ossia che rimette i peccati, e con tale senso è vera la forma anche per quelli che si accostano al Sacramento già liberi dal peccato per la contrizione perfetta e ai quali perciò, in realtà non si possono più togliere i peccati, essendo già tolti. Con tale senso è vera la forma; perché il peccatore riceve la grazia che di sua natura è diretta a togliere il peccato; perché meglio si riconcilia con Dio, e cresce nella sua amicizia; e perché gli si condona nel Sacramento una parte della pena temporale dovuta alla colpa ( Habert de Pœnit. c. 6, 2.3).

— Quale è il ministro del Sacramento della Penitenza?

Il solo Sacerdote approvato per le Confessioni. Approvati poi per le confessioni sono tutti i sacerdoti che hanno cura di anime, e tutti gli altri ai quali fu conferita la giurisdizione di ascoltare le Confessioni.

— Chi può dare la giurisdizione ai Sacerdoti per ascoltare le confessioni?

Il Papa per tutta la Chiesa come Pastore universale, il Vescovo nella sua Diocesi, il Prelato Regolare a riguardo dei Religiosi a lui soggetti. Si avverta però che i Regolari non possono ascoltare le confessioni delle Monache né meno esentate dalla giurisdizione del Vescovo e suddite del Prelato regolare, senza avere l’approvazione dal Vescovo del luogo (c. 8).

— I Sacerdoti non approvati non possono nemmeno assolvere dai peccati veniali?

È certo che nemmeno possono assolvere dai peccati veniali; e così dichiarò la Congregazione de’ Cardinali sotto Innocenzo XI nell’anno 1679.

— Ai Sacerdoti approvati per le Confessioni, si possono eccettuare dei peccati sui quali non abbiano giurisdizione?

È un articolo di fede dichiarato nel S. Concilio di Trento (Sess. XIV, can. XI), che i Vescovi possono riserbarsi dei peccati dai quali non possono assolvere gli altri Confessori; e ciò che può fare il Vescovo nella sua diocesi, può fare il Papa in tutta la Chiesa.

— La Chiesa comanda che tutti i fedeli si confessino una volta all’anno dal proprio Sacerdote: che s’intende per proprio Sacerdote?

Per proprio Sacerdote s’intende il Parroco, però adesso basta confessarsi da qualunque Sacerdote approvato dal Vescovo; tale è la pratica odierna riconosciuta dal Sommo Pontefice e da tutti i Vescovi.

— Quali sono gli effetti del Sacramento della Penitenza?

Se ne numerano cinque: 1. La remissione del peccato, e della pena eterna che si merita se è mortale. 2. La diminuzione della pena temporale dovuta al peccato, maggiore o minore secondo la maggiore o minore disposizione del penitente. 3. La rinnovazione della amicizia con Dio violata. 4. La restituzione, ossia reviviscenza, delle virtù e dei meriti che si erano perduti per il peccato. 5. Gli aiuti di grazie attuali, ossia un certo diritto ad averli a tempo opportuno, mediante i quali il penitente resta fortificato per non cadere in peccato nuovamente, e perseverare nel bene (Habert. C. 7).

— Come s’intende che si restituiscono le virtù, e i meriti che si erano perduti per il peccato?

Il peccato fa perdere gli abiti delle virtù: il peccato, per esempio, della infedeltà fa perdere la Fede, quello della disperazione la Speranza ecc., e mediante una confessione ben fatta si ridonano all’anima queste virtù. Similmente il peccato spoglia l’anima di tutti i meriti che ella aveva già acquistato per la vita eterna, e mediante la confessione tali meriti vengono all’anima restituiti.

APPENDICE

SULLE INDULGENZE.

— Che cosa è l’Indulgenza?

« É una remissione della pena temporale che resta a scontarsi perdonata la colpa, la quale si fa fuori del Sacramento da chi ha facoltà di dispensare il tesoro spirituale della Chiesa.

