PREFAZIONE DELL’AUTORE
Nel mese di novembre di questo anno (1862) un giovane cattolico di alto lignaggio veniva dalla cattolica Alemagna a Parigi, per compiere i suoi studi nel collegio di Francia. Tenerissimo delle pie tradizioni della patria sua, usava segnarsi del segno della croce prima e dopo il pranzo. Siffatta usanza, sulle prime meravigliò i suoi compagni, ed in seguito, per essa fu fatto segno alle beffe di loro. In una delle nostre visite ci domandava qual fosse il pender nostro sul conio del segno della croce in generale e della sua pratica di segnarsi prima e dopo il pranzo. Le seguenti lettere rispondono alle due questioni proposteci.
LETTERA PRIMA.
Parigi, 25 novembre 1863.
Mio Caro Federico
Quindici giorni soltanto sono scorsi da che i giornali, ci annunziavano il naufragio del capitano Walker. Siffatta nuova, che leggevamo insieme, ci attristò grandemente, che per essa conoscemmo la morte di alquanti viaggiatori nostri amici. La nave aveva dato in uno scoglio, ed una larga vena di acqua si era aperta in essa, e tutti gli sforzi dell’equipaggio tornando inutili a chiuderla, la nave s’immergeva oltre la sua linea di flottazione. Si cercò scemarne il peso col getto delle mercanzie al mare; dopo queste, delle provvigioni da guerra, che furono seguite da una parte dei mobili e degli attrezzi, serbando solo due o tre botti di acqua, e qualche sacco di biscotti. Tutto fu inutile. La nave affondava, il naufragio diveniva imminente. Come, estremo mezzo di salute, Walker comandò che le scialuppe si mettessero in mare; ciascuno vi si precipitò. Sventura! La maggior parte dei viaggiatori a vece di trovarvi la vita, vi trovò la morte. – Questo racconto, trattane qualche circostanza, è la storia di lutti i grandi naufragi. Gl’infelici comandanti e la ciurma in questi estremi sono da scusare se gettano al mare tutto quello che si può. — La vita è da salvare innanzi tutto! – Il mondo attuale, questo mondo che dicesi ancora cristiano, cui per fermo appartengono i tuoi compagni, presenta più di un tratto di somiglianza con una nave che ha sofferto avarie, ed é sul punto di naufragare. Le furiose tempeste, che da poi lungo tempo battono il legno della Chiesa, vi hanno aperte delle grandi vene di acqua, e per lo mezzo di esse vi si sono introdotti de’ grandi fiotti di dottrine, di costumi, di usi, di tendenze anticristiane. Guai, non per la nave, che non può perire, ma pei viaggiatori! Qual cosa mai è stata fatta? Io non parlo del mondo disvelatamente pagano; il suo naufragio è compiuto: ma di quello che pretende ancora di essere cristiano. Che ha egli fatto, e fa continuamente delle provvigioni da guerra e da bocca, delle mercanzie, dei mobili e degli attrezzi, di che la Chiesa aveva provveduta la nave, per assicurare il successo della navigazione fino al porto della eternità a schermo degli scogli e delle bufere? Desso ha tutto, o quasi tutto, gettato al mare! – Dov’ è la domestica preghiera nelle famiglie? al mare. Le pie letture? al mare. La benedizione della mensa? al mare. L’assistenza frequente al santo sacrifizio, lo scapolare, la corona? al mare. La santificazione della domenica, assistendo alle sacre istruzioni ed agli uffizi divini, con le visite de’poveri, degli afflitti e de’malati? al mare. L’uso regolare de’ sacramenti, la osservanza delle leggi del digiuno e dell’ astinenza? al mare. Lo spirito di semplicità e di mortificazione nei panni, nella mobilia, nel cibo e nell’abitazione? Il Crocifisso, le sante immagini, l’acqua benedetta negli appartamenti? al mare, al mare! – La nave frattanto continua ad affondarsi. Lo spirito cristiano si scema, e Io spirito opposto cresce a vista. Si cerca riparare in qualche battello, voglio dire, in certe forme di religione che ciascuno stabilisce a seconda della propria età, condizione, temperamento e gusto, ed in esse si vive. – L’assistenza alla Messa bassa la domenica: e come? Alla Messa solenne un tre, quattro fiate nell’anno; a vespro, giammai. Usare frequentemente a spettacoli e balli; la lettura di quanto si presenta; nulla negarsi, eccetto quello che non può aversi: ecco i battelli ne’ quali si cerca la salvezza. — È mestieri meravigliarsi di tanti naufragi? Poveri viaggiatori, separati dalla nave, voi movete a compianto! Ma più ancora è da compiangere la generazione che cresce! – Fra le usanze del cattolicismo, imprudentemente abbandonate dal mondo moderno, ve n’ ha una più che altra mai rispettabile, che ad ogni costo vorrei salvare dal naufragare, ed è quella che i compagni tuoi disprezzano, senza sapere quello, che facciano; vo’ dire il segno della croce. — È tempo ormai di provvedere alla conservazione di esso; che altrimenti fra poco esso avrà la sorte di tante altre pratiche tradizionali, che noi dobbiamo alle materne cure della Chiesa, ed alla pietà de’ secoli cristiani trascorsi. – Vuoi tu sapere, mio caro Federico, quel che sia divenuto il segno della croce nel mezzo del mondo che si pretende cristiano? Un dì di domenica ti ferma alla porta di una delle grandi chiese, ed osserva la folla che entra nella casa di Dio. Un gran numero si avanza scioperatamente, o con fasto, il che è tutt’uno, nel luogo santo, senza neppure guardare il vaso dell’acqua benedetta, e senza fare il segno della croce. Altri, in numero ad un dipresso uguale, prendono o ricevono, o fanno mostra di prendere o di ricevere l’acqua benedetta e di segnarsi. Tu vedrai cacciar nell’acqua benedetta la punta di un dito ricoperto di guanto, il che non è liturgico, come non 1’è