F . Sarda y Salvany:
MASSONISMO E CATTOLICESIMO:
Parallelo tra la dottrina delle logge e quella della santa Chiesa cattolica, apostolica e romana. -3-
XVII
Quanto differisce la dottrina del massonismo e quella del Cattolicesimo circa la beneficenza
Su questo punto, come per tutto il resto, il criterio massonico è in opposizione diretta con il criterio francamente cristiano; con questa sola differenza, qui il nemico lavora in modo molto più abile, ed introduce nella società una confusione molto più grande. Qui il demone della massoneria porta la sua maschera fin sugli occhi, per così dire; cosa che fa che sia banalmente considerato come l’angelo della carità, anche da persone che su altri soggetti sono molto abili a comprendere dall’inizio il suo inganno infernale. Qui si scambia frequentemente per dolce riflesso della luce celeste ciò che non è altro che il sinistro bagliore delle fiamme dell’abisso. Qui l’arte di ingannare è il più possibile ingegnosa; al punto tale che l’orpello e lo stagno circolano talvolta sul mercato della vita sociale e sono accettate come moneta corrente allo stesso titolo dell’oro e dell’argento meglio purificato. La ragione di ciò, a ben considerare, si trova nella delicatezza della materia alla quale si fa subire questa alterazione. In altre branche, il nemico ha bisogno di sostituire al vizio una virtù, e questo per dare a questo vizio i colori dell’apparenza di questa stessa virtù, ciò che, come si vede, è una cosa difficile. Qui invece la cosa è più facile, poiché il sentimento naturale di compassione che ci ispirano le afflizioni ed i bisogni dei nostri simili, diviene simpatia e finisce per sedurre con ciò che sarebbe imprevidente, anche dopo aver rimosso l’aureola del soprannaturale. Qui il naturalismo presenta qualcosa di nobile e di elevato che gli permette certi falsi aspetti del divino, anche quando compie gli sforzi più grandi per separarsi da Dio e muoverGli guerra. È dunque un campo di operazioni più favorevole alla seduzione, e la massoneria esercita questa seduzione in tre maniere: 1° – essa storna l’attenzione dell’uomo dai bisogni principali del suo fratello, come quelli dell’anima, per fissarla solo sui bisogni del suo corpo che sembrano più pressanti, perché sono più visibili e più sensibili; 2° – mediante questi obiettivi falsificati o per lo meno mutilati, essa gli propone egualmente una serie di stimolazioni puramente umane, come la pura soddisfazione di un sentimentalismo femminile, o la soddisfazione ancor più grossolana dell’amor proprio, della vanità e del rispetto umano; 3° – conformemente al carattere puramente umano di questi stimoli, essa suggerisce come mezzi per esercitare la carità, mezzi semplicemente terrestri, subordinati ad una moralità puramente terrena, e pertanto esente da qualsiasi scrupolo. Ecco i tre aspetti che, a nostro umile avviso, caratterizzano la beneficenza massonica, volgarmente chiamata “filantropia”, e la pongono in diretta opposizione con la beneficenza cristiana, la sola che possa glorificarsi del bello e santo nome di “carità”. La carità, al contrario di ciò che abbiamo visto per la filantropia di cui la massoneria si copre come maschera, si distingue per i seguenti caratteri: 1° – Essa ha come obiettivo l’uomo completo, l’uomo intero, vale a dire con il suo corpo e l’anima; ma il fine supremo dell’anima è il suo principale scopo. 2° – L’amore di Dio ed il sentimento del dovere, ecco il suo principale stimolo: e di conseguenza, in tutti i casi essa ha un motivo sovrannaturale. 3° – I suoi processi sono in tutto conformi alla legge divina, e per la stessa ragione non sono per nulla, neanche nei minimi dettagli, in opposizione alla più rigida morale. Questi tre punti di vista, del massonismo e del Cattolicesimo relativamente alla beneficenza, vengono esposti, confrontati ed esaminati nei paragrafi seguenti che, come i nostri lettori avranno avuto già modo di intravedere, hanno un carattere praticamente incontestabile ed hanno nell’ora presente una sovrana opportunità.
XVIII
Si esamina il primo dei tre punti di vista segnalati più in alto.
