Lunedì in albis
Incipit
In nómine Patris, ☩ et Fílii, et Spíritus Sancti. Amen.
Introitus
Exod XIII:5; XIII:9
Introdúxit vos Dóminus in terram fluéntem lac et mel, allelúja: et ut lex Dómini semper sit in ore vestro, allelúja, allelúja. [Il Signore vi ha introdotti in una terra ove scorrono latte e miele, allelúia: affinché la legge del Signore sia sempre sulle vostre labbra, allelúia, allelúia.]
Ps CIV:1
Confitémini Dómino et invocáte nomen ejus: annuntiáte inter gentes ópera ejus. [Glorificate il Signore, e invocate il suo nome: annunziate tra le genti le sue opere.]
Introdúxit vos Dóminus in terram fluéntem lac et mel, allelúja: et ut lex Dómini semper sit in ore vestro, allelúja, allelúja. [Il Signore vi ha introdotti in una terra ove scorrono latte e miele, allelúia: affinché la legge del Signore sia sempre sulle vostre labbra, allelúia, allelúia.]
Oratio
Orémus.
Deus, qui sollemnitáte pascháli, mundo remédia contulísti: pópulum tuum, quǽsumus, coelésti dono proséquere; ut et perféctam libertátem consequi mereátur, et ad vitam profíciat sempitérnam. [O Dio, che nella solennità pasquale procurasti al mondo i mezzi di salvezza: accompagna il tuo popolo, Te ne preghiamo, col celeste aiuto, affinché consegua la perfetta libertà e avanzi verso la vita eterna.]
Lectio
Léctio Actuum Apostólorum.
Act. X, 37-43.
Aperiens autem Petrus os suum, dixit: In veritate comperi quia non est personarum acceptor Deus; sed in omni gente qui timet eum, et operatur justitiam, acceptus est illi. Verbum misit Deus filiis Israel, annuntians pacem per Jesum Christum (hic est omnium Dominus). In diébus illis: Stans Petrus in médio plebis, dixit: Viri fratres, vos scitis, quod factum est verbum per universam Judaem: incípiens enim a Galilaea, post baptísmum, quod prædicávit Joánnes, Jesum a Názareth: quómodo unxit eum Deus Spíritu Sancto et virtúte, qui pertránsiit benefaciéndo, et sanándo omnes oppréssos a diábolo, quóniam Deus erat cum illo. Et nos testes sumus ómnium, quæ fecit in regióne Judæórum et Jerúsalem, quem occidérunt suspendéntes in ligno. Hunc Deus suscitávit tértia die, et dedit eum maniféstum fíeri, non omni pópulo, sed téstibus præordinátis a Deo: nobis, qui manducávimus et bíbimus cum illo, postquam resurréxit a mórtuis. Et præcépit nobis prædicáre populo et testificári, quia ipse est, qui constitútus est a Deo judex vivórum et mortuórum. Huic omnes Prophétæ testimónium pérhibent, remissiónem peccatórum accípere per nomen ejus omnes, qui credunt in eum.
Omelia I
[Mons. Bonomelli, Nuovo saggio di Omelie, Vol. II, om. XIII – Marietti ed. 1898]7
“Pietro disse: Fratelli, con tutta certezza io ho compreso, che Dio non è accettatore di persona; che anzi chiunque lo teme edopera la giustizia, a qualunque nazione egli appartenga, gli è accetto. Iddio mandò la parola ai figli d’Israele, annunziando la pace per Gesù Cristo (è questi il Signore di tutti); voi conoscete ciò che è avvenuto per tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; come Iddio unse Gesù di Nazaret di Spirito Santo e di potenza, il quale andò attorno facendo beneficii e liberando quanti erano posseduti dal demonio, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutto ciò ch’egli fece nel paese dei Giudei e in Gerusalemme. Essi, i Giudei, lo uccisero, sospendendolo ad un legno. Dio lo ha risuscitato il terzo giorno ed ha fatto che fosse conosciuto, non già a tutto il popolo, ma a testimoni preparati da Dio, cioè a noi che abbiamo mangiato e bevuto con Lui, dopo ché fu risorto dai morti. Ed Egli ci comandò di predicare al popolo e di attestare, ch’esso è costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti. A lui rendono testimonianza tutti i profeti, che nel suo nome si riceve la remissione dei peccati da quanti credono in Lui „ (Atti apost, X, 34-43).
Nulla di più conveniente quanto il ricordare ai fedeli il grande mistero della risurrezione di Gesù Cristo anche in questa seconda festa della santa Pasqua. E perciò la Chiesa ci fa leggere nell’Epistola della Messa odierna il compendio di un bellissimo discorso, nel quale S. Pietro annunzia il miracolo della risurrezione ad alcuni Gentili. E perché conosciate la ragione di questo discorso di S. Pietro, compendiato da S. Luca, è necessario fare un po’ di storia. – I profeti in modo chiarissimo avevano annunziato che il futuro Messia avrebbe chiamato al conoscimento della verità anche i Gentili: Cristo più e più volte l’aveva insegnato agli Apostoli, anzi fatto loro un comando formale di predicare il Vangelo dovunque e battezzare tutte le genti. Gli Apostoli pertanto sapevano benissimo che anche i Gentili dovevano essere chiamati alla fede ed alla Chiesa di Gesù Cristo; ma trovavano una fiera opposizione, non solo nei Giudei avversi al Vangelo, ma ciò che era peggio, anche nei Giudei già divenuti cristiani. Questi, ancorché credenti in Gesù Cristo, non sapevano persuadersi, che i Gentili dovessero essere pareggiati a loro, figliuoli di Abramo: non potevano tollerare che ricevessero il battesimo come loro, se prima non professavano il mosaismo e non si sottomettevano alla circoncisione. Gli Apostoli, ancorché conoscessero perfettamente la volontà di Cristo, erano sospesi quanto al modo e al tempo di procedere in cosa sì grave e sì delicata per non offendere troppo apertamente questi Ebrei cristiani, sì deboli nella fede. Aspettavano che la Provvidenza aprisse loro la via, e l’aperse col fatto narrato da San Luca nei versetti precedenti a quelli che vi ho recitati. A Cesarea viveva un centurione romano, della coorte detta Italica; era gentile, ma religioso, pio, caritatevole, pregava Dio che lo illuminasse: e come lui, era tutta la sua famiglia. Un giorno gli apparve un Angelo e gli impose di chiamare Pietro, che si trovava a Joppe, l’odierna