confessarsi e comunicarsi con i guanti. – Della maniera poi con che siffatto segno è eseguito, meglio sarebbe non far parola; poiché è tale, che il più abile geroglifichiere incontrerebbe della pena a spiegarla. Un movimento di mano senza riflessione, in fretta, a metà, macchinale, di che torna impossibile assegnare una forma, o darne un significato ; oltre che gli autori di esso credono di nessuna importanza quello, che fanno: ecco il loro segno di croce della domenica. – Nel mezzo di questa folla di battezzati ti sarà difficile trovare qualcuno che faccia seriamente, regolarmente e religiosamente il segno venerabile di nostra salute. Or se in pubblico ed in circostanze solenni, la maggior parte non fa, o fa male il segno della croce, stento a persuadermi che lo facciano bene nelle altre, in cui, secondo l’apparenza, v’hanno minori ragioni da farlo, e ben farlo. È dunque un fatto: i cristiani di oggidì non fanno il segno della croce, o lo fanno raramente, o male. Su questo punto, come su molti altri, noi siamo agli antipodi de’ nostri antenati, i cristiani della Chiesa primitiva. Quelli si segnavano, e si segnavano bene, e soventemente. – Nell’Oriente come nell’Occidente, a Gerusalemme, ad Atene, a Roma, gli uomini e le donne, i vecchi ed i giovani, i ricchi ed i poveri, i preti ed i semplici fedeli, tutte le classi della società osservavano religiosamente siffatto uso tradizionale. — La storia nulla ha di più certo; i padri testimoni oculari ne fanno fede; tutti gli storici Io accertano. Nulla mi sarebbe più facile del ripeterti le loro parole, ma tu le troverai presso il dotto tuo compatriota nella sua opera : De Cruce, Gretzer. Ma invece di tutti ascolta il solo Tertulliano: “A ciascun movimento e ad ogni passo, entrando e sortendo, prendendo gli abiti ed i calzari, al bagno, alla mensa, nel mettersi a letto, nei consigli, checché da noi si faccia, noi segniamo la nostra fronte del segno della croce .[“Ad omnem progressum atque promotum, ad omnem aditum et exitum, ad vestitum et calceatum, ad lavacra, ad mensas, ad lumina, ad cubilia, ad sedilia, quaecumque nos conversatio everret. frontera crucis signáculo ferimus”. (Tertull. De eoron. milit. e. 111) – “In frontibus, et in oculis, et in ore, et in pectore, et in ómnibus membris nostris”. (S. Ephrem, Serm. In pret. et vivif. Crucem.)]. – È chiaro: a ciascun momento i nostri antenati, odi un modo, o di un altro si segnavano, e non solamente sulla fronte, ma su gli occhi, sulla bocca e sul petto. Di che seguita, che se i cristiani primitivi comparissero sulle nostre piazze, o nelle nostre abitazioni, facendovi quanto eglino eseguivano, or sono diciannove secoli, noi saremmo sul punto da reputarli maniaci; tanto è vero che noi siamo a loro antipodi sul conto del segno della croce. Eglino aveano torto, e noi abbiamo ragione; o eglino ragione, e noi torto? È una delle due; non v’ha mezzo. Quale delle due? – Ecco la questione. l’essa è grave, gravissima, più che per fermo il pensino i tuoi compagni, e quelli, che ad essi si assomigliano. Spero rendertene convinto colle mie segnenti lettere.
LETTERA SECONDA.
27 novembre.
Mio Caro Amico
Ne’ giudizi ordinari le circostanze esteriori producono grande effetto. Soventi volte desse contribuiscono alla formazione della opinione de’ giudici, come le testimonianze dirette. Tu il sai, sono cosi detti gli antecedenti, la posizione, il carattere morale degl’interessati nella causa. Perché eliminarle noi dal processo che ci occupa? Innanzi però di apportare le ragioni de’ primi cristiani dedotte dalla natura stessa del segno della croce, esaminiamo insieme le presunzioni, che militano in favore della loro condotta. – Prima presunzione in favore de’ cristiani è la loro vicinanza agli Apostoli. Gli apostoli avevano conversato col Verbo incarnato, con la “Verità” stessa, e vistala con i propri occhi, toccata di loro mani. Eglino erano i depositari e gli organi infallibili della sua dottrina, con ordine d’insegnarla per intero e senza mutamento alcuno. I cristiani parimenti avevano visto gli Apostoli e gli uomini apostolici, li avevano intesi ed usato con loro frequentemente ricevendo la fede ed il Battesimo dalla bocca e dalla mano di essi. Bevvero la verità alla fonte istessa! – Di questa verità, cui tutto dovevano, si nutrivano, ne facevano la norma del loro operare, conservandola con inviolabile fedeltà, “perseverante in doctrìna apostolo rum”. E chiaro che nessuno mai trovossi in condizioni migliori per conoscere il pensiero degli Apostoli, e di Nostro Signore stesso. E mestieri però affermare che, se i cristiani primitivi facevano il segno della croce a ciascun instante, ubbidivano ciò facendo ad una raccomandazione apostolica; altrimenti gli Apostoli ed i loro primi successori, custodi infallibili del triplice deposito della fede, della morale e della disciplina si sarebbero ben dato la pena d’interdire un uso inutile, superstizioso e tale, da esporre i neofiti allo scherno del paganesimo ignorante. Sicché, lo ripeto, i cristiani della Chiesa primitiva, facendo soventemente il segno della croce, agivano’ con piena conoscenza di causa. — Prima presunzione in favore di loro condotta. – Seconda presunzione in favore de’ primi cristiani; la loro santità. I primi cristiani erano, non solo peritissimi della dottrina degli Apostoli, ma altresì fedelissimi nella pratica di essa. N’è prova la loro santità, e che questo fosse il carattere generale de’ primi cristiani, è facilissima cosa il vedere come sia evidentemente dimostrato.
