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Deus, qui inter ceteros Angelos, ad annuntiandum incarnationis tuæ mystèrium, Gabrielem Archangelum elegisti; concede propitius, ut, qui festum eius celebramus in terris, ipsius patrocinium sentiamus in cœlis: qui vivis et regnas in sæcula sæculorum. Amen (ex Missali Rom.).
Indulgentia trium annorum.
Indulgentia plenaria suetis conditionibus, dummodo devota orationis recitatio, quotidie peracta, in integrum mensem producta fuerit (S. Pæn. Ap., 25 apr. 1949).
SAN GABRIELE ARCANGELO
[G. Lardone: Fra gli astri della santità cattolica; S.E.I. Ed. Torino, 1928 –impr.]
Fra gli innumerevoli spiriti che formano la vasta gerarchia dei cieli, compongono la corte del gran Re e ne eseguiscono gli ordini in qualità di fedeli ministri, tre ve ne sono dei quali i libri santi ci hanno in modo esplicito rivelati i nomi: Michele, Raffaele e Gabriele. Le loro apparizioni ed i rapporti particolari che ebbero con gli uomini nel rivelare i decreti di Dio possono considerarsi come la causa di questa distinzione così onorevole per essi, e così preziosa per noi. Il pontefice San Gregorio nella sua trentaquattresima omelia sul Vangelo ci illustra il significato dei lor nomi; e, seguendo, con S. Girolamo, l’etimologia ebraica, assegna a Gabriele precisamente la significazione di Forza di Dio: Gabriel antera fortitudo Dei (S. GREG. , Op., Parigi, 1535, Voi. I , p. 1478). Il nome adunque è significativo ed eloquente; e, se la Chiesa ha voluto ricordarcelo con una speciale solennità si è perché da lui, Forza di Dio, che fu l’Arcangelo dell’Incarnazione in Cielo, nella Antica Legge e nel Nuovo Testamento, apprendiamo anche noi ad aderire sempre più a Gesù Cristo Redentore per portare con fortezza alle genti l’annunzio della Buona Novella.
1 . — IN CIELO.
Nella sua prescienza innata Iddio ha dall’eternità previsto la caduta dell’uomo dallo stato soprannaturale per causa della colpa di origine. Ma siccome in Lui non vi è successione né di tempo né di momenti, nella stessa previsione della prima e universale caduta, volle la Redenzione, cioè la riparazione dei danni del peccato, affinché l’uomo potesse di nuovo sollevarsi all’abbraccio del perdono d’Iddio e riascendere a quella felicità soprannaturale dalla quale era volontariamente decaduto. Decretò quindi l’Incarnazione cioè che il Verbo Eterno assumesse la umana carne con tutte le miserie ad eccezione del peccato, affinché abbassandosi Iddio fino all’uomo, potesse di nuovo l’uomo risollevarsi fino a Dio. Senonché fra quegli spiriti che Iddio aveva creato perché fossero come intravede Ezechiele il primo Angelo Signaculum similitudinis, plenus sapientia et perfectus decore in deliciis paradisi Rei (EZECH., XXVIII), uno ve ne fu, Lucifero, che desiderò, inordinatamente l’unione ipostatica per essere assunto all’ufficio altissimo di Redentore (SUAREZ, lib. VII, 13, De Angelis). « Ascenderò nel Cielo, egli disse, eleverò il mio trono sopra gli astri del firmamento… siederò sulla più vertiginosa altezza, ai lati dell’aquilone al disopra delle stesse nubi e sarò simile all’Altissimo » (ISAIA, XIV). Ma Iddio rigettò la natura angelica che aspirava all’unione con la divinità, e prescelse invece la natura umana per unirla, nell’unione personale, col Verbo, che doveva incarnarsi per la salute del mondo: Miniasti eum paulo minus ab Angelis (Salm., VIII). E chi prescelse Iddio dall’eternità, mentre volle la Redenzione e stabilì l’incarnazione del Verbo, per darne l’annunzio consolatore? L’arcangelo Gabriele, il quale, nel pensiero di Dio, divenne lo spirito più adatto per essere il messaggero di così alti misteri e per proclamare al cospetto dei cori angelici prima che alla terra che tutti avrebbero dovuto adorare il Figlio di Dio fatto uomo: Et adorent eum omnes Angeli eius (Hebr., I , 6). Maturata poi la rivolta di Lucifero, il quale, non volendo assoggettarsi ai decreti di Dio, pronunziò il suo: Non serviam (IER., II, 20), fu allora che, secondo la visione di San Giovanni: Factum est prœlium magnum in cœlo (Apoc, XII, 7) con l’arcangelo Michele, essendo conveniente che colui il quale voleva essere simile a Dio fosse sconfitto da quegli il cui nome significa appunto nell’interpretazione etimologica e gregoriana: quis ut Deus! Tale fu adunque il ministero dell’Arcangelo Gabriele in cielo: quello di essere l’angelo dell’Incarnazione onde proclamare l’onore che le potestà celesti dovevano al Figliuolo di Dio fatto uomo.
