I Papi delle Catacombe [8]
[J. Chantrel: I Papi delle Catacombe. Dillet ed. Parigi, 1862]
L’era dei martiri (203-213).
L’inferno stava per fare un potente ed ultimo sforzo per distruggere il Cristianesimo, stava per insanguinare talmente la Chiesa, che l’ultima persecuzione generale ha preso il nome di “era dei martiri”. Essa ha fatto perire più Cristiani che probabilmente tutte le altre persecuzioni messe insieme, ma, più la battaglia fu terribile, più la vittoria doveva essere brillante: i coraggiosi soldati di questa guerra suprema conquistarono la libertà della Chiesa, e stabilirono definitivamente il Cristianesimo sulla terra. Ci vorrebbe qui un volume intero per raccontare i principali dettagli di questa lotta magnifica; ci vorrebbero un gran numero di pagine per citare solo gli eroi di cui gli annali della Chiesa hanno conservato i nomi; dobbiamo qui rinunciare a questo racconto che presenta tanto fascino ed attrattive, e ci contenteremo qui di tracciare un quadro generale della persecuzione. Erano tre secoli che Nostro Signore Gesù-Cristo era sceso sulla terra, ed il Vangelo era professato da milioni di fedeli che avevano acquisito il diritto di elevare dei templi al vero Dio, e che si trovavano dappertutto, nelle armate, nella magistratura, nel senato, nei palazzi stessi dell’imperatore, e fin sul cammino del trono. Prisca, la prima moglie di Diocleziano, e Valeria, sua figlia, passavano per Cristiane. Diocleziano stesso non si era dedicato a perseguitare il Cristianesimo; già oberato dal potere, egli esitava a ricominciare una lotta di cui non poteva prevedere il termine. Ma Massimiano era di tutt’altra disposizione, ed il cesare Galero, che Diocleziano aveva associato all’impero, come d’altra parte Costanzo Cloro, padre di Costantino, portava ai Cristiani un odio implacabile. Verso la fine dell’anno 302, siccome Diocleziano si trovava a Nicomedia, Galero lo sollecitò vivamente. Il vecchio imperatore all’inizio resistette: « Era pericoloso, egli diceva, turbare ancora una volta il riposo del mondo, e versare flutti di sangue. I supplizi, da allora, non sarebbero avvenuti, poiché i Cristiani non chiedevano che di morire. » Si radunò un consiglio di magistrati e di ufficiali di guerra. I consiglieri che temevano tutta la collera di Galerio, si pronunciarono per la persecuzione. Diocleziano ancora esitava; egli inviò a consultare a Mileto l’oracolo di Apollo. Apollo rispose « … che i giusti sparsi sulla terra gli impedivano di dire la verità. » La pitonessa rimaneva muta, i sacerdoti dicevano che i giusti erano i Cristiani. Diocleziano non esitò più, ed il 23 febbraio comparve il decreto di sterminio. « Le chiese saranno abbattute, vi si leggeva, ed i libri santi bruciati; i Cristiani saranno privati di tutti gli onori, di tutte le dignità, e condannati al supplizio senza distinzione di ordine né di rango: essi potranno essere perseguitati davanti ai tribunali e non saranno ammessi a perseguire nessuno nemmeno per reclamare un furto, per riparare ad ingiurie o adulterio. Gli affrancati Cristiani ritorneranno schiavi. » In una parola i Cristiani erano messi fuori dalla legge; un editto particolare colpiva i Vescovi, ordinava di metterli ai ferri e forzarli all’abiura. La lotta fu atroce da parte dei carnefici; i Cristiani mostravano un coraggio intrepido, e si lasciavano sgozzare come agnelli. I Galli soltanto, tra cui comandava Costanzo Clorio, furono risparmiati; dappertutto allora le chiese crollavano sotto le mani dei soldati; i magistrati stabilivano i loro tribunali nei templi o nei pressi delle statue dei falsi dei, e forzavano la moltitudine a sacrificare; chiunque si rifiutasse di adorare gli dei era condannato e dato ai