LETTERA VENTESIMASECONDA.
19 dicembre.
Caro Federico
Pronunziata l’inappellabile sentenza negli affari civili, a qual partito dovranno appigliarsi le parti? Null’altro è da fare, che eseguirla sotto pena di rivolta, e di tutte le tristizie, che questa mena seco. Simile cosa è per le questioni dottrinali. Quando l’autorità infallibile ha deciso il punto in questione, resta solo prendere a norma di condotta il pronunziato del supremo tribunale, sotto pena di rivolta peggiore, e di tutti i tristi effetti, che potrebbero seguirla. – Un giudizio era stato iniziato fra noi ed i primi cristiani, che aveva a scopo determinare, se la ragione fosse per essi, che facevano il segno della croce e lo eseguivano soventemente e bene; o per i cristiani moderni, che più non lo fanno, o raramente e male. La causa è stata con ogni studio esaminata, la discussione pubblica, i difensori sono stati intesi. Il fiore della umanità costituita in supremo tribunale, avendo ad assessori, la fede, la ragione, l’esperienza, il sentire de’ popoli ancora pagani, ha pronunziato in favore dei cristiani della Chiesa primitiva. Che fare adunque? È da rinnovare la gloriosa catena delle nostre antiche tradizioni, sì sventuratamente rotta, e fare il segno della croce, farlo sovente, e bene. – Fare risolutamente e manifestamente il segno della croce. E perché nol faremo noi? Perché reputeremmo onta il farlo? Farlo o non farlo non è mica indifferente, mio caro; farlo è onore, tralasciarlo disonore. Facendolo, noi saremo i successori, e ci troveremo nel mezzo di tutti i grandi uomini, e dei grandi secoli dell’Oriente e dell’Occidente, con l’immortale nazione cattolica, col fiore dell’umana famiglia. Non facendolo, noi avremo per predecessori, compagni e successori, tutti i meschini eretici, la nullità degl’increduli, i poveri ignoranti, le piccole e grandi bestie. – Come facendo il segno della Croce noi ci copriamo, unitamente alle creature che ci appartengono, di un’armatura invincibile: cosi tralasciandolo, ci disonoriamo, ed esponiamo noi stessi e quanto ci appartiene a gravissimi pericoli; vivendo l’uomo ed il mondo necessariamente sotto la influenza dello spirito del bene, o sotto quella dello spirito del male. Quest’ultimo tiranno dell’uomo e delle creature, fa loro sperimentare le sue maligne influenze, ed il corpo e l’anima, lo spirito e la materia sono da esso viziati. Fu questa sempre fondamentale credenza del genere umano. Il perché, da poi diciotto secoli, i capi della spirituale battaglia ci dicono di coprir noi e le creature di questo segno, scudo impenetrabile alle ignee frecce dell’inimico: Sentititi in quo ignitæ diaboli extinquuntur sagittæ. E noi, soldati infedeli alla consegna, noi getteremo volontariamente la nostra armatura?Noi con un petto scoperto resteremo da insensati, esposti a’ colpi dell’armata nemica! E ciò, per non dispiacere ad alcuni, ed a chi? – Mi dicono: Il mondo attuale non fa il segno della Croce e non ne riporta nocumento alcuno. Una tal cosa può con certezza affermarsi? Qual è oggi la sanità pubblica dell’uomo, e della natura? Non intendi di continuo ripetere in Alemagna, ed in Francia come da per tutto: Non v’è più sanità! Questa parola divenuta popolare, è solo una parola? Ottimisti, come voi vi dite, credete dunque che le leggi divine fatte per l’uomo, spirito e materia, non abbiano in questa vita duplice sanzione, una morale e l’altra fisica? Voi credete che la profanazione del giorno consacrato al riposo dell’uomo e delle creature; che il disprezzo della legge del digiuno e dell’astinenza, non possano mettere in pericolo che la sola salute dell’anima? Voi credete che il movimento febbrile degli affari, le agitazioni politiche, la sete de’ piaceri, carattere distintivo di un mondo, che ha intrapreso la discesa del cielo sulla terra; che gli sregolati costumi, l’usanza di cangiare la notte in giorno, e questo in quella; che il soddisfare alla sensualità nella scelta de’ cibi, lo spaventevele consumo di spiriti, i cinque cento mila caffè, e bettole, siano di nessuna cattiva influenza per la sanità pubblica? D’onde procede lo scemarsi delle forze nelle generazioni moderne? Sarebbe facile trovare di presente molti giovani capaci di maneggiare le armi de’ nostri avi del medio evo, o di portare la loro armatura? Le riforme sì numerose, eseguite da’ consigli di revisione, per difetto di taglia e buona conformazione; l’impotenza di osservare i digiuni, ancorché sì addolciti, che sperimentano le stesse persone religiose, non ha alcun senso? Che cosa dice l’aumento considerabile e tuttodì crescente delle farmacie, e dei medici, e de medium medici, le cui anticamere saranno, fra breve, frequentate come le sale delle sommità medicali? – In fine, i casi continui e crescenti di suicidio e di pazzia, arrivati ad un numero incalcolabile sino al presente, sono de’ sintomi, che ci rassicurano sul conto del prosperare della sanità pubblica? Dando a tutti questi fatti, e ad altri ancora, il senso il più ristretto, non dimostrano