[J. –J. Gaume, Catechismo di perseveranza. Vol. II – Torino 1881]
I Sacramenti preparano, compiono, restaurano, rassodano la nostra unione col Signore Nostro. Ma questa unione divina deve essere possibile per tutte le generazioni che verranno a questo mondo fino alla fine dei secoli; ed ecco il Figlio di Dio ne volle stabiliti i mezzi; poiché Egli è il Salvatore di tutti gli uomini che sono stati, sono e saranno; ed a tant’uopo ha istituito:
Il Sacramento dell’Ordine.
I . Definizione di questo Sacramento. — L’Ordine è un Sacramento istituito dal Signor Nostro Gesù Cristo, che dona la podestà di fare l’ecclesiastiche funzioni, e la grazia di esercitarle santamente. Ritrovasi nell’azione, colla quale vengono consacrati i Ministri degli altari, tutto ciò che si richiede perchè sia un Sacramento della nuova Legge. 1° Un segno esteriore e sensibile sono l’imposizione delle mani ed il tocco dei sacri vasi, nonché le preghiere del Vescovo; 2° è un segno istituito da Nostro Signore Gesù Cristo; 3° è un segno che ha la virtù di produrre la grazia. Nel corso della presente Lezione troveremo le prove di tutto questo. Perciò l’Ordine è sempre stato ritenuto un Sacramento, come dimostrano le più antiche liturgie, quelle comprese eziandio delle sètte disgiunte dall’unità cattolica, cominciando fino dai primi secoli [Drouin, De re Sacrament. – Chardon. Istoria dei Sacramenti, t. VI, etc.], i Padri più illustri della Chiesa, quali, ad esempio, Sant’Agostino [Lib. II Cont. Epist. Parmen., c. 13], San Giov. Crisostomo [Lib. III, De Sacerdot. , c. 42], San Girolamo [Adv. Lucifer.], San Leone [Epist. Ad Dioscor. LXXXI], favellano dell’Ordine come di un vero Sacramento. Ed a tali irrefragabili autorità noi aggiungeremo soltanto il fatto seguente. Nel quarto secolo viveva un santo personaggio, di nome Martirio, il quale, per umiltà, rifiutava di esser ordinato Diacono, e diceva a Nettario, Patriarca di Costantinopoli, nuovamente battezzato ed ordinato: « Voi siete stato purificato e santificato mediante due Sacramenti, il Battesimo e l’Ordine » [Sezem. Histor. Lib. VII, c. 10]. Si credeva dunque che l’Ordine era un Sacramento istituito da Gesù Cristo, e che aveva, come il Battesimo, la virtù di conferire la grazia. Tu dunque, o Chiesa, fosti l’organo infallibile, su questo punto, come su tutti gli altri, della tradizione e della Scrittura, allorché scagliasti contro la superbia della ragione questo solenne anatema: «Se alcuno osa asserire, che l’Ordine o l’Ordinazione non è un vera Sacramento istituito da Nostro Signore Gesù Cristo, sia costui anatema! » [Conc. Trid., sess. XXIII, can. 3.]. – Questo Sacramento vien detto Ordine, perché in esso trovansi più gradi, subordinati gli uni agli altri, ma tutti rivolti ad un fine medesimo, siccome in seguito spiegheremo.
II. Elementi del Sacramento dell’Ordine. L’imposizione delle mani e il toccamente dei vasi sacri sono la materia di questo Sacramento; le preghiere del Ministro ne sono la forma [FERRARIS, art. Ordo, II. 49]. Queste preghiere non potrebbero essere più venerabili, atteso ché le veggiamo adoperate cominciando dai primordi della Chiesa fino ai nostri giorni: nell’ordinare i primi Diaconi gli Apostoli loro imponevano le mani e pregavano per I Ministri del Sacramento dell’Ordine sono i Vescovi: tale si è l’insegnamento della Chiesa cattolica.