carnefici; le prigioni rigurgitavano di vittime; i sentieri erano coperti da truppe di uomini mutilati che venivano inviati a morire in fondo alle miniere o nei cantieri pubblici. Le fruste, i cavalletti, le unghie di ferro, la croce, le bestie feroci, laceravano teneri fanciulli con le loro madri. Qui si sospendevano per i piedi donne nude a dei pali, e le si lascia spirare in questo supplizio vergognoso e crudele; là, si legavano le membra dei martiri ad alberi avvicinati con la forza; gli alberi, raddrizzandosi portavano via brandelli della vittima. Ogni provincia aveva un particolare supplizio: il fuoco lento in Mesopotamia, la ruota nel Ponto, l’ascia in Arabia, il piombo fuso in Cappadocia. Spesso in mezzo ai tormenti, si leniva la sete del confessore, gettandogli dei getti di acqua in viso, per paura che l’ardore della febbre ne accelerasse la morte. Talvolta, stanchi di bruciare separatamente i corpi, i pagani li precipitavano in massa nei roghi; le ossa delle vittime, ridotte in cenere, erano disperse al vento. [Chateaubriand, Études historiques; l’abbé Darras, Histoire de l’Église]. Non c’era mai stata certamente alcuna religione così perseguitata e che avesse resistito a tali e numerosi supplizi, ed i Cristiani non erano accusati di altri crimini se non di rifiutarsi di adorare i falsi dei ed obbedire su questo punto agli imperatori. È impossibile, riflettendo su di un fatto così strabiliante, non riconoscere la divinità del Cristianesimo. Diversi Papi, centinaia di Vescovi, migliaia di Cristiani perirono nella decima persecuzione, ed è nella più grande debolezza dell’età e del sesso, che brillò soprattutto la forza divina che sosteneva i martiri. Due esempi tra gli altri sono sufficienti per darne un’idea. – C’era a Roma una giovane vergine di appena quattordici anni, di meravigliosa bellezza, che la rendevano ricercata per il matrimonio da parte di molti giovani romani delle famiglie più illustri dell’impero. Ella rifiutò tutti i partiti. Irritati da questa ingiuria, alcuni dei suoi pretendenti la denunciarono; essi si lusingavano del fatto che la costanza della giovane vergine non reggesse alla minaccia dei tormenti. Agnese, questo era il suo nome, respinse le promesse più seducenti dei suoi giudici; ella non fece attenzione alcuna alle loro minacce. Si portarono gli artigli di ferro, i cavalletti, tutti gli strumenti di tortura e si accese un grande fuoco. Agnese assistette a questi spaventosi preparativi senza mostrare alcuna emozione. La si trascinò dinanzi agli idoli per forzarla ad offrir loro incenso; ella non alzò la mano se non per farsi il segno della croce. Il giudice, stupito da tale costanza, ebbe un’ispirazione degna dell’inferno: minacciò la santa di mandarla in un luogo di dissolutezza, ove sarebbe stata esposta agli insulti dei libertini: «Gesù-Cristo, rispose dolcemente Agnese, è troppo geloso della purezza delle sue spose per soffrire che tale virtù venga strappata; Egli ne è il guardiano ed il protettore. Voi potete spargere il mio sangue, ma non è in vostro potere profanare il mio corpo. » Il giudice fu talmente preso dalla collera per questa risposta, che mise in atto la sua minaccia. Ma i giovani libertini accorsi per oltraggiare la casta giovane, furono colpiti da tal rispetto alla sua vista, che restarono impietriti. Uno di essi, che si mostrava il più insolente, fu tutto ad un colpo gettato a terra mezzo morto e privo di vista. I suoi compagni, spaventati lo rialzarono e supplicarono la santa di aver pietà di lui. Agnese pregò ed il malcapitato recuperò subito la vista e la salute. Queste meraviglie, non fecero che irritare ancor più i nemici della santa, ed il giudice la condannò ad essere decapitata. La