Trattando del modo di sovvenire ai bisogni del prossimo, dobbiamo mostrare la differenza radicale che esiste, tra il massonismo ed il Cattolicesimo, nel modo di apprezzare questi bisogni. Per il massonismo, che non è altro che “naturalismo”, l’uomo non ha altri bisogni che quelli della vita naturale; questi bisogni occupano il primo posto, o meglio essi costituiscono gli unici bisogni. Tutto il fine dell’uomo, secondo il naturalismo massonico, è in se stesso e non esce dalla sfera della sua vita materiale e terrena. I soli bisogni degni di essere presi in considerazione nell’uomo sono quelli che si riconducono al suo corpo, al più, alla sua intelligenza, per ciò che riguarda le verità della filosofia umana. Da questo il naturalismo conclude con una logica rigorosa, benché si appoggi sopra un falso principio, che la sofferenza, sia fisica che morale, è per la creatura umana il male essenziale, e che non possa essere vista altrimenti, e sia da considerare unicamente nella sua opposizione al bene terrestre. Da ciò risulta che ogni beneficenza massonica, o ispirata dal massonismo, abbia come unico oggetto di liberare l’uomo da questa sofferenza, o almeno alleviarla, senza andare assolutamente più in là, poiché non esistono altri orizzonti per i suoi occhi bendati., Questo uomo che pretende a torto di essere caritatevole, crede bonariamente di aver fatto molto, o meglio di aver fatto tutto quando abbia appagato la fame dell’indigente con un pezzo di pane, o coperto le sue membra nude con un sottile pezzo di stoffa, o portato qualche sollievo ai suoi dolori, procurando i rimedi prescritti dal medico o dal chirurgo e, quando non riesce nell’intento, si crede nell’impossibilità assoluta di fare ciò che sia di più perfetto; e a ben vedere non si può esigere di più da chi nell’uomo non vede che il suo involucro esteriore, cioè solamente il suo corpo. Il Cattolicesimo ha dell’uomo una idea ben superiore, e pertanto si pone a suo riguardo in modo completamente diverso. Esso vede in lui un coro e soprattutto un’anima; di conseguenza, distingue tra ordini di bisogni e di sofferenze, e prescrive in suo favore due specie di opere di beneficenza, che il Catechismo designa sotto il nome soave di « Opere di misericordia corporale e spirituale ». E siccome riconosce la superiorità dell’anima sul corpo, riconosce pure, molto logicamente, che le opere corporali appartengano ad un ordine inferiore alle opere spirituali, e che esse debbano essere subordinate a queste ultime, benché possano essere esse stesse elevato allo stesso rango se nel compierle ci si proponga un fine spirituale, oltre al motivo superiore della fede che deve animarle tutte. Tale è l’apprezzamento giustissimo del Cattolicesimo. Il fine supremo dell’uomo, il suo fine più nobile, l’unicamente importante, poiché definitivo, è quello della sua anima immortale, che deve salvare e che può perdere. Dunque ogni opera di beneficenza, qualunque sia la sofferenza che abbia come scopo di alleviare, deve principalmente avere di vista questo fine ultimo dell’uomo, ed essere considerato principalmente come un mezzo per arrivare a questo fine nobilissimo. Il pane che viene dato per lenire la fame, il vestito destinato a coprire la nudità del povero, la visita ed il rimedio destinato al sollievo dell’infermo, hanno come fine immediato, e per così dire tangibile, di lenire la fame e vestire la nudità, risollevare da un’infermità, ma devono avere come fine superiore ed ultimo il perfezionare l’anima ed aiutarla ad ottenere i beni che gli sono propri e cioè: la verità e la grazia di Dio, e soprattutto la felicità eterna! Certamente questo non fa che questo soccorso materiale che viene dato, valga di meno o sia dato con minore spontaneità ed abbondanza; ma esso viene porto in maniera più degna dell’uomo e della sua nobilissima condizione; esso viene offerto non come ad un cane o ad un cavallo, ai quali vogliamo unicamente conservare la vita, ma come si deve effettivamente donare ad un essere ragionevole per il quale si desiderano, oltre all’assistenza passeggera del momento, le gioie della suprema felicità. Questo sia detto per i bisogni che possono in qualche modo essere soccorsi, e per i dolori che possono ricevere qualche sollievo. Ma quando il bisogno è tale che nessun soccorso umano possa soddisfarlo, e che la spina del dolore sia così profonda che alcuna mano d’uomo può strappare, ah! È allora che si vede molto chiaramente quanto sia vano, impotente, sterile, la beneficenza puramente umana, e quanto sia sublime, feconda e potente la vera carità! È allora infatti che la luce della fede rivela agli occhi dell’afflitto tutta la sua filosofia sul dolore insegnandogli in primo luogo, che essa è transitoria, e che di conseguenza non ha il carattere del male assoluto ed inaccessibile ad ogni speranza; in secondo luogo che essa è meritoria e che può e deve essere, accettandola con rassegnazione, il principio e la causa di una felicità infinita; in terzo luogo che essa è soddisfattoria, vale a dire che essa serve mirabilmente, nel piano divino, a purificarci, a farci espiare e pagare in questa vita i debiti a volte molto pesanti che abbiamo contratto con la suprema Maestà. Tutto questo modifica, eleva e, in qualche modo, trasforma talmente la sofferenza agli occhi del buon cristiano, che considera l’afflizione non solo come qualche cosa di tollerabile, ma spesso, e lo si vede in tante anime giuste, come qualcosa di desiderabile. Trasformazione meravigliosa, impero completo dello spirito sulla materia, realizzata dalla fede e dalla grazia di Dio, per rendere efficace la vera carità, che è unicamente soprannaturale e cristiana. Si constata dunque quale distanza immensa, infinita, separi primariamente l’idea cattolica della carità, dall’ideale naturalista e massonica della stessa virtù. Questa differenza traspare in modo ancor più evidente per il modo in cui il massonismo ed il Cattolicesimo considerano l’uomo ed il suo fine ultimo, come constateremo anche più chiaramente nei successivi paragrafi.
XIX
Si esamina il secondo dei punti segnalati più in alto.
