GREGORIO XVII – IL MAGISTERO IMPEDITO: 1° corso di ESERCIZI SPIRITUALI “LA PERFEZIONE” (14)

GREGORIO XVII:

IL MAGISTERO IMPEDITO

1° corso di ESERCIZI SPIRITUALI

LA PERFEZIONE

(14)

16. La verginità

Della via della perfezione io ho avuto tempo e agio solo di richiamare alcune pietre miliari; è evidente che non ho potuto richiamare tutto, e il tempo limitato non mi ha consentito di trattare argomenti di estrema importanza e pertinenti all’argomento generale. Vi parlerò ora della verginità. – Vorrei spiegare il termine perché ha un significato preciso, specifico, che qui non sarebbe usato con proprietà. Io intendo parlare non della verginità ma della castità. Però, data la bellezza del nome, dato il fascino che anche le parole esercitano, invece di usare la parola castità, lasciatemi usare la parola verginità. Il termine verginità è caratteristico, è specifico, ma è tanto bello; lasciate che me ne serva; con la dichiarazione previa, tutto va a posto. La verginità è una strada che non è stata imposta a tutti, no; è strada di elezione, e pertanto diventa figlia di una libertà umana, di un atto sovrano della persona umana che abdica a qualche cosa che potrebbe avere, che potrebbe prendere, e fa tale cosciente e libera abdicazione. Badate che è un gesto sovrano questo. I sovrani di questo mondo cessano di essere sovrani quando abdicano; ma in questo caso lo si diventa quando si abdica, ossia è esattamente il rovescio. Presentato così l’argomento, comincio a dipanarlo. Che cosa vuol dire verginità? Verginità vuol dire una netta e stagliata superiorità sul mondo, su tutto il mondo. Mi direte: A quali condizioni e perché? Prima me ne sto in campo storico, perché la storia ha sempre da parlare e parla sempre bene. È la prima e l’ultima ad aprir bocca, la storia delle faccende umane, e per questo sa che cosa dice, tanto più quando i suoi protagonisti sono taluni. Guardate bene il contegno di Nostro Signore Gesù Cristo. Nostro Signore si è diportato da uomo, ha preso tutto come noi, salvo il peccato e quello che è antecedentemente o conseguentemente connesso col peccato: pertanto Egli non ha conosciuto, come uomo, quello che è il fomite della concupiscenza. Guardate come si è diportato. Ha preso 12 Apostoli; tra questi 12 Apostoli si delinea un primato di stima e di commissione, questo indica la persona di Pietro. Dalla tradizione sappiamo che Pietro aveva moglie, e lo sappiamo anche dal Vangelo, perché Nostro Signore è andato a guarirgli la suocera. La tradizione gli ha sempre affibbiato una figlia, santa, e il ricordo di questa figlia sta nella basilica di S. Pietro, perché nella cappella di testata della navata destra, in fondo, a fare pendant con quella di S. Leone Magno, c’è la cappella di S. Petronilla. Pietro riceve certamente la prerogativa del primato di stima e di commissione da parte di Gesù Cristo; e sapete che cosa Gesù Cristo ne ha fatto di Pietro! E come si vede benissimo in tutto l’Evangelo costruirsi questo primato che più tardi, in momenti solennissimi, prima a Cesarea di Filippo e poi sul lago di Tiberiade, viene esplicitamente confermato, ponendosi con quella commissione di primato la pietra definitiva e basilare della Chiesa. – Ma aveva il primato di stima e di commissione, Pietro, non ha avuto il primato di affetto. Il primato di affetto l’ha avuto un altro, Giovanni, l’Apostolo che è rimasto intatto, l’Apostolo vergine, la figura più spirituale, la più eterea, la più trascendente di tutto il collegio apostolico. E l’Evangelo non tace questo: egli è chiamato per antonomasia « il discepolo che Gesù prediligeva ». Nell’Ultima Cena la bontà del Signore permise un episodio perché rimanesse significativo. Siamo al banchetto pasquale dell’Ultima Cena; era un banchetto festoso, ricco; Gesù aveva voluto che lo preparassero sul serio, con tutti gli intingoli imposti dal cerimoniale. Nonostante tutto questo, Giovanni, a un certo punto, gli piglia il sonno e non lo manda via, comincia a scendere, comincia