Giaffa. Vi mandò due suoi domestici e un soldato fedele, e Pietro, a cui Iddio con una mirabile visione aveva fatto conoscere, che l’ora di chiamare alla fede anche i Gentili era venuta, andò con loro a Cesarea, entrò nella casa di Cornelio, dov’erano raccolti molti altri Gentili: vi fu ricevuto come un Angelo del cielo. A questo gruppo di Gentili, che cercavano la verità con tanto amore, che vivevano piamente, Pietro rivolge il discorso, del quale lo scrittore degli Atti apostolici ci ha conservato un brevissimo sunto. Ora commentiamolo. – S. Pietro parlava ad una piccola radunanza di Gentili, che l’avevano chiamato affinché li istruisse: due miracoli erano avvenuti, l’apparizione dell’Angelo a Cornelio e la visione manifestata a Pietro, ed entrambi i miracoli erano evidentemente volti a provare che anche i Gentili dovevano essere ricevuti nella Chiesa. Ciò posto, nulla di più naturale di queste prime parole di S. Pietro: “Con tutta certezza ho compreso che Dio non è accettatore di persona. „ Comprendo, dice l’Apostolo, che ora è venuto il tempo della salute anche per i Gentili: la volontà di Dio ora è manifesta: “Egli non è accettatore di persona. „ È una espressione ripetuta più volte nei Libri del nuovo Testamento, e significa che nella distribuzione dei suoi doni il Signore non guarda alle qualità personali di nazione o di patria, d’ingegno, di dottrina, di ricchezza o povertà, od altre doti, come sogliono fare gli uomini. Iddio non è tenuto di dare le sue grazie a chicchessia appunto perché sono grazie. Nondimeno per sua bontà e perché l’ha promesso, le grazie necessarie a salute, mediatamente o immediatamente, le dà a tutti. – Ciò non toglie ch’Egli poi sia più largo con gli uni che con gli altri, secondochè a Lui piace secondo i consigli della sua sovrana sapienza, che a noi non è dato di scrutare. – Credevano i Giudei d’avere essi soli diritto alla fede, perché figli di Abramo, e ne volevano esclusi i Gentili, perché Gentili. No, dice S. Pietro, Dio non guarda se siano Giudei o Gentili, non distingue gli uni dagli altri, ed offre a tutti la sua grazia, perché tutti sono opera delle sue mani e per tutti Gesù Cristo è morto. Una cosa sola Dio esige, ed è “che lo si tema e si operi la giustizia: chi fa questo, a qualunque nazione egli appartenga, è accetto a Dio. „ Qui si affaccia una difficoltà: noi sappiamo per fede, che nessun uomo può fare cosa alcuna che lo renda accetto a Dio, se prima non riceve la sua grazia, e qui il Principe degli Apostoli afferma ch’Egli, Dio, ha per accetto, ossia dà la grazia a chi lo teme e opera la giustizia: sembra dunque che le opere buone dell’uomo debbano precedere la grazia, che è errore manifesto ed eresia. Come dunque si ha da intendere? Ecco, o carissimi. Le grazie di Dio sono come una catena, nella quale un anello tira con sé l’altro. Dio comincia e dà la prima grazia ai poveri Gentili, giacché in questo luogo si parla a Gentili: li muove a pregare, a fare limosine, a cercare la verità; se essi corrispondono a questa grazia prima, per una cotale convenienza e per la bontà e promessa di Dio, si rendono in qualche modo meritevoli d’altre grazie maggiori, finché si compia l’opera della loro conversione e santificazione. Il timore adunque di Dio e l’opera della giustizia, di cui parla San Pietro, e che a Dio rendono accetto l’uomo, suppongono sempre la grazia precedente, senza della quale l’uomo non può né cominciare, né proseguire opera buona alcuna. Voi, il paragone è di S. Francesco di Sales, voi, viaggiando verso la patria, stanchi vi addormentate all’ombra d’un albero. Il sole, continuando il suo cammino, drizza i suoi raggi sul vostro volto e vi costringe ad aprire gli occhi: voi allora vi accorgete che l’ora è tarda, che bisogna ripigliare il cammino: vi alzate alla luce del sole e proseguite la via. Fu il sole che vi destò, il sole che vi mostrò la via da percorrere e alla luce del sole camminaste. Così fa la grazia di Dio col peccatore, col Gentile: comincia a fargli conoscere la verità, lo eccita a fare alcune opere, che lo preparano alla conversione, e finalmente lo converte, rinnova il suo cuore, lo rende figlio di Dio, e cominciando con la grazia attuale, finisce con la abituale e santificante. – Ma ascoltiamo S. Pietro. Dio dà la gtazia a tutti senza far distinzione tra Giudeo e Gentile, ed io, dice l’Apostolo, son venuto ad annunziarvela. Sappiate adunque che Dio mandò la parola ai figliuoli d’Israele, „ cioè fece loro conoscere la verità per mezzo della parola e della predicazione di Gesù Cristo, predicazione annunziatrice della pace, che deve stabilirsi tra Dio e gli uomini, riconciliando questi con quello; predicazione di Gesù Cristo, che è, sappiatelo bene, il Signore di tutti, perciò Signore degli Ebrei non meno che dei Gentili, e dispensatore egualmente a tutti delle sue grazie. – E qui S. Pietro in poche parole accenna alla predicazione di Gesù Cristo, che ebbe principio nella Galilea, dopo il battesimo ricevuto da Giovanni, e poi si sparse ampiamente per tutta la Giudea. Voi conoscete, prosegue S. Pietro, come Iddio unse Gesù da Nazaret di Spirito Santo e potenza. I Gentili, ai quali parlava S. Pietro, senza dubbio dovevano, almeno per fama, conoscere Gesù Cristo e le opere che aveva compiuto, giacché il fatto qui narrato avvenne cinque o sei anni circa dopo la sua morte, e grande era il rumore che si era levato in tutta la Palestina e cresceva ogni giorno mercé la predicazione degli Apostoli. E che unzione è questa, della quale parla il sacro testo? Un’unzione qualunque suppone chi la dà e chi la riceve, e naturalmente significa non solo una applicazione esterna del liquido che si adopera, ma una penetrazione intima del medesimo, a talché la parte unta ne rimane, a così dire, tutta