Il gran mezzo della preghiera
Salutazione angelica – Angelus – Salve Regina – Regina cæli – Litanie
[J.-J. Gaume: Catechismo di perseveranza, vol. II – VI ed. – Torino 1881]
Dopo l’Orazione Dominicale, la più bella di tutte le preghiere particolari è l’Angelica Salutazione. L’ha composta infatti Iddio stesso, benché non ce l’abbia insegnata per bocca sua, ma per bocca dell’Arcangelo Gabriele, di Santa Elisabetta e della Chiesa, tutti e tre governati dallo Spirito Santo. [Bellarm., Dottr. crist. 95.]. Egli è uso universale della Chiesa recitarla dopo il Pater Noster, ed eccone la ragione. Una persona che solleciti qualche grazia dalla Corte, comincia dal presentare allo stesso Principe la sua supplica, poscia rivolgesi a quello fra i cortigiani cui egli crede più benvisto al Monarca, e lo scongiura ad avere a cuore la domanda inoltrata, onde venga conforme al suo desiderio soddisfatta. Simile all’esposto è pure il nostro procedimento. Supplicato il Re del Cielo e Padre nostro, noi preghiamo la Regina del Cielo sua e nostra Madre perché parli per noi e ci aiuti colla potente sua raccomandazione ad ottenere quello che abbiamo domandato [“Opus est mediatore ad mediatorem Christum, nec alter nobis utilior quam Maria”. S. BERNARD., Serm. ultin. de Assumpt]. – Ed ecco altresì la ragione per cui ora ci accingiamo a spiegare l’Ave Maria. – Siccome il Pater Noster, dividesi l’Ave Maria in tre parti, od anche in quattro, se vogliasi tener conto della conclusione, la quale del rimanente è la stessa che nell’Orazione Dominicale. La prima parte consta delle parole dette dall’Arcangelo Gabriele alla Santa Vergine: Dio ti salvi, Maria, piena di grazia, il Signore è teco, tu sei benedetta fra tutte le donne. La seconda comprende le parole di S. Elisabetta: E benedetto il frutto del ventre tuo. La terza: Maria, Madre di Dio, ecc. è stata composta dalla Chiesa. – Parte prima: Io ti saluto. Giusta la cronologia più comunemente abbracciata, nell’anno del mondo 4004, il giorno 25 del mese di marzo, che cadeva in venerdì, l’Arcangelo Gabriele, tutto splendente di luce, discese dal Cielo quale inviato della SS. Trinità ad una verginella della stirpe reale di David, che abitava una piccola casa di una piccola città della Galilea, chiamata Nazareth, e le disse: Io ti saluto. Queste parole esprimono ad uno stesso tempo la dimestichezza, il rispetto, la felicitazione. – La dimestichezza: allorquando le ripetiamo alla Santa Vergine, noi dimostriamo che, come l’Arcangelo Gabriele, Le siamo famigliari ed amici, la qual cosa ne dà ardire di venirLe a parlare. Il rispetto: salutando Maria, riconosciamo nella sua Persona la più santa, la più sublime, la più possente di tutte le creature. La felicitazione: queste parole io ti saluto significano: rallegrati e godi; dopo quella di Dio niuna beatitudine può paragonarsi alla tua. Che sia accetto in sommo grado alla Santa Vergine di udirci ripetere spesso queste parole, è cosa fuor d’ogni dubbio. Difatti, come supporre ch’Ella non ascolti con piacere quel saluto che le ricorda l’istante più fortunato, più solenne, più glorioso di sua vita, e la sua incomparabile dignità di Madre di Dio; prerogativa che sola comprende e sopravanza qualunque titolo o prerogativa attribuir si possa a qualsiasi creatura? Come non deve Ella rallegrarsi vedendoci occupati nel pensiero della sua gloria in riconoscenza dell’immenso benefizio dell’Incarnazione? Queste due attestazioni si rinnovano per parte nostra tutte le volte che degnamente pronunziamo le parole io ti saluto, le quali ci rendono graditi al materno suo cuore. Con questo saluto noi attestiamo alla Santa Vergine l’affetto che Le portiamo, la gratitudine da cui siamo compresi pei benefizi che ne abbiamo ricevuti, e risvegliamo nel suo cuore il gaudio che le recò già l’Angelo, quando le indirizzò Le stesse parole. Ecco perché nei primi secoli della Chiesa i Cristiani non hanno giammai cessato di far risuonare come armonioso concerto alle orecchie della Santa Vergine l’Angelica Salutazione. Ne abbiamo la prova nei nostri più antichi monumenti, come sono le liturgie di San Giacomo e di San Giovanni Crisostomo.