ad accoccolarsi un po’ e finisce con l’andare ad appoggiarsi a Nostro Signore, il quale né lo sveglia né lo manda via, lo lascia stare fintanto che non si sveglierà da sé. Gli era vicino; essergli vicino voleva dire essere il più caro di tutti. Dall’altra parte abbiamo motivo di ritenere che ci fosse Pietro perché infatti, se qualcuno vuol sapere qualche cosa da Gesù, si rivolge a Pietro perché glielo chieda. Così c’era vicino anche lui, ma quello non si è addormentato. Gesù rimane così in questo atteggiamento verso il discepolo vergine. E questo è l’unico che ha il coraggio di seguirlo; non fugge, gli va dietro e, approfittando del fatto che la sua casa probabilmente si trovava non lontano dalla casa del Sommo Sacerdote e che era conosciuto, entra dentro. Ha avuto del coraggio, questo giovanotto, perché è andato in bocca al lupo: c’è andato ed è restato, e non gli è successo niente di male. Poi è andato a occuparsi della Vergine Madre, l’ha accompagnata, lui, al Calvario ed è rimasto, spettatore unico del collegio apostolico, sul Calvario. Gesù compì in lui il massimo atto di fiducia: gli affidò la Madre e affidò lui a sua Madre, reciprocamente. Voi sapete che in quell’episodio la tradizione ha sempre visto il genere umano affidato alle mani materne della Madre di Dio. Allora bisogna dire che Giovanni in quel momento faceva da genere umano, il discepolo che non ha mai lasciato di essere vicino al Signore. Con Pietro, Giovanni camminò verso il sepolcro, la mattina di Pasqua; camminò a gran passi, a sbalzelloni. Ci arrivò prima di Pietro e, arrivato là, esitò e rimase fuori, aspettò che arrivasse Pietro, che giunse con passo più pacato ed entrò per il primo. L’altro gli andò dietro. Sul lago di Genezaret Giovanni ha sempre il suo ruolo di discepolo che Gesù prediligeva. Quando quella mattina avvenne l’incontro con il Signore, dopo la Risurrezione, secondo l’appuntamento dato da Gesù, gli Apostoli stavano a pescare sul lago e nella bruma mattutina videro un’ombra sulla spiaggia. Chi sarà? È stato lui, Giovanni, con la intuizione del discepolo affezionato e vergine, a riconoscerlo: « Dominus est ». Pietro, quando sente dire questo, non capisce più niente, si getta a nuoto per arrivare; ma chi l’ha conosciuto è Giovanni. Dopo un po’, giunti a terra, Pietro si sente intonare una musica che sembra non gli sia andata molto a genio, perché Gesù molto bonariamente gli fa fare la ritrattazione della triplice negazione. Prima domanda: « Pietro, mi ami tu? ». « Signore, sì che ti amo ». « Pietro, mi ami tu? ». « Sì che ti amo ». « Pietro, mi ami tu veramente? ». E quello s’impressiona, capisce che c’è un ritmo di rispondenza; tre volte l’aveva rinnegato, e capisce, tre volte deve ritrattare. « Ma Signore, tu lo sai che io ti amo ». Va bene allora. Come per dire: quello che è successo non ha rotto niente. E viene la riconferma: « Pietro, pasci i miei agnelli; pasci le mie pecorelle ». Sii il pastore dei miei agnelli e delle mie pecorelle, di tutto il gregge. E poi subito dopo, così per dosare le cose, perché quello non si mettesse troppo su, gli annunciò come sarebbe morto. Ho già avuto occasione di ricordare questa faccenda. Quella non gli andava tanto a genio al povero Pietro, e ce ne accorgiamo da questo particolare, particolare minimo ma espressivo in sommo grado. Dietro, mentre passeggiavano, veniva Giovanni. Pietro non era molto soddisfatto, si vede, e avrà pensato: almeno fossimo in due ad avere questo guaio! Si volta e vede Giovanni e chiede: « E costui? ». Sperava che Gesù dicesse: lo prenderanno, lo squarteranno, sta tranquillo, così sarete in due. No, no, Gesù dice: « E se Io voglio che costui rimanga fintanto che Io ritornerò, a te che importa? ». Non gli dà la soddisfazione. Pietro non ne parlò più. Questa frase però l’hanno raccolta gli altri, e Giovanni se la sentì ripetere tante volte. Nel suo Vangelo sentì il bisogno di fare la rettifica: « Gesù non gli disse che non sarebbe morto, ma: e se Io