imbevuta. Che cosa raffigura questa unzione? Senza dubbio la grazia divina, che a guisa d’olio o di balsamo tutta penetra e imbeve l’anima, risanandola, nutrendola, rafforzandola e trasformandola. Chi è Colui, che dà questa unzione, che sparge questo balsamo divino? È Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo, con un solo e medesimo atto. E perché poi qui si attribuisce al solo Spirito Santo? Non sono esclusi il Padre ed il Figlio, ma si nomina il solo Spirito Santo, perché questa unzione o grazia è dono di Dio, è atto di amore, e lo Spirito Santo è l’Amore sostanziale del Padre e del Figlio, e però dice un rapporto particolare allo Spirito Santo. E chi è Colui che riceve questa unzione dello Spirito Santo? È Gesù Cristo in quanto uomo. Nell’atto istesso, in cui l’anima sua fu creata e congiunta al corpo, e anima e corpo congiunti alla Persona del Verbo di Dio in guisa che Egli poté dire: Io sono Dio, ed Io sono Uomo; in quell’istante istesso dalla Persona del Verbo si riversò nell’umanità assunta tutta la pienezza della grazia quanta ve ne capiva: l’umanità assunta, anima e corpo, fu come una massa d’oro posta in mezzo ad un fuoco immenso, che tutta la investe, la penetra, la trasforma, senza mutare la sua natura di oro. È questa l’unzione che Gesù in quanto uomo ricevette, e in quell’istante divenne Re e Sacerdote e Mediatore dell’umanità tutta. S. Pietro poi dice che questa unzione fu anche unzione di potenza, accennando al potere stabile e proprio di operare miracoli, che Gesù ebbe nell’atto stesso in cui si compì l’unione ipostatica. E questa potenza sovraumana e divina, che Gesù Cristo ebbe per l’unione personale, la esercitò a benefìcio degli uomini: Pertransiit benefaciendo: liberando i corpi e le anime dalla tirannica signoria del peccato e del demonio. In queste parole S. Pietro annunziò a quei buoni Gentili la divinità di Gesù Cristo, e le prove della sua divinità, che furono i miracoli onde fu ripiena la sua vita pubblica. Ecco, grida S. Pietro, ecco le prove della divinità di Gesù Cristo, della sua missione e della nostra: i miracoli; e di questi miracoli, continua il Principe degli Apostoli con l’accento della più profonda convinzione che gli sgorga dall’anima, noi, noi stessi siamo testimoni. Noi l’abbiamo seguito in Giudea, a Gerusalemme: noi l’abbiamo visto darsi nelle mani dei suoi nemici, i Giudei: noi l’abbiamo visto appeso ad un legno e messo a morte: noi, noi, al terzo dì l’abbiamo veduto risorto, come aveva promesso: Egli apparve a noi, così Pietro prosegue come rapito da un sacro entusiasmo; no, non si mostrò a tutti, ma a quelli che erano stati alla sua scuola e preparati all’ufficio di annunziare la sua dottrina; si mostrò a noi in guisa che non ci fu, né ci è possibile ingannarci: noi l’abbiamo veduto, noi abbiamo mangiato, noi abbiamo bevuto con Lui. Come dunque potevamo dubitare della sua risurrezione, e perciò della verità delle dottrine per Lui insegnate? Voi vedete, o cari, come il Principe degli Apostoli dopo aver esposta la vita di Cristo e accennati i suoi miracoli, collochi la prova massima e irrecusabile della divinità di Gesù Cristo e del dovere di credere alla sua dottrina sul fatto, sul miracolo splendidissimo fra tutti della sua risurrezione. E veramente questo è la corona ed il suggello di tutti gli altri; la risurrezione è per se stessa il sommo dei miracoli, perché il ridare la vita a chi non l’ha domanda una potenza al tutto divina: Dio solo è padrone della vita; perché qui è un morto, anzi uno ucciso dai suoi nemici, che si è dato in loro mano vivo e morto, che risuscita se stesso; perché predisse la sua morte e il modo della morte, e predisse la risurrezione e ne determinò il tempo, e perché volle che gli stessi suoi nemici ne fossero testimoni. – In tutta la sua vita appellò costantemente a questo miracolo della risurrezione e a questo miracolo, per così dire, ridusse tutte lo prove della sua missione, onde questo miracolo è come la conferma degli altri, e tutti li lega insieme e formano tal fascio di prove, che schiacciano la ragione più esigente e più ribelle. S. Pietro dice che Gesù-Cristo si mostrò risorto “non a tutto il popolo, ma sì a testimoni preordinati o preparati da Dio. „ Perché ciò? Non sarebbe stato meglio che Gesù risuscitato si fosse dato a vedere, non ai soli Apostoli e discepoli, ma a tutti, anche ai suoi nemici, e a questi sopra tutto? In tal guisa non li avrebbe umiliati e conquisi e chiusa la bocca della incredulità? Senza dubbio Dio così poteva fare, ma se non lo fece, è forza conchiudere che non era questa la via che meglio conveniva ai disegni della sua sapienza. Era troppo giusto che le sue apparizioni dopo la risurrezione fossero riserbate ai suoi cari discepoli, quasi premio della loro fedeltà e conforto ai patimenti sofferti e argomento fortissimo, che li doveva sostenere nella missione loro affidata di annunziare da per tutto il Vangelo del Maestro. Né punto era scemata la certezza della risurrezione di Gesù Cristo, poiché gli Apostoli, i discepoli e i testimoni della medesima pel numero, per la qualità, per la varietà delle apparizioni erano tanti e tali da togliere qualunque ombra di dubbio e da generare la più assoluta certezza del miracolo. Che si poteva volere di più? Oltrediché è da por mente che Iddio dà e deve dare gli argomenti e le prove, che mettano al di sopra d’ogni dubbio la verità della fede, ma lascia e sta bene che lasci sempre libero l’assenso dell’uomo, affinché non gli sia tolto il merito della fede istessa ed abbia modo di rendere omaggio alla autorità divina, che gli dice: Credi. Ponete che Gesù Cristo si fosse mostrato solennemente a tutti, ai suoi nemici e crocifissori: che ne sarebbe avvenuto? O avrebbe quasi a forza estorto il loro assenso, o