1°- Eglino amavano piuttosto perdere tutto e la vita stessa nel mezzo di crudeli supplizi, anziché offendere il loro Dio. L’eroismo dell’animo loro durò quanto la persecuzione, tre secoli.
2°- Ferventissima n’era la carità. Il cielo e la terra di unita hanno fatto del loro fraterno amore un elogio unico negli annali del mondo. Eglino avevano un sol cuore ed un’anima sola, “cor unum et anima una”, ha detto di loro Dio stesso. Vedete come si amino, ed in qual maniera siano solleciti di morire gli uni per gli altri, “vide ut invicem ne diligant et ut prò alterutro morì sint parati”, esclamavano i pagani.
3°- Il cuore nutriva tale un rispetto, e tanta tenerezza per gli Apostoli da esser loro ubbidienti con filiale sommissione. San Paolo, che non era largo di elogi, scrive a’ cristiani di Roma, che la loro fede è in gran fama nel mondo intero; e a quelli dell’Asia: che l’amavano siffattamente, che gli occhi stessi gli avrebbero donato. Alla preghiera dell’apostolo tutte le Chiese gareggiano per correre al soccorso de’ fratelli di Gerusalemme, e Filemone riceve Onesimo.
4° I Padri della Chiesa testimoni oculari continuano siffatta testimonianza in favore della santità de’ primi cristiani. Tertulliano diceva a’ giudici, ai pretori, ai proconsoli dell’impero, sfidandoli: Ne appello alle vostre procedure, o magistrati, cui è commesso il ministero della giustizia. In tutta quella moltitudine di accusati che ciascun giorno è tradotta innanzi ai vostri tribunali, v’ha qualche avvelenatore, un sacrilego, un assassino, che sia cristiano? De’ vostri rigurgitano le prigioni, i vostri popolano le mine, i vostri ingrassano le belve dell’anfiteatro; de’ vostri è composto l’armento de’ gladiatori. Fra essi non v’ha un solo cristiano, e se v’ha, vi è pel solo delitto di essere cristiano [Apolog. c. 44]. – Gli storici pagani riconoscono la loro innocenza ed i persecutori stessi rendono omaggio alla loro virtù. Tacito, qnesto scrittore pur troppo prevenuto ed ingiusto contro i nostri padri, narra gli orrendi massacri di cristiani de’ tempi di Nerone. Una moltitudine enorme, “multitudo in gens”, moriva nel mezzo de’ più barbari supplizi. Dessa era innocente di quanto veniva accusata; ma dessa era colpevole dell’odio del genere umano “odio generis Humani”. Cosi egli. — E chi era mai questo genere umano? Tacito stesso lo dice: Il fango del popolo, la crudeltà vivente. — Perché tant’odio? Perché il male è un nemico irreconciliabile del bene. La santità de’ nostri padri era la condanna severa de’ mostruosi delitti commessi dai pagani; epperò le carneficine di Nerone, e le sue fiaccole viventi. Quaranta anni dopo Nerone, Plinio il giovane, governatore della Bitinia, riceve ordine da Traiano di procedere contro de’ cristiani. Cortigiano fedele esegue gli ordini del suo signore per filo ed a segno da dar la caccia dapertutto ai nostri padri e di persona interrogava i torturati. Ma da tutte le sanguinose inchieste qual fu il delitto scoperto? « Tutto il delitto de’ cristiani, scrive egli a Traiano, è di assembrarsi in alcuni giorni innanzi l’aurora per cantare ad onore di Cristo degli inni, come ad un Dio; obbligarsi con sacramento di non commettere alcun delitto, di guardarsi dal commettere furti, adulterio, spergiuro. Ne ho torturato ben molti, ma non li trovo colpevoli, che di una falsa ed eccessiva superstizione » [Epist. lib. x, ep. 97]. – Discorrendo della santità de’ nostri antenati mi son dilungato alquanto, perché dessa, a mio modo di credere, è la presunzione la più forte in favore del segno della croce. Quando uomini di questa tempra si mostrano al cospetto della morte tenerissimi di qualche uso, è mestieri affermarlo più importante di quello, che i tuoi nuovi compagni lo reputano. – Terza presunzione in favore dei cristiani primitivi, è la pratica de veri cristiani ne’ secoli successivi. — L’Oriente e l’Occidente hanno visto formarsi tosto delle comunità religiose di uomini e di femmine. In questi asili separati dal mondo lo spirito evangelico e le apostoliche tradizioni sono conservate, se non immobilmente, per lo meno con la maggior fedeltà e verità. Fra gli antichi usi conservati con particolare cura è il segno della croce. I nostri padri, scrive uno de’ loro storiografi, praticavano il segno della croce con grandissima frequenza e religione. Eglino si segnavano levandosi da letto ed avanti di collocarvisi, avanti il lavoro, sortendo di monastero e dalle celle, e quando vi entravano. A mensa segnavano di croce il pane, il vino, ciascuna vivanda [Marlene De antiq. monach. ritib. lib. 1, c. I, n. 35 etc.]