Il massonismo essenzialmente opposto al Cattolicesimo, nel modo di apprezzare l’oggetto materiale della beneficenza, vale a dire l’uomo, non lo è meno nell’apprezzare il motivo formale e della regola di questo apprezzamento, che deve può e essere esclusivamente l’amore di Dio. Vediamo ora questo secondo aspetto della questione, che non offre un minore interesse. Il motivo formale delle beneficenza massonica o naturalista si riduce all’amore dell’uomo per l’uomo stesso, senza considerazione per un’altra idea superiore. In vero questo sentimento è chiamato giustamente “filantropia”, parola greca che significa “amore dell’umanità”. Questa parola è sonora ed ampollosa, non possiamo negarlo, e talvolta è a questa sonorità musicale che bisogna attribuire l’effetto che produce su certe immaginazioni. Ma se ci arrestiamo un istante ad esaminarne il valore ideologico, è possibile che lo troveremo anche vuoto ed insignificante, per quanto in apparenza pomposa, come succede per la maggior parte delle parole la cui risonanza è in proporzione alla loro vacuità di significato. Amare l’uomo solo per l’uomo, significa esporsi a due inconvenienti molto gravi, e così possiamo diffidare di tutti i filantropi passati e presenti ed evitarli con il loro sistema assurdo ed impotente. In primo luogo si presentano dei casi, e sono i più frequenti, nei quali l’uomo è di per se stesso poco amabile, sia che si consideri dal punto di vista fisico o da quello morale: ed in questi casi, se non devo amare l’uomo per ciò che vale, ditemi, vi prego, come posso fare per dare una base, un motivo all’amore che devo avere per degli esseri poco simpatici? In secondo luogo, esistono degli altri casi, anche molto numerosi, in cui l’uomo è estremamente amabile, ed allora, se non ci sono altre ragioni che amare l’uomo per se stesso, oh! … è ancora peggio: ditemi, quali limiti, qual freno darete a questo sentimento per impedirgli di essere disordinato e mantenerlo entro i giusti limiti? – Ci si permetta di dare qualche sviluppo a ciascuno dei due pensieri: l’uomo, abbiamo detto, è spesso un essere molto poco amabile. Gli esempi in appoggio a questa verità sono conosciuti da tutti, e sarebbe ozioso riportarli per provarlo con lunghe dimostrazioni. Considerato fisicamente, il povero è d’ordinario ripugnante: quasi sempre il misero è disgustoso e più sovente, l’infermità impressiona negativamente. I poveri simpatici e buoni non si trovano che nei drammi teatrali o nei romanzi: nella vita reale, la casa del povero, lungi dall’attirare, ripugna. Bisogna fare uno sforzo, fare spesso violenza ai movimenti naturali della sensibilità e dell’impressionabilità per avvicinarsi al letto di un tisico, per penetrare nella mansarda o nella soffitta dell’indigente. Chiamiamo a testimoniarne le persone le più generose e le più dedite alle opere di carità. Coloro che sono decisi su questo punto, lo sono perché sono riusciti a vincere da sé nella battaglia contro la natura; ed è in ciò che precisamente consiste il merito principale della loro virtù. Questa battaglia esiste specialmente quando si considera nel povero non la sua difformità fisica, ma la sua difformità morale, che è talvolta ancor più sordida. Ci sono dei poveri che sono realmente buoni, che hanno un cuore nobile e riconoscente, ma ve n’è di quelli che sono cattivi ed hanno degli istinti perversi, vili, abietti, e che non sanno ricambiare i benefici ricevuti se non con una nera ingratitudine. E tuttavia essi devono essere amati da colui che è veramente caritatevole, e molto più degli altri, perché deve soccorrerli non solo nei loro bisogni fisici, ma ancor più correggerli nelle loro deformità morali. E benché lo spirito ripugni nell’avvicinarsi ad una di queste creature degradate, bisogna ugualmente accostare il proprio cuore a questo altro cuore a volte gangrenato e corrotto. Ditemi ora dunque: quando l’uomo non è amabile, né fisicamente né moralmente; quando al contrario è nel fisico e nel morale antipatico, disprezzabile, degno di odio e talvolta ben colpevole, se l’uomo non deve essere amato se non quando e perché lo meriti, come tale uomo potrà essere amato? Che il naturalismo discorra finché vorrà, esso non troverà mai un motivo sufficiente per determinarsi a fare del bene a tali creature, se non nel merito che tale azione ha agli occhi di Dio nostro Signore. – Vediamo ora la controparte di questo ragionamento. Si supponga che un misero o indigente, invece di essere poco simpatico, lo sia sfortunatamente anche oltre misura. Supponiamo il caso, che non è raro, in cui una donna che possiede un fascino pieno di attrazione e che abbia bisogno del soccorso di un uomo, o ancora quello in cui un uomo nel pieno vigore giovanile abbia bisogno di essere soccorso da una donna dalla mano carezzevole e delicata. Se la beneficenza deve essere puramente umana, come dice il naturalismo, chi regolerà i movimenti naturali del cuore? E notate che qui parliamo dello straripamento degli istinti più nobili, ma comunque di un’esondazione!. Chi può sostenerli, frenarli, se essi deviano? Se nel primo caso c’è bisogno del motivo della fede, come uno stimolante divino, non è certo che nel secondo si abbia bisogno ancor più del motivo della fede come di un moderatore divino? Quale uomo riservato e discreto invierà le nostre giovani ed angeliche “sorelle di carità” a respirare l’atmosfera viziata dei campi, che somigliano così poco ad un chiostro, senza un divino salvacondotto? Quale campione cattolico o qual giovane prete affronterà senza danni per la sua anima certi focolai di infezione senza questa celeste salvaguardia? E come, in questi casi si potrà praticare, anche senza un vero successo, ma semplicemente senza incorrere in gravi danni, la nobilissima ma delicatissima e fragilissima virtù della carità? Noi crediamo aver detto abbastanza per essere compresi, e perché si veda chiaramente che se c’è una circostanza in cui sia necessario, non solo di credere in Dio, ma di pensare molto a Lui, è quando si tratta di essere veramente caritatevole. È così che la religione ha sempre insegnato con profonda saggezza; è quello che conferma nella pratica una esperienza certa mai smentita. Amare l’uomo per l’uomo solo, ed amarlo sinceramente, è una formula più facile da scrivere nei libri massonici e da sviluppare pomposamente nei gioiosi banchetti delle logge, che da impiantare nelle sale degli ospedali e nelle mansarde delle periferie dei nostri grandi centri suburbani. Amare l’uomo per l’uomo solo ed amarlo sinceramente, sono due cose praticamente irrealizzabili! La prova ne è evidente, poiché praticamente la cosa non si è mai vista realizzare. L’uomo sente non raramente per l’altro uomo null’altro che un sovrano disprezzo, se non addirittura una avversione profonda, nel caso in cui non provi per lui un’attrazione puramente sensuale ed una grossolana passione. La ragione di questo è molto chiara. L’uomo per l’uomo solo non è in fondo, e non può essere logicamente, che l’uomo considerato per il proprio interesse. Senza l’idea di Dio chi, in effetti è unicamente il mio prossimo, se non io stesso? L’egoismo è dunque la conseguenza inevitabile del principio naturalista. Ebbene! Questo egoismo umano ha ordinariamente due forme che lo volgono in brutalità: a) la forma del disprezzo, quando si prova per il fratello l’indifferenza o la repulsione; b) quella di un grossolano appetito, quando il fratello eccita una colpevole passione. E la filantropia naturale, lo abbiamo visto, non ha rimedi contro questo doppio male. E tuttavia questa falsa carità grida, si agita, fa capricci, come dunque si procura stimolanti per le sue opere? Come e con quale filo a piombo e con quale livella li rinnega e li ordina? Noi studieremo queste questioni con maggiori dettagli di quanto fatto qui, nel successivo paragrafo, nel quale vedremo e costateremo in modo più suggestivo le differenze essenziali che distinguono la vera dalla falsa beneficenza, quella che è cattolica e quella detta massonica, quella che è di Dio, e quella che è del demonio, la scimmia di Dio!