essi, per lo meno, che la salute pubblica non è più quella di altri tempi? – E la vigoria della sanità della natura, su cui non è più eseguito il segno liberatore, è dessa in progresso? Qual cosa mai ci dicono la malattia delle patate, quella delle uve, degli alberi, de’ vegetali, delle piante, e delle erbe istesse, da negare il foraggio necessario? Tutti questi malati, in numero di cento, sorpresi simultaneamente da gravi ed ostinate, sconosciute malattie, attestano per la perfetta sanità delle creature? Questo fenomeno altrettanto più sinistro che non v’ha uguale nell’istoria, sembra piuttosto presentare la natura come un grande ospedale, ove, come nella specie umana, tutto è malato, languido, ed alterato. – Non lo si può negare, il mondo attuale è malato più che in altri tempi, sia che lo consideri nell’uomo, come nelle creature a lui immediatamente sottoposte. Che cosa mai è la malattia e l’infermità, se non mancanza ed indebolimento di vita? Il Verbo Creatore è la vita, è tutta la vita; epperò dilungarsi da Lui è un venir meno nella vita, uno scemarla, come appressarsi ad esso, è un’aumentarla e rinvigorirla. – Siamo debitori di questa nomenclatura alla gentilezza di un dotto naturalista, il sig. F. Verecruysse di Courtrai. Egli stesso ha raccolto, in quest’anno 1868 delle foglie di tutti gli individui malati, dei quali gli è piaciuto mandarci dei saggi. Ci conceda egli dunque di offrirgli un pubblico attestato di tutta la nostra riconoscenza. – Le creature materiali essendo incapaci di bene e di male, sono malate, solo perché seguono la condizione dell’ uomo. L’uomo essendo il centro ed il compendio della creazione, racchiude in se stesso tutte le leggi che reggono le creature inferiori, se egli le viola, l’effetto della violazione si fa sentire in tutta la natura. N’è testimonio il peccato di Adamo. Alla stessa causa, riprodotta nel corso dei secoli è necessario attribuire le malattie delle creature, sempre in ragion diretta della intensità della causa, che le produce. Non sembra egli che Isaia avesse gli occhi fissi alla nostra epoca allorché disse : « La terra è stata infettata dai suoi abitanti. Di là hanno origine le lacrime, l’afflizione, i languori della terra, la decadenza del globo; la malattia della vite, ed i gemiti dei coltivatori: » – Luxit et defluxit terra, et infirmata est… defluxit orbis et terra infecta est ab habitatoribus suis, quia…. mutaverunt ius etc. XXIV, 4 e segg.; Abacuc, Geremia e gli altri profeti parlano cogli stessi termini di quest’agonia della natura. – A giudizio della Chiesa e di tutti i secoli cristiani, l’atto esteriore, il tratto di unione il più che altro universale e comune, che metta le creature a contatto con la vita, è il segno della croce. Ora, voi ve ne beffate, non lo eseguite, né volete usarne; per tutto che vi riguarda, voi lo rimpiazzate, come usate riguardo alla preghiera, ed ai pellegrinaggi di altri tempi, con i bagni di mare, con le acque tiepide, calde, fredde, sulfuree, ferruginose di Vichy, della Svizzera e de’ Pirenei. Per le creature, collo stabio artificiale, col muover guerra alla vita degl’insetti, col prosciugare i terreni, col solforare le piante. Benissimo: non sono queste da trasandare, ma è mestieri non omettere le altre: “Haec oportet facere et illa non omittere. Cosi il mondo moderno disprezzatore della divina ed umana saggezza, senza farsene coscienza alcuna, crede poter violare una legge religiosamente osservata da poi il principio del Cristianesimo, e rispettata dallo stesso paganesimo, che la formulava dicendo: È da pregare per avere sanità fisica e morale: “Orandum est ut sit mens sana in corpore sano”. Non v’ha dunque ragione da muovere lamenti; noi raccogliamo quello ch’è, e dev’essere. – Che se la sanità fisica dell’uomo e della natura prosperasse, come si pretende, senza il segno della croce, resterebbe la morale, che avanza in importanza immensamente la prima. Qual è lo stato sanitario del mondo morale al presente? Se per minuto ed a segno, volessi a tale domanda rispondere, andrei troppo per le lunghe; però ti ricorderò solo, che l’uomo morale come il fisico, è nell’alternativa di vivere sotto l’influenza salutare dello spirito buono, e sotto quella malefica dello spirito cattivo; e che il segno redentore ci rende partecipi alla prima, e l’assenza di esso ci sommette, ed abbandona alla seconda. È questo l’insegnamento della Chiesa, confermato dalla pratica de’secoli cristiani. Sperienza di simil fatta, per diciotto secoli doratura, è un nulla per noi? Voi non volete più il segno liberatore, nessuna fede avete in lui, più non lo si vede sulla vostra fronte, sulle labbra, sul cuore, su i vostri alimenti. E bene! satana v’imporrà il suo. Su tutte codeste fronti, su tutte le labbra di simil fatta, e nei cuori, si vedrà, e senza bisogno di microscopio, il segno della bestia. Questo segno si rivela sulla fronte per lo spirito di orgoglio e di rivolta, per la collera, il disprezzo, l’imprudenza, la vanità, l’alterazione de’ lineamenti; il