Precetto dell’astinenza e del digiuno.
[Er. Ione O.F.M. Capp. – Compendio di teologia morale – Marietti ed. – p. 320-327]
I . Giorni di astinenza e di digiuno.
I ° Giorni di sola astinenza (o di magro) sono tutti i venerdì (can. 1252, § 1).
2° Giorni di digiuno e di astinenza insieme sono: il mercoledì delle Ceneri, tutti i venerdì e sabati di quaresima, i giorni delle Quattro Tempora, le Vigilie di Natale, di Pentecoste, dell’Immacolata Concezione di Maria (can. 1252, § 2, AAS, XLIX , 1957 p. 638). Alla sera della vigilia di Natale, secondo una consuetudine generale, è permesso il doppio di quanto è lecito negli altri giorni di digiuno (jejunium gaudiosum). – Nel rito ambrosiano la quaresima inizia dalla prima Domenica dopo le Ceneri. Con l’abolizione della vigilia di Ognissanti è tolto pure l’obbligo dell’astinenza e del digiuno in tal giorno (Ephem. Lit. LXXI, p. 54).
3° Giorni di solo digiuno sono tutti i giorni di quaresima (can. 1252, § 3). Con Decreto della S. C. del Concilio del 28 gennaio 1949 (AAS, XLI, 1949, p. 32-33) venne stabilito che fino a nuova disposizione tutti i fedeli di rito latino, anche appartenenti ad Ordini e Congregazioni religiose, osservino l’astinenza in tutti i venerdì; l’astinenza e il digiuno, invece, il mercoledì delle Ceneri, il Venerdì Santo, la Vigilia dell’Assunta (successivamente trasferita alla vigilia dell’Immacolata Concezione di Maria), e la vigilia di Natale, permettendo anche l’uso delle uova e dei latticini ovunque, tanto a mezzogiorno che alla sera.
4° Indulti pontifici. – La Chiesa, secondo lo spirito del suo Maestro, sa e vuole adattare le sue leggi alle varie condizioni sociali e individuali di fervore, di salute, di località e di climi diversi. Attraverso i tempi la disciplina del digiuno fu molto rigida, ma fu sempre opportunamente contemperata alle varie esigenze; anche prima del Codice si aveva una disciplina piuttosto stretta. Ma per renderla osservabile, da secoli s’era andato introducendo l’uso su vasta scala di « indulti » e di « privilegi » in materia, con la proseguente dispensa almeno parziale dalla legge o la permissione di cibi che per diritto comune erano esclusi. Basta pensare alla « Bulla Crociata » e agli indulti ampi concessi per le regioni fredde (nordiche). Come vedremo subito, il Codice temperò molto la disciplina dell’astinenza e del digiuno; ciò nonostante l’uso degli indulti continua. – Ma mentre in altre regioni gli indulti sono di solito generali e magari nazionali, in ITALIA ciascun vescovo deve pensare per la propria diocesi a chiedere annualmente od ogni cinque anni l’indulto. Il tenore di questi indulti varia da diocesi a diocesi; perciò ciascuno deve stare alle consuetudini, alle prescrizioni ed alle dichiarazioni dei singoli vescovi. Dopo il Codice, in generale i vescovi in caso di salute pubblica precaria chiedono di volta in volta la dispensa dalla legge; e dove le condizioni lo consiglino, chiedono l’indulto di poter usare al mattino e alla sera, nei giorni d’astinenza, uova e latticini. – In SVIZZERA per indulto: a) sono giorni obbligatori di astinenza tutti i venerdì dell’anno; — sono giorni di astinenza e di digiuno insieme, il mercoledì delle Ceneri, tutti i venerdì di Quaresima, i venerdì delle Quattro Tempora, le vigilie di Pentecoste, dell’ Immacolata Concezione di Maria e di Natale. — Non vi sono giorni di solo digiuno.