Maria. — L’Arcangelo non profferì questo nome augusto, ma si contentò di dire: Io ti saluto, piena di grazia. Perché ciò? 1° Perché 1’Angelo trovandosi solo colla Santa Vergine, non era punto necessario eh’ ei la chiamasse per nome, per farle intendere che il suo discorso era ad Essa rivolto; 2° perché il nome di quelle persone che si distinguono per qualche prerogativa eminente è chiarito abbastanza dall’indicazione della prerogativa stessa. Così, per esempio, se dicasi il Saggio, ognuno intende Salomone; pronunziando, l’Oratore Romano, il pensiero corre a Cicerone. Egualmente quando l’Angelo disse: «Io ti saluto, piena di grazia » dimostrava aperto, che non poteva riferirsi ad altri che a Lei sola; 3° perché quando parlasi apersone di altissima dignità comunemente non si adopera il loro nome proprio: così parlando ai Principi della Chiesa, ai Re della terra, al Sommo Pontefice, noi diciamo: Eminentissimo, Sire, Santità, senza aggiungere il nome proprio di questi alti personaggi. Fu la Chiesa che pose nella Salutazione Angelica il nome di Maria, per ricordarci bene a Chi noi parliamo, e risvegliare nel nostro cuore gl’ineffabili sentimenti che ridesta per se stesso quel nome benedetto.
Maria è vocabolo ebraico che significa signora, padrona, illuminatrice; e nel doppio significato questo nome si conviene mirabilmente alla Santa Vergine. Ella è signora, poiché Iddio l’ha stabilita regina e padrona di tutte le creature, e Le ha conferito sovra se stesso un impero senza limiti; è illuminatrice, avendoci dato il Salvatore, Sole di giustizia e Luce del mondo. Da ciò nasce il profondo rispetto e la viva confidenza, che la Chiesa cattolica ha in ogni tempo dimostrato al nome di Maria; quindi nelle preghiere pubbliche essa ingiunge a’ suoi Ministri di non pronunziarlo giammai, senza inclinare il capo in segno di venerazione; quindi la religiosa Polonia non permise pel corso di quattrocent’anni che alcuna delle sue donne lo assumesse nel battesimo; quindi il glorioso martire San Gerardo, vescovo di Candia, insegnò agli Ungheresi a pronunziare raramente il nome di Maria, ma a chiamarla piuttosto Nostra Signora; e quando l’avessero pronunziato, ovvero inteso pronunziare, a scoprirsi il capo, e piegare il ginocchio. Noi attesteremo la nostra venerazione per questo nome glorioso non pronunziandolo giammai con sbadataggine, e conservandolo o portandolo con sé, scritto, dipinto od inciso, quale obbietto religioso e come un ricordo, un preservante. Ad imitazione della Chiesa dobbiamo noi pure invocarlo con piena fiducia nei pericoli, nelle infermità, nelle tentazioni, nei travagli, e nel punto specialmente della nostra morte; imperocché, scrive un Santo, l’augusto nome di Maria è segno di vita, fonte di gioie, miniera di grazie [S. BERNARD., Serm. 2, sup. miss. — [“Quemadmodum continua respiratio non solum est signum vitæ, sed etiam causa; sic sanctissimum Mariæ nomen, quod in Dei servorum ore assidue versatur, simul argumentum est, quod vera vita vivant, simul etiam hanc vitam ipsam efficit et conservat, omnemque eis lætitiam et opem ad omnia impertitur” – S. GERM. Episcop. Constanolinop. In Orat. de Deip. Virg.]