voglio che costui rimanga finché Io tornerò, a te che importa? ». Questo discepolo, Giovanni, fu il custode della Madre di Dio, dopo la sua prima missione in Giudea e in Samaria. Egli venne mandato in Samaria per dare la Cresima; dopo che il diacono Filippo aveva fatto un gran chiasso e ne aveva convertito una grande quantità, allora mandarono due, e di questi due uno era Giovanni, per andare a dare la Cresima a quelli della Samaria. Ma dopo il Concilio Giovanni scompare, non lo si ritrova più, se ne perdono le tracce; è a custodire la Madre di Dio. La tradizione dice che egli andò in Asia Minore e la portò con sé. Effettivamente in Asia Minore, proprio in questi anni, si sono scoperte le due chiese, vicine, 1abside dell’una combaciante con l’abside dell’ altra, una dedicata a Giovanni, una alla Madre di Dio. Ora, se si tiene conto di come costruivano le chiese allora, questo può essere ritenuto come la documentazione di una tradizione là fortissima e vigente nel secolo IV circa la permanenza della Madonna e di S. Giovanni a Efeso. La casa fu riscoperta a Capuna, su una collina, a pochi chilometri da Efeso. Poi la Vergine andò in Cielo. Allora Giovanni ritornò nella vita attiva, ma mantenne un carattere inconfondibile. Forse vi meraviglierete che io insista su questa parte storica, ma capirete adesso il perché. Non c’è nella storia della Chiesa primitiva il caso di un uomo che sia apparso ai contemporanei così etereo e che abbia avuto una venerazione così viva come Giovanni. Perché quest’uomo invecchia ma rimane sempre giovane spiritualmente. Difatti si diceva che non sarebbe morto. Quando ha passato gli ottanta anni, gli mettono le mani addosso per portarlo a Roma, lo immergono in una caldaia d’olio bollente, ma non muore, nonostante tutto. Quando Domiziano si convinse che i cristiani non volevano portargli via l’impero, si mise un po’ in pace e lasciò andare con la persecuzione. Allora liberò Giovanni. – Poi venne l’episodio di Patmos, e a Patmos la redazione dell’Apocalisse, la visione di Cristo; poi se ne ritornò in Asia Minore dove continuò il suo ministero. Il ministero di Giovanni è un ministero pacato, fatto tanto di parole che di silenzi, un ministero essenzialmente interiore. Da quello che noi sappiamo, egli ha tutto l’aspetto di un grande direttore spirituale dell’Asia Minore; non ha niente della caratteristica incendiaria di Paolo. È un’altra figura! E ‘ una figura eterea. Pare un disincarnato, Giovanni! E’ così! Invecchia, ma rimane sempre giovane; le forze, quando ha passato i cento anni, cominciano ad andar giù, ma egli continua così, disincarnato. La prima età ha guardato Giovanni come noi guardiamo, in certi tramonti meravigliosi e limpidi, una nuvoletta bianca che rimane sull’orizzonte, e poi la vediamo dorata dal sole che noi non vediamo più: essa riceve ancora i raggi del sole e s’indora laggiù, mentre noi il sole non lo vediamo più. La figura di Giovanni nella prima età è così: questo qualche cosa di disincarnato e pur umanissimo che sta all’orizzonte della Chiesa e che riceve i raggi del sole che noi non vediamo. – A Patmos aveva veduto un’altra volta il Signore. Aveva veduto tutti i destini dell’umanità e li aveva segnati. Aveva veduto l’epilogo di tutte le cose. Già prima egli era andato più in su di tutti gli scrittori del Nuovo Testamento col prologo del suo Evangelo, la più grande pagina che sia stata scritta nella storia umana; ma a Patmos in tutti i destini dell’umanità egli vede il Signore. Da allora rimase non solo disincarnato, ma lo si sarebbe detto estatico. Continuava a guardare da quella parte dove l’aveva veduto. E l’ultima parola che gli era rimasta sulle labbra nel chiudere l’Apocalisse fu la parola che rimase sulle sue labbra per tutta la vita che trascinò ancora, sempre disincarnato, sempre estatico, ed è questa: « Veni, Domine Iesu! ». È l’ultima parola con la quale si chiude l’Apocalisse; vieni, Signore Gesù, vieni presto! Non poteva più parlare a lungo, gli ultimi