22 FEBBRAIO
CATTEDRA DI S. PIETRO IN ANTIOCHIA
Festa della Cattedra di Antiochia.
[Dom Guéranger: l’Anno Liturgico, vol I]
Per la seconda volta la santa Chiesa festeggia la cattedra di Pietro; ma oggi, siamo invitati a venerare non più il suo Pontificato in Roma, ma il suo Episcopato ad Antiochia. La permanenza del Principe degli Apostoli in quest’ultima città fu per essa la più grande gloria che conobbe dalla sua fondazione; pertanto, questo periodo occupa un posto tanto rilevante nella vita di S. Pietro da meritare d’essere celebrato dai cristiani.
Cristianesimo ad Antiochia.
Cornelio aveva ricevuto il battesimo a Cesarea dalle mani di Pietro, e l’ingresso di questo Romano nella Chiesa preannunciava il momento in cui il Cristianesimo doveva estendersi oltre la popolazione giudaica. Alcuni discepoli, i cui nomi non ci furono tramandati da Luca, fecero un tentativo di predicazione in Antiochia, ed il successo che ne riportarono indusse gli Apostoli ad inviarvi Barnaba. Giunto questi colà, non tardò ad associarsi un altro giudeo convertito da pochi anni e conosciuto ancora col nome di Saulo, che, più tardi, cambierà il suo nome con quello di Paolo e diventerà oltremodo glorioso in tutta la Chiesa. La parola di questi due uomini apostolici suscitò nuovi proseliti in seno alla gentilità, ed era facileprevedere che ben presto il centro della religione di Cristo non sarebbe stato più Gerusalemme, ma Antiochia. Così il Vangelo passava ai gentili e abbandonava l’ingrata città che non aveva conosciuto il tempo della sua visita (Lc. XIX, 44).
Pietro ad Antiochia.
La voce dell’intera tradizione c’informa che Pietro trasferì la sua residenza in questa terza città dell’Impero romano, quando la fede di Cristo cominciò ad avere quel magnifico sviluppo che abbiamo qui sopra ricordato. Tale mutamento di luogo e lo spostamento della Cattedra primaziale stanno a dimostrare che la Chiesa s’avanzava nei suoi destini e lasciava l’augusta cinta di Sion, per avviarsi verso l’intera umanità. – Sappiamo dal Papa S. Innocenzo I ch’ebbe luogo in Antiochia una riunione degli Apostoli. Ormai il vento dello Spirito Santo spingeva verso la gentilità le sue nubi sotto il cui emblema Isaia raffigura gli Apostoli (Is. LX, 8). S. Innocenzo, alla cui testimonianza si unisce quella di Vigilio, vescovo di Tarso, osserva che si deve riferire al tempo di questa riunione di S. Pietro e degli Apostoli ad Antiochia, quanto S. Luca scrive negli atti, là dove afferma che alle numerose conversioni di gentili, si incominciò a chiamare i discepoli di Cristo con l’appellativo, di Cristiani.
Le tre Cattedre di S. Pietro.