non esser atto alle scienze spiritualiste, lo aver nessun gusto per le scienze morali; il pallore delle goti impressovi dalla impurità, o il rosso prodotto dall’intemperante uso de’ vini; un certo che di livido nella fisonomia, di basso, di scolorito e bestiale. In fine, quel cinismo negli occhi spiranti adulterio, ed un peccato che non tocca mai la fine, provocatore continuo delle anime incostanti [“Animalis autem homo non percipit ea, quae sunt spiritus Dei”. (I. Corint. II, 14). — “Oculos habentes plenos adulterii, et incessabilis delicti, pellicientes animas instabiles”. (II. Petr. II, 14)]. – Come sono contrassegnate da esso le labbra? Le riconosci dall’esser sempre mosse ad un riso immoderato, od impudico, scioccamente empio, o crudelmente burliero, loquaci, senza alcuna regola, con discorso di nessuna importanza, sempre privo di scopo; parole invereconde, irreligiose, bestemmiatrici, piene di odio, di maldicenza e gelosia, spiranti concupiscenze, traspirano sepolcrali esalazioni, velenose più che tossico di vipera (2) [“Sepulcrum patens est guttur eorum”. (Psal. V, 11). — “Despumantes suas confusions”. (Judae Ep. v. 13)] Il cuore marcato da questo segno è ingombro di mali pensieri, di desideri, di fornicazioni e di tradimenti, di profondo egoismo, di ruberie, di avvelenamenti, di morti; sovra di esso hanno impero le cortigiane, e le femmine rifiuto della umanità [“De corde enim exeunt cogitationes malae, homicidia, a-dulteria, fornicationes, furta, falsa tcstimonia, blaspbemiae”. Matth.. XV, 19]. – Sugli alimenti lo riconoscerai alle loro pessime influenze. Non essendo stati questi liberati dal segno redentore, dessi servono da veicolo a satana per trasmettere tutte le sue tristi influenze, a giudizio de’ pagani stessi. Questi, messi per la nutrizione, a contatto con la inferior parte dello spirito, vi eccitano gli sregolati appetiti, solleticano gl’istinti, commuovono le passioni. Di che segue la ricerca di soddisfare alla sensualità nel vitto e nella bevanda, il dispotismo della carne, il disgusto del lavoro, la impotenza di resistere alle tentazioni, lo affievolirsi, e qualche volta ancora l’imbruttimento della ragione, la mollezza della vita, il sibarismo de’costumi, l’adorazione del dio ventre, terminando col disprezzo di sé, col soffocare la coscienza ed il senso morale con l’infanticidio, e col suicidio [“Inimicos crucis Christi, quorum finis interitus: quorum Deus venter est et gloria in confusione ipso rum”. Philip. Ill, 18]. – Volgi intorno Io sguardo, mio caro amico, e cerca le fronti, le labbra, i cuori, le mense ove si conserva la santità, la dignità, la sobrietà umana e cristiana ; il vivere mortificato e puro; i cuori forti contro le tentazioni; gli animi dedicati alla carità ed alla virtù; le forme di vivere, che possono senza rossore rivelarsi agli amici ed ai nemici: tu le troverai solo dove la croce regna protettrice! – Quanto dico quest’oggi sia per te come un dato di esperienza, domani ti apporterò di esso le ragioni e le prove.
LETTERA VENTESIMATERZA.
20 dicembre.
Tu non dimentichi, mio caro Federico, che di presente noi deduciamo le conseguenze pratiche, che emanano dal giudizio pronunziato fra noi ed i nostri avi. La prima è che noi dobbiamo fare risolutamente il segno della croce. – Tuttavolta l’inappellabile sentenza del tribunale, fosse tale da essere norma di nostra condotta, pure, a mettere in rilievo tutta la dignità sua, ho voluto mostrarti, quanta vergogna, e quali pericoli e sventure ci verrebbero addosso da una teoretica e pratica rivolta contro di essa. I fatti t’hanno cerziorato [reso certo –ndr. -] di tutto ciò. Tu hai visto il segno della bestia impresso su tutte le fronti, le labbra, i cuori e gli alimenti non santificati dal segno divino. D’onde trae ciò la origine sua? Ho promesso dirtelo, eccomi a compiere la mia promessa. – In nessun modo può mancare che il segno della bestia sia impresso in ogni uomo, ed in ogni cosa che non trovasi dall’egida del segno liberatore dell’uomo e del mondo, difeso; avvegnaché non v’ha che un solo preservativo per l’uomo, contro satana, ed un solo parafulmine pel mondo: il segno della Croce. Dove questo manca, satana agisce da padrone. Le quali cose, come ben altre volte abbiamo detto, dipendono e traggono tutta la loro evidenza dal dogma della umanità il più profondo, ed il più incontestabile, la servitù dell’uomo, e del mondo allo spirito del male, di poi l’originale peccato. Per mettere in piena evidenza quel che ho chiamato alta mistione della croce, concedimi che io ti venga ricordando qualche tratto isterico, che è troppo poco considerato. Quello che si osserva nell’ordine della cosa pubblica è un riflesso di quanto ha luogo nel mondo morale. – Ora quando una dinastia è assisa sul trono, dessa si studia d’inalzare il proprio stendardo, e scolpire il suo stemma da per tutto, poiché ciò è segno di sua dominazione. Come per opposto, se dal trono è rovesciata, primo atto del conquistatore è togliere via gli emblemi della caduta