. Piena di grazia. — Queste parole cominciano a spiegare il profondo rispetto dell’Arcangelo verso Maria, e palesano la precipua dote della Vergine augusta. Maria è piena di grazia, vale a dire, ch’ella sola ha ricevuto più grazie che non tutti insieme gli uomini e gli Angeli. Iddio infatti proporziona sempre i mezzi al fine che vuol conseguire. Ora avendo scelto la Santa Vergine per sublimarla alla dignità di Madre di Dio, che è la maggiore di cui una pura creatura possa essere insignita, Ei l’ha ancora dotata d’una pienezza di grazia proporzionata a questa suprema dignità. Ma qual è il senso preciso di queste parole piena di grazia? E a sapersi che la grazia di Dio produce tre grandi effetti nell’anima: cancella i peccati che sono come macchie, le quali imbrattano l’anima; adorna la stess’anima di doni e di virtù; e finalmente le dà forza di fare opere meritorie e grate alla Divina Maestà. – La Madonna è piena di grazia, perché quanto al primo effetto, Ella non ha mai avuto macchia di peccato alcuno, né originale, né attuale, né mortale, né veniale. – Quanto al secondo ha avuto tutte le virtù e i doni dello Spirito Santo in altissimo grado. Rispetto al terzo, ha compiuto opere tanto grate a Dio e tanto meritorie, che è stata degna di salire sopra tutti i Cori degli Angeli in corpo ed anima [Bellar., Dottr. Crist. 97].
Il Signore è teco. — Queste parole esprimono la seconda prerogativa della Santa Vergine e un’altra lode singolare che noi Le tributiamo. Pel nome Signore qui adoperato intendesi in generale la Santa Trinità, e in particolare la seconda Persona. Laonde le parole dell’Arcangelo suonavano per Maria, come se le dicesse: « La Santa Trinità è con Te dal primo istante della tua concezione con perpetua assistenza. onde preservarti da ogni macchia, da ogni imperfezione, per dirigerti in tutte le tue vie, proteggerti, colmarti delle grazie più eccellenti; in una parola, per custodire Essa stessa un sì prezioso tesoro. Né solo la Santa Trinità è stata Teco fino a questo punto con una provvidenza speciale; fin da questo momento Essa è con Te in un modo ben altrimenti singolare. Il Padre ti copre colla sua ombra, lo Spirito Santo in Te sopravviene, il Figlio discende nel castissimo tuo seno, di modo che non è solo con Te per grazia, ma in persona [“Dominus (Filius) tecum non tantum gratia, sed etiam natura ex te factus homo; non tantum consensione voluntatis, sed etiam coniunctio carnis.” – S. BER., Serm.5, sup. miss. — S . CHRY – S Chrys. Serm. 143]. Quindi il Padre è con Te innalzandoti alla dignità di Madre del suo proprio Figlio; il Figlio è con Te lasciando intatta la tua verginità prima del parto, durante il parto, e dopo il parto; lo Spirito Santo è con Te santificandoti il corpo e l’anima con incomparabile santificazione. In una parola, la Santa Trinità è con Te come nel suo vivo tempio; il Padre è in Te come in sua figlia; il Figlio come in sua madre; lo Spirito Santo come in sua sposa. Ma ciò non è tutto: Il Signore, il Verbo divino sarà con Te: vivrà nove mesi nelle tue viscere verginali; si trastullerà sui tuoi ginocchi, ti prodigherà le sue divine carezze; pel corso di trent’anni non Ti abbandonerà giammai; come figlio obbediente Ti renderà tutti i servigi che Gli chiederai; nella quotidiana conversazione t’istruirà, ti consolerà, ti colmerà d’incessanti grazie. Durante la sua vita pubblica, del pari che nella sua vita privata, non si separerà da Te; sarà con Te alle nozze di Cana per compiacere i tuoi desideri; persino sul Calvario ti darà un’ultima testimonianza di tenerezza confidandoti alle cure del prediletto fra suoi discepoli. Dopo la sua Risurrezione verrà a visitarTi per la prima; dopo la sua Ascensione t’inonderà dei doni dello Spirito Santo, di guisa che Tu sola ne andrai più colma che non tutti insieme gli Apostoli ed i Santi. Allorché sarai sul punto di abbandonare la terra, scenderà al tuo fianco e Ti accoglierà fra le proprie braccia onde condurti trionfante in corpo ed anima nel soggiorno della sua gloria, e Ti collocherà alla sua destra per tutta l’eternità: Io Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con Te ». Tu sei benedetta fra tutte le donne. — Ecco la terza incomparabile dote di Maria, e