Dunque Antiochia è diventata la sede di Pietro, nella quale egli risiede, e dalla quale partirà per evangelizzare le diverse province dell’Asia; qui farà ritorno per ultimare la fondazione di questa nobile Chiesa. Sembrava che Alessandria, la seconda città dell’impero, volesse rivendicare a sé l’onore della sede del primato, quando piegò la testa sotto il gioco di Cristo. Ma ormai Roma, da tempo predestinata dalla divina Provvidenza a dominare il mondo, ne avrà maggior diritto. Pietro allora si metterà in cammino, portando nella sua persona i destini della Chiesa; si fermerà a Roma, ove morirà e lascerà la sua successione. Nell’ora segnata, si distaccherà da Antiochia e stabilirà vescovo Evodio, suo discepolo. Questi, quale successore di Pietro, sarà Vescovo di Antiochia; ma la sua Chiesa non eredita il primato che Pietro porta con sè. Il principe degli Apostoli designa Marco, suo discepolo, a prender in suo nome possesso di Alessandria; la quale sarà la seconda Chiesa dell’universo e precederà la stessa sede di Antiochia, per volontà di Pietro, che però non ne occupò mai personalmente la sede. Egli è diretto a Roma: ivi finalmente, fisserà la Cattedra sulla quale vivrà, insegnerà e governerà nei suoi successori. – Questa l’origine delle tre grandi Cattedre Patriarcali così venerate anticamente: la prima, Roma, investita della pienezza dei diritti del principe degli Apostoli, che gliele trasmise morendo; la seconda, Alessandria, che deve la sua preminenza alla distinzione di cui volle insignirla Pietro adottandola per sua seconda sede; la terza, Antiochia, sulla quale si assise di persona, allorché, rinunciando a Gerusalemme, volle portare alla Gentilità le grazie dell’adozione. – Se dunque Antiochia cede in superiorità ad Alessandria, quest’ultima le è inferiore rispetto all’onore d’aver posseduta la persona di colui che Cristo aveva investito dell’ufficio di Pastore supremo. E’ dunque giusto che la Chiesa onori Antiochia per aver avuto la gloria d’essere temporaneamente il centro della cristianità: è questo il significato della festa che oggi celebriamo (i).
Doveri verso la Cattedra di S. Pietro.
Le solennità che si riferiscono a S. Pietro devono interessare in modo speciale i figli della Chiesa. La festa del padre è sempre quella dell’intera famiglia, perché da lui viene la vita e l’essere. Se ‘è un solo gregge, è perché esiste un solo Pastore. Onoriamo perciò la divina prerogativa di Pietro, alla quale il Cristianesimo deve la sua conservazione; riconosciamo gli obblighi che abbiamo verso la Sede Apostolica. Il giorno che celebravamo la Cattedra Romana, apprendemmo come viene insegnata, conservata e propagata la Fede dalla Chiesa Madre nella quale risiedono le promesse fatte a Pietro. Onoriamo oggi la Sede Apostolica, quale unica sorgente del legittimo potere, mediante il quale vengono retti e governati i popoli in ordine alla salvezza eterna.
Poteri di Pietro.
Il Salvatore disse a Pietro: « Io ti darò le Chiavi del Regno dei cieli » (Mt. XVI, 19), cioè della Chiesa; ed ancora: « Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle» (Gv. XXI, 15-17). Pietro dunque è principe, perché le Chiavi, nella Sacra Scrittura, significano il principato; e Pastore, Pastore universale, perché non vi sono in seno al gregge che pecore ed agnelli. Ma ecco che, per divina bontà, in ogni parte incontriamo Pastori: i Vescovi, « posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio » (Atti XX, 28), che in suo nome governano le cristianità, e sono anch’essi Pastori. Come mai le Chiavi, che sono eredità di Pietro, si trovano in altre mani, che non sono le sue? La Chiesa cattolica ce ne spiega il mistero nei documenti della sua Tradizione. (1) Facemmo osservare il 18 gennaio che, secondo l’antica tradizione romana, conservata inalterata sino al XVI secolo, oggi si celebrava la festa della Cattedra romana di S. Pietro, senza il menomo cenno di Antiochia, perché ci si limitava a venerare la Cattedra vaticana, simbolo del primato universale di S. Pietro e dei suoi successori. Le Chiese delle Gallie, escludendo qualsiasi solennità in Quaresima, avevano trasferita tale festa al 18 gennaio. Da tre secoli a questa parte, fu la pietà verso il Principe degli Apostoli che suggerì di estendere gli onori dovuti alla sua parola anche alla Cattedra di Antiochia. – Ecco Tertulliano affermare che « il Signore diede le Chiavi a Pietro, e per mezzo suo alla Chiesa » (Scorpiaco, c. 10); S. Ottato di Milevi, aggiungere che, « per il bene dell’unità, Pietro fu preferito agli altri Apostoli, e, solo, ricevette le Chiavi del Regno dei cieli per trasmetterle agli altri » (Contro Parminiano, 1. 8); S. Gregorio Nisseno, dichiarare che « per mezzo di Pietro, Cristo comunicò ai Vescovi le Chiavi della loro celeste prerogativa» (Opp., t. 3); e infine S. Leone Magno, precisare che « il Salvatore diede per mezzo di Pietro agli altri prìncipi della Chiesa tutto ciò che ha creduto opportuno di comunicare » (Nell’anno della sua elevazione al Sommo Pontificato, Discorso 4, P. L., 54, c. 150).