. -Nel mondo, fuori di questi asili, il segno redentore cammina su di una linea parallela. Tutti quei grandi nomi che nel corso di cinque secoli si sono succeduti in Oriente ed Occidente, quei geni impareggiabili, che sono detti Padri della Chiesa: Tertulliano, Cipriano, Atanasio, Gregorio, Basilio, Agostino, Crisostomo, Girolamo, Ambrogio, e tutti gli altri, il cui catalogo spaventa l’orgoglio, e lo schiaccia col suo peso; tutte queste sublimi intelligenze facevano assiduamente il segno della croce, ed inculcavano a tutti i cristiani di eseguirlo in ogni occasione. – Ho detto i Padri della Chiesa essere grandi geni e grandi uomini. Se come tali li presenterai a’ tuoi compagni, attenditi un sorriso di compassione. Non voler loro portarne astio; i poveri giovani conoscono i Padri della Chiesa, come gli antipodi. Invece domanda loro quello ch’eglino intendano per grande uomo, ed in mancanza di loro risposta ecco la mia, di che potrai al bisogno far uso. – Chiama “grandi uomini” coloro, che con genio elevato, profondo, esteso abbracciano l’orizzonte del mondo della verità; che conoscono le scienze, gli uomini e le cose non superficialmente, ma ne’ loro principii, nel loro scopo ed intima natura; non la sola materia, ma anche lo spirito; non l’uomo solo, ma pur l’angelo; non la sola creatura, ma ancora il suo Creatore; non sol quanto è al di qua della tomba, ma eziandio quanto è oltr’essa. Di tutto non solo le singole parti, ma l’insieme, di che sanno far scaturire delle luminose ed inattese applicazioni al perfezionamento della umanità. – Ecco il genio, ed ecco il padre della Chiesa! Tu puoi ben sfidare i tuoi compagni di trovare fra gli antichi ed i moderni qualcuno, che abbia meglio, o così bene in sé attuata la definizione del grand’uomo. Per quanto siano salite in fama le specialità attuali in chimica, in fisica, in meccanica, in industria, non sono, né geni, né grandi uomini. L’uomo, il cui sguardo abbraccia una sola legge dell’armonia universale, non merita il nome di genio; come non si chiama gran musico chi non sa far sortire dal suo strumento che un suono solo, ma quello che fa vibrare armonicamente tutte le corde. – Il tempo non mi consente compiere la lettera questa sera, il seguito a domani.
LETTERA TERZA.
28 novembre.
Ora, mio caro amico, senza eccezione alcuna tutti questi grandi geni facevano il segno della Croce, come devote giovanette. Questi lo facevano continuamente e non rifinivano dall’inculcare i cristiani di eseguirlo in tutte le occasioni. Fare il segno della croce sopra di quelli che mettono in Gesù Cristo ogni loro speranza, dice uno di loro, è cosa fra noi notissima, e studiosamente eseguita, “Primum est et notissimum” [S. Basil. De S. S. c. xxvii]. – Un altro: La croce è dappertutto: presso i re ed i sudditi, gli uomini e le femmine, le vergini e le spose, gli schiavi ed i liberi, tutti segnano di esso il membro più nobile, la fronte…. Non vogliate sortire dalla vostra abitazione senza dire: “Rinunzio a satana, e sono seguace fedele di Cristo”, e senza accompagnare queste parole col segno della croce: “cum hoc verbo et crucem in fronte imprimas” [Grysost. Hom. xxi, ad pop. Antioch.]. – Ed un altro: Noi dobbiamo segnarci ad ogni operazione che ci occorre compiere nel corso del giorno; “omne diei opus in signo facere Salvatori” [S. Ambr. Serm. XLIII]. – E Gaudenzio, il gran vescovo: « Il segno della croce sia fatto constantemente sul cuore, sulle labbra, e sulla fronte, al pranzo, al bagno, al letto, entrando o sortendo da casa, nella gioia e nella tristezza, stando seduto ed in piedi, parlando, camminando, a dir corto, in ogni operazione: “verbo dicam, in omni negotio”. Facciamolo sul nostro petto e sopra tutte le membra, onde l’intero nostro corpo sia difeso da questa invincibile arma de’ cristiani : “armemur hac insuperabili christianorum armatura” [S. Gaud. Ep. Brix Traet. de leet. evang., S. Ciril. Hier. Cateen, iv, n. 14. – S. Ephrem. de Panoplia]. – Fino agli estremi di loro vita, confermando le parole coi loro esempi, noi vediamo questi geni morire, come l’illustre Crisostomo, questo re della eloquenza, segnandosi del santo segno redentore. Il fiore de’ cristiani formato a questa scuola ne imitava gli esempi. Girolamo parlando di Paola, di questa discendènte degli Scipioni, ci dice: Dessa, sul punto di rendere la. sua bell’anima, quando ci era già impossibile più intendere le sue parole, aveva il dito sulla bocca, e, fedele al pio uso, ella disegnava la croce sulle sue labbra [Ad Eustoch. De Epiph. Paulae. -; Vita cap. XV]. – Attraversiamo i secoli ed accenniamo qualche anello della catena tradizionale. Senza far parola degl’immortali imperatori, legislatori e guerrieri ad un tempo, Costantino, Teodosio, Carlomagno, fedeli al pio uso di segnarsi del santo segno della croce, arriviamo al migliore de’ re, che abbia avuto la Francia, S. Luigi. Il suo amico ed istoriografo “de Joinville” scrive di lui: « Il re cominciava dal segno della croce la tavola, il consiglio, la guerra, tutte le sue azioni »(Vita cap. XV). Del cavaliere senza paura e senza rimprovero, Baiardo, ferito a morte, ultimo gesto fu il segno della croce, ch’egli fece con la spada. – La potenza cattolica e la potenza musulmana si trovano di rincontro nel golfo di Lepanto, rappresentate da due flotte che sorpassavano il numero di quattrocento vele. Da questa guerra dipende