Il grande prestigiatore: Buan 1365/75

Il grande prestigiatore: Buan 1365/75

Bugnini

Il burattino di G.B. Montini, Annibale Bugnini, Buan 1365/75 [nome in codice della loggia] è stato senza dubbio il più grande prestigiatore di tutti i tempi. Egli ha infatti trasformato, ingannando senza che nessuno se ne accorgesse [tranne sparuti ben informati cani muti] e sotto gli occhi di tutti, la Santa Messa cattolica in un rito rosacrociano. E come ha fatto, con quale trucco? Il trucco sta essenzialmente nell’Offertorio che precede la consacrazione. Esaminiamo la differenza tra la preghiera di sempre, 1) – il “Suscipe Sancta Trinitas” , e 2) – il “Benedetto sei tu…” del rito taroccato:

.1)- “Suscipe, Sancta Trinitas, hanc oblationem, quam tibi offerimus ob memoriam passionis,resurrectionis, et ascensionis Iesu Christi, Domini nostri, et in honorem beatae Mariae semper Virginis, et beati Ioannis Baptistas, et sanctorum apostolorum Petri et Pauli, et istorum, et omnium sanctorum: ut illis proficiat ad honorem, nobis autem ad salutem: et illi pro nobis intercédere dignéntur in casus, quorum memoriam agimus in terris. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen”. [Accetta, Trinità santa, questa oblazione che Ti offriamo in memoria della passione, della resurrezione e dell’ascensione del Signore nostro Gesù Cristo e in onore della beata Maria sempre Vergine, di San Giovanni Battista, dei santi apostoli Pietro e Paolo, dei Santi, le cui reliquie sono racchiuse in questo altare e di tutti i Santi; essa sia per loro sorgente d’onore e per noi causa di salvezza. Dal cielo si degnino di intercedere per noi essi la cui memoria noi celebriamo in terra. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Così sia].

.2) – “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna. Benedetto nei secoli il Signore. Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino, frutto della terra, e del lavoro dell’uomo; lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza. Benedetto nei secoli il Signore”.

 Nessuno si accorge di nulla, si estrae l’asso occulto ed occultato nella manica e … voilà, signori, il gioco è fatto! Ecco che l’offerta della Vittima pura ed immacolata, gradita infinitamente dal Padre, viene sostituita dai banalissimi “frutti della terra e del lavoro dell’uomo” esattamente quelli che Dio aborrisce; in Genesi IV, 3 leggiamo: … “Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore” …, frutti che il Signore non gradiva affatto! Ma questi frutti del lavoro dell’uomo, così sgraditi a Dio, che preferiva, guarda un po’ che gusti strani, l’ostia immacolata, l’agnello senza macchia che Gli offriva Abele destando l’invidia omicida di Caino, vengono portati nientemeno che al “signore dell’universo”, signore con la “s” minuscola e ne spiegherò il perché. Infatti ci siamo chiesti: perché la Santissima Trinità, espressione cattolica perfetta e totale, sia stata sostituita dal dio dell’universo … che forse indicano la medesima entità? “Benedetto sei tu, dio dell’universo” è una espressione della cabala giudaica. Non si dice infatti: “Benedetto sei tu Dio, Creatore dell’universo” …  figuriamoci poi il riferimento esplicito alla SS. TRINITA’, bensì: “Benedetto sei tu, dio dell’universo”, cioè dio Immanente all’universo, anima della materia. Questo è tipicamente cabalistico, morbo che ha infettato tutta la nuova delirante anti-teologia modernista! Pensavamo in verità, fino a poco fa, che queste considerazioni fossero esagerate, allucinazioni di inguaribili complottisti, che non si potesse in fondo mai arrivare a tanto, finché siamo stati colti dallo sgomento nel leggere in un testo del 1895 di Domenico Margiotta, noto esponente apicale della massoneria dell’ottocento, del palladismo, un provetto adoratore del baphomet-lucifero, quanto qui riportiamo con orrore: “Che cosa è dunque il Signore dei Cieli, se non è il Dio dei pigri, degli oziosi e dei vagabondi che immaginano lo spirito e si satollano di materia, che vivono di idee e consumano la realtà? Non c’è spirito senza materia e sono identificati l’uno all’altro, se no, il Signore dei Cieli è il Dio del Nulla; mentre Satana è invece, il dio dell’Universo! Il dio dell’Universo, poiché comprende in un solo essere spirito e materia, l’una non potendo sussistere senza l’altro. Quello solo deve essere per noi il dio che le governa tutt’e due, e quello è Satana”(Domenico Margiotta: Le palladisme: Culte de Satan-Lucifer dans les triangles maçonniques, Grenoble 1895, p. 44). Complimenti all’abile prestigiatore: il Sacrificio di Cristo offerto alla Santissima TRINITA’ per la Redenzione dell’umanità, si trasforma in un DEICIDIO offerto a lucifero, signore dell’universo. La Messa cattolica diventa il rito dei cavalieri rosa+croce, ove appunto l’agnello immacolato, decollato, con gli arti tagliati e gettati nel fuoco, viene offerto al baphomet-lucifero per la redenzione gnostico-satanica, il tutto sotto gli occhi di ignari, incoscienti e nolenti satanisti. Giustamente i poveri Cardinali Bacci ed Ottaviani, che nel loro “Breve Esame critico” avevano mosso dei rilievi fondati solo sugli aspetti teologici del “novus ordo”, erano stati tacciati di superficialità e scarso approfondimento. Stavolta Buan 1365/75 aveva ragione, perché nessuno aveva nemmeno lontanamente pensato all’aspetto satanico ed esoterico del nuovo rito!

Complimenti a Buan 1365/75, che senza farsene accorgere, coprendo bene il trucco, è riuscito in ciò che né Ario, né Lutero, né Calvino, né Socino, né Kranmer ed altri eresiarchi, nonostante si fossero profusi in sforzi erculei, erano riusciti mai a farlo: “… distruggere il Sacrificio di Cristo sostituendolo con l’incruento deicidio offerto a lucifero” … Chapeau maestro! E poi al trisagio ancora “santo, etc. … è il signore dio dell’universo”, si inneggia al prometeo-lucifero! Non c’è che dire, un sublime artista del prestigio! Santo, santo subito, come l’altro … santo subito nella sinagoga di satana!

(D. Qual è stata la conseguenza dell’abolizione della Messa?

R. Abolendo la Messa, essi hanno rubato a Dio Padre l’infinito onore che Gesù Cristo gli rende in essa, e a se stessi tutte le benedizioni che Gesù Cristo conferisce a coloro che assistono a questo santo Sacrificio con fede e devozione. « … così il peccato di quei giovani (i figli di Eli) era molto grande davanti al Signore perché avevano allontanato gli uomini dal sacrificio del Signore.” (1 Re II. 17).