il terzo singolarissimo omaggio che noi Le rendiamo. Facendo eco alle parole dell’Arcangelo noi confessiamo che nessuna donna ha ricevuto, né riceverà giammai maggior copia di benedizioni singolari quanto la Vergine Maria. Ella difatti, per unico privilegio, riunisce nella propria persona le benedizioni tutte della Vergine e della Madre; grazia, che non ebbe mai né potrà avere esempio; e che a Lei sola conferisce il diritto di esser chiamata Benedetta fra tutte le altre donne. Benedizioni della Vergine sono la purità continua e senza macchia del corpo e dell’anima; stato sublime che presso tutti i popoli anche pagani ha meritato alle vergini i più grandi onori, e un rispetto religioso; che continua a meritar loro eguali favori in seno alle nazioni cristiane; e che nelle pompe della Corte celeste merita loro la gloria esclusiva di seguire l’Agnello immacolato negli eterni suoi trionfi. Maria sola ha goduto, gode tuttora, e godrà in perpetuo infinitamente più ch’ogni altra vergine queste benedizioni della verginità. – Le benedizioni della Madre sono la fecondità e la perfezione di cuore de’propri figli. Maria ha partorito un Figliuolo che solo vale infinitamente più che non tutti i nati e nascituri. Si può dire ancora che ella è Madre di più gran numero di figli che non il suo padre Abramo, la cui posterità sopravanza il numero delle stelle del firmamento; imperocché tutti i buoni Cristiani sono fratelli di Nostro Signore, e per conseguenza figli di Maria, non per ragion di natura, siccome il Salvatore medesimo, ma per amor di Madre, per grazia, per eredità. Di più, siccome la verginità di Maria eccede in perfezione quella di tutte le vergini, così pure la sua maternità sorpassa in gloria quella di tutte le madri. Tutte le donne partoriscono nei dolori; Maria sola andò immune da questa legge. Perciò a giusto titolo noi la salutiamo Benedetta fra tutte le donne, perché le altre hanno la gloria della verginità senza la fecondità, o la benedizione della fecondità senza la verginità, laddove Maria sola accoppia il privilegio di perfetta verginità e di fecondità perfetta.
Seconda parte: Benedetto il frutto del tuo ventre, Gesù. Queste parole racchiudono la seconda parte dell’Angelica Salutazione, ispirata dallo Spirito Santo a S. Elisabetta [Luc. I]; ed esprimono in pari tempo il quarto privilegio di Maria, e la quarta lode che noi Le tributiamo. Noi abbiamo superiormente lodato la Vergine, per ciò ch’Ella è in se stessa; qui ci congratuliamo per ciò che Ella è a motivo del Figlio suo, frutto delle caste sue viscere. E sebbene al primo aspetto questa lode sembri rivolta al Figlio, non ostante essa ridonda direttamente alla Madre, come la lode del frutto ridonda all’albero che lo porta, e la gloria del Figlio si riflette sulla Madre. Ora, Nostro Signore essendo vero uomo e vero Dio, è benedetto non solo fra tutti gli uomini, ma ancora, come dice S. Paolo, sopra tutto ciò che esiste in Cielo e sulla terra [Rom. IX]. Egli è benedetto; vale a dire, che è la sorgente stessa di tutti i beni che possiede per natura, e diffonde su tutte le creature; e così pure la Santa Vergine, Madre sua, non solamente è benedetta fra tutte le donne, ma benedetta fra tutte le creature tanto nel Cielo quanto sulla terra: e ciò, come abbiamo detto, perché la gloria del Figlio riflettesi sulla Madre. – Il Signor Nostro è designato sotto il misterioso nome di frutto, onde palesare primieramente eh’esso è stato formato della sostanza medesima di Maria, e inoltre unicamente per opera soprannaturale dello Spirito Santo; e per mostrare da ultimo ch’Egli è nato senza lesione della santa Madre, come il frutto nasce e matura senza ledere l’albero che lo porta.