III. Sua istituzione. Il Sacramento dell’Ordine fu preconizzato dal Salvatore, allorché disse ai suoi Apostoli che li avrebbe fatti suoi Ministri, e pescatori di uomini. [Matth. IV]. Egli li ordinò Sacerdoti la sera, in cui dopo di aver ai medesimi distribuito il suo corpo ed il suo sangue allor allora consacrato, rivolse ad essi le seguenti parole: « Fate questo in memoria di me.» Parole onnipotenti e sempremai efficaci, che conferiscono agli Apostoli ed ai loro successori il sublime potere di operare il miracolo che il Figlio di Dio aveva in quel punto operato, vale a dire, il tramutare il pane ed il vino nel suo corpo e nel suo sangue, e di distribuirlo ai fedeli. Egli finalmente li consacrò Sacerdoti com’esso, secondo l’ordine di Melchisedech, vale a dire, per sempre; ed ecco perchè il Concilio di Trento dichiarò anatema colui che avesse osato asserire che il carattere sacerdotale può venir cancellato. [Sess. XXIII, can. 4].
IV. Suoi effetti. Gli effetti del Sacramento dell’ordine sono: 1° di dare a colui che lo riceve una grazia che lo santifica e lo mette in istato di compiere le sue funzioni per il vanaggio della Chiesa; 2° d’imprimere un carattere incancellabile, di modo che non possa giammài venir perduto, né per conseguenza venir ristabilito mediante una nuova ordinazione ; 3° di conferire la potestà di consacrare il corpo di Nostro Signore, e la possanza di rimettere e di ritenere i peccati degli uomini. Laonde le funzioni del Sacerdote non hanno solamente per iscopo di consacrare l’Eucaristia, ma si estendono ben anco a tutto ciò che si riferisce alla salute dei fedeli. Egli è perciò che dicesi conferir l’Ordine un duplice potere: 1° sul corpo naturale di Gesù Cristo, cui i Sacerdoti possono consacrare e distribuire ai fedeli; 2° sul corpo mistico di Gesù Cristo, che è la Chiesa, di cui i Sacerdoti sono appunto come l’anima. Continuatori del Figlio di Dio, essi hanno il potere d’insegnare, di battezzare, di rimettere i peccati; in una parola, di fare tutto ciò ch’è necessario onde conservare ognor vivo questo corpo e condurlo alla sua eterna unione nei Cieli col nuovo Adamo che n’è il capo. – Tutti codesti poteri discendono dal medesimo Signor Nostro Gesù Cristo. E primieramente il potere di consacrare il suo corpo ed il suo sangue. Questo Ei conferì ai suoi Apostoli ed ai loro successori colle parole poc’anzi da noi accennate: “E preso il pane, rendé le grazie, e lo spezzò, e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo, il quale è dato per voi; fate questo in memoria di me “. – In seguito, il potere d’insegnare, di battezzare e di governare, colle seguenti: “È stata data a me tutta la podestà in cielo ed in terra. Andate dunque, istruite tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo; insegnando loro di osservare tutto quello che vi ho comandato [Matt. XXVII, 18-20]. Finalmente il potere di rimettere tutti i peccati e di togliere tutti gli ostacoli, che potrebbero impedire ai fedeli di giungere al Cielo, mediante queste parole: “Come mandò me il Padre, anch’io mando voi…. Ricevete lo Spirito Santo: saranno rimessi i peccati a chi li rimetterete, e saran ritenuti a chi li riterrete [Giov. XX, 21-23]. In verità vi dico: Tutto quello che legherete sulla terra, sarà legato anche nel Cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche nel Cielo” [Matt. XVIII, 18].