dinastia per rimpiazzarli con i propri, cosi annunziandosi a’ popoli l’inaugurazione de’ nuovi regni. Da poi settanta anni in Francia ed altrove, quanti di questi mutamenti di colori e di stemmi non abbiamo veduto! Quindi il Verbo incarnato venendo sulla terra per Io possesso del suo regno trovò satana che con esso la faceva da re e da Dio, e le statue ed i trofei, gli stemmi di lui da per tutto erano innalzati ; ma vintolo, i segni della sua dominazione disparvero, ed a loro vece brillò lo stemma del vincitore, la croce. Per la qual cosa, se un’anima od un paese, in pena delle sue colpe, è dannato di nuovo al servaggio di satana, il primo atto dell’infernale usurpatore è il far disparire la croce. Questa disparsa, comincia a far tirannico strazio del suo conquiso, non avendo più da temere il formidabile segno. – Rileggi una pagina della storia della patria tua. Dal 1520 al 1530 quale miserevole spettacolo non ti presenta l’Allemagna? Dal Reno al Danubio, tutte le croci, che, dipoi la vittoria del cristianesimo riportata sulla idolatria scandinava, sormontavano i monti e le colline, fiancheggiavano le vie, smaltavano le campagne, ornavano le case, coronavano le chiese, onoravano gli appartamenti e consolavano l’animo dolente dell’abitante del tugurio, furono abbattute, messe in pezzi, gettate al vento, ravvoltolate nel fango al grido di un popolo delirante. Qual cosa annunziava questo turbine distruttore? L’arrivo del vincitore, il ristabilimento del suo regno. Da quel momento lo spirito delle tenebre domina l’Allemagna, e vi regna, come nel vecchio mondo, con la voluttà e crudeltà d’ogni maniera, col brigantaggio, colla confusione del giusto e dell’ingiusto, coll’anarchia intellettuale d’ogni nome, e d’ogni forma. Né altro da questo è lo spettacolo che ti presenta la Prussia, la Svezia, la Norvegia, l’Inghilterra, la Svizzera, e tutte le contrade dove l’usurpatore ha preso il posto del legittimo re. Il che è tanto più significativo, che non trovasi isolalo nella storia, ma lo si vede riprodotto tutte le volte che satana prende nuovo possesso di un paese, l’articolare, o generale che sta, lento o rapido, desso è il carattere della vittoria infernale, e ne misura l’esteriore. Nel 1830 noi numerammo a centinaia le croci abbattute: il 1830 fu un aborto del 93. In questa ultima epoca, epoca di trionfo completo pel paganesimo, fu ben altrimenti, poiché a migliaia le croci furono abbattute sul suolo francese, ed in tal tempo di lugubre memoria, ma istruttivo, vi fu un giorno più nefasto fra tutti. – Sotto i colpi orde fanatiche, il 1793 vide radere nel sangue l’altare ed il trono. I massacri del convento del Carmine, e di S. Firmino, la proclamazione della repubblica, (l’assassinio di Luigi XVI, le ecatombe del Terrore, le nefandezze del Direttorio, le apostasie, i sacrilegi, le dee della Ragione, furono le conseguenze di quel disgraziato giorno, che ricorderà eternamente l’ora precisa in cui satana entrò trionfalmente nel regno cristianissimo. Ora in quel momento, dice uno scrittore, un uragano straordinario scoppiò sopra Parigi. Un calore soffocante aveva lungo tutto il giorno, impedita la respirazione, e le nuvole addensate e di un sinistro colore avevano ricoperto e nascosto il sole come in un oceano sospeso nell’aria. Verso le dieci l’elettricità cominciò a sprigionarsi con spesso lampeggiare, simile a luminose palpitazioni del cielo. 1 venti squarciando le nubi, come onde di mare tempestoso, abbattevano le messi, spezzavano gli alberi, trasportavano altrove i tetti. In men che io il dica, le case furono chiuse e le strade deserte. Il fulmine per otto lunghe ore non cessò dal colpire uomini e femmine, che si conducevano a’ mercati di Parigi, e molte sentinelle furono ritrovate morte fra le ceneri delle loro garitte, e la forza del fulmine strappava da’ gangheri le inferiate balzandole a smisurata distanza. Le due alture che sormontano l’orizzonte di Parigi Montmartre ed il monte Valeriane attrassero in gran parte l’elettrico delle nubi, che l’inviluppavano, ma scaricandosi questo su tutti i monumenti isolati sormontati da punte di ferro, abbattè tutte le croci, che trovavansi nelle campagne, sulle piazze, e lungo le strade, dal piano d’Issy per tutto il bosco di san Germano e di Versailles sino alla croce del ponte di Charenton. L’indomani, le braccia di queste coprivano da per tutto il suolo, come se un’ armata invisibile avesse rovesciato nel suo passaggio tutti i segni del ripudiato culto cristiano. – Nell’ordine morale nulla avviene per azzardo, come nell’ordine naturale niente ha luogo per saldo; epperò i fatti che narro hanno un significato. Questo è rivelato dalle circostanze che lo accompagnarono e seguirono, le quali mostrano evidentemente perché la croce sia in un paese, e perché vi manchi: insegnano altresì alle nazioni, alle città, alle provincie, agli uomini d’ogni maniera, quanto debba esser loro a cuore il conservare il segno della Croce, moltiplicarlo, ed onorare il segno protettore di tutta la