il trionfo della civiltà, o quello della barbarie, i destini dell’Europa sono nelle mani di Don Giovanni d’Austria. L’eroe cristiano innanzi di dare il segno della battaglia si segna, ed i capitani lo imitano. L’islamismo non ancora può rifarsi della completa rotta, che ne riportò. Ma non pertanto un secolo più tardi voleva riparare le sue perdite. Le sue orde innumerevoli si avanzavano fin sotto le mura di Vienna. Sobieski accorre con forze che sono un nulla al confronto di quelle dell’inimico. Ma Sobieski è cristiano. Innanzi di discendere nel campo della battaglia fa segnare di croce la sua armata, e se stesso segua di una croce vivente, ascoltando la Messa con le braccia distese in forma di croce. “Per questo segno, dice un guerriero cristiano, il visir fu battuto”. – Non la finirei, mio caro, se volessi narrare tutti i fatti storici che confermano la frequenza e la perpetuità di questo segno, presso i veri cristiani di tutti i secoli e di tutte le condizioni, sì nel mondo, che ne’ chiostri dell’Oriente e dell’Occidente. Questa gloriosa tradizione non è una presunzione rispettabile in favore de’ nostri maggiori della Chiesa primitiva? Che cosa mai ne pensano i tuoi compagni? – Quarta presunzione in favore de’ primi cristiani è l’uso della Chiesa. I secoli, e con essi gli uomini cangiano leggi, abitudini, mode, linguaggio, maniera di vedere e di giudicare: tutto si modifica. Solo la Chiesa non cambia mai, immutabile come la verità di che è maestra, quanto essa insegnava e faceva ieri, insegna ed opera quest’oggi, insegnerà ed opererà domani e sempre [alcuni pagliacci, impostori bastardi della sinagoga di satana, introdottisi oggi nella Chiesa, sostengono senza vergognarsi, che la Chiesa deve cambiare … “dai loro frutti li giudichiamo” – ndr. -]. Qual è il suo pensiero e la sua condotta sul conto del segno della croce? Nulla v’ha, su di che meglio si mostri la sua divina immutabililà. Da più di 18 secoli si può dire, che la Chiesa vive del segno della croce: un istante solo non lascia di praticarlo. Comincia, continua, compie ogni operazione con questo segno. Di tutte le sue pratiche il segno della croce è la principale, la più comune e familiare, desso è l’anima de’ suoi esorcismi , delle sue preghiere e benedizioni. Quanto essa opera al presente nelle nostre basiliche sotto i nostri occhi, essa operava nelle catacombe al cospetto de’ nostri padri. Senza il segno della croce, dicono essi, nulla si fa tra noi legittimamente, niente è santo e perfetto [“Sine quo signo nihil est sanctum, neque alia consecratio meretur effectum”. S. Cypr. de bapt. chr. “Quod signum nisi adhibeatur, nihil recte perficitur”. S. Aug Tract. 188 in Joan. n. 5]. – Il potere della Chiesa, come quello del suo Fondatore, si esercita sulle persone e sulle cose, si estende sino al cielo e per tutta la terra : “Data est mini omnis potestas”. Come la esercita essa? Per lo mezzo del segno della croce. Quanto essa destina a’ suoi usi, l’acqua, il sale, il pane, il vino, il fuoco, le pietre, il legno, l’olio, il balsamo, il lino, la seta, il bronzo, i metalli preziosi, tutto segna di croce. Quanto appartiene ai suoi figli, le loro dimore, i campi, gli armenti, i loro strumenti da lavoro, le invenzioni di loro industria, di tutto prende possesso col segno della croce. Vuole dessa preparare al Signore del cielo un’abitazione sulla terra? Innanzi tutto la croce deve conservare lo spazio che occuperà l’edilizio. Niuno, dicono i Concili, si permetta innalzare una Chiesa, innanzi venga il Vescovo e vi faccia il segno della croce per scacciare satana [“Nemo Ecclesiam aedificet, antequam Episropus civitatis veniat et ibidem crucem figat: addit glossa, ad abigendas inde daemonum phantasias”. (Novella T, paragraph. I. Cap. Nem. consecrat. dist. 1]. – Il segno della croce è il primo mezzo, di che usa per benedire i materiali del tempio, e per ben venti volte lo esegue sul pavimento, sui pilastri, e l’altare, e per renderlo immobile fa sormontare il tempio da una croce di ferro. Quando i suoi figli verranno nella casa di Dio, che faranno eglino avanti che ne passino la soglia? Il segno della croce. Da qual cosa i capi della preghiera, i vescovi ed i preti cominceranno a celebrare le lodi dell’ Altissimo? Dal segno della croce. Quando al principio de’ santi uffizi noi facciamo il segno della croce accompagnandolo con le parole: “Signore venite in mio soccorso”; è come se dicessimo, scrive un’antico liturgista: “Signore, la vostra croce è il nostro aiuto”: la mano ve ne rappresenta il segno, e la lingua vi prega. satana è il condottiere di tutti i nostri nemici; egli governa il mondo, e solletica la nostra carne. Ma se voi, o Signore, verrete in nostro soccorso con la vostra croce, esso e tutti i nostri nemici verranno messi in fuga. – Ecco la sua condotta per 1’uomo tempio vivo della Trinità. Quello, che opera sopra di lui quando sorte dal seno materno, è il segno della croce; e quando l’uomo entra nel seno della terra, la