– Tali sono i poteri, formidabili agli Angeli stessi, che il nuovo Adamo ha confidato ai suoi Ministri. Quale umano linguaggio può convenevolmente esporre la dignità del Sacerdozio e la grandezza del Sacerdote? Era grande il primo uomo, che, costituito re dell’universo, comandava a tutti gli abitanti de’ suoi vasti domini, e n’era docilmente obbedito. Era grande Mosè, che con una parola divideva le acque del mare, e fra le sponde da quelle formate faceva passare a piedi asciutti un popolo intero. Era grande Giosuè, che intimava al sole: « Fermati, o sole»; e il sole si fermava, obbedendo alla voce di un mortale. Son grandi i re della terra, che comandano a numerosi eserciti, e fanno tremare il mondo col solo loro nome. Or bene, esiste un uomo più grande ancora; esiste un uomo, che ogni giorno, quando gli piaccia, apre le porte del Cielo, ed indirizzandosi al Figlio dell’Eterno, al Monarca dei mondi, gli dice: Discendete dal vostro trono, e venite. Docile alla voce di quest’uomo, il Verbo di Dio, Colui pel quale tutto è stato fatto, discende sull’istante dal soggiorno della sua gloria, e s’incarna fin le mani di questo uomo più possente dei re, più degli Angeli, più dell’augusta Maria; e quest’uomo gli dice: Voi siete mio figlio, in oggi vi ho generato; voi siete mia vittima, ed Egli si lascia immolare, collocare dove vuole, donare a chi vuole: quest’uomo è il Sacerdote!!! Ma il Sacerdote non è soltanto onnipossente sul Cielo e sul corpo naturale dell’Uomo-Dio; egli è ancora onnipossente e sulla terra e sul corpo mistico di Gesù Cristo. Mirate. Un uomo è caduto fra i lacci del demonio; quale potenza potrà liberanelo? – Chiamate in aiuto di questo infelice gli Angeli e gli Arcangeli, San Michele istesso, capo della celeste milizia, vincitore di satana e delle ribelli sue legioni. Il santo Arcangelo potrà bensì cacciare i demoni che assediano questo sventurato, ma non già quello che ha sede nel suo cuorem non potrà mai infrangere le catene del peccatore che pure ha riposto in lui la sua fiducia. A chi dunque rivolgersi per esserne liberato? Chiamate Maria, la Madre di Dio, la Regina degli Angeli e degli uomini, il terrore dell’inferno: Ella può bensì pregare per quest’anima, ma non può assolverla dal minimo peccato: il solo Sacerdote ne ha il potere. Mirabile a dirsi! Supponete che il Redentore in Persona discenda visibilmente in una chiesa, ed assidasi in un confessionale per amministrare il Sacramento della Penitenza, mentre un Sacerdote va collocarsi in un altro. Il Figlio di Dio dice: Io ti assolvo; e il Sacerdote dall’altra parte pronunzia: Io ti assolvo; così dall’uno come dall’altro il penitente rimane egualmente assolto da’ suoi peccati. Laonde il Sacerdote, possente come Iddio, può in un istante strappare all’inferno il peccatore, renderlo degno del paradiso; può, da schiavo del demonio, tramutarlo in un figlio di Abramo, e Iddio medesimo si obbliga di riportarsi al giudizio del Sacerdote, di ricusare o concedere il suo perdono, secondo che il Sacerdote ricusa od accordi l’assoluzione, purché il penitente ne sia degno [Maxim. Episc. Taurin]. La sentenza è pronunciata dal Sacerdote: Iddio non fa che sottoscriverla. Si può mai concepire potere più grande, dignità più sublime? – Più non mi meraviglio se ascolto il Figlio di Dio rivolgere ai Sacerdoti queste sublimi parole: « Colui che vi ascolta, ascolta me; colui che vi disprezza, disprezza me »; o se rivolge il seguente avvertimento a tutte le nazioni dell’universo: «Guardatevi dal toccare i miei unti; colui che li tocca, tocca la pupilla de’ miei occhi ». Più non mi meraviglio se vedo nel Concilio di Nicea il padrone del mondo, il magno Costantino, scegliere per sé l’ultimo posto dopo quelli di tutti i Sacerdoti, e ricusarsi di sedere, se prima non ha ottenuto il loro permesso. Più non mi meraviglio se ascolto San Francesco d’Assisi, che per umiltà ricusò