Gesù. — Santa Elisabetta tacque questo nome divino indirizzandosi alla cugina, e ciò a un di presso per le stesse ragioni che spiegano il silenzio dell’Angelo intorno al nome di Maria. Fu la Chiesa che aggiunse poi il nome di Gesù all’Angelica Salutazione, onde apertamente indicare ch’egli era il frutto benedetto delle caste viscere dell’augusta Vergine, e stimolarci per questo appunto a celebrare piamente il seno di Maria, degno dell’eterne lodi del Cielo e della terra. La Chiesa in far ciò ha perfettamente interpretato l’intenzione del Salvatore medesimo, il cui desiderio è di vedere esaltato e benedetto il seno della divina sua Madre, che durante nove mesi servi a Lui di ricettacolo. Laonde allorché una donna, dopo di aver udito gli ammirabili discorsi dell’Uomo-Dio, gridò di mezzo alla folla: Benedetto il seno che ti ha portato! Il Signor Nostro approvò cotale elogio, e lo confermò col dire: Sì, benedetto; ma più ancora benedetta la Madre mia, che ascoltò le parole di Dio! Dopo molti secoli la Chiesa cattolica, ad esempio di questa femmina dell’Evangelo, innalza ogni giorno a Maria questa medesima formula di encomio.
Terza parte: Santa Maria, Madre di Dio, prega, ecc. —Noi siamo giunti alla terza parte dell’Angelica Salutazione composta dalla Chiesa. Gli elementi di questa preghiera risalgono fino alla culla del Cristianesimo. Perciò i Sirii, che dagli Apostoli stessi e probabilmente da S. Pietro impararono l’Ave Maria, non la finiscono mai senza implorare il patrocinio della Vergine dicendo: Salve, o Maria, piena di grazia! Il Signor Nostro è teco; tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi, per noi, dico, che siamo peccatori: Così sia. Per quanto concerne la formula attuale, il Cardinal Baronio, fondandosi nella tradizione, la fa risalire all’anno 431, dopo il Concilio di Efeso, epoca nella quale uscì per acclamazione dalla bocca di tutti i Fedeli, come risarcimento dell’oltraggio fatto alla loro Madre da Nestorio, e come solenne monumento della vittoria di Maria contro quell’ eresiarca In questa parte della Salutazione si trovano compendiate le principali glorie di Maria, le quali si riepilogano esse pure dall’ ineffabile privilegio della Maternità divina; e insieme noi le esprimiamo la nostra confidenza filiale nel suo aiuto e lo stringente bisogno che abbiamo del suo patrocinio. Santa Maria! Oh! sì, santa di tale santità che niuna creatura può a gran pezza raggiungerla; santa nella sua concezione, nella nascita, prima di nascere; santa nella vita e nella morte; santa d’anima e di corpo, senz’ombra di macchia o di sozzura: tutta bella d’animo e di corpo; di una bellezza superiore a quella degli Angeli e degli uomini, e solo inferiore a quella di Dio.
Madre di Dio. — Oh! quanto son proprio queste due parole a rallegrare il cuor di Maria! quanto opportune a muoverla per noi a compassione, e ad ispirarci per essa fiducia senza limiti! Madre di Dio, sei dunque la più gloriosa, la più felice delle creature! Madre di Dio, Tu sei dunque onnipossente! potrebbe forse una Madre ricevere un rifiuto da un Figlio come il tuo? Madre di Dio, Tu sei dunque pietosa verso i peccatori; questi infelici che t’implorano sono teneramente amati dal tuo Figlio; son prezzo del sangue suo, sono suoi fratelli, e debbono essere suoi coeredi. Potresti forse non amarci, Tu che ami sì ardentemente il tuo Figlio, mentre la nostra salute è il primo de’ suoi desideri; potresti negarci il tuo soccorso per ottenerla?