XX
Si esamina il terzo punto menzionato più in alto, quello che oggi è il più pratico.
Stabilendo la beneficenza, senza l’amore di Dio come stimolante, e senza la legge di Dio per regola, è chiaro che il massonismo vada alla ricerca di altri stimolanti e di altre regole. È appunto là che brilla il suo “genio”! Entriamo nell’esame del quadro che offre ai nostri occhi la filantropia o carità naturale. – Costa all’uomo spogliarsi di ciò che gli appartiene per darlo sconsideratamente ad un altro uomo. Perché egli si decida a questo difficile sacrificio, occorre che gli si offra una ricompensa. Il Cattolicesimo la offre da quaggiù nei vantaggi del merito, e nell’avvenire con la prospettiva della ricompensa. Coloro che escludono Dio dalla beneficenza, non possono riconoscere in essa né questo merito soprannaturale, né questa ricompensa promessa. – Essi devono cercare e proporre all’uomo delle compensazioni nella vita presente, ed essi la offrono nel modo seguente: – In primo luogo, essi eccitano la sensibilità naturale, che non può fare a meno di commuovere l’uomo, anche il più depravato, al sola vista delle afflizioni altrui. Questo sentimento è il più nobile di tutti quelli che sono puramente umani, ma è così debole per se stesso, che non produce qualche atto in favore dell’indigente che nel caso in cui non sia necessario imporsi per questo dei pesanti sacrifici. Tra il veder soffrire il fratello ed imporre a se stessi qualche sofferenza, è chiaro che si opterà per la prima soluzione, a meno che una ragione superiore non incoraggi od obblighi a fare altrimenti. In secondo luogo essi lusingano con la vanità mediante i pubblici applausi, e portano tale uomo o tale donna ad essere generosi ed a compiere questo o tal altro atto di carità come ostentazione dell’amor proprio. In terzo luogo, essi minacciano con il ridicolo del rispetto umano colui che non doni di buon grado o dia mal volentieri la somma di denaro che gli si domanda, somma che si porge alla fine mormorando e brontolando, non con un sentimento di compassione fraterno per l’indigente, ma talvolta maledicendolo, a causa della costrizione che opera con le sue esigenze. Noi vediamo tanti esempi di questo genere, dalle sottoscrizioni ufficiali o i doni volontariamente forzati che il governo impone sotto il pretesto delle calamità pubbliche, fino alle commissioni che, sotto una forma più o meno autoritaria, percorrono talvolta i quartieri della città con lo stesso oggetto. – In quarto luogo, quando questo non sia sufficiente, cioè quando il ricco non si risolva a soccorrere il povero con lo stimolante della sua naturale sensibilità, o per un movimento di vanità, o sotto l’impulso del rispetto umano, il massonismo per questo non si perde d’animo; esso conosce perfettamente tutte le risorse che fanno agire l’uomo bestiale “animalis homo”, e non mancherà di metterli tutti in gioco. Esso fa allora appello alla frivolezza, in cambio dell’elemosina che vuol trarre dalla sua borsa, perché non si può dire che l’ottenga dal cuore, lo sottomette alla tentazione più forte, perché è la più grossolana: gli offre cioè dei divertimenti. A questo scopo apre come un mercato pubblico di sensualità, per ottenere in favore delle opere di beneficenza un contributo in rapporto al gusto di ognuno: offre delle canzoni a colui al quale piace ascoltarle, delle danze più o meno indecenti a chi ha il palato meno delicato, i sorrisi ed i favori di una donna a colui che ha bisogno di questo apparato per allentare la sua borsa. Si vede allora ciò che nessuno potrebbe credere se non lo vedesse con i propri occhi. Le grandi calamità nazionali, i grandi lutti della patria, sembrano produrre nelle anime lo stesso effetto dei più gloriosi trionfi, poiché si traducono ugualmente all’esterno con divertimenti e feste: a questo punto la contraffazione della carità ha snaturato i sentimenti più naturali dell’uomo; in tal modo si è venuto a spogliare della sua natura ed a cadere in ciò che è contrario alla natura, a forza di voler fuggire il soprannaturale cristiano. Vogliano i nostri lettori osservare bene la progressione discendente di questi stimolanti “naturalistici” ai quali si è dovuto ricorrere per rimpiazzare lo stimolante soprannaturale. Dapprima le emozioni o l’impressionabilità nervosa; in seguito la sete di applausi, più tardi la paura del ridicolo e la censura; infine la sete di piaceri. Di modo che, per non volere attenersi alla carità discesa dal cielo e penetrata dai profumi del tempio, si giunge a chiederla con le passioni più basse dell’umanità, e perfino ricorrendo all’infamia della prostituzione. – Perciò si vede chiaramente innanzitutto quanto una beneficenza di questo tipo abbia ben poco di nobile, e poi quanto ben poca consistenza abbia. L’elemosina procurata con tali mezzi deve logicamente considerarsi un semplice soccorso materiale. Colui che dona per tali motivi da al più uno scudo o un franco, ma non offre un sentimento del cuore capace di incoraggiare il povero, di fargli comprendere che lo si guarda come un proprio simile, che lo si abbracci e lo si consoli come un fratello. Ed ancor mano lo si rispetterà o servirà come un’immagine vivente di Dio. Si da al povero, così come si