finché visse l’onore del Sacerdozio, esclamare: Se incontrassi in compagnia di un Angelo un Sacerdote, piegherei primieramente il ginocchio innanzi al Sacerdote, ed in seguito innanzi all’Angelo. No; nulla di tutto questo mi reca meraviglia; ciò solo che all’eccesso mi sorprende, si è di vedere gli uomini ed i fanciulli stessi disprezzare il Sacerdote! Abbiamo fin qui parlato della sua possanza; ma chi potrà enumerare i suoi benefizi? Il Sacerdote è il benefattore della umanità colle sue preghiere, colle sue istruzioni, colla sua carità. – Colle sue preghiere. Il mondo è un vasto campo di battaglia, in cui gli uomini stanno alle prese colle potenze infernali e colle proprie passioni. La vittoria sarebbe perduta per gl’infelici figli di Adamo, se novelli ed onnipossenti Mosè non pregassero per loro sulla montagna; questi Mose sono i Sacerdoti. La terra colpevole invia notte e giorno verso il Cielo milioni di delitti che provocano le vendette di Dio; come in un giorno di tempesta la folgore scoppierebbe ad ogni minuto sulla testa dei colpevoli, se i Sacerdoti, mediante le loro preghiere e il loro sacrificio, non le trattenessero nelle mani dell’Onnipossente. Gli uomini bisognosi e colpevoli mancano del pane necessario al loro sostentamento: peccatori quali sono, come potrebbero invocare la bontà del Padre che non rifiniscono di oltraggiare? Ma il Sacerdote innalza per essi verso il Cielo le pure sue mani, e la rugiada benefica feconda le campagne, e l’abbondanza succede alla carestia. – Colle sue istruzioni. Il mondo è un vasto deserto in cui regna continuamente una fonda oscurità; mille strade s’incrocino, ingannano i viaggiatori e li traggono nell’abisso; mille precipizi sono sparsi ovunque; mille mostri affamati aspettano preda a gola spalancata, con occhi a viaggiatore costretto a percorrere il pericoloso deserto della vita. Donde vien esso? Ei nulla ne sa. Dove va? Ei lo ignora. Qual via deve pigliare? Egli non sa discernerla. Ma sarà dunque infallibilmente perduto? No; il Sacerdote è pronto al suo soccorso; guida fedele, viene a prendere per mano il giovane viaggiatore, gl’insegna la strada, la percorre in sua compagnia, e non lo abbandona che dopo averlo messo al sicuro. – Ecco ciò che fa il Sacerdote per tutti gli uomini che vengono al mondo. Ecco quello che ha fatto pel genere umano tutto intero, per questo cieco si fattamente perduto, che, or sono diciotto secoli, più non sapeva correre che di abisso in abisso. È il Sacerdote che disperde la nebbia degli errori più grossolani, più brutali, più vergognosi, de’ quali il mondo era vittima infelice e conculcata; è il Sacerdote che toglie il mondo dalla barbarie, e gl’impedisce di ricadérvi; è il Sacerdote, che a prezzo del suo sangue stesso e della sua vita civilizza tuttora le selvagge nazioni, come un tempo civilizzò i nostri padri. [Si possono consultare le Lettere recentissime dei Missionari dell’Oceania, pubblicate negli Annali della Propagazione della Fede, n. 56]. Colla carità. Percorrete le città e le campagne, informatevi chi ne fu il fondatore, chi sia il sostegno delle istituzioni veramente utili all’umanità, così per l’infanzia che ha fatto appena il suo ingresso nel mondo, come per la vecchiaia che ben presto è per uscirne: voi sempre udrete nominare un Sacerdote. Discendete nella capanna del povero, chiedetegli chi mai gli abbia donato il pane di cui si ciba; e vi risponderà ch’è un Sacerdote, od una persona eccitata dallo zelo del Sacerdote. Accostatevi al capezzale dell’ammalato, di quell’ammalato che tutto il mondo abbandona, di cui tutti si stancano; interrogatelo chi sia l’angelo