Poteri dei Vescovi.
Quindi l’Episcopato rimarrà sempre sacro, perché si ricollega a Gesù Cristo per mezzo di Pietro e dei suoi successori; ed è ciò che la Tradizione cattolica ha sempre affermato nella maniera più imponente, plaudendo al linguaggio dei Pontefici Romani, che non hanno mai cessato di dichiarare, sin dai primi secoli, che la dignità dei Vescovi era quella di compartecipare alla propria sollecitudine, “in partem sollicitudinis vocatos”. Per tale ragione S. Cipriano non ebbe difficoltà d’affermare che, « volendo il Signore stabilire la dignità episcopale e costituire la sua Chiesa, disse a Pietro: Io ti darò le Chiavi del Regno dei cieli; e da ciò deriva l’istituzione dei Vescovi e la costituzione della Chiesa » (Lettera 33). – La stessa cosa ripete, dopo il vescovo di Cartagine, S. Cesario d’Arles, nelle Gallie, nel V secolo, quando scrive al Papa S. Simmaco: « Poiché l’Episcopato attinge la sua sorgente nella persona del beato Pietro Apostolo, ne consegue necessariamente che tocca a Vostra Santità prescrivere alle diverse Chiese le norme alle quali esse si devono conformare » (Lettera 10). Questa fondamentale dottrina, che S. Leone Magno espresse con tanta autorità ed eloquenza, e che in altre parole è la stessa che abbiamo ora esposta mediante la Tradizione, la vediamo imposta a tutte le Chiese, prima di S. Leone, nelle magnifiche Epistole di S. Innocenzo I arrivate fino a noi. In questo senso egli scrive al concilio di Cartagine che « l’Episcopato ed ogni sua autorità emanano dalla Sede Apostolica » {Ibid. 29) ; al concilio di Milevi che « i Vescovi devono considerare Pietro come la sorgente del loro appellativo e della loro dignità » {Ibid. 30) ; a San Vitricio, Vescovo di Rouen, che « l’Apostolato e l’Episcopato traggono da Pietro la loro origine » (Ibid. 2). – Non abbiamo qui l’intenzione di fare un trattato polemico; il nostro scopo, nel presentare i magnifici titoli della Cattedra di Pietro, non è altro che quello di alimentare nel cuore dei fedeli quella venerazione e devozione da cui devono essere animati verso di lei. Ma è necessario ch’essi conoscano la sorgente dell’autorità spirituale, che nei diversi gradi di gerarchia li regge e li santifica. Tutto passa da Pietro, tutto deriva dal Romano Pontefice, nel quale Pietro si perpetuerà fino alla consumazione dei secoli. Gesù Cristo è il principio dell’Episcopato,lo Spirito Santo stabilisce i Vescovi, ma la missione, l’istituzione che assegna al Pastore il suo gregge ed al gregge il proprio Pastore, Gesù Cristo e lo Spirito Santo le comunicano attraverso il ministero di Pietro e dei suoi successori.
Trasmissione del potere delle Chiavi.
