Bambini morti senza battesimo.
[G. Bertetti: “Il sacerdote predicatore” – S.E.I. Torino, 1919]
1. Non godranno la gloria celeste. — 2. Non saranno condannati all’inferno. —
3. Godranno una felicità naturale.
- NON GODRANNO LA GLORIA CELESTE, salvo che abbiano sofferto il martirio per causa di Gesù Cristo, come i Santi Innocenti… Fuori del martirio, essi non potranno essere elevati alla beatitudine sovrannaturale… La legge di Gesù non ammette eccezioni: « Chi non rinascerà per mezzo dell’acqua e dello Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio » (JOANN., III, 5)… Come non si salvano gli adulti senza battesimo, così non si salvano i bambini. – Ma può accadere che un adulto si salvi col battesimo di desiderio …. non così i bambini che non hanno ancor raggiunto l’uso di ragione… E questo un pensiero che non dovrebbe più lasciare un momento di tranquillità a quei genitori che per loro colpa non « lasciarono che i bambini venissero a Gesù » e li privarono per sempre del regno dei cieli. Gesù ha proferito una tremenda minaccia contro chi danneggerà le anime dei bambini: « Meglio per lui sarebbe che gli fosse appesa al collo una macina da asino e che fosse sommerso nel profondo del mare » (MATTH., XVIII, 6)… E qual danno maggiore si potrebbe recare all’anima d’un bambino, che privandolo della felicità del paradiso!…
- NON SARANNO CONDANNATI ALL’INFERNO. — « Né la celeste gloria, né l’eterno supplizio dell’inferno essi avranno dal giusto ed eterno giudice, perché, quantunque non battezzati, mancano di malvagità e di malizia e non di propria volontà subiscono la perdita del battesimo;… non subito è degno di supplizio chi non merita onore e gloria; viceversa, non subito merita onore e gloria chi non è degno del supplizio » (S. GREGORIO NAZIANZENO, or. 40 in s. bapt). — È poi insegnamento di S. Tommaso (S. TH., ‘8up.pl., q. 1, a. 1) che la privazione della vista di Dio è l’unica pena riservata dopo morte al peccato originale; non già la pena del senso, ch’è dovuta soltanto a colpe personali e ch’è proporzionata al diletto che si prova nel commettere la colpa, come dice lo Spirito Santo (Apoc, XVIII, 7): « Quanto s’innalzò e visse nelle delizie, tanto datele di tormento e di lutto »; ora, nel peccato originale, come non c’è nessun’opera, così non c’è alcun diletto, perciò nessun castigo sensibile da soffrire dopo morte”. Queste considerazioni valgano a lenire, per quanto si può, l’angustia di quei genitori cristiani che, senz’alcuna loro colpa, ebbero dei bambini morti senza battesimo; e più valgano le considerazioni seguenti:
- GODRANNO UNA FELICITÀ TEMPORALE. — I bambini morti senza battesimo «non si trovarono mai in uno stato di proporzione per la vita eterna, perché, oltrepassando questa ogni facoltà della natura, non era loro dovuta in forza dei principii naturali, e perché essi non poterono avere atti loro propri per conseguire un sì gran bene. Perciò non sentiranno alcun dolore per la privazione della vista di Dio: anzi godranno molto nella partecipazione della divina bontà e delle perfezioni naturali ». Né li angustierà il pensiero che altri bambini, battezzati per opera e per merito d’altri, raggiunsero la felicità soprannaturale: « l’essere premiati senza il concorso dell’opera nostra è una grazia sovrabbondante: perciò la mancanza d’una grazia siffatta non cagiona nei bambini morti senza battesimo una tristezza maggiore di quella che nei sapienti cagioni il fatto di non veder fatte a sé molte grazie che son fatte ad altri simili ». (S. TH., Suppl, q. 1, a. 2). – «Vivranno contenti del loro stato» (S. BONAVENTURA, De damn.): « Meneranno una vita più gioconda e più dilettevole di quella che naturalmente può trovarsi in questo mondo » (LIRANO, in Eccles.) – « Avranno una conoscenza di tutte le cose naturali di gran lunga più estesa di quella che n’ebbero tutti i filosofi insieme» (SCOTO, 1. 2, dist. 33, 1). — «Conosceranno chiaramente e distintamente l’essenza della loro anima e anche, in un modo però meno perfetto, le nature angeliche; loderanno eternamente Dio in riconoscenza della creazione loro e di tutto l’universo ». (LESSIO, De perfect., 13, 2).