Chiesa dello stesso segno l’adorna. Questo è il primo saluto e l’ultimo addio, ch’ella usa col figlio della sua tenerezza. E quanti segni di croce lungo il tempo interposto fra la tomba e la culla? Al Battesimo, quando egli diviene figlio di Dio, lo segna di croce; nella Confermazione, sul punto di divenire soldato della virtù, lo segna di questa croce; nella Eucaristia, quando riceve il pane degli angeli, lo segna parimente; alla Penitenza, dove l’uomo riacquista la vita divina, il segno redentore è eseguito sopra di lui; nella estrema Unzione, dalla quale trae forza per l’ultima battaglia, la croce lo segna; nell’Ordine e nel Matrimonio, in questa associazione alla paternità divinar la Chiesa onora l’uomo con questo segno. [“Si regenerari oportet, crux adest; si mystico cibo nutriri, si ordinari, et si quidvis aliud faciendum, ubique nobis adest hòc victoriae symbolum”. (S. loan. Chrysot. in Matth, homil. 54, n. 4). “Quod Signum nisi adbibeatur frontihus crederitium, sive ipsi aquae in qua regenerantur, sive oleo quo chrismate unguntur, sire sacrificio quo aluntur, nihil eorum recte perficitur. S. August, in Joan, iract. 128, n. 5]. – Ma v’ha di più. Quando la Chiesa nella persona del Sacerdote ascende l’altare armato della onnipotenza con che comanda, non più alla creatura ma al Creatore, non all’uomo ma a Dio, il cielo si apre alla sua voce, ed il Cristo rinnova tutti i misteri della sua vita, della sua morte, e della gloriosa risurrezione; v’ha alto alcuno da eseguire con maggiore solenne gravità, e da cui è da eliminare accuratamente quanto potrebbe essere straniero e superfluo? Ora nel corso di questa azione per eccellenza, che cosa fa la Chiesa? In essa più che in ogn’altra moltiplica il segno della croce; dessa si ravvolge nel segno della croce; cammina attraverso questo segno, lo ripete sì soventemente, che il numero di questo potrebbe sembrare esagerato, se non fosse profondamente misterioso. Sai tu quante volte il prete esegue il segno della croce lungo il tempo della Messa? Egli lo fa quarantotto volte. Dico male: per quanto dura il Sacrificio, il prete è un segno di croce vivente. – E la Chiesa Cattolica, la grave istitutrice delle nazioni, la grande maestra della verità, si compiacerebbe di ripetere in sì solenne azione, un segno inutile, superstizioso, o di nessuna importanza! Se i tuoi compagni lo credono, a torto sono increduli; non mancano di credulità. La condotta della Chiesa e de’ veri cristiani di tutti i secoli, è una presunzione vittoriosa in favore de’ nostri antenati. – La quinta presunzione in favore de’ primi cristiani sono “quelli che non fanno il segno della croce”. Sulla terra v’hanno sei categorie di esseri che non fanno il segno della croce. I pagani: Cinesi, Indiani, Tibetani, Ottentotti, i selvaggi dell’Oceania, gli adoratori d’idoli mostruosi, i popoli profondamente degradati, e non meno infelici; questi non fanno il segno della croce. I maomettani: simili agli immondi animali pel sensualismo, ed alle tigri per la ferocia, sono automi del fatalismo; questi, non si segnano. I giudei: incrostati di falde di profonda superstizione, sono una pietrificazione vivente di una razza scaduta; questi neanco si segnano. Gli eretici: settari orgogliosi a segno da voler riformare l’opera di Dio, e cui toccò in sorte perdere fin l’ultimo lembo di verità, “io posso, scriveva non ha guari uno de’ ministri prussiani, scrivere sull’unghia del mio pollice quanto v’ha di comune credenza fra i protestanti”: i protestanti non hanno il segno della croce. I cattivi cattolici: rinnegati del loro Battesimo, schiavi del rispetto umano, superbi ignoranti, che parlano di tutto del tutto, ignoranti, adoratori del dio ventre, del dio carne, del dio materia, e la cui vita è sozza al pari d’immondo limo: questi del pari non si segnano. Le bestie: bipedi e quadrupedi di tutte le specie; cani, gatti, asini, muli, cammelli, i barbagianni, i coccodrilli, le ostriche, gl’ippopotami, questi non si segnano. – Tali sono le sei categorie di esseri che non fanno il segno della croce. Se nei tribunali il carattere morale degli accusatori e dei difensori contribuisce grandemente, innanzi lo stesso esame della causa, a formare l’opinione de’ giudici; lascio a te stesso pensare se il carattere di quelli che non fanno il segno della croce sia una presunzione favorevolissima pei primi cristiani! – A dir breve, relativamente al segno della croce frequentemente eseguito, il mondo è diviso in due campi opposti. A favore: gli ammirevoli cristiani della primitiva Chiesa, gli uomini di gran santità, i più grandi geni dell’ Oriente e dell’ Occidente, i veri cristiani di tutti i secoli, la Chiesa cattolica istessa, maestra di verità. – Contro: i pagani, i maomettani, i giudei, gli eretici, i cattivi cattolici e le bestie. – Mi pare che tu possa di già pronunziarti. Ma meglio lo potrai quando saprai le ragioni, che condannano gli uni e giustificano gli altri. Te le dirò nelle seguenti lettere.