consolatore che versa nel suo cuore il balsamo del refrigerio e della speranza; e vi risponderà, un Sacerdote. Penetrate nella carcere del malfattore; chi è che alleggerisce il peso de’ suoi ferri? un Sacerdote. Salite sul patibolo del condannato; chi trovate voi a fianco della vittima? è qui pure un Sacerdote, un Sacerdote che con una mano presenta la croce a quello sciagurato, coll’altra gli addita il Cielo. Esaminate ad una ad una tutte le miserie corporali e spirituali della povera umanità, e non ne troverete una sola che non sia giornalmente alleviata dal Sacerdote, senza fasto, senza ostentazione, senza terrene speranze, senza umane ricompense. Noi siamo obbligati di amar tutti, di amare come noi stessi i nostri nemici, e ciò nondimeno a’ giorni nostri non si ama il Sacerdote! In oggi si odia il Sacerdote, e si fa scopo di sacrileghi ludibri, di empie calunnie! Il Sacerdote non se ne lagna: il discepolo non è da più del Maestro! La sua bocca non s’apre che per perdonare, come il suo braccio non si muove che per benedire. – A tutti coloro che si affliggono nel vederlo in tal guisa disconosciuto, oltraggiato, perseguitato, ei si contenta di rispondere come il suo Maestro, quando portava la croce sul Calvario: Figliuole di Gerusalemme, non piangete su di me; egli è su di voi e sui vostri figli che dovete piangere; il popolo che oltraggia il proprio Sacerdote si fa complice del delitto de’giudei; egli avrà parte alle sue punizioni. E frattanto, ad imitazione de’ primi Cristiani che ritardavano con tutta la forza delle loro preghiere la caduta dell’Impero Romano, il Sacerdote scongiura colle proprie suppliche gli uragani già pronti a scatenarsi sul mondo colpevole. Imitatore del divino Esemplare, ei cerca di passare operando il bene. I suoi più crudeli nemici ancor essi sono partecipi della sua carità: udite. Uno di quei grandi scellerati, il quale, durante i giorni delle nostre sventure, si era macchiato de’più orribili delitti, e più volte si era bagnato nel sangue dei Sacerdoti, cadde infermo. Egli aveva giurato che nessun Sacerdote avrebbe mai posto piede nelle sue stanze, o almeno, se per sorpresa vi si fosse intromesso, più non ne sarebbe uscito. Intanto la malattia assunse aspetto mortale, ed un Sacerdote ne venne avvisato, senza dissimulargli le ostili disposizioni dell’infermo. Ma non importa: il buon pastore sa che deve offrire la vita per salvare le sue pecorelle. Egli perciò fa di se stesso il sacrificio senza punto esitare, e si presenta coraggioso. Al vederlo colui monta in furia, e raccogliendo tutte le sue forze: E che, esclamò egli con voce terribile, e che? Un Sacerdote a casa mia! Mi si diano tosto le armi! — Fratello mio, gli chiese allora il Sacerdote, che volete voi farne? Io ne ho delle più possenti da contrapporvi: la mia carità e la mia costanza. — Presto le mie armi! ripeteva quel maniaco ; un Sacerdote ai miei fianchi? A me le armi! — Com’è facile immaginare, queste non gli furono recate; per cui traendo fuori del letto un braccio nerboruto: Sai tu, disse allora al Sacerdote, sai tu che questo braccio ha sgozzato dodici tuoi pari? — V’ingannate, o fratel mio, soggiunse allora dolcemente il Ministro; a quel numero ne manca uno; il dodicesimo non mori; il dodicesimo son io. Mirate, proseguì poscia scoprendosi il petto, ecco le cicatrici dei colpi che mi scagliaste. Iddio mi ha conservato in vita per salvarvi: e in ciò dire gettossi con tutto l’affetto al collo dell’infermo, ed lo aiutò a ben morire. Se mille Sacerdoti non hanno offerto simile esempio, egli è perché ad un solo si è presentata sì bella occasione. Ecco il Sacerdote!!!