D. Credi che Dio Padre ammetterà in cielo questi rapinatori del Suo infinito onore?

R. No certamente; perché se sono dannati coloro che rubano i beni temporali del loro prossimo, quanto più saranno dannati quelli che privano Dio del suo infinito onore e i loro simili delle infinite benedizioni spirituali della Messa).

[Michael Muller C.SS.R.: “Familiar Explanation of Christian doctrine …” pp. 102-103; Kreuzer Broth. Baltimore, M.D. Catholic Publication Society, New York, 1875]

santalfonso

“L’Anticristo cercherà di abolire ed abolirà realmente il Santo Sacrificio dell’Altare, in castigo dei peccati degli uomini”. [S. Alfonso M. de’ Liguori].

et revelatus fuerit homo peccati filius perditionis, qui adversatur, et extollitur supra omne, quod dicitur Deus, aut quod colitur, ita ut in templo Dei sedeat ostendens se tamquam sit Deus. (II Tess. II, 3-4].

Dopo qualche anno, il Dr. F. Adessa, si è ricordato di alcune lettere che Don Luigi Villa gli aveva affidato e la ha recentemente pubblicate nella rivista Chiesa Viva (*) (Lugl.-Ago- 2019),

Lettera del 14 luglio 1964

Caro Buan,

ti comunichiamo l’incarico,

che il Consiglio dei Fratelli ha stabilito per te d’accordo col Gran Maestro e i principi Assistenti al Soglio,

e ti obblighiamo:

  1. a far tuo il programma di Rocca, ex prete: “Si dovrà arrivare ad una nuova religione: dogma nuovo, rito nuovo, sacerdozio nuovo mediante la naturalizzazione dell’Incarnazione”.
  2. ad una inversione dell’autorità: “Le autorità della chiesa devono rimanere, ma limitarsi ad approvare le decisioni della base”.
  3. a diffondere la scristianizzazione mediante la confusione dei riti e delle lingue e mettere preti, vescovi e cardinali l’un contro l’altro: la babele linguistica e ritualistica sarà la nostra vittoria, come l’unità linguistica e di rito è stata la forza della chiesa”.
  4. a sceglierti gli elementi più adatti e segreti tra il clero e a segnalarceli subito perché vengano avvicinati e contrattati. Il tutto deve avvenire entro un decennio. Il tuo stipendio fisso di Lire 500.000 mensili potrà essere aumentato e raddoppiato secondo i successi.

A voce i particolari del tutto. Ti abbracciano i Fratelli del Consiglio uniti al Gran Maestro.

Al fratello Buan

(a mano).

Lettera del 21 luglio 1964

Gran Maestro Incomparabile

Consiglieri cari,

la Vostra del 14 c.m. mi obbliga anzitutto a ringraziarVi per la fiducia che riponete in me in tutta la realizzazione del programma del Fratello Rocca. In particolare:

  1. ho già scelto i collaboratori che vi presenterò personalmente e che Voi ingaggerete secondo i compiti specifici: sono esperti nelle varie materie e docenti nei vari Atenei Pontifici Romani.
  2. il mio compito sarà molto facile e raggiungibile in quanto che ho miei intimi il Cardinal LERCARO e lo stesso Paolo VI che mi dona la massima fiducia in tutto, per cui non sospetterà mai le mie relazioni con Voi. Farò il possibile perché il sacerdote (… illeggibile) diventi Cerimoniere Pontificio: allora tutto sarà più agevolato.
  3. la dissacralizzazione dovrà avvenire per gradi: perciò Vi prego di essere comprensivi nei miei riguardi. Occorre immettere elementi protestanti e ortodossi nella liturgia cattolica con la scusa dell’ecumenismo: poi la strada è aperta a tutto. Tutto questo richiede tempo, ma in dieci anni ci riusciremo. Mentre ripeto il mio fraterno ringraziamento, Vi assicuro di essere già al lavoro alacremente e presto verrò a trovarVi.

Vi abbraccia il Vostro Fratello (firmato: “Buan”)

AL GRAN MAESTRO

di Palazzo Giustiniani

(a mano)

Lettera del 6 aprile 1967

Gran Maestro, Consiglieri cari,

come avevo promesso, ormai è stata aperta la via alla dissacralizzazione con la pubblicazione ufficiale dell’Istruzione della Musica sacra del 5 marzo u.s. Come avrete potuto constatare, è un documento volutamente molto ambiguo e subdolo. Mentre infatti si ribadiscono certi principi tradizionali, quasi di passaggio e per non dare molto all’occhio, mi sono battuto perché fossero messi in rilievo alcuni punti:

  1. la parte preminente del popolo;
  2. la lingua volgare, prima della lingua ufficiale;
  3. la parte delle donne, che possono formare anche da sole una schola cantorum;
  1. i vari gradi di partecipazione, per cui si scompagina e si fraziona il sistema precedente, sino a non far cantare e partecipare più alcuno…
  2. libertà dei vari generi di composizione e di strumenti. Si sarebbe potuto far di più, ma, come già dissi a voce, c’è la grave difficoltà della Congregazione dei Riti, il cui segretario è un mio acerrimo nemico: Antonelli. Voi dovreste, tramite i nostri Fratelli Assistenti al Soglio, far abolire detta Congregazione e mettere me al posto di Antonelli.

Ma di questo ne parleremo a voce.

Cari saluti dal Vostro Fratello (firmato: “Buan”)

AL GRAN MAESTRO

Palazzo Giustiniani

(a mano)

Lettera del 2 luglio 1967

Gran Maestro Incomparabile

Consiglieri illustri,

i gradi della dissacralizzazione procedono celermente. Infatti è uscita un’altra Istruzione la cui attuazione è iniziata il 29 giugno u.s. – Ormai possiamo cantare vittoria poiché

  1. la lingua volgare è sovrana in tutta la liturgia anche nelle parti essenziali
  2. le vesti sacre sono ridotte sempre più…
  3. massima libertà di scelta dei vari formulari sino alla creatività privata e al … caos!
  4. Abolite genuflessioni, baci, inchini, cerimonie, prescrizioni rituali…

Insomma con tale documento credo di aver seminato il principio del massimo libertinaggio, secondo le vostre disposizioni. Ho lottato aspramente e sono dovuto ricorrere a tutte le astuzie per farlo approvare dal Papa, contro i miei nemici della Congregazione dei Riti. Per nostra fortuna abbiamo subito trovato appoggio e negli amici e fratelli della Università laus, che sono fedeli. Vi ringrazio della somma inviata e sperando di vederVi quanto prima,

Vi abbraccio.