— Me la spieghi distintamente.

Si dice remissione della pena, perché con l’indulgenza non si rimette la colpa, bensì la pena dovuta alla colpa: si dice della pena temporale, perché con l’indulgenza non si rimette la pena eterna dovuta al peccato mortale che si rimette nel Sacramento della Penitenza. Si aggiunge che resta a scontarsi perdonata la colpa; perché, come abbiamo detto, per lo più ricevuta l’assoluzione, resta una pena temporale da scontarsi in questa vita con opere penitenziali, ovvero nel Purgatorio. Si nota: la quale si fa fuori del Sacramento per non confondere l’indulgenza con la remissione di quella parte di pena temporale che si ottiene in virtù del Sacramento della Penitenza a misura della maggiore o minore disposizione del penitente. Si conclude da chi ha la facoltà di dispensare ecc., perché nessuno può dare le indulgenze se non quelli che hanno legittima autorità di distribuire i beni comuni della Chiesa. Il Papa perciò l’ha illimitata per tutta la Chiesa, i Vescovi limitata per le loro Diocesi, e ristretta dal Concilio Lateranese IV, sicché non possono concedere se non l’indulgenza di 40 giorni, e di un anno nella dedicazione di qualche Basilica (Habert de Pæn. a. 5).

— Che cosa forma lo spirituale tesoro della Chiesa?

Lo spirituale tesoro della Chiesa è formato dai meriti infiniti di Gesù Cristo, e dai meriti di Maria Ss. e di tutti i Santi, anche dei giusti ancora viventi in questa terra, come insegna Clemente VI, nella sua bolla Unigenitus, dell’ anno 1350. La Chiesa ha autorità di dispensare questo tesoro, in isconto delle pene temporali dovute a Dio a cagione dei peccati.

— È certo che nella Chiesa sia questa potestà di dare indulgenza?

È articolo di Fede dichiarato dal S. Concilio di Trento (Sess. XXV).

— Sono le indulgenze di varie sorta?

Altre sono plenarie, ed altre parziali. Le plenarie rimettono ogni pena temporale dovuta alla Divina Giustizia; però onde conseguirne tutto intero l’effetto, bisogna non solo essere in istato di grazia, ma anche avere l’affetto staccato da qualunque peccato veniale. Le parziali ne rimettono una parte corrispondente o a 40 giorni, o a 7 anni, ecc., di pena ingiunta.

— Che cosa è questa pena ingiunta?

Anticamente i canoni stabilivano per molti peccati una penitenza, o di giorni o di anni da farsi dai peccatori quando si convertivano a Dio: queste penitenze si chiamavano pene ingiunte. Adesso non si prescrivono più; ma quando si dà un’indulgenza di 40 giorni, di 7 anni ecc., si rimette tanta pena temporale quanto ne sarebbe stata rimessa al penitente se avesse adempiuto a una pena ingiunta di 40 giorni, di 7 anni ecc.

— Si possono anche dare indulgenze per i defunti?

Si possono dare, e tale è la pratica della Chiesa; si deve però avvertire che ai viventi, sopra i quali la Chiesa ha giurisdizione, si danno per modo di assoluzione; ai defunti, sopra i quali non ha più giurisdizione, si danno in modo di suffragio.

§ VI.

Della Estrema Unzione.

— L’Estrema Unzione è un Sacramento?

È articolo di Fede definito nel Concilio Tridentino, che sia un vero Sacramento (Trid. C. sess. XIV).

— Quale ne è la materia?

È l’Olio benedetto dal Vescovo nel giovedì Santo.

— Quale ne è la forma?

L’Orazione che vien proferita dal Sacerdote mentre si ungono i sensi dell’infermo.

— Quale ne è il ministro?

Il solo Sacerdote è ministro di questo Sacramento.

— Quale ne è il soggetto?