questi, perfidiando, avrebbero negato l’apparizione istessa, spiegandola coi sofismi sempre pronti a servigio delle passioni: quelli che negarono tanti miracoli di Gesù Cristo, e specialmente l’ultimo della risurrezione di Lazzaro, avrebbero trovato modo di revocare in dubbio anche la solenne apparizione di Cristo, se loro fosse stata concessa. – Iddio dispone ogni cosa con ordine e soavità; Egli rispetta la libertà dell’uomo, e porge alla sua ragione prove sufficienti della verità, ma rifiuta di appagare la sua curiosità e secondare la sua pervicacia e i suoi capricci. – S. Pietro chiude il suo discorso con queste due sentenze: “Gesù ci comandò di predicare al popolo e di attestare ch’Egli è costituito giudice da Dio dei vivi e dei morti. A Lui rendono testimonianza i profeti, che si riceve nel suo nome la remissione dei peccati da quanti credono in Lui. „ Gesù Cristo si dice costituito giudice dei vivi e dei morti, che è quanto dire, Egli ha potere sovrano su tutti gli uomini, buoni e cattivi, viventi e già morti, e renderà a suo tempo a ciascuno secondo le opere sue. Verità fondamentale, con cui si termina ogni simbolo, che deve scuotere ogni uomo, il quale pensi al suo avvenire, e che S. Pietro non poteva tacere a quei Gentili, che l’avevano chiamato e volevano udire la novella dottrina. Il giudizio divino, che sarà fatto alla fine dei secoli, ci attende tutti. Guai a coloro, che si troveranno innanzi a Lui schiavi del peccato! Bisogna liberarci dai peccati ottenerne il perdono prima di quel giorno; e chi ce lo darà questo perdono dei peccati? Lui stesso, che deve essere il nostro giudice, Gesù Cristo. Tutti i profeti, annunziando la sua venuta, ci attestano che la remissione dei peccati non ci può venire che da Gesù Cristo, il quale ha dato il prezzo del nostro riscatto, ha versato per noi il suo sangue ed è divenuto la nostra riconciliazione, la nostra redenzione e santificazione, come scrive san Paolo. E come otterremo noi questa remissione dei nostri peccati? “Credendo in Lui. „ Non già che per ottenerla basti la sola fede, come dissero alcuni eretici; ma credendo in Lui e facendo ciò che Egli insegna. La fede sola senza le opere a nulla giova; essa ci segna la via che dobbiamo battere, ci dice ciò che dobbiamo fare per salvare le anime nostre, e in questo senso le Scritture sante affermano che la fede ci salva; così diciamo assai volte: Il medico mi ha salvato, il maestro mi ha appreso la verità, l’amico mi ha messo sulla buona via, in quanto che m’hanno suggerito il rimedio efficace, m’hanno insegnato ciò che dovevo fare per apprendere la verità, mi hanno consigliato di tenere la retta via; ma certamente questi beni non sono opera esclusivamente del medico, del maestro o dell’amico. È sempre la stessa fondamentale verità, che si ribadisce: la fede è il principio e la radice della giustificazione: è il seme, che germoglia la spiga e l’albero. Se voi non aveste il seme non potreste mai avere la spiga e l’albero: ma potreste avere il seme senza avere la spiga e l’albero quando lo spegneste, oppure non fosse debitamente coltivato, irrigato dall’acqua e riscaldato dal sole. Senza la fede è impossibile la vita cristiana: ma perché la fede ci salvi e produca i suoi frutti si domanda l’opera nostra, dirò meglio, la nostra cooperazione. Conservate adunque con somma cura il seme della fede e con l’opera vostra rendetela feconda e fruttuosa. Se noi riandiamo al discorso di S . Pietro, troviamo che è come l’epilogo del catechismo, il compendio del Simbolo. Ci insegna che Dio offre a tutti la sua grazia, Giudei e Gentili, purché facciano quanto per loro è possibile; che Iddio mandò il Figliuol suo Gesù Cristo; annunziò la verità e la confermò coi miracoli; ch’Egli patì e morì in croce e risuscitò da morte; che la sua risurrezione, il massimo dei miracoli, è indubitata, perché gli Apostoli e i discepoli tutti lo videro; che Gesù Cristo è il giudice supremo dei vivi e dei morti, che per Lui solo si può avere la remissione dei peccati, facendo ciò ch’Egli con la fede ci insegna. Eccovi in queste poche parole compendiato il Simbolo.
Alleluja
Allelúja, allelúja.
Ps CXVII:24; 2.
Hæc dies, quam fecit Dóminus: exsultémus et lætémur in ea.
V. Dicat nunc Israël, quóniam bonus: quóniam in saeculum misericórdia ejus. Allelúja, allelúja.
Matt XXVIII:2.
Angelus Dómini descéndit de cœlo: et accédens revólvit lápidem, et sedébat super eum. [Alleluia, alleluia Questo è il giorno che fece il Signore: esultiamo e rallegriàmoci in esso. – Dica, Israele quanto è buono: la sua misericordia nei secoli. Alleluja, alleluja. – Un Angelo del Signore discese dal cielo: e, avvicinatosi, fece rotolare la pietra e sedette su di essa.]
Sequentia
Víctimæ pascháli laudes ímmolent Christiáni.
Agnus rédemit oves: Christus ínnocens Patri reconciliávit peccatóres.
Mors et vita duéllo conflixére mirándo: dux vitæ mórtuus regnat vivus.
Dic nobis, María, quid vidísti in via?
Sepúlcrum Christi vivéntis et glóriam vidi resurgéntis.
Angélicos testes, sudárium et vestes.
Surréxit Christus, spes mea: præcédet vos in Galilaeam.
Scimus Christum surrexísse a mórtuis vere: tu nobis, victor Rex, miserére. Amen. Allelúja.
[Alla Vittima pasquale, lodi offrano i Cristiani.
L’Agnello ha redento le pécore: Cristo innocente, al Padre ha riconciliato i peccatori.
La morte e la vita si scontràrono in miràbile duello: il Duce della vita, già morto, regna vivo.
Dicci, o Maria, che vedesti per via?
Vidi il sepolcro del Cristo vivente: e la glória del Risorgente.
I testimonii angélici, il sudario e i lini.
È risorto il Cristo, mia speranza: vi precede in Galilea.
Noi sappiamo che il Cristo è veramente risorto da morte: o Tu, Re vittorioso, abbi pietà di noi. Amen. Allelúia.]
Evangelium
Sequéntia ✠ sancti Evangélii secúndum Lucam.