Vostro Fratello (firmato: “Buan”)

AL GRAN MAESTRO

Palazzo Giustiniani

(a mano)

Lettera del 22 ottobre 1973

Gran Maestro Venerabile

Cari Illustri Aggiunti,

in riferimento alla Vostra del 17 c.m. Vi dirò che capisco perfettamente la Vostra preoccupazione per il male che potrà fare l’Anno Santo. Ma mi preme comunicarVi subito che ho radunato tempestivamente i nostri seguenti fratelli: Erba, Fragi, Mani, Gigi, Chie, Monda, Mago, Saba, Bigi, Gica, Pinpi, Salma e Lube. Tutti tra i più fedeli nostri teologi. Essi hanno il compito di studiare come diminuire il più possibile l’importanza e la necessità dell’Anno Santo in maniera tale che esso non sia sentito né dal clero né dal popolo. Penseranno loro ad organizzare conferenze e convegni e a distribuire una stampa capillare presso il giovane clero facilmente vulnerabile su certi problemi. Un convegno lo faranno certamente ad Assisi come base di lancio di idee contro l’Anno Santo. Vi ringrazio della fiducia e di quanto fate per me, sperando di parlarci quanto prima, con cari saluti.

V.F. (firmato: “Buan”)

AL GRAN MAESTRO

Palazzo Giustiniani

(a mano)

(1) Avviso per i lettori Cattolici:

 

La rivista Chiesa Viva, fondata da Don Luigi Villa, Sacerdote incaricato da Papa Pio XII di smascherare gli infiltrati massoni nella Gerarchia ecclesiastica, oggi è divenuta purtroppo la voce degli eretici fallibilisti gallicani (gli eredi del Cavaliere Kadosh) e degli altrettanto eretici fallibilisti del Patriarcato (pseudo-)cattolico di Costantinopoli, non disdegnando incursioni operate da scismatici sedevacantisti e cani (… in senso teologico) sciolti vari. La posizione della rivista è oggi di assoluta schizofrenia teologica: ritiene infatti che il sig. J. M. Bergoglio (il sedicente Francesco) sia contemporaneamente un Papa eretico ed un antipapa, mentre nega, contro ogni canone ed ogni principio dogmatico cattolico, in piena ignoranza della storia della Chiesa e della testimonianza dei Padri della Chiesa, la legittimità di un Papa vero “in vincoli” ed impedito, ritenendo il Magistero della Chiesa  – ad es. la costituz. Apostolica “Pastor Aeternus” del Concilio Vaticano – e la stessa parola evangelica di Cristo, una falsità enorme: asserto rivoltante … orrore, blasfemia inaudita; la rivista si pone quindi tra gli scritti blasfemi della galassia dei sedevacantisti scismatici (sette pseudotradizionaliste che oramai spuntano come funghi, come le protestanti) e ritiene che la successione apostolica del Sommo Pontefice, si sia fermata con Gregorio XVII al 1989, e che attualmente la Sede Apostolica sia vacante da 30 anni, o forse da 60, non si capisce troppo bene per la verità, è una continua contraddizione …). In pratica la rivista, un tempo benemerita, è diventata un veicolo che conduce negli inferi, oltre che violare le norme della Costituzione Apostolica Officiorum ac Munerum di S. S. Leone XIII, e della Enciclica Pascendi di San Pio X, che prevedono la scomunica « ipso facto latæ sententiæ riservata in modo speciale », per l’editore, gli scriventi ed i lettori non autorizzati dall’Ordinario. Le lettere qui riportate sono documento storico funzionale all’articolo, ma non costituiscono in alcun modo approvazione della rivista a-cattolica, scismatica e quindi fuori dalla Chiesa Cattolica.

Omelia della Domenica V dopo Pentecoste

Omelia della Domenica V dopo Pentecoste

giovanni batt.

[Del canonico G. B. Musso – Seconda edizione napoletana, Vol. II -1851-]

– Falsa pietà –

[Matt. V, 20-24]

Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella che vantano gli scribi e i farisei, voi non entrerete nel regno de1 cieli. “Nisi abundaverit iustitia vestra plusquam scribarum et pharisaeorum, non intràbitis in regnum coelorum”. Così il divin Salvatore nell’odierno Vangelo ai suoi discepoli e a noi. E perché minaccia così decisa e formidabile? Perché la giustizia e la pietà de’ farisei e degli scribi era tutta riposta in una superficiale corteccia, in una esteriore apparenza. Non fu già tale la giustizia e la pietà del santo precursore Giovanni Battista, [ … di cui in questo dì si celebra la solenne rimembranza del suo nascimento]. Basti il dire che fu canonizzato dalla bocca di Gesù Cristo per il maggiore di tutti i santi: “non surrexit maior Joanne Baptista”. Egli infatti fu una città ben munita, una colonna di ferro, una muraglia di bronzo. Così lo caratterizza la Chiesa con quelle parole, che disse già Iddio al profeta Geremia: “Dedi te … in civitatem munitam, et in columnam ferream, et in murum aeneum” (cap. 1, 18). Esso fu una città munita nella sua nascita, una colonna di ferro nella sua vita, una muraglia di bronzo nella sua morte: una città munita sulle montagne della Giudea, una colonna di ferro nel deserto, una muraglia di bronzo nella Caldea, e nel castello di Macheronte. Ecco tutto l’encomio di colui che nasce, che vive, che muore da giusto. Vediamo se può reggere al suo confronto la nostra giustizia, o se più tosto è simile all’apparente giustizia e falsa pietà degli scribi e de’ farisei.

