[Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. II -1851-]
(Vangelo sec. S. Luca XIV, 1-11)
-Rispetti Umani-
L’odierno Vangelo ci presenta Gesù Cristo Vincitore degli umani rispetti. Vien Egli invitato da un capo e principe dei Farisei ad onorevole convito. Oh! direte voi, questa volta i Farisei han conosciuto il merito di Gesù Nazzareno. V’ingannate. Lo chiamano a mensa per potere più da vicino spiare le sue azioni; ma queste, sono talmente a norma d’ogni eccellente virtù, che non trovano onde intaccarlo. Era innanzi a Lui un uomo gonfio per idropisia, forse dai Farisei introdotto a disegno, per osservare che cosa farebbe quest’uomo operatore di miracoli, pensando fra loro: O Gesù lo guarisce, e così si fa reo di violato precetto, essendo giorno di sabato; o lo rimanda, e mostra temere, le nostre censure. Ma l’incarnata Sapienza che vede le inique loro mire li fa cadere nel laccio che teso gli avevano, e prende ad interrogarli così: “è egli lecito in giorno di sabato curar gli infermi?” Si mirano i Farisei l’un l’altro in volto, e non sanno che rispondere. Se dicono esser lecito, vengono ad approvare quel che più volte hanno in Lui condannato. Se rispondono di no, temono restar convinti della sua dottrina, della quale tanto volte hanno sperimentato la forza onde si appigliano al più sicuro partito di un perfetto silenzio. Il Salvatore allora stesa la mano all’idropico lo risanò sull’istante. Volto indi agli stupefatti Farisei: “Chi di voi, disse, se gli cade in giorno di sabato l’asino o il bue in una fossa, non si adopra per rialzarlo? E se ciò vi credete permesso, perché condannarmi di trasgressore della legge, se sollevo dalla loro miseria i poveri infermi?” Così parlò, così operò Cristo Gesù in faccia ai suoi nemici: così parlò così operò in tante occasioni consimili, qualora lo richiedeva la carità e la gloria del suo divino Padre, senza punto temere la critica e la censura dei suoi avversari, senza far conto di alcun umano riguardo. Esempio così luminoso com’è seguitato da’ cristiani? Oh Dio! La maggior parte si lascia dagli umani rispetti ritirare dal bene, o trascinare al male. Ad impedir disordine tanto notevole, son qui a dimostrarvi quanto son da disprezzarsi i rispetti umani. Diam principio. – Per ragion di chiarezza, per dare qualche ordine all’argomento, io distinguo una gran parte di cristiani in due classi: nella prima coloro che sono fuori del sentiero della salute, e vorrebbero entrarvi, ma dagli umani rispetti, come da tanti lacci, sono ritenuti; nella seconda quei che battono la via della salute, e dagli umani riguardi, come da tante funi, sono tirati ad uscirne. Vediamo quanto gli uni e gli altri debbano disprezzare i rispetti umani, se pur vogliono salvarsi. – Molti dopo aver corsa la strada dell’iniquità, son costretti a confessare d’esserne stanchi: “Lassati sumus in via iniquitatis” (Sap.V, 7). Ammaestrati e convinti dalla propria esperienza, che il peccato non può far il cuore contento, ch’è un dolce veleno, un verme che rode, che rende tristi i giorni ed inquiete le notti, vorrebbero lasciar la mala vita, e darsi a Dio. Ma, … e che dirà il mondo? Se giovani, ci deriderà come pinzocheri; se vecchi, come rimbambiti. Io vedo, dice taluno, e tocco con mano che il giuoco è la mia rovina, rovina dei miei affari e della mia famiglia, conosco la necessità d’abbandonarlo; ma dirà il mondo che non ho più danari, o che la moglie me lo ha proibito. Sono stufo, ripiglia un altro, di più tener corrispondenza con quella lupa, con quell’arpia che mi mangia vivo. Conosco esser necessario per me il non metter più piede in sua casa; ma se me n’allontano, dirà il mondo, che i suoi sospetti erano fondati, o che ne fui via scacciato. E intanto per timor di: “cosa dirà il mondo?” non si lascia il giuoco, non si tronca la rea amicizia, si vive in peccato, e si muore in peccato. Gran forza han queste poche parole: “Che dirà il mondo?” Ma in grazia, di qual mondo