anni, perché ormai era ridotto a una piccola fiamma che ardeva ma prossima a estinguersi. Lo portavano nella adunanza dei fedeli, ed egli che non poteva più tenere le catechesi ripeteva soltanto: « Figliolini, vogliatevi bene l’un l’altro ». Una volta gli dissero: « Maestro, ma perché dici sempre la stessa cosa? ». Rispose: « Perché se avrete fatto questo, veramente sarete col Signore Gesù, se vi vorrete bene l’un l’altro ». E lo scrittore del II secolo che ci riporta il fatto dice: « Digna Johannis hæc sententia »: è stato un modo di parlare degno di Giovanni. Egli rimane come l’Apostolo vergine, che sovrasta la prima età, disincarnato, estatico, altissimo, come una figura di eternità, egli che incoraggiò la Chiesa, che creò la prima grande scuola, la scuola di Efeso, dalla quale usciranno tutti i primi grandi scrittori, scuola che continuò coi discepoli suoi: Papia, Policarpo di Smirne, e arrivò fino a Ireneo: la prima grande scuola cristiana che egli illuminò con la sua luce calda, eterea. – L’apostolo vergine rimane come un simbolo nella storia della Chiesa. La Chiesa, a poco a poco, ha chiesto e poi ha imposto ai suoi ministri di seguire Giovanni l’Evangelista nel celibato. Ha chiesto ai suoi ministri il celibato, non perché fosse assolutamente necessario, ma l’ha chiesto, e non se ne potrebbe fare a meno: l’ha chiesto e l’ha imposto a tutti. È rimasto fuori il gruppo dei greci, approfittando del tempo in cui esso era costume e tradizione ma non ancora legge grave. E guardate cosa hanno combinato! Uno scisma. E tutta la fascia che va dall’Artide al Mediterraneo mostra che lo scisma non ha avuto un’idea e che ha perduto la forza di imporsi anche socialmente e socialmente redimere. La Chiesa ha indicato Giovanni al sacerdozio perché la Chiesa ha veduto che il servizio al mondo lo si fa solo seguendo Giovanni. Non si possono servire completamente i propri fratelli se non c’è la verginità. Ecco la storia. E allora la prima condizione per entrare a servizio della Chiesa Cattolica è questa: la verginità, la castità: senza questa i fratelli non si salvano. Ho detto che la verginità è la superiorità sul mondo! E fin qui ho parlato in nome della storia. Ora lasciamo la storia e torniamo al ragionamento. Perché la verginità è la superiorità sul mondo? Perché chi l’ha, non per paura o neghittosità ma per volontà propria, è certamente un dominatore della vita; plana su tutti gli altri. Vediamo più intimamente perché è una superiorità. Vi prego di osservare una colleganza che è nell’uomo, e questa determinerà la testimonianza della superiorità. Non è vero quel che dice Freud che l’istinto sessuale sia quello che domina la vita; è vero solo che è quello che può avere influenza su tutta la vita materiale; ma ricordiamoci bene che, se questo può avere una influenza su tutta una impostazione della vita materiale, la vita materiale poi finisce col condizionare quella spirituale. E allora si vede anche come, per altri titoli, il collegamento si protragga. Perché? Perché la via che non è di verginità mette l’uomo in una situazione morale di dover fare come proprio l’interesse materiale di coloro che lo seguono nella generazione e nella vita. E questo crea tutta una quantità di appigli materiali; non c’ è mai libertà; sono vincoli onesti, che possono, certo, essere onesti, ma sono vincoli. Quando un uomo ha una famiglia, non è padrone di disporre della propria vita come vuole, ha dei doveri. Solo un uomo che non ha quei vincoli è libero da certi doveri e pertanto può donarsi e può donare; può morire, può consumarsi, può essere povero, perché allora non impone agli altri la sua povertà, è libero di essere povero, cioè di essere ancora più libero. È questa verginità che crea le due classi del mondo: quella di chi anche onestamente ha onesti doveri, la cui onesta dedizione deve condizionarsi a una quantità di ragioni puramente materiali, e quella di chi non si condiziona a situazioni d’ordine puramente materiale: è