vista del carnefice riempì di gioia Agnese; ella andò al supplizio come ad una festa; rispose ancora una volta, agli ultimi tentativi che si facevano per convincerla, che ella non avrebbe mai tradito il suo Sposo celeste; pregò, abbassò la testa e ricevette il colpo che doveva colmare tutti i suoi desideri. – Ad Antiochia, si conduce nella sala degli interrogatori, Barallah, un bambino di sette anni: « Bisogna adorare più dei o uno solo? » gli domanda il governatore. Il bambino sorride e risponde: « Non c’è che un solo Dio, e Gesù-Cristo è il Figlio suo. – Chi ti ha istruito così, piccolo empio? Riprende il prefetto. – È mia madre, dice il bambino, che mi ha insegnato queste verità, ed è Dio che le ha insegnate a mia madre. » Viene chiamata allora la madre. Due aguzzini spogliano il piccolo confessore dei suoi vestiti, lo sospendono in aria e colpi di frusta tagliano in mille parti la sua carne innocente. Ogni volta che l’impietoso osa colpire questa tenera vittima, ne resta coperto di nuovo sangue. Tutti gli astanti si sciolgono in lacrime; gli stessi carnefici colpiscono piangendo. Tuttavia il povero bambino si sente come bruciato da rigore dei tormenti: « Ho sete! Grida, datemi un poco d’acqua. » Ma sua madre, in cui la grazia trionfa sulla natura, lo guarda con aria severa, poi gli dice: « Ben presto figlio mio, tu giungerai alla fonte di acque vive. » Il bambino non sogna che il cielo. Il giudice lo condanna ad avere la testa tagliata. La madre di Barallah lo conduce ella stessa, nelle sue braccia, al luogo del supplizio. Ella lo bacia teneramente, si raccomanda alle sue preghiere, lo affida all’esecutore e stende il suo velo per ricevere la testa del giovane martire. [L’abbé Leroy, le Règne de Dieu]. L’inferno era vinto! Diocleziano, minacciato di morte da Galero, aveva abdicato; si ritirò a Salone, ove visse divorato dai rimorsi, non dormiva più, non mangiava più; prima di spirare vomitò la sua lingua rosa dai vermi. Sua moglie Prisca e sua figlia Valeria, che non avevano avuto il coraggio di confessare la loro fede, furono decapitate: i loro corpi furono gettati in mare. Massimiano Ercole era stato costretto ad abdicare; volle riprendere il potere, ma fu sconfitto. Egli fuggì allora presso Costantino, successo tra i Galli a suo padre Costanzo Cloro, e complottò per disfarsi di questo principe. Il complotto fu scoperto, e Massimiano si vide costretto a strangolarsi con le proprie mani. Infine la mano di Dio si appesantì su Galero. Un’ulcera spaventosa rose la parte inferiore del suo corpo, facendo fuoriuscire un sangue nero e corrotto, vermi che si replicavano incessantemente, ed un odore insopportabile. Domato dai dolori atroci che lo affliggevano, riconobbe infine la mano che lo colpiva, ed il terrore gli fece firmare un editto che era una eclatante dimostrazione dell’impotenza dell’uomo a distruggere ciò che Dio ha stabilito; eccone il testo: « L’imperatore Cesare, Galerio, Valerio Massimiano, invincibile, augusto, sovrano pontefice, grande Germanico, grande Egiziano, gran sarmatico, tebaico, Persiano, Carpico, armeno., medio, adiabenico, l’anno ventesimo della sua potenza tribuna, diciannovesimo anno del suo impero, console per la diciottesima volta, padre della patria, proconsole, agli abitanti delle sue provincie: salute. – Tra le cure continue che prendiamo degli interessi pubblici, noi abbiamo cercato dapprima di far rivivere i costumi degli antichi romani, ed a riportare i Cristiani alla religione degli ancestri che essi hanno abbandonato. Subendo una influenza nuova, essi avevano abbandonato le massime dei loro padri, e formavano delle assemblee per un nuovo culto. In seguito alle nostre ordinanze, molti tra loro sono morti