V. Disposizioni per ricevere il Sacramento dell’Ordine. – Oltre una scienza convenevole e una virtù più che ordinaria, che faccia dei Sacerdoti altrettante guide e modelli del gregge confidato alle loro cure, tutti quelli che aspirano agli ordini santi devono avere eziandio, 1° l’età richiese dai sacri canoni. Pel suddiaconato ventidue anni; pel diaconato ventitré; pel presbiterato venticinque [Conc. Trid. Sess. XXIII, c. 12] . Può forse immaginarsi cosa più saggia di questa disciplina? Se anche negli affari mondani è prescritta un’età matura all’uopo di poter occupare un’impiego, a ben maggior dritto la esige la Chiesa in coloro che desiderano di essere innalzati al Sacerdozio. 2° Essi non devono essere legati da qualsiasi censura od irregolarità che li renda indegni del Ministero ecclesiastico, [ad es. l’appartenenza alla massoneria, come fu il caso del sig. Achille Lienart, “nokem adonay”-cavaliere kadosh 30° liv. che, non avendo mai ricevuto l’ordine, non lo ha mai neppure trasmettere ad alcuno, compreso M. Lefrebvre e gli epigoni delle pseudo-fraternità “non” sacerdotali … attenti al lupo -ndr.!!!!] od inabili ad esercitarne le funzioni. 3° Devono possedere una singolare vocazione per questo stato di vita. A Dio si appartiene lo scegliere i suoi ministri, come al re di eleggere propri servitori ed ufficiali.
VI. Necessità del Sacramento dell’Ordine. Codesto Sacramento è necessario alla Chiesa ed alla società. Senza il Sacramento dell’Ordine che procura ministri alla Chiesa e superiori ai fedeli, la Chiesa stessa non sarebbe più una società: tutto cadrebbe nel disordine e nella confusione; imperocché non possono darsi superiori che comandino senza inferiori che obbediscano. Ma se la Chiesa non esistesse, la società civile, di cui ella è anima, non potrebbe nemmeno esistere; poiché, sì come in seguito proveremo, non si dà società senza religione; non religione senza la Chiesa; non la Chiesa senza Vicari e Sacerdoti; non Sacerdoti senza il Sacramento dell’Ordine: dond’è che il Sacramento dell’Ordine è il cardine della Religione e dello Stato. Dopo di questo potrete voi meravigliarvi, se prima di conferire la podestà e la dignità del Sacerdozio, il nuovo Adamo e la Chiesa sua sposa richiedano lunghe prove ed austere preparazioni? Ah! è a questo proposito specialmente che si deve ammirare la loro divina saviezza !