Il solo infermo in pericolo di morte, arrivato all’uso della ragione, giacché nei fanciulli che non hanno ancora peccato, non si potrebbe avverare la forma, la quale è: « Per questa santa unzione, e per la sua piissima misericordia, ti perdoni il Signore tutto ciò che hai peccato per la vista, l’udito ecc. »

— Quali ne sono gli effetti?

Il primo è la grazia santificante col diritto alle grazie attuali, che si danno per alleviare e corroborare l’animo dell’infermo nelle molestie e dolori della malattia e contro le tentazioni del demonio. Il secondo è la liberazione dalle reliquie dei peccati, le quali sono la debolezza, il languore, il torpore nel bene, l’ansietà, la timidità che lasciar il peccato nell’anima: e oltre ciò le pene temporali ancora dovute al peccato (vedi sopra § V della Penitenza ) le quali restano tolte, ossia perdonate, a misura della maggiore o minore disposizione di chi riceve questo Sacramento. Il terzo è la liberazione dai peccati veniali e anche dai mortali, qualora non si fossero potuti confessare, o si fossero dimenticati, purché se ne abbia avuto già il pentimento di sincera attrizione, come abbiamo detto nel §. I. Il quarto: è la sanità corporale qualora sia espediente per la salute dell’anima.

— Vi è necessità di ricevere questo Sacramento?

Dall’importanza dei sopraddetti effetti, si vede chiaramente che ciascuno deve procurare di premunirsi con questo Sacramento nel punto terribile della morte.

§ VII.

Dell’Ordine.

— L’Ordine è un vero Sacramento della nuova Legge?

Questo è un articolo dì Fede dichiarato espressamente nel Santo Concilio di Trento (Sess. XXIII, c. 3) e si definisce « Un Sacramento della nuova Legge mediante il quale si dà nell’uomo battezzato la podestà spirituale di consacrare il pane e il vino nell’augustissimo Sacramento dell’altare, di amministrare i Sacramenti e di esercitare gli altri ecclesiastici ministeri ».

— Quali potestà si devono riconoscere come derivanti da questo Sacramenti?

Due potestà: la prima podestà, detta di Ordine, la quale riguarda il Santo Sacrifizio ossia il Corpo reale; la seconda detta di Giurisdizione, la quale riguarda il regime del corpo mistico di Cristo, ossia del popolo cristiano.

— Queste due podestà hanno distinti gradi?

È certo che hanno distinti gradi, dai quali si forma la Gerarchia Ecclesiastica. Che esista questa Gerarchia, è definito dal S. Concilio di Trento (Sess. XXIII, can. 6). Questa Gerarchia si forma dai Vescovi, dai Sacerdoti e dai ministri inferiori.

— Nella Sacra ordinazione si devono riconoscere più Ordini?

È di fede che si devono, riconoscere più Ordini, maggiori e minori, come definì il Sacrosanto Concilio di Trento (sess. XXIII, can. 2).

— Quali sono gli Ordini maggiori?

Sono tre: il Sacerdozio, il Diaconato e il Suddiaconato.

— Quali sono i minori?

Sono quattro: l’Ostiariato, il Lettorato, l’Esorcistato, l’Accolitato.

— Chi è il ministro del Sacramento dell’Ordine?

Il solo Vescovo, come ha definito il Concilio di Trento (Sess. XXIII, can. 7).

— Quale è la materia e la forma di questo Sacramento?

La materia è l’imposizione dello mani del Vescovo sopra l’Ordinando, e la forma sono le parole con le quali il Vescovo accompagna questa azione (Si noti che a riguardo dei vari ordini maggiori e minori, del Vescovato e della materia e forma di questo Sacramento si dovrebbero dire molte cose di più; ma qui si tralasciano come non necessarie allo scopo che d’altronde, per essere alquanto difficili, bisognerebbe trattarle diffusamente, onde renderle intelligibili alte persone non istruite).