I. – Là sui monti della Giudea nasce Giovanni come la stella mattutina foriera del giorno: fin dal seno materno è dotato dell’uso perfettissimo della ragione, santificato prima di nascere, ripieno di Spirito Santo. Di Spirito Santo è ripiena la madre sua Elisabetta, e profetizza: di Spirito Santo è ripieno Zaccaria suo padre, e scioglie anch’esso prodigiosamente la lingua in profezie. Gode per tre interi mesi l’assistenza di Maria, e quella di un Dio umanato, che si fa conoscere nell’utero verginale da lui che esulta nell’utero materno. Oh che città ben munita! “Dedi te in civitatem munitam”. – Anche noi nello spirituale nostro rinascimento fummo ripieni di Spirito Santo: lo Spirito Santo venne ad abitare nelle anime nostre come un tempio vivo. La grazia santificante ci costituì figliuoli di Dio ed eredi del celeste regno; l’acqua rigenerante impresse nel nostro spirito l’indelebile carattere di cristiani, ed infuse nel nostro cuore gli abiti delle soprannaturali virtù: Fede, Speranza e Carità. Una città ben munita e ben difesa fu altresì la nostr’anima, “dedi te civitatem munitam”. Ma ohimé! Che allo spuntar dell’uso della ragione questa mistica città fu da’ nemici circondata ed assalita, e forse la maggior parte di noi deve piangere la sua caduta! Che se poi fu riedificata, come le mura di Gerusalemme, nel Sacramento della Penitenza, ecco il modo di mantenerla costante nella spirituale sua restaurazione. – In quella guisa si conserva sicura dall’invasione ostile una città ben cinta di mura e di antemurale; così la nostr’anima si manterrà nella santificante grazia ricevuta nel Battesimo o recuperata nella sacramental Penitenza, se dall’eterne massime e dall’evangeliche verità sarà ben custodita e difesa. Un cristiano che illuminato da viva fede vada dicendo a se stesso: “A che fare, ed a che fine Iddio mi ha posto in questo mondo?” – Per amarlo, per servirlo nel breve pellegrinaggio di questa vita, e poi goderlo eternamente nella patria de’ beati. Un po’ più tardi, un po’ più presto convien partire, non è questo il luogo di una permanenza: “Non habemus hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus” (Ad Hebr. XIII, 14). Si avvicina la morte, si avvicina l’eternità, l’eternità felice o sventurata; quale di queste due sarà per toccarmi? Quale mi fa sperare o temere la vita che meno: son io in stato di grazia o di peccato? Se in stato di grazia, che fo per conservarla? Se in stato di peccato, che fo per uscirne? Eh via si risolva. Voglio lasciar il peccato, voglio staccarmi da questo mondo, voglio darmi a Dio, voglio salvarmi. Oh questa sì che è una città ben munita! Che se per mala sorte cadono a terra questi ripari, ella è perduta. “Luxit antemurale, et murus pariter dìssipatus est. Defixae sunt in terra portae eius” (Thren. 2.8.9) . – Ma che gioverebbe ad una città essere ben fortificata, se dal proprio principe non venisse provveduta degli opportuni sussidi? E come potrebbe un’anima sussistere in grazia, se da Dio non fosse custodita e protetta? “Nisi Dominum custodierit civitatem, frustra vigilat qui custodit eam” (Ps. CXXVI, 2). Questi aiuti però tanto necessari, acciò non cada in man de’ nemici, Iddio è sempre pronto a concederli a condizione facilissima, che si domandino con umili, fervide ed incessanti preghiere. La grazia e la preghiera, dice il re Profeta (Ps. LXV, 29), vanno del pari. Eccettuata, soggiunge S. Agostino (Lib. De Eccl. Dogm. C. 58), la prima grazia della fede per un infedele, tutte l’altre a noi derivano pel canale della preghiera. Petite, et accipietis (Lc. II, 9), c’inculca il nostro divin Salvatore, pel desiderio ch’Egli ha di esaudirci, e per animare la nostra fiducia, ci assicura di favorevole rescritto con affermativa sua ripetuta parola: “Amen, amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo dabit vobis” (Io. XVI, 23).

II. – Ritorniamo al Battista. Ei fu una colonna di ferro nel deserto: “Dedit te … in columnam ferream”. Miratelo in quelle orride selve mal coperto di ruvida spoglia, il suo cibo son vili locuste e miele silvestre, la sua bevanda è l’acqua del fonte, la sua abitazione le grotte e le caverne, il suo letto il nudo terreno. Or come durarla dagli anni più teneri fino alla virilità in tanta inedia, in tanta nudità, esposto all’inclemenza delle stagioni? Come soffrire il tedio di tanta solitudine, la pena di sì lungo silenzio, l’asprezza di vita sì austera? Ecco il perché: la sua virtù superiore a tutt’i gusti del senso, a tutt’i reclami dell’umanità, a tutt’i bisogni della natura, era a somiglianza del ferro che doma tutt’i metalli: “Dedi te in columnam ferream”. Gesù Cristo infatti interrogando i suoi discepoli disse loro: “Che avete veduto nel deserto, vedendo Giovanni? Una canna forse, una fragile canna agitata dal vento”? Non già, avrebbero potuto rispondere, ma una colonna inflessibile di costanza e di fermezza. – Uditori carissimi, a che dobbiamo paragonare la nostra pietà? Alla colonna del Battista, o alla canna del deserto? Non v’ è simbolo forse più espressivo della falsa pietà, che una canna. Ella è vuota, sterile, infeconda, e secondo la varietà de’ venti or si piega dall’una, or dall’altra parte, e quando spira un’aurea leggera, pare che applauda a se stessa col rumoreggiare delle foglie. Canna vuota è colei che finge devozione per attirarsi la stima degli uomini; canna sterile è chi mena vita molle, dissipata, oziosa; canna pieghevole, agitata, instabile, è chi si lascia trasportare dalle proprie passioni; canna che applaude a se stessa, è chi pien di vanità e gonfio di superbia non ha concetto, non ha amore, che per sé. Altri, è vero, si accostano alla sacra Mensa; pare col modesto atteggiamento, colla devota compostezza, che onorino quel Dio che ricevono; ma L’insultano, invece perché ricevendo il Principe della pace, sono in guerra co’ loro prossimi, sono in discordia nelle loro famiglie; si pascono delle carni immacolate del divino Agnello, ed hanno il cuore macchiato da affetti troppo sensibili, e talvolta ancor sensuali; danno a Gesù un bacio di apparente amicizia; ma è bacio di tradimento, bacio di Giuda. Son simili costoro a quella canna posta da’ Giudei in mano di Gesù Cristo schernito d’onore, perché in forma di scettro; ma in realtà era uno scettro di scorno, d’ignominia, di contumelia. – Si esercitano altri in opere di carità, ma per gloria vana; distribuiscono limosime, ma per ostentazione; soccorrono infermi, ma per aver nome nel testamento; assistono moribondi, ma per aver parte nell’eredità; proteggono la vedova e la pupilla, ma per facilitarsi l’accesso alle loro case, la libertà in trattarle, e insidiare così a colpo più franco alla loro onestà. Somiglianti son questi a quella canna, di cui si servirono i manigoldi a temperare le arsure di Gesù Cristo sitibondo sulla croce. Sembrava tal canna, su la cui cima era applicata un’umida spugna, sembrava strumento di ristoro e di conforto, ma era ristoro di aceto mordace, ma era conforto di amarissimo fiele.