creazione. – Fare il segno della croce soventemente è la seconda conseguenza pratica della emanata sentenza. E perché nol faremo noi? Perché ciascuno a sua posta non tornerà a’ pii usi de’ padri nostri? Eglino non si reputavano sicuri un istante, ed in tutte le azioni,tutta volta queste facilissime si fossero, se non protetti dal segno salutare. Siam noi forse da più di loro nel coraggio? Le tentazioni nostre son forse minori nel numero e nella forza delle loro, i pericoli che ne circondano, meno gravi, e i doveri nostri, da meno dei loro? Tutte le volte che i padri nostri sortivano dalle abitazioni, s’incontravano con statue, pitture, oggetti osceni, erano nel mezzo di usi e di feste, in cui lo spirito del male si rivelava in ogni maniera? E quali sono i discorsi, le conversazioni, i canti che i casti orecchi è forza che sentano? Il sensualismo ed il naturalismo delle idee e de’ costumi pubblici e privati, con tutta l’apparenza delle belle forme, sono in continua cospirazione contro al soprannaturale della vita, contro lo spirito di mortificazione, di semplicità, della povertà e del distacco dalle cose periture e passeggere della terra. – Eglino erano in continua tenzone per difendere la fede contro i sarcasmi, il disprezzo ed i sofismi della plebe, e della filosofia pagana; dovevano rispondere ai giudici ne’ tribunali, e comprovare la loro credenza negli anfiteatri; ed in tutta questa pugna, il mezzo di che usavano a confortarsi, era il segno della Croce, il solo segno della Croce. E per noi cattolici del secolo XIX, non è forse la condizione simile? Quanto ci circonda, non è forse, o cerca divenire pagano? Mi si mostri una parola di evangelo nella maggior parte degli uomini? Le città di Europa non sono di presente inondate di statue, di quadri, di fotografie esposte, forse a disegno, per accendere negli animi disonesti amori? Qual cosa mai manca per essere per filo ed a segno pagano la mensa, la mobilia, gli abiti del mondo moderno? la schiavitù, e la ricchezza. Ma gli istinti sono gli stessi che avevano gli uomini del tempo dei Cesari! Simile spettacolo è continuata insidia! Guai a colui che di esso non si avvede, ma più ancora per chi non custodisce da esso, notte e dì, i suoi sensi ed il suo cuore! Se torna difficile la difesa de’ nostri costumi, quanto non è altresì malagevole sostenere le guerre per la difesa della fede! È un’epoca la nostra in cui le false idee, le menzogne, i sofismi circolano nella società come gli atomi nell’aria. Da per tutto è l’anfiteatro, in cui è da combattere per la Chiesa, per le nostre credenze, usi, tradizioni, pel soprannaturale cristiano: l’arena non è mai chiusa, e come un combattimento è per finire, tosto un altro ne comincia. I primi cristiani posti in simili condizioni, un’arma sola conobbero vittoriosa, universale e famigliare, di che facevano continuo uso, il segno della croce. Potremmo noi trovarla migliore? E se fu tempo in che era necessario usare di questo segno per noi e le creature, l’è questo nostro; chi può però impedirci d’imitare i nostri avi? E che cosa può avere d’incompatibile il Segno della Croce eseguito sul cuore, o secondo l’antico uso, col pollice sulla bocca, con le nostre occupazioni? Se siamo vinti, chi n’ è causa? Perditio tua ex te, Israel! – Far bene il segno della croce è la terza applicazione della sentenza pronunziata. La regolarità, il rispetto, l’attenzione, la confidenza, la devozione, devono accompagnare la nostra mano, quando essa forma l’adorabile segno. La regolarità: questa vuole che il segno della croce nella sua forma perfetta, secondo la tradizionale usanza, sia fatto con la mano destra, e non con la sinistra, portandola lentamente dalla fronte al petto, da questo alla spalla sinistra, e quindi alla destra. In ciò nulla di arbitrario [“Nominato Spiritu Sancto, dum ab uno ad alteram latus sit transversio”. — Navarr. Comment, de oral, et oris canon c. XIX, n. 200]; che se i primi cristiani venissero fuori dalle loro tombe, non altrimenti eseguirebbero il segno della croce. Ascoltiamo un testimone oculare, e Noi facciamo il segno della croce su i catecumeni con la destra, comeché questa più nobile è reputata, tuttavolta non differisca dall’altra, che per sola postura e non per natura: parimente noi preghiamo rivolti all’oriente, essendo questa la parte più nobile della creazione. Le quali cose la Chiesa le ha apprese da coloro, che le insegnarono a pregare, gli Apostoli (“Quemadmodum dextera manu in nomine Christi eos, qui crucis signo obsignandi sunt, obsignamus, propterea quod dextera manus praestantior censetur quam sinistra; quamquam situ, non natura ab ea différat: sic oriens, ut quae pars sit in natura praestantior, ad Dei venerationem cultumque secreta est . . . . A quibus autem Ecclesia precandi moreui accepit, ab iis etiam ubi precandum sit accepit, id est, ab Apostolis”. (S. Iustin. Q. XVIII)]. – Sul conto della dignità della mano destra abbiamo un bel passo di santo Agostino. “Non rimproverate voi, dice egli, colui che