- — NELL’ANTICA LEGGE.
Però il suo carattere di nunzio dell’Incarnazione ha un più evidente risalto dalle narrazioni dell’Antica Legge che al mistero del Redentore si riferiscono e specialmente dalle visioni di Daniele. Trovandosi alla corte di Baldassarre, parve al profeta di venir trasportato a Susa e là intravide quanto sarebbe accaduto nelle monarchie e nei regni futuri. Descrisse quindi, secondo gli interpreti, le lotte di Alessandro con Dario, dei Greci con i Persiani: previde la potenza e la crudeltà di uno fra i successori di Alessandro che i commentatori credono Antioco Epifane (A LAPIDE, Vol. XIII, pag. 98, Ed. Parigi, 1866). Per interpretare questa visione così complicata e così confusa Iddio inviò al Profeta l’arcangelo Gabriele: Stetit in conspectu meo, dice il Veggente, quasi species viri (DAN., VIII, 15), il quale dopo avergli spiegata la visione secondo la storica successione degli imperi, fermandosi in modo particolare ad illustrare le persecuzioni che avrebbero dovuto soffrire gli Ebrei degeneri, conchiuse: Tu ergo visionem signa (ivi, 26) cioè conservala: perché allora nessuno avrebbe potuto comprenderla ma soltanto quattrocento anni dopo, cioè quando sarebbero stati maturi i tempi stabiliti dall’Eterno per l’avvento del Messia. – In una seconda visione, essendo il Profeta afflitto dal pensiero che il tempo della desolazione si approssimava per la città santa, rivolse a Dio, prosternato nella polvere, la celebre preghiera che noi leggiamo nel capo IX della sua profezia. Poi, narra il racconto profetico: « Mentre pregavo e confessavo i miei peccati e quelli del mio popolo Israele … ecco Gabriele, che avevo visto fin da principio in visione, il quale, appressandosi nel volo a me, mi raggiunse durante il sacrificio serotino … e mi disse: Daniele, io sono venuto affine di insegnarti e farti comprendere… tu dunque medita la parola e comprendi la visione… ». E l’Arcangelo Gabriele allora gli rivelò il Messia, l’epoca in cui sarebbe venuto al mondo, la sua morte, la riprovazione del popolo giudaico e l’alleanza che Iddio avrebbe stretto con nuovi popoli più fedeli alla sua legge santa. Tale rivelazione è contenuta nella profezia detta delle settanta settimane (DAN., IX, 20-27): « Sono state fissate settanta settimane per il popolo tuo e per la tua città santa, affinché la prevaricazione sia tolta… e sia cancellata l’iniquità… Sappi adunque… da quando uscirà l’editto per la riedificazione di Gerusalemme fino al Cristo principe vi saranno sette settimane e sessanta due settimane… E dopo sessanta due settimane il Cristo sarà ucciso e non sarà più suo il popolo che lo rinnegherà… E la città e il Santuario sarà distrutto da un popolo con un condottiero che verrà… E alla metà della settimana verranno meno le ostie ed i sacrifici e sarà nel tempio l’abbominazione della desolazione… ». Da questo annunzio profetico è adunque chiaro che la missione dell’arcangelo Gabriele ebbe per oggetto l’Incarnazione di Gesù e la Redenzione del genere umano. – Il suo carattere di fortezza poi l’Arcangelo nostro lo conserva ancora in numerose altre apparizioni tramandateci dalle sacre carte. Nota, ad es., quella del capo X di Daniele, dell’anno terzo di Ciro, re dei Persiani, allorché al Profeta, macero dai digiuni e dalle penitenze, apparve l’Arcangelo «vestito di abiti di lino con i fianchi ricinti di fusciacca di fino oro: e il suo corpo era come il brisolito e la sua faccia aveva la somiglianza di folgore, e gli occhi di lui come lampada ardente, e le braccia e le parti all’ingiù fino ai piedi erano simili ad un bronzo rovente: e il suono di sue parole come il mormorio di una gran turba» (DAN., X, 5-6, Trad. Martini). Cornelio A Lapide commenta che fu conveniente questa apparizione nuova ed in forma così maestosa da parte dell’Arcangelo, perché veniva ad annunziare al Profeta le vittorie dei Maccabei, e per conseguenza, la gloria e la maestà che ne proveniva al popolo di Dio. Tanto più che le lotte e le vittorie annunziate erano tipo e figura delle lotte e dei trionfi che i cristiani avrebbero col tempo dovuto sostenere contro gli idolatri e contro gli infedeli che avrebbero perseguitato nella Chiesa il regno spirituale del Salvatore.