II. Oggetto del precetto dell’astinenza e del digiuno.
I ° Il precetto del digiuno permette soltanto una refezione completa una volta al giorno; non vieta che si abbia a prendere qualche «frustulum» o piccolo spuntino la mattina e una refezioncella la sera. In materia si devono osservare circa la qualità e la quantità i 1odevoli usi locali (can. 1251, § 1). – Il digiuno importa pure l’astinenza alla colazioncina e alla refezioncella, salvi gli indulti particolari e le consuetudini locali. Pertanto nei giorni di solo digiuno al pranzo è lecito mangiare ogni qualità di cibo; ma per la colazioncina e la refezioncella le consuetudini diocesane e spesso locali fissano la qualità. In generale, sono leciti i latticini e le uova; in poche diocesi invece i latticini e le uova sono vietati o permessi solo per indulto. Alcuni vescovi anzi esigono per es. nel giorno delle Ceneri e il Venerdì Santo lo « stretto olio ». Pertanto ciascuno veda le consuetudini e prescrizioni diocesane. — Chi per qualsiasi motivo non è obbligato al digiuno, può lecitamente mangiare nei giorni di solo digiuno carne e ogni cibo tanto quanto desidera. — Non è più vietato mangiare contemporaneamente cibi di carne e di pesce nel medesimo pasto; similmente mutare la refezioncella serotina con il pranzo o pasto principale (can. 1251, § 2). Per motivo giusto è pure lecito scambiare la colazioncina del mattino con la refezioncella della sera. – È lecita una interruzione del pasto principale senza motivo quando non dura oltre mezz’ora; in caso di maggiore interruzione si commette peccato veniale; — se l’interruzione oltrepassa l’ora, anche peccato mortale. Per un motivo proporzionatamente grave (per es. il dovere di soccorrere un moribondo) è lecito interrompere il pasto principale anche più ore. — Nel determinare la quantità che uno può lecitamente prendere alla colazioncina e alla refezioncella, si deve tener conto della costituzione corporale, della qualità del lavoro, della durata del digiuno e della rigidità della regione. In generale si può dire che a ciascuno è lecito prendere quel tanto che è necessario per preservare la sua salute da notevole danno e per assolvere convenientemente il proprio dovere. Può darsi, perciò, che qualcuno si trovi in tali condizioni da essere praticamente scusato dall’osservare il digiuno. Nel tempo che intercorre fra i tre pasti citati, non è lecito prendere nessun nutrimento, bensì bevande che non nutrono (per es. acqua, vino, birra, ecc.; non brodo, cioccolata, latte, e simili). Affinché la bevanda non faccia male, è lecito mangiare insieme qualche cosetta. – Se alcuno, avvertitamente o inavvertitamente, in un giorno di digiuno prende due volte un pasto intero, gli diviene impossibile digiunare in detto giorno; quindi gli è lecito mangiare a sazietà altre volte.
2° Il precetto dell’astinenza vieta l’uso della carne e del brodo di carne; non delle uova, del latte e di qualsiasi condimento, anche se di grasso animale (can. 1250). – Tuttavia è proibita soltanto la carne degli animali mammiferi e dei volatili (animali di sangue caldo); come pure il loro lardo, il sangue, il midollo delle ossa, il cervello, il cuore, il fegato ecc. — È permessa, invece, la carne e derivati degli animali di sangue freddo: pesci, rane, tartarughe, lumache, conchiglie, ostriche, gamberi ecc. — Quando di alcuni animali si disputa, si può stare al giudizio corrente dei fedeli e alla consuetudine dei luoghi. – Come condimento è lecito usare i grassi animali (lardo, strutto) fusi, non solo per preparare i cibi, ma anche per spalmarne il pane. È lecito l’uso della « pancetta » come condimento, non come companatico. Sono permessi i residui di lardo o grasso fuso (ciccioli o siccioli), che rimangono nel condimento. — Leciti sono pure: il burro artificiale (margarina), il brodo « Maggi » e certi estratti di carne, che non hanno più il sapore di carne o di brodo di carne (gelatina, pepsina, peptoni). — Non sono permessi, invece, i dadi da minestra « Liebig » e simili, i quali realmente sono composti in buona parte di carne di animali proibiti. – Chi in un giorno di astinenza ha mangiato, anche inavvertitamente di grasso, è ancora obbligato a osservare il magro in detto giorno, trattandosi di obbligazione negativa.
III. Soggetti del precetto dell’astinenza e del digiuno.- I° Tutti coloro che hanno compiuto il 21° anno di età e non ancora iniziato il 60° sono obbligati a digiunare (Can.1254 § 2).