Prega. — Ripetuta la principale lode della Vergine, chiamandola Madre di Dio, noi ce ne serviamo per dirle: 1° quanto Ella può sul cuore di Dio, e quanto le è facile perciò d’intercedere per noi peccatori. A Lei basta uno sguardo, un cenno, una parola, la più semplice preghiera. E perché ciò? Perché la preghiera della migliore e più diletta fra tutte le madri sull’ animo del migliore ed onnipotente Figlio è sempre un comando. Così spiegansi tutti i Padri, tutti i Dottori; tutti i secoli cristiani, che non sapendo in qual altro modo definire l’unione dell’ inferiorità connaturale ad una creatura coll’onnipotenza di cui Maria è dotata per grazia, chiamano la Santa Vergine l’onnipotenza supplichevole [Omnipotentia supplex]. – In secondo luogo noi le ricordiamo la sua bontà; una madre è tutta Cuore. Ora il Cuore della Vergine, sempre in armonia perfetta con quello di Gesù, ama tutto quello ch’Egli ama, ama molto tutto ciò che molto ha amato Gesù, e per conseguenza gli uomini creati a sua immagine e somiglianza, gli uomini da Lui nominati suoi fratelli, e coi quali Ei realmente ha stretto i vincoli indissolubili di parentela, assumendo la nostra natura nel puro seno di Maria.
Per noi. — Con ciò intendonsi tutti gli uomini e principalmente i Cristiani; poiché tutti hanno bisogno del patrocinio della Vergine, ed essa è avvocata di tutti..
Poveri peccatori. — Fra tutti gli uomini, coloro che in certa guisa più sono stati amati dal Salvatore sono i peccatori, atteso ché per essi Egli si fece carne: « il Figlio dell’Uomo, parla Egli stesso, non venne pei giusti, ma bensì pei peccatori; è venuto per salvare tutto ciò che era perito: non i sani, ma gl’infermi abbisognano di medico ». Ei fu con essi famigliare persino a farsi chiamare dai suoi nemici l’amico dei pubblicani e dei peccatori; a loro specialmente Egli indirizzò quest’invito: « Venite a me, o voi tutti? che gemete sotto il peso degli affanni ed io vi allieverò”.- Fu per questo ch’Ei narrò nel suo Evangelo le affettuose parabole della dramma perduta e del figliuol prodigo. Per le quali ragioni tutti noi siamo certi di commuovere il Cuore della Vergine, dicendo , a Lei rivolti : Pregate per noi, poveri peccatori.
Poveri peccatori; oh! sì, ben poveri; perché il peccato ne tolse tutti i beni, e ne gettò nudi e semispenti sotto i piedidel demonio. Questa confessione della nostra infelicità ha forza per se sola ad impietosire il cuore di Maria; ma coll’aggiungere la parola peccatori, vale a dire, col confessare che questa nudità, queste ferite, questo stato lacrimevole nel quale ci troviamo è per nostra colpa, per nostra propria e somma colpa, noi mostriamo in tutta la sua pienezza la nostra miseria, ed usiamo il vero mezzo d’intenerire infallibilmente le viscere della Madre di misericordia. Le rammentiamo che se Ella è la Regina di misericordia, noi siamo i primi de’ suoi sudditi. Ed Essa lo conosce sì bene, che San Bernardo giunse a dire: « Io acconsento che niuno parli più di Te, o Maria, se mi si cita un sol uomo, che ne’ suoi bisogni t’abbia inutilmente invocata ». [“Sileat misericordiam tuam, Virgo beata, si quis est qui invocatami te in necessitatibus suis sibi meminerit defuisse.” Serm. De Nativ. B. Mar., Memorare, o piissima, etc.]
Adesso. — Questo vocabolo significa tutto il tempo della vita presente, della quale non possediamo né la vigilia, né l’indomani, ma il solo istante presente. Si osservi con qual cura Iddio ci ricorda nelle due più belle preghiere, l’Orazione Dominicale e la Salutazione Angelica, la brevità del tempo e la fragilità della vita.