- — NEL NUOVO TESTAMENTO.
Ma dove più spicca per il nostro il carattere di Angelo dell’Incarnazione si è nel Nuovo Testamento, poiché appunto nel Nuovo Testamento si narra come l’Arcangelo Gabriele …
…Venne in terra col decreto
della molt’anni lacrimata pace
ch’aperse il ciel dal suo lungo divieto.
(Purg., X).
Si approssimava il tempo nel quale Colui che è la forza e la sapienza di Dio doveva venire nel mondo. Le settimane profetate da Daniele erano oramai compiute: il Santo dei Santi doveva ricevere l’unzione divina che lo costituiva sacerdote eterno nel tempo stesso in cui doveva diventare la grande vittima offerta per la salute del mondo; doveva, in una parola, compiersi il mistero dell’Incarnazione. Orbene sei mesi innanzi l’Annunziazione della Vergine un grande avvenimento accadde al tempio di Gerusalemme: l’Arcangelo Gabriele vi discese dal cielo per annunziare l’inizio della gioia che la nascita del Redentore doveva portare a compimento. C’era, dice San Luca, un sacerdote per nome Zaccaria della classe di Abia: sua moglie, delle figlie di Aronne, si chiamava Elisabetta. Erano tutte e due giusti al cospetto di Dio, camminando irreprensibili nei precetti e decreti del Signore. Posta una così perfetta ubbidienza a Dio, una edificazione così grande per il prossimo, non è a stupire che i coniugi santi abbiano attirato su di sé e sulla loro famiglia gli sguardi e la benedizione del Signore, non è a stupire che siano stati eletti a portare al mondo il Precursore del Verbo. E fu l’arcangelo Gabriele che venne loro inviato, nunzio della lieta novella. Egli comparve alla destra dell’altare dell’incenso, mentre Zaccaria offriva il sacrificio, e, visto lo sbigottimento del sacerdote, gli disse: « Non temere, Zaccaria, perché è stata esaudita la tua preghiera, tua moglie Elisabetta ti partorirà un figlio, a cui metterai nome Giovanni, e sarà a te di allegrezza e di giubilo, e molti si rallegreranno per la sua nascita, ecc. ». Siccome poi Zaccaria recava in campo l’età avanzata sua e di Elisabetta, l’Arcangelo soggiunse: « Io sono Gabriele che sto in presenza di Dio e sono stato mandato a parlarti e recarti questa buona notizia » (LUCA, I, 5-19). I più importanti prodigi stavano per avverarsi ed era ben conveniente che quel Dio il quale Fecit potentiam in brachio suo (LUCA I, 51), inviasse colui che era più spiccatamente la rivelazione della sua forza per portarne l’annunzio al Giusto prescelto pure a grandi cose. Però dove l’Arcangelo fu propriamente Nunzio di grandi cose si fu nell’annunziazione della Vergine benedetta: allorché fu mandato « ad una città di Galilea di nome Nazaret, ad una Vergine che aveva per sposo un uomo della stirpe di Davide per nome Giuseppe e la Vergine si chiamava Maria » (LUCA, I, 26). È qui il più bel trionfo di Gabriele perché la gloria che gli venne nella sua qualità di ambasciatore dell’Altissimo fu immensa. « Non bisogna credere, esclama San Bernardo, che egli sia uno di quegli Angeli che Iddio invia frequentemente sulla terra e per una causa ordinaria. Egli deve custodire un segreto che nessuno degli Angeli deve conoscere prima della Vergine: eppure Iddio a lui lo confida perché dev’essere di una perfetta eccellenza per venir ritenuto degno e del nome che porta e della missione che gli viene confidata. Fu lui il primo che ha pronunziato il saluto che si ripete oramai da due mila anni nel mondo intero e che dovette pure essere adottato in cielo dai cori angelici per