Il primo passo verso il Santuario, è il ricevimento della tonsura. I più antichi Padri della Chiesa ed i sommi Scrittori ecclesiastici attestano che ella viene dagli Apostoli. Si assicura però che il primo ad istituirla fu l’apostolo San Pietro in memoria della corona di spine del Signor Nostro [DIONYS., De Eccl. hierar., 6., part. 2. — AUG., Serm. XVII, ad patres in eremo. – HIERON. in cap. XLIV Ezech. — RABAN. MAUR., lib. De Institut. cleric. — BED., lib. V, Hist. angl., c. 22]. Ma checché sia di ciò, la tonsura era stabilita nell’ottavo secolo, e sappiamo che risaliva eziandio a tempo più antico [Vedi FLEURY, Istituzioni di diritto canonico, part. I, c. 5]. Ora, portare la testa rasa era costume ignominioso che rendeva spregevole, dacché presso i Greci ed i Romani era questo un contrassegno di schiavitù [ARLSTOPH., in Avibus. — PHILOSTR., lib. VII]; ed ecco perché, secondo San Cipriano, si recidevano i capelli e la barba ai Cristiani condannati alle miniere [Epist. LXXVII]. Laonde la corona clericale è un segno di modestia e di rinunzia al mondo, una professione di amore verso la Croce e le umiliazioni di Gesù Cristo, che con tal mezzo appunto ha trionfato del mondo, e perciò i suoi successori non devono portare altre armi che queste. Assumere le insegne dell’Uomo-Dio è dunque il primo passo [è ovvio che chi non abbia fatto questo passo, né i successivi, non potrà mai considerarsi un sacerdote cattolico! -ndr.- ] da farsi per tutti quelli che aspirano all’onore di continuare la sua missione. Tutti i significati della tonsura son resi sensibili dalle preghiere e dalle cerimonie di cui fa uso la Chiesa nel conferirla. – Il Vescovo assiso su d’un faldistorio nel mezzo dell’altare, alla guisa del Salvatore medesimo nel mezzo de’ suoi discepoli, chiama gli aspiranti a ricevere la tonsura, ognuno pel suo proprio nome, onde mostrare che niuno per se stesso può entrare nella santa milizia, ma è mestieri esservi chiamato da Dio alla maniera di Aronne [Ebr. V, 4]. Tutti rispondono a lor volta di essere presenti, e si avvicinano all’altare per rendere testimonianza della loro prontezza nel corrispondere alla grazia della loro vocazione. Essi sono in sottana, lunga veste nera, che la Chiesa ha adottato pei suoi Ministri. Il colore e la forma denotano che devono essere morti al mondo, e che devono rinunziare colla mortificazione ai desideri della vita presente. Portano sul braccio sinistro una cotta bianca, simbolo di loro innocenza; nella mano destra un cero acceso, immagine eloquente della carità che infiamma i loro cuori, e li spinge a consacrarsi a Dio, e a dedicarsi interamente al suo servigio. [Vedi M. THIRAT, Spirito delle cerimonie della Chiesa, p. 141]. – Allorquando sono inginocchiati attorno all’altare, il Vescovo si alza e supplica il Signore a cangiare, a purificare, ad infiammare il cuore de’ novelli suoi servi.- Tutto il popolo unisce le proprie alle preghiere del Pontefice, intonando il salmo che comincia : « Salvatemi, o Signore, poiché in voi solo io spero ». Nel mentre che il coro continua il canto, il Vescovo recide colle forbici in forma di croce i capelli dei tonsurati, e questi nello stesso tempo pronunziano quelle parole che attestano il loro desiderio di separarsi dal mondo, e di non voler possedere che il solo Gesù Cristo: « Il Signore è il mio calice e la mia ricchezza; siete voi, o mio Dio, che mi restituite la mia eredità ». Il Vescovo poscia adorna i tonsurati colla cotta, simbolo dell’innocenza nella quale devono vivere costantemente, e loro dice: « Vi rivesta il Signore dell’uomo che fu creato ad immagine di Dio, in uno stato di giustizia e di santità perfetta! » Con ciò la cerimonia è compiuta. Il Chierico più non appartiene al mondo; è servo di Dio, di cui ha indossato le insegne; il Nuovo Adamo è d’ora innanzi il solo suo modello. – La tonsura non è un Ordine, ma sebbene una santa cerimonia stabilita dalla Chiesa per separare dal mondo coloro che essa chiama allo stato ecclesiastico. È una specie di tirocinio che introduce al chiericato, soggetta alle leggi che riguardano i membri del clero, e diviene una