parlate? V’è un mondo riprovato, iniquo, maledetto, per il quale Gesù Cristo si protestò di non pregare, “non pro mundo rogo” ( Giov. XVII, 9), mondo maligno, anzi, al dir di S. Giovanni Evangelista, tutto immerso nella malignità, “mundus totus in maligno positus est” (Giov. V, 19). I seguaci di questo che dicono male, son minacciati di funesti guai, “vae qui dicitis malum bonum, et bonum malum” (Is. V, 20). Da costoro la virtù si chiama vizio, e vizio la virtù, la devozione ipocrisia, le pietà superstizione, la sincerità stoltezza, destrezza l’inganno, sagacità la bugia, industria la mala fede. Domando ora a voi, ascoltatori di buon giudizio, se un mondo di questa fatta merita di esser ascoltato? Qual conto si deve far delle sue parole? Meno di quel d’un matto. Evvi un’altra parte di mondo onesto, virtuoso, che Gesù Cristo dice non esser venuto a giudicare, “non veni ut iudicem mundum” (Giov. XII, 17). Gli uomini che lo compongono, son di buon senno, buoni cristiani, gente d’onore e di riputazione, e questi approveranno la mutazione di vostra vita, e loderanno la riforma di vostra condotta. Il mondo dunque che voi temete che parli, che dica di voi, si riduce a un pugno di cicaloni, di scostumati, dai quali esser mal veduto e biasimato è una gloria per l’uomo onesto; siccome gloria è del sole l’esser odiato dai gufi, dalle nottole, dai pipistrelli e da tutti gli altri uccelli notturni. Ecco a che è ridotta l’idea gigantesca di quel mondo, di cui temete le dicerie. Un pugno di screditate persone è quell’esercito che vi spaventa, quel tiranno che vi fa schiavi, quell’idolo a cui sacrificate la vostra pace, l’anima vostra, l’eterna vostra salvezza. – V’è di più. Quegli scipiti, che dal savio cambiamento di vostra condotta piglieranno motivo a deridervi, saranno poi costretti a lodarvi; e ciò perché la virtù ha tanta forza, che fa colpo anche in un animo avverso, e si fa stimare anche dai nemici. Volete vederlo? Ecco là nel campo di Dura una statua d’oro, che, per ordine di Nabucodonosor, tutto l’immenso popolo adunato, al suono di trombe e di mille musicali strumenti, deve adorarla. Al dato segno tutti si prostrano. Tre giovani Ebrei non vogliono piegare né ginocchio, né fronte. Acceso di collera il superbo regnante ad essi intima o l’adorazione prescritta, o l’esser gettati vivi nel seno d’ardente fornace: “e qual Dio, conchiude, potrà liberarvi dalle mie mani?”. “Quel Dio, rispondono, che non conosci, e che noi adoriamo, potrà liberarci se vuole. Che se tale non fosse la sua volontà, la nostra è questa: la tua statua non vogliamo adorare”. Non si contiene il disubbidito monarca, e all’impetuoso suo comando sono precipitati in mezzo a fornace ardentissima. Ma il fuoco di questa rompe al di fuori a vampe immense, divora i ministri esecutori dell’empio comando, e lascia illesi i tre costanti giovani, che in mezzo alle fiamme benedicono il Signore, e cantano le sue lodi. A questa vista confuso e stupefatto Nabucco: “uscite, ad alta voce esclama, uscite, venite fuori, o servi di Dio eccelso”, “egredimini, et venite” (Dan. III, 93), e sia benedetto il vostro Dio. Indi al cospetto de’ Satrapi e de’ Magistrati li loda, li encomia, e li promuove a gradi e a dignità nelle province del suo impero. – E perché, entra qui S. Giovanni Crisostomo, vengono questi così onorevolmente trattati da chi prima li odiava a morte? Perché, risponde, han calpestato il mondo, il mondo li esalta; perché han disprezzato il mondo, il mondo li onora; perché la virtù ha tanta forza da cangiar il cuore e farsi amare anche da’ nemici: “Postquam eos vidit Rex generose tantes, praedicavit, coronavit, quia contempserant”. – Un’altra classe di timorati fedeli cammina nella strada del Signore, e in questa strada tanti incontra pericoli, quanti sono gli umani rispetti. Stolto chi da questi si lascia vincere, ed abbandona il buon sentiero! Mi rivolgo ai tentati su di questo punto e dico: vi credete scansare le critiche