con supplizi diversi. tuttavia, poiché vediamo che restano perseveranti nei loro sentimenti e rifiutano di servire gli dei, per quanto non abbiano la libertà di adorare il Dio dei Cristiani, confidando nella nostra clemenza e questa bontà naturale che ci fatto sempre propendere dal lato dell’indulgenza, abbiamo creduto dover estendere anche ad essi la nostra paterna misericordia. Essi potranno dunque professare liberamente la loro religione. E ristabilire i luoghi delle loro assemblee, sottomettendosi alle leggi dell’impero. Noi faremo sapere ai magistrati, con altro decreto, la condotta che dovranno tenere. In virtù di queste grazie che noi accordiamo loro, i Cristiani saranno tenuti a pregare il loro Dio per la nostra salute, per la salvezza della repubblica, affinché l’impero prosperi in ogni parte, e possano essi stessi vivere in sicurezza e pace. » L’invincibile augusto e sommo Galero, non raccolse alcun frutto da questo pentimento forzato e da questa clemenza ipocrita: egli morì come Antioco, dopo aver vissuto come lui (311 dell’era cristiana). Costantino stava per diventare l’unico padrone del mondo, e la croce del Dio dei Cristiani stava per brillare sugli stendardi dell’impero.
IV
Le Eresie.
La sanguinosa persecuzione non fu però per la Chiesa l’unico pericolo che ebbe a correre nei primi secoli della sua esistenza. Dai tempi degli Apostoli, l’eresia aveva tentato di alterare la purezza della fede; essa fece nuovi sforzi durante i due secoli dei quali tracciamo rapidamente la storia, e non poco contribuì alle defezioni che vennero ad affliggere i fedeli durante le persecuzioni, poiché forniva ai pagani dei pretesti per accusare i Cristiani di cattivi costumi e di colpevoli pratiche. Ma Dio, che al furore dei pagani opponeva la costanza dei martiri, oppose anche alla perfidia dell’errore, la scienza e l’energia degli apologisti e dei dottori, che formarono come una seconda corona intorno alla testa gloriosa della Chiesa. – Quando cominciò la predicazione evangelica, l’idolatria, diffusa in tutto il mondo come culto, non era più che una forma simbolica per i filosofi; si lasciava la forma al volgare, e si cercava la scienza che doveva essere nascosta sotto i simboli. Una celebre scuola, fondata ad Alessandria d’Egitto, raccoglieva le tradizioni di Occidente e d’Oriente. Essa fede un miscuglio tra le dottrine filosofiche dei Greci e delle credenze dell’Asia, e da qui uscì ciò che si chiamò la conoscenza per eccellenza, o la “gnosi”, donde il nome di gnostici dati ai settari di queste dottrine. Gli gnostici facevano tutto emanare dall’intelligenza eterna; ma non vi erano emanazioni immediate se non quelle intelligenze; era una intelligenza inferiore, un demiurgo, come dicevano, che aveva creato la materia. Sotto il regno di Adriano, Valentino aggiunse alle antiche fantasticherie, nuove favole, e tentò di fare entrare il Cristianesimo nel suo sistema, spiegando i misteri a suo modo. Secondo lui il principio dell’essere abitava delle profondità inaccessibili con il suo pensiero; la profondità ed il pensiero, generano l’intelligenza e la verità, ciò che formò in tutto quattro esseri primitivi o eoni; era una tetrade che rimpiazzava la Trinità. L’intelligenza e la verità produssero il Logos o Verbo, e Zoé o la vita che a loro volta produssero l’Antropos o uomo, e la Chiesa. Questo formava gli otto eoni superiori che, padri di altri ventidue, formavano con questi il Pleroma o la pienezza. Gli ultimi eoni, produssero a loro volta, tre essenze: la “pneumatica” o spirituale, la “psichica” o animale, e l’”hylica”, o materiale, che costituivano il genere umano. La classe degli uomini pneumatici o spirituali comprendeva gli gnostici; gli