Com’è sacra e divina questa autorità delle Chiavi, che, discendendo dal cielo nel Romano Pontefice, da lui, attraverso i Prelati della Chiesa, scende su tutta la società cristiana ch’egli deve reggere e santificare! Il modo di trasmissione attraverso la Sede Apostolica ha potuto variare secondo i secoli; ma mai alcun potere fu emanato se non dalla Cattedra di Pietro. A principio vi furono tre Cattedre: Roma, Alessandria, Antiochia; tutte e tre, sorgenti dell’istituzione canonica per i Vescovi che le riguardano; ma tutte e tre considerate altrettante Cattedre di Pietro da lui fondate per presiedere, come insegnano S. Leone (Lettera 104 ad Anatolio), S. Gelasio (Concilio Romano, Labbe, t. 4) e S. Gregorio Magno (Lettera ad Eulogio). Ma, delle tre Cattedre, il Pontefice che sedeva sulla prima aveva ricevuto dal cielo la sua istituzione, mentre gli altri due Patriarchi non esercitavano la loro potestà se non perché riconosciuti e confermati da chi era succeduto a Roma sulla Cattedra di Pietro. Più tardi, a queste prime tre, si vollero aggiungere due nuove Sedi: Costantinopoli e Gerusalemme; ma non arrivarono a tale onore, se non col beneplacito del Romano Pontefice. Inoltre, affinché gli uomini non corressero pericolo di confondere le accidentali distinzioni di cui furono ornate quelle diverse Chiese, con la prerogativa della Chiesa Romana, Dio permise che le Sedi d’Alessandria, d’Antiochia, di Costantinopoli e di Gerusalemme fossero contaminate dall’eresia; e che divenute altrettante Cattedre di errore, dal momento che avevano alterata la fede trasmessa loro da Roma con la vita, cessassero di tramandare la legittima missione. Ad una ad una, i nostri padri videro cadere quelle antiche colonne, che la mano paterna di Pietro aveva elevate; ma la loro rovina ancora più solennemente attesta quanto sia solido l’edificio che la mano di Cristo fondò su Pietro. – D’allora, il mistero dell’unità s’è rivelato in una luce più grande; e Roma, avocando a sé i favori riversati sulle Chiese che avevano tradita la Madre comune, apparve con più chiara evidenza l’unico principio del potere pastorale.
Doveri di rispetto e sudditanza.
Spetta dunque a noi, sacerdoti e fedeli, ricercare la sorgente dalla quale i nostri pastori attinsero i poteri, e la mano che trasmise loro le Chiavi. Emana la loro missione dalla Sede Apostolica ? Se è così, essi vengono da parte di Gesù Cristo, che, per mezzo di Pietro, affidò loro la sua autorità, e quindi dobbiamo onorarli ed esser loro soggetti. – Se invece si mostrano a noi senza essere investiti del Mandato del Romano Pontefice, non seguiamoli, ché Cristo non li riconosce. Anche se rivestono il sacro carattere conferito dall’unzione episcopale, non rientrano affatto nell’Ordine Pastorale; e le pecore fedeli se ne devono allontanare. – Infatti, il divino Fondatore della Chiesa non si contentò d’assegnarle la visibilità come nota essenziale, perché fosse una Città edificata sul monte (Mt. V, 14) e colpisse chiunque la guardasse; Egli volle pure che il potere divino esercitato dai Pastori derivasse da una visibile sorgente, affinché ogni fedele potesse verificare le attribuzioni di coloro che a lui si presentano a reclamare la propria anima in nome di Gesù Cristo. Il Signore non poteva comportarsi diversamente verso di noi, poiché, dopo tutto, nel giorno del giudizio Egli esigerà che siamo stati membri della sua Chiesa e che abbiamo vissuto, nei suoi rapporti, mediante il ministero dei suoi Pastori legittimi. Onore, perciò, e sottomissione a Cristo nel suo Vicario; onore e sottomissione al Vicario di Cristo nei Pastori che manda.
Elogio.