del mondo col dare ascolto alle dicerie del mondo? Siete in errore. Fingete di esser chiamati, come lo fu il divin Salvatore, in giorno di sabato a lauto convito e vi siano presentati cibi proibiti. Sarà da compiangere la vostra stoltezza, se per timore di qualche motto schernevole venite a violare l’ecclesiastico precetto. Voi anzi incontrerete di peggio. Che potranno dire di voi se fedeli al vostro dovere spiegherete carattere, e vi darete il vanto d’essere buoni cattolici? Si dirà al più, se siete cosi scrupolosi, se avete ancora questi pregiudizi. Se poi per l’umano riguardo disubbidite a Dio ed alla Chiesa, aspettatevi pure irrisioni, e sarcasmi più ingiuriosi e pungenti. Chi teme la rugiada, dice lo Spirito Santo, sarà oppresso dalla neve: “Qui timent pruinam irruet super eos nix” (Giob. VI, 16) . Mirate, diranno, mirate costui che faceva il divoto: la gola ha smascherata l’ipocrisia, andatevi a fidar di questa gente. Lo stesso vi avverrà, se per non contraddire, o per non parer beghini, terrete mano ai discorsi immodesti, se non ributterete certe familiarità, se darete facile orecchio alle mormorazioni: lo stesso in mille altre occasioni e cimenti, in cui vi troviate al bivio, o di romperla con Dio o col mondo. Volgetevi a qualunque parte, è inevitabile la diceria. Il mondo non si può far tacere, col mondo non si può indovinare: pretendereste sfuggire i suoi morsi, le sue maldicenze, alle quali è stato soggetto un Uomo-Dio? Diviso era il popolo nel concetto di esso Lui; dicevano alcuni che era buono, altri dicevano: no, è un seduttore! (Giov. VII, 12). Se dunque tanto nel bene, quanto nel male schivar non si possono i rimbrotti del mondo insano, miglior partito sarà per noi l’appigliarci al bene, e star costanti nella carriera della cristiana virtù, e non lasciarci smuovere dal soffio delle bocche malefiche, per non correre la mala sorte di quegli uccelletti, dei quali parla S. Agostino nel Salmo novantesimo. Il cacciatore per farne preda stende in giro ai folti veprai, ove sono nascosti, sottilissime ragne; indi con schiamazzi, col forte dibattere delle mani fa tanto strepito, che quegli spaventati si danno a precipitosa fuga, e nel fuggire incappano nelle tese reti. Se quegli stolti si fossero tenuti fermi nel loro nascondiglio, avrebbero deluse le insidie del cacciatore. Tanto accade a chi teme le ciarle, e gli spauracchi del mondo: per un vano timore non contenta il mondo, e perde se stesso. – Or via, conchiudiamo, venite qua tutti voi che dagli umani rispetti vi lasciate tirare al male o rimuovere dal bene, udite su quest’ultimo il mio parlare. Sonerà per voi, suonerà per tutti, l’ultima ora: vi ridurrete al punto estremo: orsù siate coerenti a voi stessi: voi avete temuto le parole e i dileggiamenti del mondo, e perciò vi siete allontanati da’ sacramenti e dalle pratiche di devozione. Siate, ve lo ripeto, siate coerenti a voi stessi, fate altrettanto in questo punto, non vi confessate, non chiamate alla vostra assistenza né sacerdoti, né religiosi, andate incontro alla morte senz’alcun segno di cristiana pietà. Oh Dio! che dite voi mai? Sarebbe questo il massimo disonore delle nostre persone, e delle nostre famiglie: si direbbe di queste, che dappocaggine, che empietà lasciarli morire senza sacramenti, senza spiritual assistenza: si direbbe di noi che siamo morti da eretici, da atei, da bestie. Intendo, intendo: “Ah mondo tristo! Finché siamo in vita, ci biasima il mondo se ci accostiamo ai sacramenti: in punto di morte ci condanna se non riceviamo i sacramenti”. Che contraddizione è questa? Ah mondo falsario, mondo ingannatore! Chi dalle sue insanie prenderà la norma di sua condotta? Ben l’intesero i Santi che veneriamo sugli altari. Essi si son posti sotto de’ piedi gli umani rispetti, han disprezzato il mondo, ed ora il mondo li stima, li loda, li onora. Corriamo su le loro pedate, e vincitori del mondo arriveremo dov’essi pervennero, che Iddio cel conceda.