LETTERA QUARTA.
29 novembre.
« Per me, tu mi dici, mio caro Federico, la questione è giudicata. Giammai potrei credere che Iddio avesse dato la verità ed il buon senso a’ suoi nemici, condannando all’errore, ed alla superstizione i migliori amici suoi ». – Questa confessione mi consola, e non mi sorprende. Il tuo spirito cerca la verità, ed il tuo cuore non la rigetta. Se tutti fossero nella stessa disposizione, il compito d’apologista sarebbe facile, ma sventuratamente l’è tutto altrimenti! Nella maggior parte delle controversie, e principalmente nelle controversie religiose l’uomo discute non con la sua ragione, ma con le proprie passioni. Non per la verità, ma per la vittoria egli combatte. Triste vittoria, che conferma la sua schiavitù all’errore, ed al vizio. – Quello, che so de’ tuoi compagni e di altri pretesi cattolici del nostro tempo, mi fa temere ch’eglino agognino a siffatta vittoria. Io li amo, devo loro disputarla: e, per squarciare tutte le bende, in che si ravvolgono, e per illuminare la tua convinzione, voglio esporti le ragioni intrinseche, che giustificano l’inviolabile fedeltà de’ veri cristiani al frequente uso del segno della croce. Ma facciamo innanzi giustizia alla grande obiezione de’ moderni disprezzatori del segno adorabile. “Altri tempi, altri costumi”, eglino dicono. Quanto era utile ed ancora necessario ne’ primi secoli della Chiesa, non l’è più di presente. I tempi si cambiano: è da vivere col proprio secolo. – San Pietro risponde loro, che: “Gesù era ieri, egli è oggi, egli sarà lo stesso ne’ secoli de secoli”. Tertulliano aggiunge : “il Verbo incarnato si chiama verità, e non consuetudine”. Ora la verità non cambia. Quello, che gli Apostoli e i cristiani della primitiva Chiesa, i veri cristiani di tutti i secoli hanno creduto utile, e fino ad un certo punto necessario, non ha finito di esserlo. Io oso affermare, che di presente è più necessario che in altri tempi. Il che è reso manifesto da’ caratteri di somiglianza che esistono fra le posizioni de’ cristiani de’ primi secoli, e quella de’ cristiani del secolo decimonono. – Qual era la posizione de’ nostri padri della Chiesa primitiva? Dessi erano al cospetto di un mondo non cristiano, che non voleva divenirlo, che non voleva che altri lo fosse, che perseguitava a morte quanti si ostinavano ad esserlo. E noi, non siamo noi in faccia di un mondo, che cessa di essere cristiano, che non vuole divenirlo di nuovo, che non vuole che altri lo sia, che perseguita, or con scaltrite arti, ed or con la forza quelli che coraggiosi professano il Cristianesimo? Se, in una eguale posizione i primi cristiani, disciplinati alla scuola apostolica, hanno riconosciuto necessario l’uso frequente del segno della croce, quali ragioni avremmo di abbandonarlo? Siam noi forse più abili, o più forti? I pericoli sono meno grandi, i nemici in minor numero, o meno perfidi ? Il proporre simili questioni, è un averle risolute. Passiamo innanzi! – Fino al presente, mio caro Federico, ho fatto valere le circostanze esteriori della causa; ora è mestieri difenderla a fondo, deducendo le ragioni dalla natura del segno stesso della croce. Queste per te, per me, per tutti gli uomini siffattamente si riassumono: “Figli della polvere, il segno della croce è un segno divino che ci nobilita”; – “Ignoranti, il segno della croce è un libro che ci istruisce”; “Poveri, il segno della croce è un tesoro, che ci arricchisce”; “Soldati, il segno della croce è un’arma, che dissipa l’inimico; “Viaggiatori verso il cielo, il segno della croce è una guida che ci conduce. – Prendi la tua toga, siedi da giudice, ed ascolta!: “Figli della polvere, il segno della croce è un segno divino che ci nobilita”. Chi è, dimmi, questo essere che viene al mondo piangendo, soggetto come il più piccolo degli animali a tutte le infermità, incapace più di lui, e per maggior spazio di tempo, di soddisfare a’ suoi bisogni? Che l’uomo si chiami principe, re, imperatore; che la donna abbia titolo di contessa, duchessa, imperatrice, non ne vadano gonfi; poiché uno sguardo retrospettivo insegnerà loro, ch’eglino sono questo essere. Questo essere è 1’uomo, verme nel suo principio, e cibo de vermi nella tomba. [“Primam vocem similem omnibus emisi plorans. In involumentis sum, et curis magnis. Nemo enim ex regibus aliud habuit nativitatis initium”. (Sap. VII. 11)]. – Questo essere tanto infermo, sì nullo, e sì vergognosamente confuso con i deboli e vili animali lungo i primi anni di sua esistenza, è spinto d’altronde a rassomigliarlo pe’ suoi instinti. Nonpertanto, questo essere é l’immagine di Dio, il re della creazione, egli non deve degradarsi. Dio lo tocca alla fronte, v’imprime un segno divino, che la nobilita, e la nobiltà obbliga. Rispettato dagli altri, egli rispetterà se stesso. Queste lettere di nobiltà, questo segno divino, è il segno della croce. – È divino, che viene dal cielo e non dalla terra: l’è divino, ché il padrone può solo marcare