getta un pezzo di pane ad un cane che si vuole allontanare dal cammino, o come si paga al governo la tassa di un contributo. Questa carità, al più, è una carità passeggera, un fuoco di artificio che non dura oltre la festa per la quale viene preparato. Durante qualche istante, sotto la prima impressione di una grande catastrofe, al cospetto delle esigenze dell’opinione pubblica fortemente eccitata, si fa qualcosa, si raccoglie una certa somma; ma ben presto l’egoismo nativo e l’indifferenza abituale riprendono i loro antichi diritti. Non c’è nulla delle opere che richiedono perseveranza, che domandano pazienza. Non è così che vengono fondate istituzione che vivono per secoli, come ad esempio gli ospedali e gli asili, che assorbono una intera vita, tutta una fortuna; ciò che si fa attualmente è artificioso, frivolo, temporaneo, giornaliero. Nulla di strano, l’idea di Dio e dell’Eternità, non presiedono a nulla di tutto questo!
XXI
Seguito sullo stesso soggetto.
Se la beneficenza senza Dio deve essere necessariamente fatta con stimolanti sufficienti, deboli, incostanti, poco disposti a tutto ciò che abbia il carattere di vero sacrificio, non è men certo che in assenza di regole e di moderatore, debba essere inevitabilmente poco delicata, senza scrupolo alcuno nei suoi mezzi e nei suoi processi. Cosa si propone la beneficenza senza Dio? Tutt’al più di trarre l’indigente da un imbarazzo materiale. – Non prendendo Dio come motivo primario, né come fine ultimo, né come regolatore dei mezzi da impiegare per giungere a tal fine, è naturale e logico che essa giudichi buoni e convenienti tutti i processi, a condizione che essi acquisiscano una somma di denaro con il cui aiuto si uscirà abilmente da una difficoltà. Essa non può supporre che per delle pure ragioni di umana convenienza, si rinunzi ad impiegarli: soprattutto quando si sa già in precedenza che il criterio della convenienza umana è molto elastico in tutte le questioni di morale che si offrono al suo apprezzamento, e soprattutto lo è ancor più quando una maggiore elasticità possa dissimularsi e darsi un’apparenza di onestà, con il pretesto che la si tolleri perché opera buona, per … soccorrere pressanti bisogni. – Qualcuno dei nostri lettori avrà probabilmente trovato eccessivo ciò che abbiamo detto più in alto, e cioè che una certa carità moderna non esiti talvolta a ricorrere anche alle turpitudini della prostituzione. Noi siamo stati ben lontani, quando abbiamo scritto questo, dal pensare di avere sottomano un fatto che giustificasse la nostra asserzione. È satana stesso, che diviene talvolta a nostro vantaggio, nelle nostre opere, un eccellente collaboratore, che ci fornisce questa prova per mezzo di uno dei suoi rappresentanti più autorevoli della stampa locale (della città di Barcellona). Noi prendiamo ricopiamo da questo organo satanico il passo seguente, che sembra espressamente scritto per darci ragione. Vi è scritto infatti: « I due avvenimenti del giorno più curiosi sono una festa di carità a Parigi ed un processo in Germania. La festa di carità è consistita in un concorso di nuoto al quale hanno preso parte delle donne. Questo concorso ha avuto luogo di notte, nel ginnasio nautico. Queste donne hanno nuotato in pubblico e con abilità. Noi ci dispensiamo dal menzionare il tipo di pubblico che ha assistito ad uno spettacolo così nuovo e attraente: la carità scusa tutto, secondo la moderna dottrina, e non osiamo meravigliarci di ciò che potrebbero tentare nel tempo le dame francesi, sempre sotto la copertura della carità. E allora? È così che poco a poco la carità puramente umana stima leciti ed onesti per un suo fine dei mezzi che altrimenti non potrebbe impiegare se dovesse sottostare al freno severo della legge di Dio. Ma senza parlare di cose indegne di essere menzionate, la pratica della carità senza Dio presenta un altro genere di inconveniente che, per essere di un ordine più o meno abietto, non manca di essere molto in voga. Tali sono coloro che risultano dalla frode e dalla malversazione con la quale mani poco delicate riescono a stornare a loro profitto personale dei fondi destinati al sollievo dei bisogni altrui. Questa lebbra è così contagiosa e colpisce oggi fortemente ogni specie di carità laica o civile che nelle recenti calamità abbiamo potuto vedere con i nostri occhi personaggi che non si potevano certamente sospettare di attacchi al clericalismo, andare a depositare i loro doni tra le mani del vescovo o del curato, sicuri così, con tal mezzo, di vedere arrivare questi doni alla loro vera destinazione, perché incerti nel saperli arrivare invece per tutt’altro cammino. Sì, il trionfo della Carità Cattolica sulla sua rivale, sul suo nemico, la sua contraffazione, la carità massonica o civile, è manifesta, splendida, indiscutibile, abbiamo potuto costatarlo in occasione degli ultimi terremoti. Il buon senso naturale ha prevalso spontaneamente in questa occasione nella maggior parte dei cuori, sul pregiudizio della setta: tutti hanno compreso che il miglior filo conduttore della carità, dal cuore di colui che può soccorrere fino al cuore di colui che ha bisogno di essere soccorso, e pertanto dalla borsa ben guarnita del primo, alla borsa vuota del