vuol mangiare con la sinistra mano? Se voi stimate insulto fatto alla vostra mensa il mangiar dell’invitato con la mano sinistra, come non Io stimereste ingiurioso per la mensa divina far con la sinistra quello, che andrebbe fatto con la destra, e far con questa l’opera di quella [“Nonne corripis eum qui de sinistra voluerit manducare? Si mensae tuae iniuriam putas fieri manducante conviva de sinistra: quomodo non fit iniuria mensae Dei, si quod dextrum est, sinistrum feceris, et quod sinistrum est, dextrum feceris?” (S. August, in psalm. CXXXVI]. E S. Gregorio aggiunge:. < È questa una maniera di parlare degli uomini. Noi stimiamo più nobile ciò che trovasi a destra, di quello che trovasi a sinistra » [“Ipso enim locuiionis usu pro dextro habere dicimur quod pro magno pensamus, pro sinistro vero quod despicimus”. (S. Sregor. Moral, lib. XX, c. 18)]. – Le parole che accompagnano il segno della mano, sono parimente di apostolica tradizione, poiché le si trovano descritte da tutta l’antichità. Santo Efrem scrive: Su tutto che incontrate fate il Segno della Croce nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » [“Quaecumque pertransis, signa primum in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. (S. Ephrem De Panoplia)]. E santo Alessandro martire, condannato nel capo da Massimiano, sotto le cui bandiere militava, rivoltosi all’oriente, e segnatosi tre volte, disse: “Gloria ne venga a voi, o Dio de’padri nostri; Padre, Figlio e Spirito Santo” [“Totum corpus croce ter signavit, et ad orientem versus: gloria, inquit, tibi sit, Deus patroni nostrorum, Pater et Filius el Spiritus Sanctus. (Apud Surium, 13 Maii)]. – Questa maniera di segnarsi, che descriviamo, è più in uso fra i cristiani de’ tempi nostri che presso gli antichi; poiché la forma di croce con che costumavano segnarsi, era quella del pollice sulla fronte: “Frontem crucis signaculo terimus; comeché facile fosse ripeterla ed opporle al nemico. Di presente un siffatto modo è in uso nella Spagna, ed in altri paesi ancora. Ma perché più tosto sulla fronte che non sul cuore? In questo, mio caro Federico, come in mille altre cose dell’antichità v’hanno de’ misteri, ed io ne conto cinque: – Il primo, per onore del divino Crocifisso. Non senza ragione il Verbo incarnato ha voluto che il suo segno fosse impresso sulla fronte, dice santo Agostino; in essa ha sua sede il pudore, ed egli ha voluto che il cristiano non abbia ad onta gli obbrobri del suo Maestro. Se voi lo eseguite, seguitandosi egli dice, alla presenza degli uomini, e se non la stimate vostra vergogna, mettete pure ogni vostra confidenza nella divina misericordia di lui » [“Non sine causa Signum suum Christus in fronte nobis flgi voluit, tamquam in sede pudoris, ne Christi opprobria Christianus erubescat. (S. August, in Psal. XXX. Enar. IV, n. 8). – Il secondo, è per onorare la nostra fronte. Il segno della croce è il segno della fronte, signaculum frontium [Tertull. contra Marcion., lib. V]. E santo Agostino: « Una fronte senza questo segno è come una testa senza capelli. Come il capo calvo è fatto segno alle burle, ed è cosa da averne rossore, così l’è parimente per una fronte senza questo segno; dessa è impudente. Non sapete voi che l’uomo per insultar l’altro uomo gli dice: Tu non hai fronte? Il che suona: Sei impudente: Dio mi preservi dall’avere la fronte nuda, il segno del mio Maestro la copra e la onori » [“Non habeam nudam frontem; eam crux Domini mei. In psal. CXXXI] – II terzo, è il miracolo della Redenzione. Il Segno della Croce è un trofeo. Questo si eleva non fra le tenebre e negli infimi luoghi della città, ma lungo le pubbliche piazze, dove da tutti possa andar veduto, e con la sua presenza ricordare le gesta ed i trionfi del vincitore. « Ecco ragione, dice santo Agostino, da aver stabilito il Verbo divino, che la fronte dell’uomo, membro il più visibile ed il più nobile, venisse segnato dal trofeo della vittoria riportata sulle potenze infernali [“ipsam crucem de diabolo superato tanquam tropheum in frontibus fidelium positurus erat”. In loan. Trad. XXXVI]. Passando la croce dal luogo del supplizio sulla fronte degl’imperatori, doveva proclamare eternamente il gran miracolo della conversione dell’universo. – Il quarto, il diritto di Dio sopra dell’uomo. Il divino Crocifisso, preso possesso dell’uomo, lo ha segnato col suo stemma, come il proprietario contrassegna col suo, tutto che gli appartiene. « Tosto che il Redentore ebbe reso libero l’uomo, scrive S. Cesario di Arles, impresse su di lui il proprio segno. Questo segno è la Croce. Noi lo abbiamo sulla fronte impressovi dal vincitore per insegnare a tutti, che noi siamo sua possessione e suoi tempii viventi, e satana furioso, invidia a tanta nostra ventura, ed agogna ad involarci il segno del nostro riscatto, la carta di nostra libertà [“Et ideo nunc (diabolus) gemit, invidet, circuit, si forte vel furto a nobis possit auferre instrumentum ipsius manumissionis, et acquisitæ tabulæ libertatis”. S. Caesar. Arelat. Humil. V, de