Gloria a te, o Principe degli Apostoli, sulla Cattedra di Antiochia, dall’alto della quale presiedesti ai destini della Chiesa universale! Come sono splendide le tappe del tuo Apostolato! Gerusalemme, Antiochia, Alessandria nella persona di Marco tuo discepolo, e finalmente Roma nella tua stessa persona; ecco le città che onorasti con la tua augusta Cattedra. Dopo Roma, non vi fu città alcuna che ti ebbe per sì lungo tempo come Antiochia ; è dunque giusto che rendiamo onore a quella Chiesa che, per tuo mezzo fu un tempo madre e maestra delle altre. Ahimè! oggi essa ha perduto la sua bellezza, la fede è scomparsa nel suo seno, e il giogo del Saraceno pesa su di lei. Salvala, o Pietro, e reggila ancora; assoggettala alla Cattedra di Roma, sulla quale ti sei assiso, non per un limitato numero di anni, ma fino alla consumazione dei secoli. Immutabile roccia della Chiesa, le tempeste si sono scatenate contro di te, e più d’una volta abbiamo visto coi nostri occhi la Cattedra immortale essere momentaneamente trasferita lontano da Roma [come pure è attualmente in esilio . ndr. -]. Ci ricordavamo allora della bella espressione di S. Ambrogio: Dov’è Pietro, ivi è la Chiesa, e i nostri cuori non si turbarono; perchè sappiamo che fu per ispirazione divina che Pietro scelse Roma come il luogo dove la sua Cattedra poggerà per sempre. Nessuna volontà umana potrà mai separare ciò che Dio legò; il Vescovo di Roma sarà sempre il Vicario di Gesù Cristo e il Vicario di Gesù Cristo, sebbene esiliato [come è oggi appunto – ndr. – ] dalla sacrilega violenza dei persecutori, rimarrà sempre il Vescovo di Roma.
Preghiera.
Calma le tempeste, o Pietro, affinché i deboli non ne siano scossi; ottieni dal Signore che la residenza del tuo successore non venga mai interrotta nella città che tu eleggesti ed innalzasti a tanti onori. – Se gli abitanti di questa città regina hanno meritato d’essere castigati perché dimentichi di ciò che ti devono, risparmiali per riguardo dell’universo cattolico, e fa’ che la loro fede, come al tempo in cui Paolo tuo fratello indirizzava la sua Epistola, torni ad essere famosa in tutto il mondò (Rom. I, 8).
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Rileggendo questo notevole scritto di dom Guéranger si possono chiarire e comprendere meglio tante cose che riguardano i nostri tempi circa l’importanza della figura del Pontefice romano, oggi tanto bistrattata dagli eretici “falsi tradizionalisti” sedevacantisti, e dagli “adepti della setta modernista” guidata dagli antipapi marrani che dal 1958 occupano indegnamente e fraudolentemente la gloriosa Cattedra di Pietro. Soprattutto significativo, e fondamentale per la salvezza dell’anima, è il passaggio ove precisa: “Se invece si mostrano a noi senza essere investiti del Mandato del Romano Pontefice, non seguiamoli, ché Cristo non li riconosce. Ma, come da promessa evangelica e da infallibile Magistero ecclesiastico, il successore di Pietro [quello vero] c’è, anche se non a Roma, e si avvia a compiere [il 3 maggio] il suo 26° anno di Pontificato, uno dei più lunghi della storia della Chiesa, dopo S. Pietro, Pio IX e Gregorio XVII. Lunga vita al nostro Santo Padre, GREGORIO XVIII, con la speranza che possa nuovamente occupare, e quanto prima, la Cattedra usurpata, … o almeno il suo prossimo successore …
Dal Divinum Officium:
