FUORI DELLA CHIESA NON C’È SALVEZZA
S. S. GREGORIO XVII
[«Renovatio», XX (1985), fasc. 1, pp. 5-7].
Ci sono verità delle quali si parla poco o niente. Dunque parliamone. Per distruggere si può usare l’arma della eresia: ma si fa meglio mettendo acqua nel vino e dissolvendo nel silenzio «le parole di Dio». Ecco una verità che brucia: fuori della Chiesa non c’è salvezza. Molti credono che enunciare tale verità sia colpa contro l’Ecumenismo. Costoro si dimenticano che il Decreto sull’Ecumenismo, sancito dal Concilio Vaticano II, si preoccupa di evitare il rischio dell’«indifferentismo ». [Il Santo Padre, per motivi di forza maggiore, si riferisce al falso Concilio, ma in realtà ne sconfessa totalmente i contenuti!].
L’«indifferentismo» è proprio arrivare al punto di non riconoscere che «fuori della Chiesa non c’è salvezza». Non è una proposizione irosa, questa; è una verità di Fede, e può essere ripetuta come atto amabilissimo di carità verso i fratelli. In qualche parte di questo mondo l’effetto di tacerla si è già avuto: le conversioni sono diminuite. In una Nazione, per qualche tempo, quasi scomparvero, perché si è pensato, si è detto e si è scritto che in qualunque forma di Cristianesimo si poteva tranquillamente arrivare al Cielo… Trattandosi di una verità di Fede, la faccenda è grave. – Ripetiamo: si tratta di una verità di Fede. Tutto il Nuovo Testamento esclude chiaramente e senza ombra di dubbio ogni alternativa alla divina rivelazione compiuta in Cristo e tutto quanto si raccoglie attorno al Regno, al Corpo Mistico. Il Regno nel suo aspetto, prima della escatologia, coincide con la Chiesa. La vera Chiesa esclude ogni alternativa, piaccia o non piaccia. Il guaio è che oggi pare per molti che valga più il parere di aprire al mondo, che stare fedelmente con Cristo, Figlio di Dio. – Questa simbiosi tra la Chiesa e l’unica via di salvezza è sempre stata realmente sentita nella Chiesa – ossia nel Magistero -. E esplicitamente richiamata, con inequivocabili parole, tutte le volte in cui c’è un testo da proporre, per esigere una «Professione di Fede». – Basta vedere la Professio Fidei di Durando di Osma (D.S. 423), quella richiesta agli Armeni nel 1361 da Clemente V I (D.S. 3009), la Bolla per i Giacobiti del 1441 (D.S. 714), la Professio Fidei Tridentina (D.S. 999), la Professio Fidei Graecis præscripta, quella præscripta ai Maroniti nel 1743 (D.S. 1473). Nel secolo scorso, la “necessità” della Chiesa rispetto alla salvezza eterna è dichiarata nella Miravi Vos di Gregorio XVI contro De Lamennais (D.S. 1613); nella Quanto Conficiamur di Pio IX contro (proprio) l’«indifferentismo» (D.S. 1677) e nel celebre Sillabo dello stesso Papa (D.S. 1718). L’afferma tutto l’insieme della Pastor Æternus del Concilio Vaticano I. Vi ritorna nella Satis Cognitum Leone XIII nel 1896 (D.S. 1954), etc. Non c’è possibilità di dubbio su questa verità rivelata. È chiara anche la coerenza con l’Antico Testamento (o Vecchia Alleanza), nel quale l’alternativa alla osservanza della Legge del Sinai erano semplicemente la emarginazione e la distruzione. Che si possa pensare come la maestà di Dio creatore, alla quale ogni volontà deve piegarsi, possa eludersi è semplicemente fuori della ragione. Che una «alleanza tra Dio e l’uomo», in qualunque forma pattuita, possa risolversi per deliberazione d’uomo, sicché a lui rimanga qualche altro scampo chissà come e dove, è impensabile. Altra questione è se la divina provvidenza ha mezzi per salvare molti tra quelli che sono «fuori» dell’unica vera Chiesa. La Provvidenza i mezzi li ha. Ma l’impiego di tali mezzi non sarà mai in contrasto coi principi stretti rivelati nel Nuovo Testamento: ossia, in questi eventuali modi di salvezza dovranno essere rispettati l’adesione alla Chiesa, l’accettazione della Fede e l’atto di penitenza dei propri peccati. Dio è coerente – ripetiamo – ; noi possiamo non rispettare la coerenza, sia pure sempre a nostro danno. – Il giusto e doveroso Ecumenismo non sarà mai dispensato dal proporre questa verità a sé e agli altri. I modi per proporre la verità possono essere perfettamente corretti, amabili e persino affettuosi. L’accettazione del primato di Pietro, come roccia sulla quale è edificata la Chiesa, non ha alcuna alternativa: o lo si accetta o si va fuori della via della salvezza!. In fondo in fondo, tutto si riduce a quello che disse Pietro al Sinedrio: «Non c’è altro nome sotto del Cielo, dato agli uomini, in quo oporteat nos salvos fieri» (At. IV, 12). – Dopo d’allora, non è possibile dire diversamente. Il tacere tale verità può equivalere, in talune circostanze, a negarla. È pericoloso essere (come ce ne sono) gli incoscienti chierichetti di Heidegger e di Hegel.
Noi crediamo in Cristo Signore!