Luc. XXIV:13-35
In illo témpore: Duo ex discípulis Jesu ibant ipsa die in castéllum, quod erat in spátio stadiórum sexagínta ab Jerúsalem, nómine Emmaus. Et ipsi loquebántur ad ínvicem de his ómnibus, quæ accíderant. Et factum est, dum fabularéntur et secum quaererent: et ipse Jesus appropínquans ibat cum illis: óculi autem illórum tenebántur, ne eum agnóscerent. Et ait ad illos: Qui sunt hi sermónes, quos confértis ad ínvicem ambulántes, et estis tristes? Et respóndens unus, cui nomen Cléophas, dixit ei: Tu solus peregrínus es in Jerúsalem, et non cognovísti, quæ facta sunt in illa his diébus? Quibus ille dixit: Quæ? Et dixérunt: De Jesu Nazaréno, qui fuit vir Prophéta potens in ópere et sermóne, coram Deo et omni pópulo: et quómodo eum tradidérunt summi sacerdótes et príncipes nostri in damnatiónem mortis, et crucifixérunt eum. Nos autem sperabámus, quia ipse esset redemptúrus Israël: et nunc super hæc ómnia tértia dies est hódie, quod hæc facta sunt. Sed et mulíeres quædam ex nostris terruérunt nos, quæ ante lucem fuérunt ad monuméntum, et, non invénto córpore ejus, venérunt, dicéntes se étiam visiónem Angelórum vidísse, qui dicunt eum vívere. Et abiérunt quidam ex nostris ad monuméntum: et ita invenérunt, sicut mulíeres dixérunt, ipsum vero non invenérunt. Et ipse dixit ad eos: O stulti et tardi corde ad credéndum in ómnibus, quæ locúti sunt Prophétæ! Nonne hæc opórtuit pati Christum, et ita intráre in glóriam suam? Et incípiens a Móyse et ómnibus Prophétis, interpretabátur illis in ómnibus Scriptúris, quæ de ipso erant. Et appropinquavérunt castéllo, quo ibant: et ipse se finxit lóngius ire. Et coëgérunt illum, dicéntes: Mane nobiscum, quóniam advesperáscit et inclináta est jam dies. Et intrávit cum illis. Et factum est, dum recúmberet cum eis, accépit panem, et benedíxit, ac fregit, et porrigébat illis. Et apérti sunt óculi eórum, et cognovérunt eum: et ipse evánuit ex óculis eórum. Et dixérunt ad ínvicem: Nonne cor nostrum ardens erat in nobis, dum loquerétur in via, et aperíret nobis Scriptúras? Et surgéntes eádem hora regréssi sunt in Jerúsalem: et invenérunt congregátas úndecim, et eos, qui cum illis erant, dicéntes: Quod surréxit Dóminus vere, et appáruit Simóni. Et ipsi narrábant, quæ gesta erant in via: et quómodo cognovérunt eum in fractióne panis.
OMELIA II
[Id. Omelia XIV.]
“Il giorno medesimo due dei discepoli di Gesù se ne andavano ad una borgata, lontana sessanta stadi da Gerusalemme, chiamata Emmaus. E ragionavano fra loro di tutto ciò che era accaduto. E avvenne che ragionando ed investigando tra loro, appressatosi lo stesso Gesù, camminava con essi; ma i loro occhi erano trattenuti dal conoscerlo. Ed Egli disse loro: Che discorsi son questi che scambiate tra voi per via, e perché vi mostrate tristi? E rispondendo uno di loro, che aveva nome Cleofa, gli disse: Sei tu solo nuovo in Gerusalemme e non conosci le cose che vi sono avvenute in questi giorni? E disse loro: Quali? E quelli a Lui: di Gesù Nazareno, il quale fu profeta, potente in opere e parole innanzi a Dio e a tutto il popolo: e come i nostri principali sacerdoti e magistrati lo deferirono a giudizio capitale e lo confissero in croce. Noi poi speravamo, ch’Egli fosse per riscattare Israele, e frattanto in mezzo a queste cose, oggi siamo al terzo dì che sono avvenute. Anzi alcune delle nostre donne ci hanno stupiti perché, prima di giorno andate al sepolcro e non trovatovi il sepolto, vennero a dirci d’avere anche veduta una visione di Angeli, i quali dicono Lui essere vivo. E alcuni dei nostri andarono al sepolcro e trovarono le cose come dicevano le donne; ma Lui non lo trovarono. Ed Egli disse loro: O stolti e tardi di cuore a credere a quanto i profeti hanno detto! Non era forse necessario, che il Cristo ciò patisse e così entrasse nella sua gloria? E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, interpretava loro le cose che lo riguardavano in tutte le Scritture. E si avvicinarono alla borgata, dove andavano, ed Egli fece vista di andar oltre. Ma essi gli fecero forza, dicendo: “Resta con noi, che ormai è sera, ed il giorno tramonta”; ed entrò con essi. E accadde, che essendo a mensa con essi, Egli, preso il pane, lo benedisse, e spezzatolo lo porse loro. Allora i loro occhi si apersero e lo conobbero, ma Egli sparì da loro. E dissero l’un l’altro: Ora il nostro cuore non ardeva in noi, allorché Egli ci parlava per via e ci spiegava le Scritture? E in quell’ora stessa levatisi, ritornarono in Gerusalemme, e trovarono radunati gli undici e gli altri con loro, i quali dicevano: Il Signore è veramente risorto, ed è apparso a Simone „ (S. Luca, XXIV, 13-34).