III. – Fu finalmente Giovanni Battista un muro di bronzo nella Galilea, e nel castello di Macheronte: “Dedi te in murum aeneum”. Dopo aver predicato alle turbe la penitenza in riva al Giordano, fa il precursore di Cristo penetrar la sua voce nella reggia d’Erode Antipa, ed animato da santo zelo della legge di Dio: non ti è permesso, gli dice, tener presso di te, come tua, la moglie di tuo fratello Filippo, ancora vivente; egli è questo un enorme adulterio, un abominevole incesto. “Non licet tibi habere uxorem fratris tui” (Io. VI, 18); e come un muro di bronzo si oppose costantemente alla pratica iniqua di due potenti regnanti. – È tale la nostra fermezza nella giustizia e nella cristiana pietà? Tale sarà, se qualora ci venga proposta un’antidata a falsificare uno scritto, risponderemo, “non licet”. Tale sarà se chiamati a giurare contro la verità, se al presentarsi un ingiusto guadagno, un contratto usurario, un’opportunità di vendetta, una qualunque occasione di peccato, diremo a noi stessi: “non licet, non licet”… Se fummo per lo passato muraglie pendenti, giusta la frase del re Salmista, e macerie sconnesse per l’inclinazione al senso, all’interesse, alle cose terrene, imitiamo ora la generosa fortezza del Santo precursore, come muraglia di bronzo, in resistere a tutto ciò ch’è contrario alla retta coscienza, e alla santa legge di Dio. – Ancor uno sguardo al Battista, acciò l’imitazione delle sue virtù e de’ suoi esempi sia in noi perfettamente compiuta. Nella prigione del castello di Macheronte ove per odio dell’empia Erodiade sta rinchiuso, egli corona la sua costanza e la sua vittoria, lasciando la testa sotto la spada del carnefice in testimonio della verità da lui predicata. – Fedeli miei dilettissimi, notate bene. Se noi non ci troviamo in questa necessaria disposizione di dar la testa, il sangue, la vita prima che commettere un solo peccato mortale, non è vera la nostra pietà, è falsa la nostra giustizia. “ Prima la testa in terra, – dobbiamo dire col beato Leonardo – che il peccato nell’anima”. Quest’assoluta risoluzione, convien ripeterlo, è cotanto necessaria ed indispensabile, che se con pienezza d’animo e decisa determinazione di volontà non siamo in grado di dire e protestare, prima qualunque disgrazia, prima la morte, e qualunque morte, che offendere Dio con grave peccato, è vana la nostra fede, falsa la nostra opinione, bugiarda la nostra pietà, fallace la nostra giustizia. Giustizia da Farisei e da Scribi, che, come dal bel principio vi accennai, non può aver ingresso nel regno de1 cieli: “Nisi abundaverit iustitia vestra plus quam Scribarum et Pharisaeorum, non intrabitis in regnum coelorum”.

Madonna della CONSOLATA

La CONSOLATA

[da: I Santi per ogni giorno dell’anno. Ed. S. Paolo – Roma, 1933]

-17 giugno-

-consolata

La SS. Vergine che soffrì sul Golgota la dolorosa Passione del Salvatore, meritò ed ottenne da Dio per noi la grazia di diventare la Consolatrice delle anime nostre in questa valle di lacrime. – La devozione alla Consolata venne praticata fin dai primordi del Cristianesimo, specie nell’Augusta Città Torino, ove la Regina del Cielo volle porre il suo trono di consolazioni e di grazie per tutto il mondo a lei devoto. – S. Massimo, il grande Vescovo di Torino del V secolo ne fu il promotore. Avuto Egli da S. Eusebio di Vercelli una devota Immagine della Vergine col Bambino in braccio, l’espose per la prima volta alla venerazione dei fedeli in un Oratorio presso la Chiesa di S. Andrea. – L’esempio di tenera pietà dato da S. Massimo e l’espressione amabilissima della Vergine, attrassero i Torinesi all’Oratorio e la SS. Vergine, con grazie e favori speciali, dimostrò quanto gradisse gli omaggi a Lei prestati sotto questo titolo. – A vari smarrimenti andò soggetta la cara immagine nel corso dei secoli, ma sempre veniva a ritrovarsi miracolosamente e così tornava a rifiorirne sempre più la devozione. – Visibile apparve la protezione della Vergine nel 1240, quando risparmiò la città di Torino da un grande incendio e nelle frequenti pestilenze che desolarono tutta l’Italia nei secoli XIII, XIV, XV, XVII. – Ai piedi di questa Immagine pellegrinarono Papa Martino V, S. Carlo Borromeo, S. Francesco di Sales. Ivi pregarono il B. Amedeo IX, duca di Savoia, San Francesco Borgia, S. Luigi Gonzaga, Santa Francesca di Chantal, B. Giuseppe Labre ed altri. – Il B. Sebastiano Valfrè concorse in modo speciale ad attirarne la devozione dei fedeli nell’eroica difesa e la memorabile vittoria ottenuta sui Francesi nell’assedio di Torino del 21 Maggio 1706.

Il culto e la venerazione del popolo piemontese verso la Consolata crebbe talmente da persuadere il Capitolo di S. Pietro in Roma a concedere l’incoronazione Vaticana alla taumaturga Effigie. Ed il 20 Giugno 1829 venne compiuta la cerimonia dall’Arciv. Mons. Chiaverrotti alla presenza del Principe Carlo Alberto e della sua consorte Maria Teresa, di tutto il Corpo Diplomatico e del Corpo Decurionale di Torino. – La Vergine Santa ricambiò quest’atto d’amore dei figli con due prodigiosi miracoli: la liberazione dal cholera morbus e nello scoppio della polveriera. – Un continuo accorrere ad onorare la Consolata nel secolo XIX l’abbiamo pure dalla real Casa di Savoia i cui Principi e Re andavano a gara nell’onorare ed abbellire sempre più questa devota Immagine. – Al Can. Allamanno dobbiamo quell’ammirabile fioritura di devozione specialmente per l’istituzione dei Missionari della Consolata, fondata nel 1900. – Il Sommo Pontefice Pio X ebbe l’onore di concedere l’imposizione di una nuova corona di Stelle in brillanti mandando appositamente l’Em. Card. Vanutelli, quale suo Legato, che il 18 giugno 1904, compì solennemente la cerimonia. – E Maria, che non si lascia certamente vincere in generosità dai suoi devoti figlioli, ricambia questo tenero, filiale amore, coll’esaudire le preghiere, con il compiere prodigi inauditi.

FRUTTO. — Un bel modo di rendersi propizia la Regina è il pregare e l’aiutare le sue Missioni.

PREGHIERA. — Signore Gesù Cristo, padre delle misericordie, e Dio d’ogni consolazione; concedi propizio, che, come cinti i lombi veneriamo con gioia in terra la purissima Madre tua Maria sotto il titolo della Consolazione, così meritiamo godere l’eterna compagnia in cielo. Cosi sia.

La bolla che inchioda il Vaticano II, manda tutti all’inferno!

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La bolla che inchioda il Vaticano II, manda tutti all’inferno!