Pascha]. – II quinto è la dignità dell’uomo. La fronte e la parte più nobile dell’umano corpo, ed è come la sede dell’anima; però il demonio con ogni studio cerca di sformare la umana fronte più di ogni altro membro, perché chi è padrone del capo, l’è di tutto l’uomo. Il rendere deforme quest’organo con artificiali compressioni, è stato in voga in molti tempi, ed al presente esiste ancora in alcuni paesi. Sfigurare la divina immagine nell’uomo, indebolire le intellettuali facoltà, sviluppare gl’istinti i più volgari, furono i risultati di questo sformare del capo umanamente inesplicabile. Il perché, il riparatore di tutte le cose, Nostro Signore, ha voluto che il segno della croce fosse a preferenza marcato sulla fronte, per liberar l’uomo, o, rendendogli la libertà, elevarlo nella pienezza delle sue facoltà alla dignità del suo essere. Il rispetto è un’altra condizione per ben fare il segno della croce : avvegnaché è un atto di religione degno di ogni venerazione. Questo dev’essere inspirato dalla sua origine, dalla sua antichità, dall’uso che ne ha fatto quanto il mondo ha visto di meglio, gli Apostoli, i martiri, i veri cattolici della primitiva Chiesa e di tutti i secoli; per la gloria con che si presenterà l’ultimo giorno, quando, annunziato l’arrivo del supremo Giudice, dessa maestosa poserà dal lato al tribunale supremo, per consolazione de’ giusti, ed eterna confusione de’ cattivi. L’attenzione; senza di questa sarebbe un movimento da macchina, spesso inutile a noi, ed ingiurioso a Colui, di cui ricorda la maestà, l’amore ed i benefizi. La fiducia; ma una fiducia da figlio, viva, forte, fondata sul testimone de’ secoli, la pratica della Chiesa, e su gli effetti meravigliosi prodotti da tal segno, liberatore dell’uomo e del mondo, che mette paura a satana. – La devozione; che faccia corrispondere il cuore alle labbra. Eseguendo il segno della Croce che fo io? Io mi proclamo il discepolo, il fratello, l’amico, il figlio di un Dio crocifisso; epperò sotto pena di mentire a Dio, io devo essere quello che dico. Ascolta i nostri padri. « Quando tu ti segni, pensa a tutti i misteri raccolti nella croce. Non basta il farlo con le dita, è mestieri innanzi tutto farlo con la fede e buona volontà. Quando imprimi questo segno sul tuo petto, sopra i tuoi occhi, su tutte le tue membra, offriti a Dio come accettevole ostia. Segnandoti siffattamente, tu ti proclami soldato cristiano, ma se nelle stesso tempo, tu non pratichi, il più che da te si possa, la carità, la giustizia, la castità, questo segno non ti varrà a nulla. « Nobilissima cosa è il segno della croce! Con esso sono da segnare i nobili e preziosi oggetti. Non sarebbe strano suggellare in oro la paglia ed il fango? Qual senso potrà avere questo segno sulle labbra e sulla fronte, se interiormente l’anima è immonda, ed in preda ai vizi [S.Ioan.Chrys. Homil. 51, inMatth.– S.Ephrem, Ds adorat. vivif. Cruc. D. N. — S. Augustin. Serm. 215, de Temp. — Si-gnum maximum atque sublime. Lactant. Divin. Institut. lib. IV. c. 26]. « Qual cosa mai, si domanda santo Agostino, è il fare il segno della croce e peccare? E un porre il suggello della vita sulle labbra, e darsi un pugnale nel cuore da morirne [“Qui se signat, et aliquid de sacrilego cibo manducat, qùomodo se signat in ore, et gladium sibi mittit in pectore”. (S. Caesar. Serm. 278, inter Angustin.]. » Quindi il proverbio de’ primi cristiani ripetutoci da Beda : « Fratelli, abbiate Gesù Cristo nel cuore, ed il suo segno sulla fronte. Habete Chrìstum in cordibus, et signum eius in frontibus » Beda, tom. III, in collact. flor, et parab.]. – Quindi santo Agostino aggiunge una bella parola: « Dio non vuole de’ pittori, ma degli operatori de’ suoi misteri. Se voi portate sulla fronte il segno della umiliazione di Gesù Cristo, portate altresì nel vostro cuore l’imitazione della umiltà di Lui » [“Factorem quaerit Deus signorom suorum, non pictorem, etc. ( S. August. Serm 32 .)]. – Ogni ragione ci assiste, ed è per siffatto nostro operare, né alcuno ardisca dire: il far bene o male il segno della croce, non è poi gran cosa. Altrimenti da ciò hanno pensato i secoli cristiani; altrimenti ha pensato la verità istessa. Ammettendo ancora che sia poca cosa un segno di croce, il Verbo incarnato non ha forse detto: « Quello che è fedele nelle piccole cose, lo sarà altresì nelle grandi, e chi è infedele nelle piccole, 1’è nelle grandi? » Non è forse questa fedeltà giornaliera e continua, che prepara, e forma la gloria eterna? Nel grande affare della propria salvezza, come negli altri è sempre vero che, ciò che basta non basta sempre; – Fo io dicci volte al giorno il segno della croce? Se è ben fatto, dico dieci opere buone, dieci gradi di meriti e di felicità, dieci monete per pagare i miei debiti, e quelli de’ miei fratelli che sono sulla terra o nel purgatorio; dieci istanze per ottenere la conversione de’ peccatori e la perseveranza finale, per allontanare dal mondo e dalle creature le infermità, i pericoli ed i mali di