preparazione per ricevere gli Ordini. Ma non basta l’aver separati dal secolo coloro che devono comporre la santa tribù, e che sono destinati a diventare la luce del mondo, il sole della terra, gli ausiliari di Gesù Cristo nell’opera di redenzione. Un esercito, perché possa riuscire vittorioso, deve essere disciplinato, deve avere e capi e soldati con attribuzioni diverse. Ed ecco perché Gesù Cristo ha stabilito diversi Ordini nel chiericato. « Siccome, dice santo Concilio di Trento, il Sacerdozio è una cosa tutta divina, era conveniente pel miglior governo della Chiesa, e affinché fosse esercitato con tutta la possibile dignità e col maggior decoro, che vi fossero molti e diversi ordini di ministri, i quali secondo i doveri delle proprie incombenza aiutassero i Sacerdoti a compiere le loro funzioni, e che essendo stati primieramente insigniti della clericale tonsura, salissero per questi diversi Ordini, come per altrettanti gradini, alla sommità del Santuario ». [Sess. XXIII]. Dopo queste parole del sacro Concilio si può risguardare l’altare come una montagna, santa ad un tempo e terribile, sulla quale non si può ascendere che lentamente, e dopo lunghe e rigorose preparazioni. – I diversi Ordini sono dunque gli scalini di questa misteriosa montagna. Se ne contano sette, cioè: quattro minori: quello dell’Ostiario, del Lettore, dell’esorcista, dell’Accolito; e tre maggiori, Suddiaconato, Diaconato, Presbiterato. Questa distinzione di Ordini risale ai tempi apostolici [Lettere del Papa S. Cornelio nel 231. – Quarto Concilio di Cartagine, nel 398]. – Ascoltiamo su ciò l’Angelo delle scuole: la sua dottrina è ammirabile. «Tutti gli Ordini, esso dice,si riferiscono all’Eucaristia, e la loro dignità viene dal rapporto più o meno diretto ch’essi hanno con questo adorabile Sacramento. Nel grado il più sublime è il Sacerdote, perciocché consacra il corpo ed il sangue del Salvatore; nel secondo è il Diacono, che lo distribuisce; nel terzo il Suddiacono, poiché prepara nei sacri vasi la materia che deve essere tramutata; nel quarto l’Accolitato, che la prepara e la presenta in vasi non consacrati. Gli altri Ordini sono istituiti per preparare coloro che devono ricevere l’Eucaristia se sono impuri od immondi. Ora questi possono esser tali per tre modi: gli uni possono essere battezzati ed istruiti, ma se fossero energumeni non devono essere ammessi alla santa Comunione; dond’è che nel quinto grado si trovano gli Esorcisti, poiché sono stati stabiliti per liberarli dal demonio e renderli degni della santa Mensa. Altri non sono ancora né battezzati né istruiti sufficientemente, ma desiderano di esserlo; e per questi si trovano nel sesto grado i Lettori che sono incaricati di prepararli con le loro istruzioni, al Sacramento dei nostri altari. Gli ultimi finalmente sono gli infedeli, indegni per conseguenza di partecipare ai santi misteri; e per essi pure, al settimo grado si rinvengono gli Ostiarii, il cui ufficio è di allontanarli dalle congregazioni dei fedeli [Tutti questi divini Ministri, destinati dal loro stato a ciò che riguarda il culto di Dio ed il servizio della Chiesa, sono compresi sotto il nome di Chierici. Questa parola significa che sono scelti dal Signore, che sono sua ricchezza, e che il Signore medesimo è la loro eredità. San Gerolamo a Nepoziano]. Essi inoltre devono mantenere l’ordine e la decenza nell’interno del tempio in cui si deve offrire l’augusto Sacrificio » [III p., Suppl. 9, art. 2]. E non è questa forse un’ammirabile gerarchia? Ecco quanto guadagna la Religione, allorché sia degnamente studiata nelle sue istituzioni!
Preghiera.
O mio Dio, che siete tutto amore, vi ringrazio che abbiate istituito il Sacramento dell’Ordine per perpetuare la vostra reale presenza fra gli uomini, e per donare dei Ministri alla vostra Chiesa: io vi chiedo in grazia di poter nutrire un sommo rispetto per questo Sacramento, e per quelli che lo ricevono. – Mi propongo di amar Dio sopra tutte le cose e il prossimo come me stesso per amor di Dio, e in prova di questo amore, pregherò spesso pei Sacerdoti. [continua …[
[Le sottolineature sono redazionali]