Adesso, ci richiama ancora al pensiero qua è il nostro stato sulla terra, stato di lotta continua, tantoché ogni giorno, ogni ora noi abbisogniamo di soccorso, non essendovi un solo istante in cui ci troviamo senza pericoli.
E nell’ ora della nostra morie. — L’ora la più pericolosa e decisiva, quella perciò in cui maggiormente abbisogniamo di aiuti, è l’ora della morte. Essa è la più pericolosa; poiché allora il demonio, veggendo che pochi istanti gli rimangono ancora per tentarci, raddoppia di furore e d’astuzia per farci cadere nel peccato; la più pericolosa, dacché il passato, il presente, l’avvenire, i dolori della malattia, tutto cospira a gettarci nell’abbattimento, nell’impazienza, nella disperazione, mentre dall’altra parte l’indebolimento delle forze non lascia energia per resistere, o ci rende insensibili al nostro stato, e spesso ancora le persone, che ne circondano, con crudele pietà si sforzano per quanto è in loro a mantenerci in fatali illusioni. Quell’ora è la più decisiva, perché dall’ora della morte dipende tutta l’eternità: l’albero resterà da quella banda in cui sarà caduto. Ora la Santa Vergine è onnipossente per fortificare l’infermo, consolarlo, difenderlo, risvegliare nel suo cuore sensi di pentimento, di fiducia, di perfetta conformità ai voleri di Dio; a dir breve, per ottenere a tutti quelli che, a guisa di S. Giuseppe vissero in sua compagnia, la grazia di morire com’esso fra le sue braccia materne e fra quelle del divino suo Figlio.
Amen. — Avvenga come abbiamo chiesto. Oh! che quest’Amen è sapientemente posto nella fine dell’Angelica Salutazione, ben intesa e ben recitata! Spiegando l’Orazione Dominicale e la Salutazione Angelica, noi abbiamo fatto conoscere le due più perfette e più venerabili di tutte le preghiere particolari. Per compiere questa importante lezione non ci rimane che ad indicare certe altre preghiere degne esse pure di tutto il rispetto, vuoi per la loro intrinseca beltà, vuoi per l’antichità, vuoi finalmente per l’uso generale che ne fanno i fedeli da molti secoli in tutto il mondo cristiano. – La prima, la quale in certa guisa ha radice nelle due precedenti, è:
l’Angelus.
Tre volte al giorno: la mattina, al mezzo giorno, alla sera, il sacro bronzo fa udire un suono religioso, e i devoti Cristiani tre volte al giorno salutano l’augusta Madre loro, Maria. – Quest’uso, ora generale in tutta la Chiesa, risale ad un’alta antichità. Nel 1262, San Bonaventura prescrisse ai Religiosi dell’Ordine di S. Francesco, de’ quali egli era generale, di recitare ogni sera, al suono della campana, tre Ave Maria per onorare il mistero dell’Incarnazione. La Diocesi di Saintes fu la prima in Francia ad accogliere tal uso, che da Giovanni XXII, con sua Bolla 13 ottobre 1318, fu approvato ed incoraggiato con indulgenze. Nel i 1724 Benedetto XIII concesse cento giorni d’indulgenza ogni volta, e indulgenza plenaria una volta al mese a tutti quelli che reciteranno l’Angelus nella sua formula attuale. Per meritare l’indulgenza è mestieri recitare questa preghiera inginocchio, anche il sabato a mezzogiorno. Per rito comune, la domenica è eccettuata da questa regola, e durante il tempo pasquale l’Angelus è surrogato dalla Regina Coeli. La triplice ripetizione di questa preghiera ci fa intendere il bisogno in cui siamo di ricorrere frequentemente a Dio ed ai Santi, circondati come ci troviamo da nemici visibili ed invisibili; e ne insegna eziandio di non contentarci di usar 1’arme della preghiera nel principio delle nostre azioni, ma di adoperarla ben anco nel mezzo e nella fine. Nell’uso di suonare tre volte per giorno la campana, e di recitar pure tre volte l’Angelica Salutazione, racchiudasi un altro mistero. La santa Chiesa vuol rammentarci continuamente i tre grandi misteri della nostra Redenzione: l’Incarnazione, la Passione, la Risurrezione; quindi essa vuole che salutiamo la Santa Vergine al mattino in memoria della Risurrezione del Salvatore; a mezzo giorno in memoria della Passione; alla sera in memoria della Incarnazione. Difatti, siccome siamo certi che Nostro Signore fu messo in croce a mezzodì, e risuscitò alla mattina, così si crede che l’Incarnazione succedesse durante la notte. La seconda, è la
Salve Regina.