     Come è stato possibile che nel corso del c.d. concilio Vaticano II) si sia acconsentito, senza alcuna remora, ad eretiche ed assurde proposizioni ottenendone l’obbedienza dei Vescovi in tutto il mondo? Come poter comprendere che i prelati della Chiesa Cattolica abbiano potuto accettare dalla “setta modernista del v-2” atti ed insegnamenti completamente contrari a tutto ciò che Cristo ha affidato alla sua Chiesa? È successo questo indubbiamente perché i sacerdoti odierni hanno perso la conoscenza, lo zelo e la vigilanza apostolica. Sono stati praticamente smarriti l’Amore per la Tradizione Apostolica, l’amore per la parola di Dio, e il risultato? Oggi abbiamo sacerdoti che non hanno più l’amore dovuto agli insegnamenti della Chiesa cattolica, né lo zelo per sostenerne la Verità verso la quale mancano di rispetto nell’osservanza delle sue sentenze, che anzi vengono, in un’abissale e raccapricciante ignoranza, disconosciute e calpestate. Dopo aver perso la conoscenza Apostolica della parola di Dio, la gerarchia [o presunta tale] si è unita con i nemici della Chiesa Apostolica nella soppressione del suo Primato e della sua Sovranità. Privi di conoscenze apostoliche, teologiche, scritturali e patristiche, essi non accettano la religione Cattolica Apostolica Romana come l’unica e divina Religione che Dio ha rivelato all’umanità. Non credono più che la Religione Cattolica abbia dei diritti che gli altri non hanno perché aderenti a false e mistificanti spiritualità demoniache. Il clero cioè non crede più che l’uomo sia legato in coscienza ad accettare ed a credere che questa sia l’unica religione divina e che non ce ne sia nessun’altra, se non false religioni guidate dal “signore dell’universo”, il demonio, come recita il salmo XCV. Ma c’è un conto molto salato da pagare nell’aldilà da coloro che negano alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana, il suo primato e la sovranità: a coloro che osano contestare o attaccare la parola di Dio o l’interpretazione divinamente istituita e docente di questa parola, è inflitta una terribile punizione. Per rendercene conto basta dare un’occhiata alla bolla “Execrabilis” di S.S. Pio II. È inutile chiedere ai nostri abulici parroci modernisti che ignorano totalmente e colpevolmente il magistero della Chiesa e che, sollecitati, non si danno nemmeno la briga di consultare documenti oramai alla portata di tutti. La loro protervia anzi supera pure la loro ignoranza, ed interrogati risponderanno solo con offese, calunnie, e ridicole e non comprovate asserzioni. Ciò che ci spinge non è certo lo spirito di polemica, bensì il desiderio di trarli fuori, essi ed i loro (in)fedeli dalla fornace eterna nella quale, senza rendersene probabilmente conto, sono abbondantemente immersi, anche se non credono oramai neppure più all’inferno e ai castighi dai quali il divino Maestro ci ha messo in guardia. In tal modo poi, come se non bastasse, commettono uno delle più gravi colpe contro lo Spirito Santo: “impugnare la verità conosciuta”, per arrivare poi all’ostinazione nel peccato e all’impenitenza finale. Ora tutto questo è di fede nella Chiesa Cattolica, e quel che è veramente agghiacciante, è che coloro che si professano cattolici, ormai non hanno più nemmeno un’idea approssimativa di cosa comporti questa fede divinamente rivelata dall’Uomo-Dio, e che si basa su un Magistero eterno che non può essere modificato da chicchessia. E a questo proposito vogliamo riportare qualche breve sentenza che potrebbe dare qualche dritta nel deviare la vertiginosa corsa verso l’inferno. Ecco quindi alla ribalta il concetto della inappellabilità ed irreformabilità di una opinione o sentenza definitiva del Santo Padre, benché avvenuta secoli o millenni orsono. Il Concetto è questo: il Santo Padre, assistito dallo Spirito Santo e voce di Gesù Cristo in terra, possedendo (de fide) l’infallibilità in materia di fede e di morale, una volta che si sia espresso, emette una sentenza definitiva, che nessun altro può modificare, poiché non esiste un’autorità superiore. Un successivo Papa non ha bisogno di modificare una sentenza precedente che, essendo infallibile, può essere solo confermata o estesa. Questo banale concetto da “scuola dell’infanzia”, purtroppo non è compreso, o non vuole essere compreso, da chi invece appoggia, soprattutto tra chierici ed ecclesiastici, modifiche in nome di un “aggiornamento” che, oltre che inopportuno, contrasta con dogmatica, morale, teologia e legge divina. Ed invocare un Concilio, o conciliabolo che dir si voglia, per ribaltare quanto per millenni si è creduto, si vedrà che è una grave eresia punita con la scomunica “ipso facto” e “latae sententiae”, la cui remissione cioè richiede l’intervento di un Papa … “vero”… naturalmente. In questa sede accenniamo a tre documenti fondamentali, e di facile reperibilità documentale. Una prima sentenza ufficiale (circa 860 d. C.) fu quella di S. Niccolò Magno [Papa negli anni 858-867], che si trovò a gestire, tra le altre vicende in cui fu coinvolto, la difesa dell’Autorità Papale contro gli imperatori ed i sinodi vescovili locali che rivendicavano una loro superiorità. S. Niccolò I (canonizzato da Urbano VIII): in Ep. Ad Michaelem Imperatorem; “Decretali” o Constitutum Constantini, egli tenne già a precisare che il giudizio del Papa, che detiene la più alta autorità (sia religiosa, nei confronti di sinodi o assemblee vescovili, sia rispetto a quella civile degli imperatori e regnanti). “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia” [… Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem,] Nel Sinodo di Quedlinburg (1085) si riaffermò la superiore autorità papale! Passiamo poi al 1459 con Silvio Enea Piccolomini, Papa Pio II, che emanò la celeberrima bolla “Execrabilis” ….: “Ai nostri tempi si sta verificando un esecrabile abuso, sconosciuto in età precedenti, e precisamente che gente, imbevuta dello spirito di ribellione, presuma di appellarsi contro il Pontefice di Roma, – il Vicario di Gesù Cristo, cui fu detto nella persona del santo Pietro: «Nutri il  mio gregge» e «Qualunque cosa tu legherai in terra, sarà legata anche in Cielo»: – non certo per  desiderio di più alta giustizia, ma al solo scopo di sfuggire le conseguenze dei loro peccati, ad un  futuro Concilio, (…) si dà esca alla ribellione contro la più alta Sede, si concede la libertà ai delinquenti e la disciplina ecclesiastica e l’ordine gerarchico vengono confusi (…) condanniamo i ricorsi in appello di tal genere, col consiglio e il consenso dei nostri venerabili fratelli Cardinali e di tutti i prelati e giureconsulti della legge Divina ed umana, appartenenti alla Curia, e sulla base della nostra sicura conoscenza li denunziamo come falsi e detestabili, li infirmiamo nell’eventualità che qualcuno di tali appelli, esistente al momento, sia scoperto e dichiariamo e decretiamo che essi – come vani e pestilenziali – siano privi di alcun significato. Quindi noi diffidiamo chiunque dal ricorrere con tali appelli, sotto qualunque pretesto, contro le nostre ordinanze, sentenze e provvedimenti, o contro quelle dei nostri successori, o di aderire a tali appelli, fatti da altri, od infine di fame uso in qualsiasi modo. Se alcuno di qualsiasi stato, rango, condizione od ordine esso sia, anche se insignito della dignità Imperiale, regia o Papale contravverrà a ciò dopo lo scadere di due mesi dalla pubblicazione di questa Bolla nella Cancelleria Papale, egli incorrerà «ipso facto » nella sentenza di anatema, da cui potrà essere assolto, solo dal Pontefice di Roma ed in punto di morte ( …) . – Le Università o corporazioni verranno colpite da interdetto ecclesiastico, e nondimeno, corporazioni ed Università, come le suddette e tutte le altre persone, incorreranno in quelle penalità e censure, in cui incorrono gli offensori che abbiano commesso «crimen laesae maiestatis», ed i promotori di depravazioni eretiche. Inoltre scrivani e testimoni, che abbiano sottoscritto atti di tal genere ed in generale tutti coloro che abbiano coscientemente dato consigli, aiuto od appoggio a tali appellanti, saranno puniti con le medesime pene. Perciò non è permesso ad alcuno di contravvenire o di opporsi con impudenti perversioni a questo documento della nostra volontà, con cui noi abbiamo condannato, riprovato, infirmato, annullato, decretato, dichiarato ed ordinato quanto sopra. Se tuttavia alcuno oserà, sappia che incorrerà nello sdegno dell’Onnipotente Iddio e dei santi Apostoli Pietro e Paolo”. Data a Mantova nell’anno 1459 dell’Incarnazione di nostro Signore, nel quindicesimo giorno prima delle calende di febbraio, nel primo anno del nostro Pontificato (18 gennaio 1459). [per il testo completo si veda nel blog: “la mina vagante nel tempo – execrabilis …”] – Questa è una sentenza dagli effetti devastanti, perché denunzia qualsiasi rimessa in discussione di sentenze o disposizioni emanate dall’Autorità del Papa, foss’anche da parte di un Concilio o di una successiva Autorità apostolica [o ritenuta tale]! E commina la Scomunica maggiore “ipso facto”, che può essere rimessa solo dal Sovrano Pontefice, o in punto di morte, da un vero sacerdote, ordinato validamente da un vescovo a sua volta valido [cosa quasi impossibile al giorno d’oggi!]. Strano che in Vaticano nel 1960 non lo sapessero… o facevano finta di non saperlo. Ma non è finita qui, perché il XX Concilio Ecumenico Vaticano, condotto da Pio IX (e conclusosi repentinamente nel 1870 per lo scoppio della guerra franco-prussiana che provocò la partenza da Roma della guarnigione francese a difesa del Papa, consentendo così l’invasione della città da parte degli avidi, vigliacchi ed incapaci “buzzurri” piemontesi, dei carbonari rivoluzionari e delle loro guide, (cioè i soliti marrani della quinta colonna), conferma con altrettanta incisività la disposizione del Piccolomini (Pio II). Nella stupenda e “cattolica” Costituzione dogmatica “Pastor Aeternus” (18 luglio 1870) gioiello per gli occhi e per l’anima del Cristiano, al capitolo III leggiamo ribadito sia – 1) il giudizio di S. Niccolò I: “È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]; sia – 2) quello di: .2) “Execrabilis”: “Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici”. Tornando alla Bolla “mitraglia”, o “ghigliottina”, visto l’attitudine rivoluzionaria dei marran-massoni che indussero con minacce pesanti, anche di tipo atomico, la assemblea del conciliabolo c.d. Vaticano II, essa abbraccia, radicalmente la dogmatica, la dottrina, l’insegnamento ed il culto cattolico, tutte tematiche appannaggio del Magistero Papale. – Così è coinvolto ogni giudizio della Chiesa che riguardi la fede e la morale. Condannate sono tutte le soppressioni, innovazioni, modifiche e false dottrine introdotte dal Concilio Vaticano II, tra cui il tentativo di cambiare il pensiero e l’atteggiamento dei cattolici sulla fede e sulla morale. Questa legge è una difesa contro chi tenta di modificare le decisioni della Chiesa contro l’ebraismo rabbinico, (radice di ogni male per la Cristianità), il naturalismo, la Massoneria, il comunismo, l’umanesimo, il supernaturalismo, favole ed immondezze varie. Per ora chiudiamo qui, sperando che qualche “chierico-trombone”, bravo ad aprir bocca solo per sparlare, offendere, ridicolizzare, calunniare, vincendo la propria infingardia accidiosa, apra finalmente qualche libro, ed infine gli occhi, per vedere, capire e cominciare a condurre il suo oramai “sparuto” gregge sui “pascoli erbosi”. … Riassumendo, chiunque accetta, difenda, propagandi e divulghi in qualsiasi modo, i documenti aberranti del Vaticano II incorre “ipso facto” in una scomunica “maggiore” che pone fuori dalla Chiesa Cattolica spianandosi il cammino verso il fuoco eterno … ma siamo fiduciosi ad oltranza … preghiamo … la speranza è l’ultima a morire!