Questo racconto evangelico, benché alquanto lungo, è d’un candore, d’una bellezza, d’una precisione di contorni, d’una vivezza di tinta, d’una naturalezza al tutto meravigliosa, e ci fa conoscere lo stato di timore, di speranza, di dubbi angosciosi, di confusione e d’ignoranza, in cui si dibattevano i poveri Apostoli dopo la catastrofe imprevista del Calvario. Non vi è bisogno alcuno di commento, trattandosi di cose chiarissime per se stesse, ed io perciò mi limiterò a fare qua e là alcune riflessioni pratiche secondoché verranno a taglio. – Il giorno stesso due dei discepoli di Gesù se ne andavano ad una borgata lontana sessanta stadi da Gerusalemme, chiamata Emmaus. „ Gesù risuscitò in sullo spuntare della domenica, come è manifesto da tutti gli Evangelisti. Le donne che andarono al sepolcro per tempo, lo trovarono aperto e non vi invennero il corpo del Maestro: corsero a darne avviso agli Apostoli: la Maddalena rimase presso il sepolcro, e poco appresso vide Gesù, che a prima giunta scambiò con l’ortolano del luogo: Pietro e Giovanni corsero al sepolcro e trovarono come le donne avevano detto. Intanto la voce della risurrezione di Gesù Cristo si era diffusa, e gli Apostoli e i discepoli erano sossopra, ondeggianti tra la speranza e il timore. Quel giorno istesso, due dei discepoli di Gesù, l’uno dei quali chiamato Cleofa (forse il marito di Maria, cugina della Vergine e padre di Giacomo il Minore), uscirono da Gerusalemme per recarsi ad Emmaus, borgata posta a nord-ovest di Gerusalemme, a sessanta stadi circa, cioè dodici chilometri e tre ore di viaggio o poco più. E siccome apprendiamo dal Vangelo che i due discepoli giunsero ad Emmaus sul far della sera e sappiamo che il fatto accadde sugli ultimi di marzo, così è da credere che uscissero da Gerusalemme intorno alle tre dopo il mezzodì. I due discepoli camminando discorrevano, come suole avvenire, tra loro. E di che cosa potevano essi discorrere se non di ciò ch’era avvenuto al Maestro, e specialmente delle voci udite della sua risurrezione e dell’apparizione fatta alla Maddalena ed alle altre donne? Mentre essi discorrevano tra loro, ecco appressarsi, camminando nello stesso senso e accompagnandosi loro, Gesù. Ma essi non lo conobbero e lo presero per uno dei tanti pellegrini, che a quei giorni andavano e ritornavano da Gerusalemme. “I loro occhi, dice S. Luca, erano trattenuti dal conoscerlo, „ e S. Marco dice, che Egli era in altra forma. „ Come ciò, o dilettissimi? Il corpo di Gesù era vero e reale corpo, ma glorioso, e qual sia la natura d’un corpo glorioso, noi non lo sappiamo. Esso partecipa delle qualità dello spirito e può apparire e sparire, velarsi e lasciarsi vedere, modificare e cangiare la sua figura, come vuole, passare da un luogo all’altro con la rapidità del baleno. – E perché Gesù Cristo apparve ai due in altra forma e in guisa, che a principio non lo poteron conoscere? Nelle apparizioni di Gesù Cristo dopo la risurrezione vi è un fatto che è meritevole di considerazione. Più volte egli apparisce sotto forme diverse, sicché a principio quelli che lo vedono non lo riconoscono. Alla Maddalena, presso il sepolcro, apparisce sotto le forme di ortolano; ai discepoli, che pescavano sulle rive del lago di Genesaret, come narra S. Giovanni, si mostra in sembianze tali che in sulle prime non lo ravvisano, e argomentano che sia Lui dal miracolo della pescagione: qui si presenta ai due discepoli come un estraneo, un pellegrino, che viaggia con loro. Quali possono essere i motivi di queste apparizioni sotto altre sembianze? Perché, rispondono S. Agostino e san Gregorio, Gesù vuole mostrarsi in quel modo che meglio risponde allo stato di coloro ai quali si dà a vedere. Dubitano di Lui e delle sue promesse? Ed egli apparisce loro come estraneo, un pellegrino. Più: Gesù Cristo nelle sue apparizioni si conforma alla gran legge di natura, e che osservò in tutta la sua vita terrena. Egli manifestò le verità eterne a poco a poco, fece conoscere la sua stessa divinità per gradi, progressivamente, per non offendere e quasi opprimere le intelligenze e la volontà di quelli che lo ascoltavano. Similmente dopo la risurrezione non si scopre nella maestà della sua grandezza, nello splendore della sua gloria: Egli trova questi poveri discepoli dubbiosi, agitati, ancora ignari del grande mistero della sua passione, della sua morte e della sua risurrezione: si adopra pazientemente ad istruirli, come soleva fare in vita: fa penetrare la verità nella loro mente, la carità nel loro cuore, e poi si manifesta qual è. Se si fosse tosto fatto conoscere in tutta la grandezza e bellezza del suo corpo glorioso, come avrebbe potuto istruire quei due discepoli, ed essi come avrebbero potuto ascoltarlo? La verità sarebbe entrata nelle loro menti come un lampo di luce improvvisa, non come un raggio che a poco a poco cresce ed illumina tranquillamente, come vuole la natura umana. Ritorniamo al racconto evangelico. Gesù, raggiunti i due discepoli e scambiati, credo io, contemporaneamente i saluti, per bel modo disse loro: “Che discorsi son questi, che tenete tra voi per via, e perché vi mostrate sì tristi? „ Così il divino Maestro bellamente si introduce nei discorsi dei due discepoli. — E l’uno di loro, chiamato Cleofa, in tono di giusta meraviglia, rispose: “Sei tu solo nuovo in Gerusalemme e non conosci le cose che vi sono avvenute in questi giorni? — E quali? ripigliò tosto Gesù Cristo, all’intento che aprissero il loro cuore ed Egli potesse guarirli dal dubbio, che li tormentava. — E quelli a Lui: — Di Gesù Nazareno, il quale fu profeta potente in opere e parole dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini. „ Voi vedete come sia imperfetta e manchevole la fede di questi due discepoli: essi lo riconoscono uomo grande nelle opere, nei miracoli, nelle virtù e nella predicazione della verità (potens in opere et sermone), ma non vanno più oltre: non lo confessano pel Messia, e molto meno per il Figliuolo di Dio fatto uomo, e ciò dopo tre anni d’una scuola qual era quella di Gesù Cristo! – E noi meravigliamo e meniamo alti lamenti se il popolo, il povero popolo, talora non conosce i misteri della fede? Impariamo a compatirlo, come fece Gesù, e studiamoci di istruirlo con carità. È questo un grande esempio particolarmente per noi che abbiamo il dovere di istruire il popolo. Nei quattro versetti che seguono, i due buoni discepoli espongono con tutta schiettezza lo stato del loro animo e, ricordata prima la morte di Gesù in croce, esprimono la speranza avuta che Gesù fosse per riscattare Israele. E di qual riscatto d’Israele intendono essi di parlare? Io non dubito