l’indipendenza. Che se poi si va a guardare interiormente, non è difficile vedere come la verginità integra escluda tutta una sequenza interiore che diventa grave per l’uomo, che lo lega, gli aumenta i bisogni, gli riduce tutto, e questo glielo fa anche se egli sta nella via dell’onestà che è quella dell’onesto matrimonio; ma glielo fa in modo infinitamente più grave e profondo se sta nella via del peccato perché gli conturba tutto. Là sta il principio di ogni squilibrio, che incatena sentimento, istinto, fantasia, crea problemi, il principio che mette in contrasto una cosa con l’altra dentro l’uomo. Due classi: eccovi la superiorità, la grande superiorità! Però vi sono delle condizioni, e le condizioni sono quelle della verginità piena, perché quello che io vado dicendo è che la verginità piena non condiziona semplicemente la parte materiale di noi, ma condiziona la mente, il sentimento e la fantasia; dà il distacco pieno, la esenzione non dalla tentazione ma dalla colpa, perché quello che conta è la esenzione dalla colpa, non dalla tentazione; perché chi può guardare dall’alto il male che lo insidia alle calcagna, lo guarderà sempre dall’alto, anche se quello insidia. Egli è sempre al disopra, è sempre signore, sempre vittorioso. Miei cari amici, giacché una strada la si percorre, percorriamola tutta: intera, dignitosamente! Se abbiamo fatto 90, facciamo 100. Perché perdere il vantaggio per poco? Se occorre gettare giù qualche cosa di viscido del sentimento, qualche cosa di ricorrente nella mente e nell’abitudine, anche di non peccaminoso ma di impiastricciato, un affetto che non è più al suo posto, giacché ci siamo, facciamo piazza pulita! – Dal momento che nella verginità si è fatto il più, si capisce quanto sia decoroso fare il meno e arrivare al completo, e che tutto sia chiaro, che tutto sia pulito; se è necessario sfogliare ancora un po’ sto carciofo perché non abbia più punte, sfogliamolo ancora un po’, leviamole tutte le punte a questo carciofo, e facciamo in modo che non abbia da pungere niente. Voi capite che quando si è fatto il sacrifico del più, lo si può fare del meno, si può farne il sacrificio in quella tale modestia che compone l’atmosfera giusta affinché la verginità vi respiri bene, quella modestia che è cautelata, che è prudente, moderata, contenuta, che è sovrana padrona di sé e di quanto la circonda. Certo ci vuole una custodia sui sensi interni e sui sensi esterni, ma la verginità è coronata. – Voi sapete che la Sacra Scrittura ci parla di tre aureole speciali che saranno nella vita eterna rispondenti a tre situazioni. Ma la prima è quella della verginità. Giovanni stesso, quando vede la celeste Sion, vede l’Agnello; ma « sequuntur Agnum virgines quocumque ierit »; vede che l’Agnello è seguito dai vergini. L’eternità porterà per sempre lo stigma della verginità del tempo. La verginità porta via qualche cosa, certo; quello per cui gli uomini non rimangono in una certa solitudine, glielo porta via. Bisogna ricordarcelo questo; la verginità porta via qualche cosa, porta via per sacrificare al Signore; ma il fatto che porta via serve a dare all’umiltà di chi la osserva una indicazione preziosa, e cioè che a quel posto bisogna mettere sempre un’altra cosa, altrimenti rimane un vuoto. E questo spiega perché talvolta vi sono delle anime verginali che a un dato momento pare che rotolino su sé stesse, senza far niente di male, forse, ma rotolano su sé stesse come le trottole. La ragione è questa: che la verginità porta via qualche cosa, e se al posto di quella non ci si mette qualche altra cosa, viene a mancare il peso che fa l’equilibrio, e allora comincia il movimento della trottola. E cosa ci si deve mettere? La vita soprannaturale. Bisogna metterci l’amore di Dio, il dovere, una missione, anche nascostissima. Bisogna metterci il livello soprannaturale. Allora state tranquilli che di trottole non ce ne saranno, e voi avrete le figure più complete che si possano pensare al mondo. Avrete i più