– Le IMMAGINI della Santissima TRINITA’ – Novena

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– Le IMMAGINI della Santissima TRINITA’ – Novena

Le divine Persone non si possono dipingere se non in quelle figure che assunsero quando si resero visibili agli uomini. Quindi il Padre non può essere rappresentato che in un vecchio venerando, giusta il profeta Daniele che Lo chiama “l’Antico dei giorni”. Lo Spirito Santo può effigiarsi o in una fiamma come apparve agli Apostoli, o meglio in una colomba come fu decretato nel II Concilio Niceno dacché sotto questo simbolo apparve sul capo di Gesù Cristo quando fu battezzato al Giordano. Non occorre parlare del Figlio perché, essendosi Egli incarnato nella pienezza dei tempi, non si può dipingere altrimenti che in forma d’uomo o penante o glorioso, come meglio si crede. La Chiesa ha sempre disapprovato quelle immagini in cui la SS. Trinità sia rappresentata con figure diverse dalle indicate. Urbano VII col decreto 11 Agosto 1628, ordinò che fossero bruciate quelle immagini in cui la SS. Trinità è rappresentata in un uomo avente tre facce distinte con quattro occhi: e “Benedetto XIV dichiarò “anticanonica” la SS. Trinità raffigurata in tre distinti uomini aventi tutta una eguale, anzi identica fisonomia, dacché lo Spirito Santo non si è mai fatto vedere in forma d’uomo, e i tre Angioli apparsi ad Abramo, se erano sotto qualche rapporto un simbolo della Trinità, erano tre distinti Angeli, non già le tre Divine Persone”.

Considerazioni morali.

 Si possono nella circostanza di sì grande mistero, considerare tre Trinità: — Una in Dio e due nell’uomo. — In Dio è increata, e sono le tre divine Persone e un solo Dio. Delle due Trinità nell’uomo una è creata da Dio e sono le tre Potenze, Memoria, Intelletto e Volontà; tre potenze e un’anima sola. L’altra è prodotta dal peccato; e sono le tre concupiscenze di cui parla S. Giovanni, cioè la concupiscenza degli Onori, delle Ricchezze, dei Piaceri, ossia: Superbia, Avarizia, Sensualità, tre concupiscenze dell’uomo, che non formano tre uomini, ma che si trovano in un solo stesso uomo. Si deve quindi considerare che: 1) la prima Trinità, che è quella in Dio, deve adorarsi con ferma fede, non discutersi con temeraria curiosità. 2) La seconda Trinità, che è quella nell’uomo, deve santificarsi con sollecita attenzione, non trascurarsi con dannosa oziosità. 3) La terza Trinità, che è quella che nell’uomo è prodotta dal peccato, si deve combattere con guerra incessante, non secondarsi con colpevole condiscendenza.