psichici, partecipavano dello spirito e della materia; gli hylici formano una razza infima che vive una vita terrestre e soggetta ai sensi. Gli psichici avevano avuto bisogno di una redenzione, ed era l’ “eone” Gesù che, per riscattarli, si era incarnato nel Figlio di Maria; ma Egli si era ritirato al momento della passione, di modo che non c’era che il Cristo-materiale a soffrire. Così il Cristianesimo era capovolto da cima a fondo, gli hylici erano votati ad una morte eterna dall’imperfezione stessa della loro sostanza; ma gli gnostici erano impeccabili; la loro anima non poteva essere toccata da alcuna corruzione, di modo che, per essi, tutte le azioni divenivano indifferenti, ed essi potevano impunemente darsi a tutti i disordini. Era la distruzione di ogni morale e di ogni società; era, in altri termini, la riabilitazione della carne, tanto vantata ai giorni nostri; concezioni mostruose che produrrebbero in una generazione, l’annientamento del genere umano, se fossero completamente realizzate. Ma, se queste teorie hanno ancora una seduzione ai giorni nostri, in pieno Cristianesimo, immaginarsi quali devastazioni potevano fare in mezzo alle corruzioni del paganesimo, e come importasse che la Chiesa le combattesse vigorosamente. Il Cristianesimo, impedendo l’invasione dello gnosticismo, ha certamente reso uno dei più gradi servizi all’umanità [che purtroppo oggi rivive propagato dalle sette massoniche e dal modernismo anticristiano della setta del “Novus Ordo” -ndr. -]. Non è qui il caso di confutare tutte queste pericolose assurdità, che non possono trovare credito che in certe teste disordinate, o in costumi corrotti. È necessario solo sottolineare con quale nettezza, con quale verità la dottrina cristiana esponga tutte queste questioni circa l’origine e il destino dell’uomo: un Dio tre Persone, Creatore dello spirito e della materia, l’uomo creato per gioire del possesso di Dio, il male spiegato con la caduta degli angeli e quella dell’uomo, la riparazione del Figlio di Dio e la santificazione dello Spirito-Santo. Qui, nessuna incoerenza, nulla che porti a conseguenze assurde ed immorali. L’errore conduce direttamente al male, alla distruzione dei corpi ed alla corruzione dell’anima; si sa ciò che fa il Cristianesimo, quante virtù fa brillare sulla terra, quale rispetto manifesta per il corpo umano, e a quale altezza eleva le anime. Verso la metà del secondo secolo, un siro di nome Cerdone, venne a Roma e mescolò agli errori della gnosi, un nuovo errore preso dalle credenze della Persia. Valentino, conservava un principio unico, posto nelle profondità dello spazio; Cerdone insegnò che vi sono due principi uguali e due dei, uno buono e benefico, l’altro giusto e severo; uno invisibile e sconosciuto, l’altro visibile e manifesto; il primo, padre di Gesù-Cristo; il secondo creatore dell’universo; quello autore della grazia, l’altro della legge. Il Papa S. Igino scomunicò Cerdone, e fece tutti i suoi sforzi per premunire i fedeli contro le sue false dottrine. Qualche anno dopo, un certo Marcione, che aveva dapprima condotto una vita edificante, venne a soccombere ad una passione impura, e fu bandito dalla comunione dei fedeli, venne a Roma ove si legò a Cerdone, del quale amplificò gli errori. Egli negava l’incarnazione di Gesù-Cristo e la Resurrezione del corpo. Siccome i disordini degli gnostici allontanavano da essi i Cristiani, egli prese un’altra via ben più perfida per sedurli, e si mise ad esaltare la mortificazione ed il martirio. Così i marcioniti fecero un gran numero di adepti, e la loro setta visse più a lungo di quella di Cerdone; essa fece grande devastazione in Oriente ed in Occidente. Uno degli stessi discepoli di san Giustino, il