ch’essi intendevano parlare del riscatto temporale della patria loro e della sua ricostituzione politica, spezzando il giogo romano. Era l’idea fissa della grande maggioranza degli Ebrei, comune agli stessi discepoli di Gesù Cristo anche più tardi, poco prima della sua ascensione al cielo, come leggiamo negli Atti apostolici (cap. I, 6). È cosa che fa veramente stupore vedere questi discepoli di Gesù Cristo, formati alla sua scuola e ai suoi esempi, cresciuti nei campi o sulle rive del lago di Tiberiade, aver tanto a cuore la libertà e la grandezza della patria, e Gesù Cristo istesso aspettare che il tempo li illumini. Poi essi parlano del timore ch’ebbero all’udire le donne state la mattina al sepolcro e che non vi avevano ritrovato il corpo di Gesù: ricordano in confuso l’apparizione degli Angeli alle donne istesse, che assicuravano Gesù vivere, e come quelli dei loro compagni che furono al sepolcro, trovarono per l’appunto ciò che le donne avevano detto. È veramente strano che i due discepoli non parlino mai della risurrezione del Maestro. Le loro parole rivelano sgomento, sfiducia, leggerezza, e una confusione di idee, che hanno dell’incredibile. I due discepoli con un candore infantile hanno aperto il loro cuore al creduto pellegrino: hanno confessato i loro dubbi e i loro timori, hanno mostrato le piaghe del loro spirito, e allora comincia l’opera di Gesù, del medico delle anime. Egli comincia a rimproverarli fortemente e dolcemente della durezza del loro cuore, in credere a quanto del promesso Messia avevano tanti secoli prima annunziato i profeti. Egli comincia a rovesciare il primo e massimo pregiudizio, ch’era pur quello di quasi tutta la nazione, cioè che il Messia dovesse essere un grande condottiero, un conquistatore, un liberatore materiale del popolo, come Mosè, Davide, i Maccabei ed altri: con le Scritture alla mano Egli prende a mostrar loro che il Messia doveva patire e morire Egli stesso, anziché mettere in fuga ed uccidere i nemici: che in questo stava la sua vera gloria. In questa sentenza di Cristo: “Era necessario che Cristo patisse e così entrasse nella sua gloria, „ si racchiude tutto l’insegnamento dogmatico e morale del Vangelo: patire per santificarci e salvarci: ecco tutto. Questo insegnamento faceva cadere tutte le illusioni, tutte le stravolte idee dei due discepoli, ed apriva la loro mente alla luce della verità. Questo insegnamento il divino Pellegrino veniva confortando con la testimonianza di Mosè, dei profeti e di tutte le Scritture, che si adempivano perfettamente in quel Gesù di Nazaret, ch’era stato il loro Maestro e nel quale avevano collocate le loro speranze. Il discorso dovette durare buona pezza, giacché non occorre il dirlo, S. Luca ce ne presenta appena un cenno, ce ne dà l’argomento e niente più. I due discepoli, taciti, meravigliati e commossi lo ascoltavano, e tratto tratto dovevano mirarlo in volto con un cotal senso di riverenza e di amore, e nelle sue parole dovevano riconoscere un eco fedele di quelle che tante volte avevano udite dal divino Maestro. Pareva che, udito quel pellegrino, ch’erasi trasformato in maestro sì dotto ed eloquente, avrebbero dovuto darsi per vinti, confessare la propria ignoranza e riconoscere che Gesù di Nazaret era veramente il Messia aspettato, e protestare con un impeto generoso di fede. — Ora comprendiamo tutto: Gesù è il Messia, e non dubitiamo ch’Egli sia risorto, come ci fu detto. — Eppure non ne fu nulla. Questo fatto ci mostra che non sempre la verità annunziata produce tosto i suoi effetti: essa aspetta d’essere fecondata, aspetta l’ora della grazia, aspetta l’opera, che fa brillare e sentire la verità: l’esca è pronta e si aspetta la scintilla che l’accenda. E così avvenne ai due discepoli. – In quella, senza quasi accorgersene, erano giunti presso alla borgata di Emmaus, anzi presso la casa dei due discepoli, e Gesù, come pellegrino che prosegue la sua via, fece vista di passar oltre, accomiatandosi dai due compagni. Ma non fu possibile: essi tanto lo pregarono che per poco lo costrinsero a rimanere con loro: il sacro testo dice: Coegerunt eum, per mostrare le loro vive e ripetuto istanze, e per avvalorarle, aggiunsero: “Rimani con noi. Vedi: ornai si fa sera e già tramonta il giorno. „ Quanta semplicità! Quanta cordialità in queste parole e in questa preghiera dei due discepoli verso uno straniero che aveva fatto con loro il cammino di due o tre ore! Essi si sentirono dolcemente legati a Lui con quella effusione, che viene dalla stima e da quella riverenza verso chi parla altamente della verità e di Dio e parla al cuore. A quei tempi (e in quei paesi le cose non sono guari mutate nemmeno al presente) erano ignoti gli alberghi, quali noi abbiamo anche nei più umili villaggi, e perciò l’ospitalità era una necessità della vita sociale largamente praticata in Oriente, una vera carità, tantoché Cristo la mette tra le opere di misericordia: “Io ero pellegrino, e voi mi accoglieste. „ E fu questa ospitalità, questa carità sì schietta e cordiale, che meritò ai due discepoli l’onore di ospitare Gesù Cristo e d’essere tra i primi a riconoscerlo dopo la risurrezione. — Figliuoli carissimi! la carità è somigliante ad un albero: è un solo, eppure ci dà i frutti, i fiori e si ammanta di foglie, e così non solo ci nutre, ma diletta il gusto, l’occhio, l’odorato, e ci rallegra dell’ombra sua. Così la carità deve non solo soccorrere il fratello sofferente e bisognoso, ma con la parola amorevole, col tratto cordiale, coi modi soavi e delicati lo deve anche rallegrare e dilettare. Una carità burbera, dura, ruvida è sempre per sé cosa buona e santa, ma non è amabile e perde assai del suo valore: è un albero carico di soli frutti, senza un fiore, che l’abbellisca, senza le foglie, che l’adornano. La nostra carità sia dunque dolce, amabile, erompa dal cuore, sia simile a quella dei due discepoli, che bellamente obbligarono Gesù ad accettare la loro ospitalità. “E accadde, che seduti a mensa, Gesù preso il pane, lo benedisse, e spezzatolo lo porse loro. „ Molti credettero che quel pane benedetto, spezzato e porto da Gesù ai due compagni di viaggio, fosse la stessa Eucaristia è la rinnovazione di ciò che nell’ultima cena aveva fatto tre giorni innanzi. E sentenza abbastanza fondata, ma alla quale mi sembra da preferire quell’altra, la quale tiene, che quel pane non fu l’Eucaristia. E da sapere che presso i Giudei l’ospite soleva benedire e porgere il pane ai commensali: inoltre qui Gesù non pronunciò le parole consacratrici, né è verosimile che Gesù porgesse loro la santa Eucaristia senza averli preparati e quasi per sorpresa: onde