— Quali disposizioni si richiedono in chi aspira al Sacerdozio?

Le principali sono: 1. La vocazione di Dio, giacché senza una positiva vocazione, la quale si deve bene esaminare, nessuno deve ardire di aspirare ad uno stato così eminente nella Chiesa. 2. La Santità della vita, giacché uno il quale non vive abitualmente in grazia di Dio non può pretendere di occuparsi nei Sacrosanti misteri. 3. Il dono della perpetua continenza, e chi non si sentisse disposto a conservarla, non potrebbe in alcun modo aspirare allo stato sacerdotale. 4. La scienza competente, perché l’ignorante non potrà mai essere un ministro utile alla S. Chiesa. 5. L’immunità da ogni censura ed irregolarità.

— Non si può prendere lo stato Ecclesiastico come qualunque altro, quando le convenienze della famiglia lo richiedono, avendo però intenzione di vivere in questo stato come conviene?

Nessuna convenienza di famiglia o altro motivo temporale, deve determinarci ad abbracciare questo stato, ma soltanto la Divina vocazione; e chi prendesse la sacra Ordinazione senza questa vocazione non potrebbe pretendere di vivere nello stato ecclesiastico come conviene, perché non potrebbe pretendere da Dio le grazie necessarie che soltanto concede a quelli che Egli chiama a servirlo nel Sacerdozio.

— Ma dunque chi avesse preso la Sacra Ordinazione senza questa vocazione divina non potrebbe più sperare salute?

Costui sarebbe a gran pericolo; per altro se egli, considerando questo pericolo, e detestando il suo ardimento, facesse ricorso alla misericordia di Dio, otterrebbe le grazie necessarie per salvarsi nello stato intrapreso dal quale, come immutabile, non si può più ritirare.

— Quali sono gli effetti di questo Sacramento?

Il carattere e la grazia, come abbiamo osservato nel § I parlando dei Sacramenti in genere.

§ VIII.

Del Matrimonio.

— Gesù Cristo ha innalzato il contratto matrimoniale alla dignità di Sacramento?

Questo è un articolo di Fede, come consta dal S. Concilio di Trento (Sess. VII, can. 1 ).

— È lecito all’Uomo l’avere più di una moglie?

Avere più di una moglie simultaneamente era lecito nell’antica legge, ma è vietato nella nuova; successivamente è lecito, cioè morta una, se ne può prendere un’altra; anzi è articolo di fede che sono lecite le seconde, le terze, le quarte nozze (Antoine, de matr. q. 12 et ult.).

— Il matrimonio consumato è indissolubile?

È articolo di fede che sia indissolubile tra Cristiani. Il matrimonio tra gl’infedeli si può sciogliere quando la parte che si converte alla fede ha motivi di non abitare con la parte che resta nell’infedeltà.

— Il matrimonio rato soltanto, cioè quando i coniugi dopo contratto il matrimonio non hanno ancora abitato insieme, è indissolubile?

È articolo di fede che si può sciogliere mediante la professione Religiosa. Se l’uomo si fa Religioso in una religione approvata, fatta la professione, la donna resta libera, e così viceversa (Conc. Trid. Sess. XXIV can. 6).

— La Chiesa ha autorità di mettere impedimenti al matrimonio, che in qualche caso lo rendano illecito, ed anche invalido?

Questo è un articolo di fede dichiarato nel S. Concilio di Trento (Sess. XXIV. Can. 4).

— Il matrimonio è comandato a tutti?

⁕ A nessuno in particolare è comandato il matrimonio, anzi, come cosa di maggior perfezione, è meglio il conservarsi in perfetta castità. Anche questo è articolo di fede sempre riconosciuto tale in tutti i secoli dalla Chiesa, e dichiarato nel Concilio, come sopra, nel can. 10 (intorno a questo Sacramento: ma non essendo adattate al primario scopo di questa operetta, credo opportuno l’ommetterle).