sacerdote Tatiano, che aveva edificato i suoi fratelli con le sue virtù ed i suoi scritti, si lasciò sedurre dai marcioniti, fino a condannare il matrimonio come un adulterio. Egli si asteneva nello stesso tempo dal mangiare la carne degli animali e dal bere vino, cosa che face dare ai suoi settari il nome di encratili o temperanti. Così il demonio cercava di prendere le anime che gli sfuggivano con rigori insopportabili, quando non poteva prenderli con l’attrattiva della voluttà: la Chiesa solo sapeva tracciare la vera strada che allontana da ogni degenerazioni, e cammina senza ondeggiare a destra o a sinistra verso gli errori più opposti. Verso la fine del secondo secolo, apparve l’impostore Montano, che fondò una setta di illuminati soggetti a convulsioni di natura straordinaria, facendole passare come il risultato dell’azione divina. Due donne opulente, Priscilla e Massimilla, si lasciarono sedurre da questo epilettico; esse ebbero come lui delle estasi e si misero a profetizzare. Montano si vantava di avere la pienezza dello Spirito-Santo, che gli Apostoli avevano ricevuto solo in parte nel giorno della Pentecoste; egli si presentava come il “paracleto” o il consolatore per eccellenza, e pretendeva di riformare la Chiesa, proibiva le seconde nozze, ma permetteva il divorzio; ordinava tre quaresime all’anno, imponeva ai suoi discepoli dei digiuni straordinari, diffidava dal fuggire durante la persecuzione e non ammetteva quasi nessun peccatore alla penitenza. Aveva pure stabilito il capoluogo della sua eresia in una piccola città di Frigia, da dove si diffuse in Asia ed Africa. I Vescovi si allertarono; un concilio condannò l’eresia, ed il Papa san Sotero confermò la sentenza del Concilio. Montano non si sottomise; si crede che finisse per darsi la morte, e la profetessa Massimilla fece altrettanto. Sembra assai certo che, sotto le apparenze di una austerità rigorosa, i montanisti avevano i costumi più licenziosi. Tertulliano, dopo aver combattuto con tanta eloquenza ed energia il paganesimo e l’eresia di Marcione, si lasciò sedurre dall’apparente austerità dei montanisti che non abbandonò che per formare una setta a parte. Terribile esempio di caduta in cui può condurre l’orgoglio! Tertulliano moriva (verso il 245) nel mentre che compariva una nuova eresia, quella di Sabellius, che negava la Trinità e la distinzione delle Persone divine. Diversi vescovi d’Egitto adottarono i suoi errori, combattuti vivamente da San Dionigi, Vescovo di Alessandria. Questa lotta fu l’occasione di una brillante testimonianza di fede resa al primato della Sede di Roma. Dei fedeli di Alessandria credettero di vedere negli scritti di San Dionigi delle espressioni che sembravano indicare che il Figlio è una creatura e che non è consustanziale al Padre; essi accusarono il Vescovo presso il Papa San Dioniso, che radunò subito un concilio a Roma. – Il Concilio condannò i due opposti errori, quello di Sabellius, che non distingueva le tre Persone, e quello che si attribuiva a Dionigi di Alessandria, che rigettava la consunstanzialità del Verbo. San Dionigi protestò la sua fede nel Verbo consustanziale, spiegò quelle sue parole che lo avevano fatto sospettare di eresia, e si giustificò completamente. Un altro errore eccitò ben presto lo zelo dello stesso Patriarca. Paolo di Samosata, Vescovo di Antiochia, uomo vano ed orgoglioso, insegnò che in Gesù-Cristo vi erano due persone, l’una Figlio di Dio per natura ed eterno, l’altra che non aveva ricevuto il nome di Figlio di Dio, dopo la sua unione con il Verbo, che per abuso di linguaggio. Sabellius era il precursore di Ario; Paolo di Samosata era il precursore di Nestorio. San Dionigi di Alessandria gli scrisse