inclino a credere che quel pane fosse pane comune. In quell’istante “… i loro occhi furono aperti e conobbero Gesù, ed Egli in quel momento stesso sparve. „ Vuol dire l’Evangelista, che Gesù in quel momento lasciò vedere la sua forma, togliendo quell’impedimento, quale che fosse, che prima aveva posto, ed essi lo riconobbero perfettamente. È certo in quell’istante, attoniti e ricolmi di meraviglia, essi dovettero levarsi, buttarsi ai suoi piedi, ma Gesù era sparito. La vista di Gesù, il suo conoscimento dovette essere sì chiaro, sì evidente, sì sfolgorante, che loro non ne rimase ombra di dubbio, che non era poca cosa per loro che non avevano creduto alle apparizioni delle donne ed erano sì lontani dal crederle. E perché mai Gesù Cristo, appena è riconosciuto dai discepoli, si toglie ai loro occhi e si rende invisibile? Perché non lasciarli beare della propria vista e trattenersi con loro e consolarli ed istruirli, come soleva fare prima della sua morte? Mistero! che noi dovremmo venerare, ancorché non vi scorgessimo un solo raggio di luce: è opera di Lui che è la stessa Sapienza, e per noi basta. Ma se vi fissiamo alcun poco riverente l’occhio della ragione, non è difficile trovarvi un po’ di luce. Sparve tosto per mostrare, che il corpo suo era glorioso, simile allo spirito, e di tal guisa anziché scemare, accresceva, se era possibile, la certezza della sua risurrezione. Il subito dileguarsi a quei suoi cari mostrava che la sua vita non era più sulla terra, ma in cielo, accendeva in essi più cocente il desiderio di rivederlo e d’essere con Lui e li obbligava a ritornare tosto a Gerusalemme e dare essi stessi la novella della risurrezione ai compagni raccolti nel cenacolo. I due discepoli, rapiti fuor di sé per la gioia, guardandosi stupefatti, e rimasti per qualche istante senza parola, sclamarono: “E non ardeva il nostro cuore in noi allorché Egli ci parlava per via e ci spiegava le Scritture? “Volevano dire, quasi rimproverandosi di non averlo conosciuto prima: Noi dovevamo ben conoscerlo lungo la via: la sapienza, con cui interpretava i Libri santi e la fiamma di fede e d’amore che accendeva nei nostri cuori, ce lo dicevano chiaramente. Non altri che Lui poteva parlare a quel modo e muovere ed infiammare i nostri cuori! — Sì, o cari; Dio parla ai nostri occhi coi Libri santi, parla ai nostri orecchi con la voce della sua Chiesa e dei suoi ministri, e nello stesso tempo parla ai nostri cuori coi forti impulsi e con i soavi attraimenti della sua grazia. La sua voce esterna non si scompagna mai dalla voce interna, sì cara, sì dolce, che fa beato chi l’ode. E volete voi conoscere questa voce e distinguerla dalla voce degli uomini e dalla voce che sì spesso vi frammischiano le nostre passioni? Allorché nel fondo del vostro cuore, al di sopra del santuario della vostra coscienza, udite una voce senza suono materiale, senza strepito, tranquilla, sicura, che vi invita a romperla col vizio, a finirla con quelle passioni che vi tormentano, che vi rimprovera le vostre debolezze, le vostre colpe, che v’invita a correre le vie della virtù, che vi porta ad amare la modestia, l’umiltà, la giustizia, la carità, che vi spinge ad essere migliori che non siete, quella voce, o cari, è la voce di Dio, è quella stessa che si faceva sentire sì forte nel cuore dei due discepoli. Ascoltatela e non errerete mai. Quei due buoni discepoli pensarono tosto ai loro compagni in Gerusalemme, che sapevano immersi nel dubbio e nel dolore: la verità, quand’è qui dentro nei nostri cuori, ha bisogno di uscire, di comunicarsi a quelli che amiamo: siamo impazienti di farla conoscere. Allorché voi avete una novella felice, non potete chiuderla nel vostro cuore: siete costretti a correre da quelli con i quali avete comuni le gioie e le pene, e a versare nel loro il vostro cuore: è una necessità e sembra di raddoppiare la vostra gioia, comunicandola a chi amate. Ciò avvenne ai due discepoli: lasciarono il loro povero desco, dimenticarono il cibo e tosto a gran passi ripresero la via di Gerusalemme, senza sentirne la fatica e ad ogni istante ripetendo a se stessi i particolari della apparizione e riandando le parole udite dal divino Maestro. Potevano essere le sei ore della sera allorché lasciarono Emmaus, e poterono arrivare in Gerusalemme intorno alle nove, trafelati, ansanti e pur lietissimi di recare ai compagni la felice novella: “Gesù è risorto, noi l’abbiamo visto. „ Ma là loro gioia, se era possibile, si raddoppiò, allorché entrati là dove erano raccolti gli undici Apostoli e gli altri con loro, se li videro venire incontro sfavillanti di gioia e gridanti ad una voce: “Il Signore è veramente risorto, ed è apparso a Simone. „ Essi accennavano alla apparizione poco prima fatta nel cenacolo stesso e descritta da S. Giovanni (XX, 19), e ad un’altra fatta al solo Pietro, non ricordata distintamente dai Vangelisti, ma qui indicata e indicata pure da S. Paolo (I ai Corinti, capo XV, vers. 5), e che doveva essere notissima tra i Cristiani. Dilettissimi! E cosa che rallegra, che gioconda il cuore vedere la gioia e la felicità di questi Apostoli e discepoli, allorché possono avere la certezza che il Maestro è risorto: è uno spettacolo commovente questo degli Apostoli e dei discepoli che si amano come fratelli, che vivono della stessa vita, che non hanno che un solo pensiero, un solo amore, il pensiero e l’amore del loro divino Maestro! E perché nelle nostre vicendevoli relazioni, almeno nelle nostre famiglie, non potremmo rispecchiare l’armonia, la carità fraterna, che regnava tra gli Apostoli?
Credo …
Offertorium
Orémus
Matt 28:2; 28:5-6
Angelus Dómini descéndit de coelo, et dixit muliéribus: Quem quaeritis, surréxit, sicut dixit, allelúja. [Un Angelo del Signore discese dal cielo, e disse alle donne: Colui che cercate è risuscitato, come aveva detto, allelúia.]
Secreta
Súscipe, quǽsumus, Dómine, preces pópuli tui cum oblatiónibus hostiárum: ut, paschálibus initiáta mystériis, ad æternitátis nobis medélam, te operánte, profíciant. [O Signore, Ti supplichiamo, accogli le preghiere del pòpolo tuo, in uno con l’offerta di questi doni, affinché i medésimi, consacrati dai misteri pasquali, ci sérvano, per òpera tua, di rimédio per l’eternità.]
Communio
Luc XXIV:34
Surréxit Dóminus, et appáruit Petro, allelúja. [Il Signore è risorto, ed è apparso a Pietro, allelúia.]
Postcommunio
Orémus.
Spíritum nobis, Dómine, tuæ caritátis infúnde: ut, quos sacraméntis paschálibus satiásti, tua fácias pietáte concórdes. [Infondi in noi, o Signore, lo Spírito della tua carità: affinché coloro che saziasti coi sacramenti pasquali, li renda unànimi con la tua pietà.]