secondo, è il filo della credenza religiosa, e che tutt’altro modo di domandare la carità e tutt’altro modo di praticarla e distribuire dei soccorsi, sarà attuale e liberale, fin tanto che si vorrà, ma non darà mai risultati. – In definitiva, sia ha bisogno di credere in Dio, di parlare di Dio, di pensare a Dio e di credere a Dio per dare molto al prossimo, e dare in modo tale che il prossimo sia veramente soddisfatto. Le epidemie dell’ultimo anno hanno mostrato nella stessa vicina Nazione un altro vantaggio, dello stesso genere, della vera carità sulla carità massonica. La massoneria aveva allontanato dagli ospizi e dagli asili gli infermieri e le infermiere appartenenti agli istituti religiosi, avendo messo al loro posto dei laici dal repubblicanesimo più accentuato ed i meno sospetti di clericalismo. Arriva l’ora terribile, non si tratta più di praticare gli ordinari trattamenti, ma di esporre la propria vita per la salute del prossimo. E questi valenti secolari d’ambo i sessi abbandonano quasi tutti vergognosamente il loro posto, provando con ciò che erano solo dei soldati che non servono che in tempo di pace. E la stessa massoneria che domina nella maggior parte dei consigli municipali e provinciali, deve subire l’umiliazione di fare un nuovo appello ai religiosi ed alle religiose che essi avevano allontanato con violenza dai letti degli ammalati. E religiosi e religiose sono accorsi subito all’appello dei loro nemici, non per vantarsi di una vittoria sì gloriosa, o per rinfacciare loro l’incoerenza presente e la loro ingiustizia passata, ma semplicemente per morire per i loro fratelli, così come accaduto a molti di essi. Quale lezione? Il mondo attuale li ha visto all’opera, e certamente non si può essere probabilmente più convincenti! Esso li ha sotto gli occhi e sotto mano, affinché veda e tocchi ciò che può e sa fare con tanta facilità la carità che ha Dio come principio, come fine, come regola, e che non può né sa fare in altro modo, per numerosi che siano i suoi sforzi, la carità che si ostina a fare a meno di Dio.
XXII
Opposizione radicale che esiste tra il cattolicesimo e la massoneria, nel modo di apprezzare l’arte.
L’arte è uno dei punti sui quali ci siamo proposti di indicare rapidamente in cosa differisca l’apprezzamento e l’influenza del massonismo e del Cattolicesimo. Andremo ora a trattare questo soggetto, ma senza dargli gli sviluppi che desideriamo, per non prolungare oltremodo un soggetto che oltrepassa già i limiti ordinari. L’arte, nelle sue diverse manifestazioni, come espressione del bello, innato nell’uomo, potrebbe chiamarsi il meno umano di tutti i concetti umani, o se si vuole, il meno terrestre, tanto è ideale, sublime e vicino al divino ed al celeste. Tutti i popoli, gli infedeli ed i cristiani, hanno riconosciuto nell’arte vera e nei veri artisti, qualcosa di divino il « quid divinum », che dà alle opere d’arte un carattere che le distingue essenzialmente da tutte le altre cose concepite dal sapiente o dell’artista di talento. L’arte e l’artista vivente respirano e si sviluppano in una regione molto più elevata e più pura di quella in cui si muove il comune mortale; essi godono di orizzonti illuminati da una luce più viva di quella di cui si gode nelle comuni sfere della vita; essi appartengono all’umanità, ma ne sono, come noi abbiamo visto, la parte più nobile; è con esse che, nell’ordine naturale, si manifesta nel modo più evidente, l’origine divina dell’uomo e la fiammella del fuoco celeste dispensata dalla mano del Creatore in questo vaso di fango che si chiama corpo. È una ragione in più per cui, il nemico di Dio e dell’uomo si sforza di rapire loro l’onore ad entrambi, oscurando con neri vapori e bagliori sinistri dell’abisso, la pura e serena luce del cielo, che l’arte e l’artista hanno la missione di far risplendere con l’aiuto delle loro opere sulle aride vallate terrestri. Il naturalismo o il massonismo, ha qui uno scopo facile da comprendere: fare che ciò che il Creatore ha elargito all’uomo per guardare unicamente in alto, sia rivolto unicamente in basso; padroneggiare ed esaltare un’arte che sia l’espressione delle concupiscenze che abbrutiscono ed animalizzano l’uomo; in luogo di proporgli e raccomandargli un’arte che sia l’espressione dei sentimenti elevati che nobilitano ed elevano la sua dignità. La materia in qualche modo spiritualizzata, era, per così dire, la formula dell’arte cristiana. Lo spirito abbassato quanto più possibile alle vili soddisfazioni della carne: ecco la divisa dell’arte naturalista. Cantare, dipingere, scolpire di modo che la poesia, il quadro, la statua o il monumento, siano come tante ali per mezzo delle quali l’uomo si elevi, al di sopra della sua condizione di esiliato, a gioie superiori, a sentimenti più nobili e, di conseguenza, ad un livello superiore nelle sue idee e nei suoi atti; tale sarà l’apostolato divino dell’arte che in qualche artista giunge ad essere una vera religione. Cantare, dipingere, scolpire, perché le immondizie della materia lusinghino ancor più i sensi, perché l’uomo trovi più gioia in ciò che lo avvilisce e lo imbratta, perché si getti più risolutamente nel fango; perché egli dimentichi ed anche detesti il cielo