Il pio e dotto Hermann Contractus, conte di Veringen, morto nel 1054, è creduto autore della medesima. Questa preghiera favorita di S. Bernardo, è sì bella, sì affettuosa, si ben collocata nella bocca dei poveri figli di Eva, pellegrini nella Valle di lacrime, che è difficile recitarla senza sentirsi commuovere il cuore e senza intenerire altresì le viscere materne di Maria. [Vedi la spiegazione della SaJve Regina nell’Opera del CANISIO, De Virg. Mar. Deip., lib. V, 15; e S. ALFONSO, nelle Glorie di Maria.]. – Preziose indulgenze vanno annesse alla sua recitazione. – La terza sono le
Litanie della Santa Vergine,
dette ancora Litanie Loretane dal Santuario della Madonna in Loreto, nel cui recinto con gran pompa sono cantate tutti i sabati dell’anno. Queste litanie che ogni buon Cattolico sa a memoria e recita devotamente ogni giorno, sono generabilissime per la beltà delle domande che racchiudono; per gli encomi leggiadri ed amorosi che tributano alla Santa Vergine; per la devozione somma colla quale santi Pontefici, possenti Re, Dotti di tutti i paesi le hanno recitate ad onore di Maria, infine per la loro antichità. Tutto ne fa ritenere che risalgano ai tempi apostolici. Crediamo soltanto che la parola sancta,– La quarta, è la
Regina Coeli,
la quale fu cominciata dagli Angeli e compiuta dal Pontefice S. Gregorio Magno, o dal popolo di Roma, nel giorno di Pasqua, 25 aprile 590, epoca della terribile pestilenza che desolava la capitale del mondo cristiano e che cessò immantinente. Ottiensi la stessa indulgenza che per l’Angelus. -La quinta, le Litanie del santo nome di Gesù, nelle quali si rammentano al Signor Nostro i diversi suoi titoli d’Uomo-Dio, di Salvatore, di Modello. Sebbene posteriori in tempo alle Litanie della Santa Vergine, esse nondimeno sono bellissime, piissime, ed arricchite per ogni recitazione di trecento giorni d’indulgenza dal Pontefice Sisto V. – La sesta, le
Litanie dei Santi,
che formano come un lungo sospiro della Chiesa militante verso la sua sorella, la Chiesa trionfante. Nulla è più solenne o più affettuoso di questa invocazione di tutti gli ordini dei Beati, dei quali s’implora la possente intercessione, rappresentando loro la lunga sequela delle miserie corporali e spirituali, pubbliche e private da cui sono circondati i miseri esiliali nella valle del pianto. L’origine di questa sublime preghiera si perde nella notte dei tempi; e se ne trova la traccia nei secoli de’Martiri. Tali sono le principali formule di preghiere il cui uso è più generale ed antico nella Chiesa. I fedeli opereranno santamente preferendole ad ogni altra orazione, siccome mezzo il più degno e il più efficace di orare.
Preghiera.
O mio Dio , che siete lo stesso amore, vi ringrazio che abbiate inspirato alla vostra Chiesa tante preghiere, cosi potenti sul vostro Cuore; fatemi la grazia di poterle recitare col fervore dei Santi, che mi hanno preceduto e dovranno seguirmi. Mi propongo di amar Dio sopra tutte le cose e il prossimo come me stesso per amor di Dio, e in prova di questo amore, non mancherò giammai di raccogliermi un istante prima di pregare.