Gravità dell’obbligazione. I precetti del digiuno e dell’astinenza per sé obbligano sub gravi. Ammettono però parvità di materia, quando si trasgrediscono in quantità insignificante. Chi in giorno di digiuno fuori dei pasti mangia ancora 6o gr. di pane, non commette certamente peccato grave; con 120 gr. abbiamo materia grave, tanto se presi in una volta sola, quanto in diverse riprese. — Così non pecca mortalmente chi in giorno di astinenza mangia 20 gr. di carne; pecca mortalmente, invece, se ne mangia 60 gr. – Tuttavia le piccole trasgressioni ripetute del precetto dell’astinenza non si assommano a formare materia grave, a meno che si abbia già avuta l’intenzione fin dall’inizio di prenderne una grande quantità.
Cessazione dell’obbligo. — I° Disposizione del diritto comune. Tanto il precetto dell’astinenza quanto quello del digiuno cessano nelle domeniche e nei giorni festivi di precetto. Si eccettuano i giorni festivi che cadono in quaresima (festa di S. Giuseppe, 19 marzo), nei quali rimangono in vigore i due precetti. Le vigilie non vengono anticipate (can. 1252, § 4). Secondo il decreto del 16 nov. 1955, l’astinenza e il digiuno, prescritti per il tempo di Quaresima, cessano non più al mezzogiorno, ma alla mezzanotte del Sabato Santo (AAS, XLVII, 1955, p. 841). – Perciò, fuori di quaresima, per diritto comune, i giorni di digiuno e di astinenza (per es. la vigilia di Natale), che cadono in domenica, non si anticipano. – In SVIZZERA il precetto dell’astinenza e del digiuno del venerdì cessa, sottinteso fuori di quaresima, se i n detto giorno si celebra in un luogo determinato una festa di uso locale solennizzata da tutti. — I n ITALIA non esiste tale privilegio; eventualmente può provvedere il vescovo con la dispensa.
2° Dispensa.
a) Generale.
La S. Sede può dispensare tutti i luoghi, le singole diocesi, ecc.; e realmente durante i l periodo bellico e postbellico ha concesso amplissime dispense; in casi di epidemie o di condizioni precarie di salute diffuse, ad istanza del vescovo, dispensa intere diocesi. — In merito a indulti generali e abituali cfr. supra. – Per l’ITALIA non si danno altri indulti generali. – In SVIZZERA: — è permesso l’uso della carne tutto l’anno, escluso il Venerdì Santo, « a tutti coloro i quali, trovandosi, per motivi giusti e gravi, lontani dalla propria economia domestica, prendono i pasti o in comune, o all’albergo, o in una pensione ». I n pratica sono: chi si trova in viaggio, i militari, i poveri che vivono d’elemosina, le persone di servizio, gli operai, quanti per qualche tempo vivono in casa altrui, impossibilitati a scegliere il cibo, data la condizione di ospiti; i boscaioli, i ferrovieri, ecc., che non mangiano nè prendono il vitto a casa propria, le persone che vanno sui mercati fuori di paese e che mangiano sul posto; i venditori ambulanti . — In ITALIA tali categorie possono ritenersi qualche volta scusate dall’osservanza. — Sono considerati dispensati dall’obbligo del digiuno e dell’astinenza coloro che fanno parte delle Forze Armate Italiane e le persone che convivono negli stabilimenti militari e prendono i pasti in comune. L’Ordinariato Militare, però, inculca l’osservanza dell’astinenza almeno in alcune ricorrenze più importanti, come per es. nel mercoledì delle Ceneri, nel Venerdì Santo ecc.
b) Dal precetto dell’astinenza e del digiuno, supposta la causa ragionevole, i parroci possono dispensare nei singoli casi tanto i singoli fedeli quanto le singole famiglie (ma non tutta la parrocchia cumulativamente ad modum unius). Eguale potestà hanno i superiori di un istituto religioso clericale esente riguardo ai religiosi professi, ai novizi, ai domestici, ospiti, ecc., i quali si trovano in convento giorno e notte: (can. 1245).