i suoi prodotti. Desso viene dal cielo, perché la terra confessa di non essere suo trovato. Percorri tutti i paesi, e tutti i secoli, in nessun luogo tu troverai l’uomo che abbia immaginato il segno della croce, il santo che l’abbia insegnato, come proprio insegnamento; il Concilio, che l’abbia imposto come suo precetto. La tradizione lo insegna, la consuetudine lo conferma, la fede lo pratica » [“Harum et aliarum hujusmodi disciplinarum si legem expostules, scripturarum nullam invenies. Traditio te praetenditur autrix, consuetudo confirmatrix, et fides observatrix”. Ter. de Coron. c. III]. – Così Tertulliano: e per esso tu ascolti la voce della seconda metà del secondo secolo. S. Giustino [“Dextera manu in nomine Cbristi quos cruci« signo obsignandi sunt, obsignamus”. Quaest. 118] parla per la prima, e ti apprende non solo la esistenza, ma il modo con che tale segno era fatto, è con ciò noi siamo a’ tempi primitivi, tempi di memoria eterna, che gli eretici stessi chiamano l’età d’oro del Cristianesimo, sì per la purezza della dottrina, che per la santità de’ costumi. Ora, noi vi troviamo il segno della croce in piena pratica in Oriente, come in Occidente. – Diamo qualche passo, e daremo la mano a S. Giovanni, quello, che sopravvisse a tutti gli Apostoli. Vedi il venerabile vecchio, che fa il segno della croce su di una coppa avvelenata, e beve il micidiale liquore impavidamente [S. Simeon: Metaph. in Joan.]. Un po’ più lontano, ed ecco i suoi più illustri colleghi, Pietro e Paolo. Come Giovanni il discepolo amato dal divino Maestro, Pietro e Paolo, principi dell’apostolato, fanno religiosamente il segno della croce, e l’insegnano dall’oriente fino all’ occidente, a Gerusalemme, in Antiochia, ad Atene, a Roma, ai Greci ed ai barbari. Ascoltiamo un irrecusabile testimone della tradizione, « Paolo, dice santo Agostino, posto dappertutto il reale stendardo della croce, pescagli uomini, e Pietro segna le nazioni col segno della croce » [“Circumfert Paulus Dominicum in cruce vexillum. Et iste piscator hominum, et ille titulat signo crucis gentiles”. S. Joan Chrys. Ser. XXVIII]. – Né solamente eglino lo eseguono sugli uomini, ma sulle creature inanimate, e vogliono che altri ancora il facesse. Ogni creatura di Dio è buona, scrive il grande Apostolo, non è da rigettare alcuna cosa, che possa riceversi con rendimento di grazie; poiché dessa è santificata dalla parola di Dio, e dalla preghiera. Questa è la regola: quale n’é il senso? Nel diritto se v’ha un testo oscuro, come si chiarisce? Per chiarirlo, si consulta l’interprete il più autorizzato, ed il più vicino al legislatore: la sua parola è legge. Ascolta la parola la più autorizzata dall’Apostolo S. Paolo, S. Grisostomo « Paolo, egli scrive, ha stabilito qui due cose: la prima che nessuna creatura è immonda: la seconda, che se lo fosse, facile cosa sarebbe purificarla. Segnala del segno della croce, rendi grazia e gloria al Signore, e detto fatto, l’immondizia partirà » [“Duo capita ponit, unum quidem quod creatura nulla communis est. Secundo, quod etsi communis sit, medicamentum in promptu est. Signum Uli crucis imprime, gratias age, Deo gloriam refer, et protinus immunditia omnis abscessit”. In Tim. Bom. XII]. – Ecco l’insegnamento apostolico. I principi degli Apostoli non solamente facevano questo segno adorabile sulle cose inanimate, e sopra i popoli che accorrevano alla fede, ma sopra se stessi. Questo segno adunque esisteva prima di loro. Paolo il persecutore è rovesciato lungo il cammino di Damasco, perché divenga l’apostolo del Dio, ch’egli perseguita. Quale sarà il primo atto del Dio vincitore sul nobile vinto? Sarà segnarlo del segno della croce. “Va, dice Egli ad Anania, e segnalo del mio segno”. [“Vade ad eum, et signa eum charactere meo”. S. Aug. Ser. l et Ser. XXV, De Sanctis]. – Chi è dunque l’autore e institutore del segno della croce? Per trovarlo è da sormontare tutti i secoli, tutte le cose visibili, tutte le gerarchie angeliche, per venire fino al Verbo eterno, alla verità stessa. Ascolta un altro testimone, perfettamente in grado di saperlo, e che ha confermato la testimonianza col suo sangue. Ho nominato l’immortale vescovo di Cartagine, S. Cipriano. « Signore, egli esclama, sacerdote santo, voi ci avete legato tre cose che non periranno giammai : il calice del vostro sangue, il segno della croce e l’esempio de’ vostri dolori. » [“Tu Domine, sacerdos sáncte, constituisti nobis inconsumptibiliter potum vivificum, crucis Signum, et mortificationis exemplum”. Serm. de Pass. Christi.]. Santo Agostino aggiunge: Siete voi, o Signore, che avete voluto questo segno impresso sulla nostra fronte. [“Signum suum Christus in fronte nobis fligi voluit”. In psal. 130]. – Sarebbe facile citare venti altri testimoni; ma perché scrivo delle lettere, e non un libro, mi arresto. Il segno della croce è un segno divino: ecco un fatto constatato per la discussione. Ve n’ha un altro, di che sarà parola domani.