I lett. di S. Pietro
Pietro, Apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli esuli sparsi per il Ponto, per la Galizia, la Cappadocia, l’Asia e Bitinia, Eletti, secondo la prescienza di Dio Padre, ad essere santificati dallo Spirito, ad essere sudditi di Gesù Cristo, e ad essere aspersi dal suo sangue: Grazia e pace scendano in abbondanza su voi. Benedetto Dio, Padre di nostro Signor Gesù Cristo, che, nella sua grande misericordia, ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo da morte, alla viva speranza di possedere Una eredità incorruttibile, e incontaminata, e immarcescibile, riservata nei cieli per voi che dalla potenza di Dio siete custoditi, mediante la fede per la salvezza, che è pronta a manifestarsi colla fine del tempo. In questo (pensiero) voi esulterete, sia pure che dobbiate essere ora per poco afflitti da diverse prove: affinché la prova della vostra fede molto più preziosa dell’oro (che pur si prova col fuoco) torni a lode, a gloria e ad onore quando si manifesterà Gesù Cristo: che voi amate senza aver veduto: in cui anche adesso credete senza vederlo: e, credendo così, esulterete di gioia ineffabile e beata perché conseguirete il fine della vostra fede, la salvezza delle anime. 10 Salvezza che ricercarono e scrutarono i profeti, che predissero la grazia che voi dovevate ricevere; 11 E siccome essi indagavano il tempo e le circostanze che lo Spirito di Cristo, ch’era in essi, andava rivelando intorno alle sofferenze di Cristo e alle glorie susseguenti, 12 Che prediceva loro, fu ad essi rivelato che non per sé ma per voi essi erano dispensatori delle cose che ora vi sono state annunziate da quelli che vi hanno predicato il Vangelo, mercé lo Spirito Santo mandato dal cielo, e che gli Angeli bramano di contemplare.
Sermone di sant’Agostino Vescovo
Sermone 15 sui Santi
L’istituzione dell’odierna solennità ricevé dai nostri antenati il nome di Cattedra, perché è tradizione che Pietro, principe degli Apostoli, prendesse possesso quest’oggi della sua sede episcopale. I fedeli perciò, con ragione, celebrano l’origine di quella Sede onde l’Apostolo fu investito per la salute delle chiese con quelle parole del Signore: «Tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa» (Matth. XVI, 18). – Il Signore dunque ha chiamato Pietro il fondamento della Chiesa: ed è perciò che la Chiesa venera giustamente questo fondamento sul quale poggia tutto l’edificio ecclesiastico. Quindi ben a ragione si dice nel Salmo ch’è stato letto: «Lo esaltino nell’adunanza del popolo, e lo lodino nel consesso dei seniori» (Ps. 106, 32). Benedetto Dio, che prescrive d’esaltare il beato Pietro Apostolo nell’adunanza del fedeli; è giusto infatti che la Chiesa veneri questo fondamento per cui si sale al cielo. – Celebrando dunque quest’oggi l’origine della Cattedra, noi onoriamo il ministero sacerdotale. Le chiese si rendono questo mutuo onore, comprendendo esse che la Chiesa tanto più cresce in dignità, quanto più viene onorato il ministero sacerdotale. Avendo dunque una pia usanza introdotto giustamente nelle chiese questa solennità, mi meraviglio delle grandi proporzioni che ha preso oggi un pernicioso errore tutto pagano, di portare cioè sulle tombe dei defunti dei cibi e del vino, come se le anime, che hanno abbandonato i loro corpi, reclamassero questi cibi propri della carne.