con la più cieca ostinazione: tale è l’apostolato satanico dell’arte empia e nemica di Dio. – da queste caratteristiche si riconoscerà facilmente a quale movimento obbedisca e quale luce, se celeste o infernale, si rifletta sulla fronte della maggior parte degli artisti del nostro tempo infame. Per il fatto che anche molto spesso allontani l’uomo da Dio, e lo degradi, l’arte moderna lascia chiaramente vedere quali siano il suo principio ed il suo spirito: se non è Dio, è certamente il suo nemico! La massoneria, che è questo nemico universale di Dio, organizzato, concentrato e costituito, per così dire, in una vasta congiura di forze nemiche di Dio, proclama, propaga ed incoraggia quest’arte avvilita e corruttrice che abbrutisce l’uomo, mentre che l’arte ispirata dalla fede cristiana tende costantemente a divinizzarlo: la musica, la letteratura, la pittura, la scultura sono nelle mani della massoneria e nelle mani di spiriti che essa ispira disgraziatamente, come tanti focolai ardenti di grossolana sensualità e di brutale concupiscenza che, dopo aver disseccato il cuore come una febbre bruciante, lo indurisce al punto che non potrà mai provare un sentimento più nobile. Con le emozioni della carne e dei nervi svaniscono nell’anima la gioia serena, pura ed entusiasta che produce in esso la vera bellezza. In luogo dell’estasi intellettuale artistica, si trova e si ottiene l’ebbrezza e l’eccitazione nervosa, che non è che l’imitazione e la parodia. Ditemi di grazia: non è questo più frequentemente il carattere dell’arte della nostra epoca? Non sono forse i suoi effetti manifesti e deplorevoli?
XXIII
Come si vede chiaramente l’applicazione di questa dottrina
nei piaceri moderni.
Giungiamo al termine di queste semplici considerazioni, che non sono certamente un enunciato di idee, e che richiederebbero, per essere sviluppate in modo conveniente, molto più dello spazio di quello che abbiamo potuto loro consacrare nell’insieme. L’applicazione più comune e più pratica di ciò che noi dicevamo nel precedente paragrafo sull’arte che ha subito l’influenza funesta della massoneria, si offre chiaramente ai nostri occhi nelle distrazioni o nei piaceri pubblici, e nella stampa, branca speciale della letteratura, che può e deve essere annoverata tra questi passatempi. Sì, i divertimenti pubblici e la stampa moderna sono generalmente oggi, un puro massonismo [e non c’erano ancora il cinema e la televisione! –ndt. -], vale a dire il prodotto dell’influenza massonica e nel contempo un mezzo per propagarlo ed estenderlo. Noi ne abbiamo la prova sottomano, e per comprenderlo, è sufficiente ricordare i principi che abbiamo enunciato in precedenza. Il massonismo non è null’altra cosa che il naturalismo; ed i divertimenti moderni e la letteratura contemporanea si sforzano, da molti anni, di essere esclusivamente naturalisti. Ne risulta che essi sono radicalmente ed assolutamente massonici e … massonizzanti, un effetto e nel contempo una causa molto attiva di questa orribile cospirazione di tutti gli elementi sociali contro il regno soprannaturale di Dio Nostro-Signore sulla creatura e sulla società umana. – Che il naturalismo sia assolutamente l’oggetto e l’ispiratore di tutto ciò che l’uomo scrive, canta o propone per il piacere dell’umanità, è innegabile a meno che non si sia ciechi o miopi nel costatarlo su ogni locandina teatrale, in ogni pubblicazione giornalistica circolante tra il pubblico, o in tutti i cartelli agli angoli delle strade. Attualmente, la materia non è più idealizzata come ai tempi in cui si credeva universalmente che essa fosse uno degli oggetti primordiali dell’arte, ma l’idea si materializza, si prostituisce, si avvilisce vergognosamente per essere un apparato seducente per l’uomo. Una gran parte, o meglio la quasi totalità degli spettacoli e della produzione letteraria del giorno sono delle cloache immonde, che non causano nausea a tutti gli stomaci, semplicemente perché questi hanno contratto anch’essi una deplorevole infermità, e sono diventati assolutamente carnali e grossolani. E non è solo la critica cattolica che formula questo giudizio e avanza questa condanna, i dottori del razionalismo contemporaneo stesso, nei loro frequenti intervalli di lucidità e nei momenti di sano apprezzamento costatano questo male, lo deplorano e lo stigmatizzano. Zola nel romanzo, Echegaray nell’arte drammatica, Sara Bernhart nell’ambizione plastica di quest’arte, sono tre tipi che possono personificare in pieno tre scuole che meriterebbero meglio il nome di “ignobile prostituzione”. Queste scuole regnano oggi e predominano quasi in assoluto, e come il sovrano Pontefice lo ha denunciato per la massoneria, esse esercitano sul gusto una influenza sociale che in qualche modo può definirsi un dominio. Si leggono queste produzioni e non si legge nessun’altra cosa! Si ascolta, si vede, si applaude tutto questo con furore, e non si ascolta, non si vede e non si applaude se non questo: ogni altro nutrimento artistico ed intellettuale diviene senza gusto ed insipido per i palati abituati a queste salse fortemente speziate. Ecco precisamente un campo nel quale la massoneria può gloriarsi di regnare anche su coloro che apparentemente sono i suoi