subito per dimostragli quale era la credenza della Chiesa: « Il Verbo si è fatto carne, egli diceva, senza divisione né frazionamento. Non si distinguono in Lui due persone, come se il Verbo abitasse nell’uomo e non gli fosse unito. Come osate definire Gesù-Cristo un uomo distinto dal suo genio, Egli, vero Dio, adorato da tutte le creature con il Padre e lo Spirito-Santo, incarnato nella Vergine Maria, Madre di Dio? » Questo passaggio è notevole poiché mostra la fede della Chiesa nella divina Maternità della Santa Vergine, che il Concilio generale di Efeso doveva rivendicare più tardi contro altri eretici. Paolo di Samosata finì per essere solennemente deposto a causa delle sue opinioni pertinaci nell’errore. – Un’altra eresia che doveva essere ben altre volte e contro la quale la Chiesa doveva combattere ancora nel Medio-Evo, uscì dal profondo della Persia con Manès. Questo eresiarca, padre del manicheismo, era nato in condizione servile: egli voleva accordare il Cristianesimo con la credenza ai due princîpi uguali, che si trova nel fondo della religione di Zoroastro, e farsi capo di una nuova setta. Egli colpiva le moltitudini per la singolarità del suo costume, più che per la bizzarria della sua dottrina; portava degli stivali molto alti per far apparire la sua statura più elevata; si avvolgeva in un mantello variopinto, ampio e fluttuante, che dava al suo incedere un certo apparente aspetto aereo; teneva in mano un gran bastone di ebano al quale si appoggiava nel camminare, e sotto il braccio un libro scritto con caratteri babilonesi; infine aveva una gamba avvolta da una stoffa rossa, e l’altra da una stoffa di color verde. Questo ciarlatanismo da solo avrebbe dovuto rivelare l’impostore, ma ci sono sempre immaginazioni malate e cuori viziosi che si lasciano sedure da tutto ciò che non è verità! Manès si fece numerosi partigiani, con i suoi due dii eterni, nati da se stessi, opposti l’uno all’altro, l’uno principe del bene, che egli chiamava “luce”, l’altro principe del male, che egli chiamava tenebre. Secondo lui l’anima era una scintilla di luce, mentre il corpo una particella di tenebre; poi venivano le emanazioni e gli eoni gnostici … ; il manicheismo fu proscritto pure dagli imperatori pagani e, poiché non era la verità, fu infine vinto. Il re di Persia, fece prendere Manès, che fu scorticato vivo con una punta di canna, ed il cui corpo fu abbandonato ai cani ed agli uccelli predatori. I partigiani dell’errore non si moltiplicarono con tanta rapidità come i difensori della verità. Si è già citato qualcuno di questi apologisti e dottori che rivendicavano la vera fede contro tutti gli attacchi della filosofia pagana e le assurde immaginazioni degli eretici. I loro nomi splendono con luce non meno brillante dei martiri, di cui la maggior parte condivisero battaglie e trionfi. San Ignazio, san Policarpo, san Papia, san Dionigi l’Aeropagita, san Quadrato, san Giustino, san Dionigi di Corinto, san Ireneo, Apollinare, Clemente Alessandrino nel secondo secolo, e nel terzo secolo Origene, Tertulliano, Minucio Felice, san Cipriano, san Dionigi di Alessandria, san Gregorio Taumaturgo, Arnobio, etc.: ecco dei nomi davanti ai quali impallidivano gli eresiarchi ed i filosofi pagani degli stessi tempi. Attaccati su tutti i punti nei suoi dogmi, nella sua disciplina, nella sua morale, nel suo culto, la Chiesa si difendeva su ogni punto. Essa spegneva la persecuzione nei flutti del proprio sangue, e faceva fuggire l’eresia davanti ai torrenti di luce diffusi dai suoi dottori; essa si trovava veramente alla testa dell’umanità, che andava conquistando l’impero del suo capo e suo Re, l’Uomo-Dio, Gesù-Cristo, il Figlio di Dio ed il vero Re dell’uomo …