onorar la loro regina. « Salve, o piena di grazia, il Signore è con te! ». Fu lui che rassicurò la Vergine turbata all’annunzio del tremendo mistero: « Non temere, o Maria, hai trovato grazia davanti a Dio ». Fu lui che alla Vergine diede chiara, esplicita, formale la rivelazione dell’incarnazione del Verbo: « Concepirai nel seno e partorirai un figlio ». Fu lui che pronunziò per primo il nome adorabile del Figlio di Dio fatto uomo: « Cui porrai nome Gesù» (LUCA, I, 26-32). F u lui infine che venne fatto degno di ricevere il consenso di Maria per portarlo al trono dell’Eterno. – Potevano dunque darsi rapporti più stretti tra l’Arcangelo nostro ed il mistero della nostra salute? Inoltre questi rapporti furono confermati da altre apparizioni, le quali nell’ora della Redenzione, vengono attribuite all’Arcangelo della fortezza. San Cipriano ed altri scrittori pii opinano che lo stesso San Gabriele sia apparso ai pastori nella notte della natività di Gesù per convocarli alla culla del Messia. Altri dottori pensano che lo stesso Arcangelo sia disceso all’Orto degli Ulivi per confortare il Salvatore nella spasimante agonia del sudore di sangue (SUAEEZ, I part., tom. II, disp. 244, n. 3; e LUDOVICO DA PONTE, Med. de agon. Christi in Orto). Alcuni infine opinano che Gabriele Arcangelo sia stato deputato alla custodia del Sepolcro di Cristo e che a luì sia stato concesso l’onore di dare per il primo l’annunzio della Risurrezione del Salvatore. Orbene, questi molteplici rapporti, così augusti, così intimi, così misteriosi col mistero del Verbo Incarnato mentre ci donano la più alta idea di questo spirito immortale che sta davanti al trono del Signore ci devono ispirare la più viva confidenza nella sua valida protezione e ci devono spronare a celebrarne la festa con venerante pietà. – Creato arcangelo dell’Incarnazione per la sua fortezza, egli fu l’annunziatore di Gesù. Preghiamolo adunque affinché apporti anche a noi la buona novella del Cristo, ci comunichi in abbondanza i lumi supremi sui misteri adorabili della di lui persona e ci insegni ad amarlo ed a servirlo con una fedeltà inviolabile. Egli fu il visitatore di Maria. Chi mai, dopo Gesù, ha visto Maria più da vicino? Chi è meglio penetrato nei sublimi segreti della di Lei anima? Chi ha potuto avere una più giusta ammirazione per la purezza perfetta, per l’umiltà profonda, per l’ubbidienza ammirevole della Vergine Santa? Egli fu certo il primo devoto di Maria. Preghiamolo quindi affinché ci conduca alla Vergine e ci renda meritevoli di stringere con Lei quei legami di venerazione che hanno caratterizzato la sua visita all’umile dimora nazarena. – In un’antica effigie scoperta a Palermo nel 1516 (A LAPIDE, Vol. 21, pag. 21-2) il nostro Arcangelo è rappresentato mentre tiene nella destra una face e nella sinistra uno specchio di diaspro verde chiazzato di macchie rosse. Possano i suoi simboli segnare la nostra via. Agitiamo anche noi la face che segnali a tutti la nostra fede in Gesù: sia la nostra vita come uno specchio fedele delle virtù mariane: e noi, come l’Arcangelo, annunzieremo Gesù e saremo realmente uniti a Maria. Imploriamo quindi da San Gabriele che ci impetri la grazia di essere forti e costanti nell’attaccamento a Gesù ed a Maria; che ci ottenga l’onore di pronunziare sempre, come egli li ha pronunziati, questi nomi sacri, in modo degno del Figlio e della Madre, affinché un giorno siamo ancora noi glorificati per la vista di Gesù e di Maria.