che sono afflitti. Misura i meriti raccolti a capo di una settimana, di un anno, di una vita di cinquanta anni. E potrà ciò stimarsi cosa da poco! – Tu conosci ora, mio caro Federico, il Segno della Croce, e come questo debbasi eseguire: lascia all’amor mio confidarti un pensiero solo, un pensiero, che accenna un po’ a santa ambizione. Suppongo che uno straniero arrivi a Parigi, e che domandi chi sia il giovane che nella gran capitale esegua meglio il segno della Croce: desidero che tu sii nominato. A questo prezzo io ti prometto una vita degna de’ nostri avi della primitiva Chiesa, ed una morte preziosa agli occhi di Dio, e forse ancora gli onori della canonizzazione: In hòc signo vinces,per questo segno vincerai’. – Questa parola divina sempre antica e sempre nuova, poiché è la formula di una legge, che il gran Costantino primamente meritò d’intendere, qual tipo dell’uomo, e della cristiana famiglia. L’immortale imperatore procedeva a marce sforzate contro Massenzio, per battere in battaglia questo spaventoso tiranno fattosi padrone della capitale del mondo. Ad un tratto, nel mezzo di un cielo sereno, una croce luminosa tanto da superare il chiarore del sole, si manifesta a tutta l’armata, che stupefatta legge intorno ad essa scritto: in hoc signo vinces: per questo segno avrai vittoria. La notte seguente il Figlio di Dio compare all’imperatore con lo stesso segno in mano, e gli ordina farne uno simile da usarne in battaglia, con promessa di sicura vittoria. Costantino ubbidisce. Il segno celeste risplendente di oro e di gemme brilla allo sguardo delle legioni e diviene il celebre Labarum. Ovunque siffatto segno apparisce, rincora lo stanco soldato, accende coraggio nel cuore delle legioni di Costantino, e spavento produce in quelle di Massenzio; le aquile romane fuggono al cospetto della croce; il paganesimo innanzi al cristianesimo; satana, il vecchio tiranno del mondo innanzi Gesù Cristo, il Salvatore di Roma e del mondo. Così esser doveva! Massenzio disfatto ed annegato, Costantino trionfatore entrò in Roma. Una statua lo rappresenta con in mano una croce, e la seguente iscrizione ricorda ai posteri la prodigiosa conquista.
È QIESTO IL SEGNO SALUTARE
VERO SIMBOLO DI FORZA
PER ESSO DAL GIOGO DELLA TIRANNIDE
HO LIBERATO LA CITTA’ VOSTRA
AL SENATO AL POPOLO ROMANO HO RESO LA LIBERTA’
L’AVITO SPLENDORE E L’ANTICA MAESTÀ
AD ESSI HO RIDONATO
[“hanc inscriptionem, latino sermone, mandat incidere. Hoc salutari signo, vero fortitudini Indicio, civitatem vestram tyrannidis jugo liberavi, et S. P. Q. R. in libertatem vindicans, pristinae amplitudini et splendori restituì” – Euseb. Vit. Costantin. c. 3]. – Costantino sei tu, sono io, ed ogni anima battezzata, è il mondo cristiano. Gettati noi nel mezzo della grande arena della vita, noi alla testa dell’armata de’ nostri sensi e delle nostre facoltà, camminiamo all’incontro di un tiranno peggiore di Massenzio. La nostra Roma è il cielo; esso vuole sbarrarcene la via, e viene contro di noi capitanando intere legioni infernali; la battaglia è inevitabile. Dio ha provveduto alla nostra vittoria come a quella di Costantino, ci ha fornito di mezzo per trionfare, il segno della croce: In hoc signo vinces. – Al presente, come in altri tempi, questo segno mette spavento a satana, formulo dæmonum. Facciamolo con fede, ed il cammino della eterna città ci sarà aperto! E noi vincitori, e vincitori per sempre, per dovere di gratitudine eleveremo al cospetto degli Angeli e degli eletti una statua che avrà la costantiniana iscrizione.
É QUESTO IL SEGNO SALUTARE VERO SIMBOLO DI FORZA PER ESSO HO VINTO SATANA LIBERATA QUESTA ANIMA E QUESTO MIO CORPO DALLA TIRANNIDE DI LUI I MIEI SENSI LE MIE FACOLTÀ, TUTTO L’ESSERE MIO PER ESSO ETERNALMENTE GIOISCONO
IN HOC VINCES!
Salve, dunque dirò con i padri e dottori dell’oriente e dell’occidente, salve, o segno della Croce! Stendardo del gran Re, immortale trofeo del Signore, segno di vita e di salute, segno di benedizione, terrore di satana e delle sue legioni, baluardo inespugnabile ed arena invincibile, scudo impenetrabile, spada da re, onore della fronte, speranza de’ cristiani, farmaco salutare, risurrezione dei morti, guida de’ ciechi, consolazione degli afflitti, gioia de’ buoni e terrore dei cattivi, freno dei ricchi, umiliazione dei superbi, giudice degl’ingiusti, libertà degli schiavi, gloria de’ martiri, purità dei vergini, virtù dei santi, fondamento della Chiesa, salve! [Gretzer, lib. IV, c. 54]. – E tu, mio caro Federico, tu hai ormai la mia risposta alle tue questioni. L’autorità di tutti i secoli le ha sciolte a tuo favore. Quest’apologia vittoriosa della tua nobile condotta, ti convincerà, io lo spero, contro le burle ed i sofismi. Da un canto, tu sai quanto sia importante e solidalmente fondata la pratica continua del segno della croce; dall’altro, tu sei in grado da apprezzare il giusto valore della intelligenza di coloro che non lo fanno, e di giudicare com’eglino meritano il carattere di chi arrossisce di farlo: In hoc vinces!