più risoluti nemici. L’anima si spaventa alla vista delle numerose famiglie cattoliche, e sinceramente cattoliche, che con il favore del romanzo e dello spettacolo massonico, respirano, bevono e mangiano ogni giorno ed ogni notte, a dosi piene, il veleno del massonismo più sottile e più raffinato. Nelle letture, gli spettacoli, non si predica null’altro che l’odio dell’ordine soprannaturale cristiano, o quantomeno l’astrazione voluta ed affettata di quest’ordine. Questi uomini vanno formando insensibilmente i loro sentimenti, le loro idee ed i loro costumi su questi modelli naturalistici; essi si abituano a pensare, a sentire, a giudicare, a determinarsi secondo questo criterio; e alla fine essi si trovano ad essere, nel loro foro interiore, dei perfetti massoni di grado superiore, benché nella loro vita, essi non abbiano mai visto un triangolo, né portato grembiulini, né assistito ad alcun rito ufficiale della setta. Che importa tuttavia che essi non abbiano partecipato a riti esteriori, se la loro vita è interamente conforme al suo spirito, se essi sono diventati proseliti delle sue massime e delle sue usanze e se, così spesso, senza forse rendersene conto, ne sono divenuti dei campioni calorosi e zelanti? Questo non è tutto; qui il pregiudizio è tanto più grande ed il risultato più considerevole quanto più l’azione è segreta e procede da persone contro le quali si è meno in guardia. Così vanno oggi le cose; ed è ciò che spiega l’immensa influenza del massonismo scientifico, letterario, artistico e pratico nella società attuale. Noi abbiamo convenuto ingenuamente che non c’è massone che non sia passato attraverso le prove grottesche dell’iniziazione, quando in realtà il massonismo conta soprattutto sul prestigio e sull’influenza di coloro che non si sono mai sottomessi a simili cerimonie. A che cosa dunque servono questi riti simbolici? Queste logge misteriose? Questi clubs tenebrosi? Se si attribuiscono alla massoneria tutti i risultati ottenuti su molti degli infelici cattolici, questi vanno ben al di là delle loro speranze. Pertanto, e lo abbiamo detto già fin dall’inizio, e tale è l’oggetto vero del nostro presente lavoro, il massonismo è nella nostra epoca più pericoloso della stessa massoneria. Ci piace dirlo ancora: quest’ultima potrebbe ben indebolirsi ed anche sparire dal quadro delle istituzioni, mentre l’altro dimorerebbe e regnerebbe in modo assoluto e quasi esclusivo, così come oggi la cosa comincia disgraziatamente a delinearsi.
EPILOGO
Eccoci giunti, conformemente al piano che abbiamo tracciato, al termine delle nostre considerazioni sul massonismo ed il Cattolicesimo. Noi ci fermiamo qui, senza far posto a mille altre questioni che si presentano in questo momento sotto la nostra penna e che ci renderebbero interminabili su questo soggetto. Ci sembra del resto che noi abbiamo sufficientemente provato la nostra tesi, cioè l’aver dimostrato l’opposizione radicale ed assoluta che esiste tra il massonismo ed il Cattolicesimo, mostrando successivamente la soluzione opposta che essi danno a tutti ed a ciascuno dei problemi filosofico-sociali che si agitano oggi in Europa. Non resta più da ascoltare su questo soggetto che la voce più autorevole di tutte, cioè quella del Dottore supremo che, dalla suo soglio di Roma, ci ha parlato con tanta precisione e chiarezza nella sua celebre enciclica Humanun Genus. Non ci resta che ascoltare la voce della massoneria alfine di decidere come catalogare per nostro conto questi cattolici più ciechi e più ostinati, che non ha potuto convincere nemmeno l’oracolo universale del Vaticano, e che hanno bisogno, per uscire dalla loro strana perplessità, della decisione più autorizzata forse da satana stesso: noi vogliamo parlare dell’oracolo delle logge. Sì, questo oracolo ha pure parlato, ha reso omaggio alla verità delle affermazioni pontificie, a vergogna di tanti pretesi cattolici che si ostinano a tacciarle di esagerazioni e di pessimismo. Sì, è la mano ufficiale della massoneria che ha scritto in uno dei suoi bollettini più autorevoli (Bulletin Maçonnique de la grande Loge symbolique Écossaise), le seguenti frasi di una spaventosa esattezza. Tutti i nostri lettori vi vedranno la sintesi e nello stesso tempo la conferma di tutto ciò che abbiamo scritto su questo soggetto: « la franco-massoneria – viene detto – non può fare a meno di ringraziare il sovrano Pontefice, Leone XIII, per la sua ultima Enciclica che, con una autorità incontestabile ed una grande abbondanza di prove, viene a dimostrare una volta in più, che esiste un abisso insormontabile tra la Chiesa, di cui egli è il rappresentante, e la rivoluzione, della quale la massoneria è il braccio destro. È bene che coloro che sono esitanti cessino di riporre vane speranze di conciliazione. Bisogna che tutti si abituino a comprendere che è giunta l’ora di optare tra l’ordine antico che si appoggia sulla rivoluzione, e l’ordine nuovo che non riconosce altri fondamenti che la scienza e la ragione umana: tra lo spirito di autorità e lo spirito di libertà. » [Fine. Leggi l’enciclica in: UN’ENCICLICA AL GIORNO, TOGLIE IL MODERNISTA APOSTATA DI TORNO … e pure il masso-illuminato dell’«ECCLESIA»: Hunanum genus/exsurgatdeus.org]