coraggiosi, i più moderni, i più materni, e parrebbe una contraddizione; avrete i più fini, i più forti, avrete gli intelletti più alti e le soluzioni più radicali. Badate che, a quanto è stato dato a noi di sapere, l’intelletto più alto del genere umano è stato S. Tommaso d’Aquino. La guglia! Nessuno è penetrato in cielo col suo pensiero, al di fuori si capisce delle rivelazioni soprannaturali. La guglia. S. Tommaso! Un colosso alto un po’ più di due metri, che pesava più di un quintale e mezzo, per cui gli avevano dovuto fare un taglio nella tavola perché potesse collocare l’epa; però alla fine della famosa tentazione di Roccasecca fu miracolosamente da Dio liberato per sempre dalla comune condizione degli uomini, e allora filò diritto in cielo con la mente. Senza Roccasecca non si capirebbe S. Tommaso d’Aquino. S. Tommaso, ammalatosi in viaggio verso il Concilio di Lione, a Fossanova, lo misero a letto. Era malato, e dal letto, per ripagare i buoni monaci Cistercensi che lo ospitavano, cominciò a spiegare il Cantico dei Cantici. Accanto al suo letto fra Guglielmo da Tucco, suo segretario, prendeva gli appunti. Un bel modo di morire! Fino all’ultimo respiro ha spiegato ai buoni monaci che si assiepavano intorno al suo letto il Cantico dei Cantici, il cantico degli sponsali eterni fra l’anima e Dio, fra l’umanità redenta e Dio, simboleggiata dal canto fra Dio e Israele suo popolo. Se quel tale vuoto che la verginità lascia viene riempito da elementi soprannaturali, avrete le figure più complete. E quando avrete da risolvere delle cose a questo mondo, mandate a chiamare quelle figure, perché gli altri non ce la faranno. Ricordatevi che la verginità dà: questo almeno portatevelo con voi: dà la verginità, quando è autentica! La verginità autentica, quella spirituale, ha la freschezza che non tramonta mai. Non avete mai incontrato voi delle persone che, vecchissime, hanno ancora il sorriso dei bambini? Non perché ci sia dell’artificio, no. Perché? Dio ha i suoi disegni. – Si incontrano talvolta delle persone vecchissime che hanno un fascino straordinario, che sono disincarnate. Si sente qualche cosa; cosa sarà? Chi è pratico capisce che cos’è! La verginità vera impedisce che si diventi veramente vec-chi. Si muore giovani quando c’è la verginità integra, quella spirituale, perché tiene talmente aperte le finestre sull’eterno azzurro che non vi sono mai ombre crepuscolari; ci potranno essere temporali, ma ombre del crepuscolo no; c’è sempre una luce che irradia e lascia quello che la natura dà ai bambini. I bambini scoprono sempre qualche cosa di nuovo; sempre; è la gioia dell’infanzia scoprire qualche cosa di nuovo. Vedete, il risultato è questo. Tra l’altro, non avendo mai toccato il fondo, c’è sempre del nuovo per i vergini, sempre tutto nuovo. E poi la verginità dà l’entusiasmo, il dono delle piccole cose. Il giorno in cui si sono spenti gli entusiasmi, un uomo è diventato vecchio. Nella verginità questo non succede. E poi la verginità dà la irradiazione dei missionari. Voi dovete far del bene agli altri; ma non sapete che razza di predica fate voi soltanto con la verginità? Non si traduce, non si sa che linguaggio abbia, e chi lo può dire? Non si può fissare in un codice; però quelli che vi avvicinano sentiranno in voi qualche cosa che non sentono negli altri. La irradiazione di un vergine! Voi volontari siete per questa strada. Questo è il ricordo che vi lascio. Dovete arrivare alla perfezione; ci potete arrivare; se mettete a posto l’orazione, ci arriverete certamente. Ora siccome la vostra via di perfezione caratteristica, che vi distingue, è quella che io ho chiamato della verginità, sappiate che cosa è questa strada! Sappiate che cosa porta questa strada a voi e a me. E possiate tutti essere come Giovanni l’Evangelista, i disincarnati, non inumani ma disincarnati. In alto, da illuminare nella luce crepuscolare la vita degli altri che non vedono più il sole. Così, come Giovanni l’Evangelista! – E così sia!