I Confessori per sé non hanno nessuna facoltà, fuori di quella di dichiarare la cessazione della legge. In molte diocesi, però, essi pure (sovente anche in foro extra sacramentale) godono di facoltà speciali. — I parroci e i predetti superiori possono dispensare anche se stessi (cfr. can. 201 § 3); ma ciò non può essere fatto dai confessori, quando la facoltà di dispensare solo in foro sacramentale.
3° Cause scusanti.
a) Dal digiuno per causa di impossibilità fisica o morale sono scusati:
a) Gli ammalati, i convalescenti, le persone malaticce, i sofferenti eccessivamente di nervi, quanti digiunando soffrono forti emicranie o non riescono a riposare; le donne nel tempo mestruo se dovessero soffrire; i poveri o quelli che non hanno spesso neppure quel tanto necessario per sfamarsi; quanti devono sostenere mestieri pesanti, come i contadini durante i lavori, i fabbri ferrai, i cavapietre, i fonditori, i minatori, i muratori, i facchini, ecc., supposto che lavorino di fatto la maggior parte del giorno. Costoro inoltre sono scusati anche se per un giorno o due non compiono lavori pesanti. Similmente i professori, gli insegnanti, i predicatori, i confessori, gli studenti, i giudici, i medici, gli avvocati, ecc., quando digiunando non potessero convenientemente disimpegnare i loro doveri professionali; — coloro che fanno un viaggio faticoso a piedi o in carretto per necessità. Chi viaggia in ferrovia può d’ordinario essere scusato soltanto per il motivo che non può avere cibo sufficiente nel tempo dei pasti. — Non è però lecito addossarsi lavori pesanti con la intenzione di rendersi con ciò impossibile il digiuno. – Siccome la legge del digiuno importa l’astinenza dai cibi grasso alla colazioncina e alla refezioncella, quanti si trovano nella impossibilità di osservare l’astinenza, sono scusati pure dalla legge del digiuno.
b) Dalla legge dell’astinenza sono scusati:
Gli ammalati, i convalescenti, le donne gravide, quando l’uso della carne è loro necessario. Alcuni autori permettono alle donne gravide uno o due bocconi di carne, quando ne sentono grande voglia. Anche alle donne allattanti può essere talvolta necessario l’uso della carne. Gli operai che attendono a lavori particolarmente difficili, specialmente a quelli che tolgono l’appetito, per es. i lavori ai forni o in fonderia, nelle miniere. I poteri che non possono avere altri cibi sufficienti; le spose, i figli, le persone di servizio, quando il capo di famiglia non permette nessun’altra vivanda. Però le persone di servizio in tal caso, potendo, dovrebbero cercarsi un altro padrone; salvo che non prevedano di andare incontro a pericoli morali maggiori. — Chi viene invitato a un pranzo, in cui prevede di dover mangiare di grasso, per sé non può accettare l’invito; gli può essere lecito, se con ragione può temere che non accettandolo, ne avrà danno rilevante o causerà forti attriti ed offenderà gravemente gli altri. Lo stesso deve dirsi di chi in un convito si vede inaspettatamente servire vivande vietate. — Essendo stati per errore preparati cibi di grasso in giorno di magro, non si possono mangiare se è facile apparecchiare altri cibi esuriali e conservare i cibi di grasso senza prave scapito per il giorno seguente. Se però si tratta soltanto di una piccola quantità di carne, che non è affatto proibita sub gravi, la circostanza che tali cibi sono stati preparerai inavvertitamente, scusa già per se stessa dal peccato veniale. Se il capo di famiglia o altro membro è scusato o dispensato dall’astinenza, per sé non lo sono gli altri familiari, a meno che sia moralmente impossibile preparare due pasti differenti; in tale supposizione tutta la famiglia sarà scusata dall’astinenza. —
Nota.
Per diritto di consuetudine permangono vietati i divertimenti pubblici durante l’Avvento e la Quaresima (cfr. n. 46). Nel determinare la gravità della mancanza si deve tener presente il tempo (per es. i primi giorni dell’Avvento, il giorno delle Ceneri, il Venerdì Santo), la qualità dei divertimenti, il giudizio che ne danno i fedeli di sano sentimento religioso, l’eventuale scandalo, i vari luoghi (città o paesi agricoli), le disposizioni dei vescovi.