Omelia di san Leone Papa
Sermone 3 nell’anniversario della sua elezione, dopo il principio
Il Signore domanda agli Apostoli, chi dicesse la gente ch’egli sia: e la loro risposta è comune finché essi esprimono l’incertezza dello spirito degli uomini. Ma appena interroga i discepoli sul proprio sentire, il primo in dignità fra gli Apostoli è il primo ancora a confessare il Signore. Ed avendo egli detto: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Matth. 16, 16); Gesù gli rispose: «Beato te, Simone, figlio di Giona, perché non te l’ha rivelato la natura e l’istinto, ma il Padre mio ch’è nei cieli» (Matth. 16, 17). Vale a dire: Perciò tu sei beato, perché te l’ha insegnato il Padre mio; non sei stato ingannato dall’opinione terrena, ma te l’ha dichiarato l’ispirazione celeste: e non la natura e l’istinto mi ti han fatto conoscere, ma colui del quale sono il Figlio unigenito. – «E io, continua, ti dico» (Matth. XVI, 18); cioè: Come il Padre mio ti ha manifestato la mia divinità, così io pure ti faccio conoscere la tua propria eccellenza. Perché tu sei Pietro: cioè: Mentre io sono la pietra inviolabile, la pietra angolare che di due (popoli) ne faccio uno, io il fondamento all’infuori del quale nessuno può porne altro; tuttavia anche tu sei pietra, essendo confermato dalla mia virtù, così che quanto m’appartiene di proprio, quanto al potere, ti sia comune per la mia partecipazione. «E su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di lei» (Matth. 1XVI 18): Su questa fortezza, dice, edificherò un tempio eterno; e la sublimità della mia Chiesa, che deve penetrare il cielo, si eleverà sulla fermezza di questa fede. – Le porte dell’inferno non impediranno mai questa confessione (di Pietro), né la legheranno punto le catene della morte; poiché questa parola è parola di vita. E come essa innalza al cielo i suoi confessori, così ne sommerge nell’inferno i negatori. Perciò dice al beatissimo Pietro: «Ti darò le chiavi del regno dei cieli: e qualunque cosa legherai sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa scioglierai sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli» (Matth. 1XVI, 19). Certo, questo potere fu comunicato anche agli altri Apostoli, e questo decreto costitutivo riguarda egualmente tutti i principi della Chiesa; ma confidando questa prerogativa, non senza motivo il Signore s’indirizza a uno solo, benché parli a tutti. Essa è affidata particolarmente a Pietro, perché Pietro è stabilito capo di tutti i pastori della Chiesa. Il privilegio dunque di Pietro sussiste in ogni giudizio portato in virtù della sua legittima autorità. E non c’è eccesso né di severità né di indulgenza, dove non si lega né si scioglie se non ciò che il beato Pietro avrà sciolto o legato.
Hymnus
“Beate Pastor, Petre, clemens accipe Voces precantum, criminumque vincula Verbo resolve, cui potestas tradita Aperire terris caelum, apertum claudere. Sit Trinitati sempiterna gloria, Honor, potestas, atque jubilatio, In unitate, quae gubernat omnia, Per universa aeternitatis sæcula. Amen.”
[Beato Pietro Pastore, accogli clemente le voci dei supplicanti, e spezza con una parola le catene dei peccati, tu cui fu dato il potere di aprire il cielo alla terra, e di chiuderlo se aperto. Alla Trinità sia sempiterna gloria, onore, potere e giubilo, la quale nella (sua) unità governa ogni cosa, per tutti i secoli eterni. Amen.]
Hymnus [ai Vespri]
Quodcumque in orbe nexibus revinxeris, Erit revinctum, Petre, in arce siderum: Et quod resolvit hic potestas tradita, Erit solutum caeli in alto vertice; In fine mundi judicabis sæculum. Patri perenne sit per ævum gloria, Tibique laudes concinamus inclytas, Aeterne Nate, sit superne Spiritus, Honor tibi, decusque: sancta jugiter Laudetur omne Trinitas per sæculum. Amen.”
[Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato, o Pietro, nella rocca celeste: e tutto ciò che scioglierà quaggiù il potere concessoti, sarà sciolto nelle altezze del cielo: alla fine del mondo tu giudicherai il secolo. Al Padre eterno sia perenne gloria; e a te, Figlio eterno, noi cantiamo insigni lodi; a te, Spirito Santo, sia onore e splendore: la santa Trinità sia ognor lodata per tutti i secoli Amen.]
… et super hanc petram ædificabo Ecclesiam meam, et portæ inferi non prævalebunt adversus eam