[N.B. La scimmia di Dio, ha opposto a questa triplice TRINITA’, una blasfema triplice “trinità satanica”, che costituisce il segreto più occultato, obbrobrioso ed abominevole, che unisce le diverse obbedienze massoniche in un unico culto a lucifero, ed i cui simboli sono oggi esplicitamente riprodotti in templi satanici – cioè le false chiese del “novus ordo”, come ad es. quella di S. Giovanni Rotondo – e sulle insegne liturgiche degli usurpanti “vicari dell’anticristo”.

Trinità massonica o redenzione gnostico-satanica di Lucifero

(da: G. Meurin, franc-maçonerie synagogue de satan, Paris, 1893]

– Prima trinità massonica o pietra grezza: terra acqua, fuoco.

– Seconda trinità o uomo-dio: corpo, anima, spirito.

– Terza trinità: l’imperatore del mondo, il patriarca del mondo, lucifero.]

 

TRIDUO O NOVENA ALLA SS. TRINITÀ.

Alle tre divine Persone.

Vi adoro e Vi glorifico con tutto il cuore, Trinità sacrosanta, divinità invisibile del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, unico vero Dio in tre Persone distinte ma eguali fra loro, e nella gloria e nella maestà. In Voi solo, da Voi e per Voi, esistono tutte le cose, o Sostanza essenziale, Verità infallibile e vera Vita, primo nostro Principio, ed ultimo nostro Fine. Dacché mi faceste a vostra immagine o somiglianza, fate che ai vostri santissimi desideri siano sempre conformi tutti i pensieri della mia mente, tutte le parole della mia lingua, tutti gli affetti del mio cuore, e tutte quante le mie operazioni; affinché, dopo avervi quaggiù veduto in ispecchio ed in enigma, per mezzo della fede, giunga finalmente a contemplarvi faccia a faccia, possedendovi perfettamente per tutti i secoli nel paradiso. 3 Gloria.

Al Padre

Dio Padre, fonte d’ogni essere, da voi emana ogni paternità sulla terra e nel cielo. Voi che, prima della fondazione del mondo, ci predestinaste nel vostro di vin Figliuolo, e dando a noi lo stesso Unigenito per nostra redenzione e salvezza, ci adottaste in Lui per vostri figli, fate che noi sempre Vi adoriamo in spirito di verità, ed osservando fedelmente la vostra legge meritiamo di partecipare cogli Angeli alla eterna eredità del Paradiso. 3 Gloria.

Al Figliuolo.

Dio Figliuolo, generato dal Padre prima dei secoli: lume da lume, Dio vero da Dio vero, eguale e consustanziale al Padre, Splendore della sua gloria, Figura della sua sostanza, eterno Verbo per cui furono create tutte le cose, in cui dimora ogni pienezza di grazia, in cui risiede ogni potere in cielo, in terra e negli abissi, e che verrete nella vostra gloria a giudicare alla fine dei secoli i vivi ed i morti, dacché Vi degnaste di indossare la fragile nostra natura, di farVi obbediente fino alla morte e alla morte di croce, di versare per noi fino all’ultima stilla il vostro Sangue divino, fate che noi Vi siamo sempre riconoscenti a così segnalati favori, e camminando con Voi la strada delle umiliazioni e dei patimenti, giungiamo ancora a partecipare alla gloria del vostro regno. 3 Gloria.

Allo Spirito Santo.

Dio, Spirito Santo, procedente dal Padre e dal Figliuolo. Amore immutabile e sostanziale dell’uno e dell’altro, sorgente d’ogni bontà, dispensatore d’ogni grazia, fortezza e conforto, Santificatore e perfezionatore delle anime, Spirito Paraclito, Datore dei sette doni e della perseveranza finale, Unzione spirituale, Carità inestinguibile, per la di cui opera venne compito il glorioso mistero dell’Incarnazione del Verbo, diffuso il Vangelo in tutto il mondo, e conservato sempre intatto il sacro deposito della Fede, animate noi tutti d’un coraggio simile a quello degli Apostoli per sostenere, malgrado tutte le dicerie e le persecuzioni del mondo, il glorioso carattere di Cristiani, di vivere e morire sempre fedeli alla madre comune dei credenti, la Cattolica Chiesa, fuori della quale non v’ha speranza di salute e di vita. 3 Gloria.

ORAZIONE.

Omnipotens sempiterne Deus, qui dedisti famulis tuis in confessione verae fidei, aeternae Trinitatis gloriam agnoscere, et potentia majestatis adorare Unitatem, quaesumus, ut ejusdem fidei firmitate ab omnibus semper muniamur adversis. Per Dom., etc.

[da: “Manuale di Filotea” di G. Riva, Milano, 1888]

SAN VITO: un Santo ausiliatore – preghiera.

SAN VITO: Un Santo ausiliatore.

[P. Guéranger, “l’anno liturgico” vol. I -1956]

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Oggi, accompagnato da Modesto e Crescenzia, san Vito viene a farci comprendere il valore del battesimo, e la fedeltà dovuta al Padre che è nei cieli. Grande è la sua gloria in cielo e in terra; i demoni, che tremavano davanti a lui, continuano a temerlo; il suo nome rimane impresso nella memoria del popolo cristiano come quello di uno fra i più potenti ausiliari, al seguito di sant’Erasmo. San Vito possiede il potere di liberare coloro che ricorrono a lui quando sono colpiti dal male crudele che porta il suo nome. Egli neutralizza i morsi dei cani arrabbiati e quelli dei serpenti, e si mostra pietoso verso gli stessi animali. Lo si prega ancora contro la letargia, o il sonno troppo prolungato; il gallo che lo accompagna in varie raffigurazioni ricorda tale uso, come pure quello di invocare il nostro santo per ottenere di essere destati ad una data ora. La sua protezione si estende infine ai danzatori e ai commedianti. – Il culto di san Vito risale alla più remota antichità, ma gli Atti della sua vita hanno subito tali interpolazioni che è molto difficile sceverare il vero dalla leggenda. Essi riferiscono che, ancora bambino, avrebbe sofferto per la fede, in compagnia di Modesto, suo precettore, e di Crescenzia, sua nutrice. A Roma, fu dedicata a san Vito una Chiesa dal papa Gelasio e a Parigi il monastero di San Dionigi si faceva vanto nell’VIII secolo di possedere alcune delle sue reliquie. Queste ultime furono cedute al monastero di Corvey, nella Sassonia, e da allora il culto di san Vito divenne molto popolare in Germania.

Preghiera per la guarigione.

“Illustre martire, che hai preferito il Padre del cielo a quello della terra, chi può mai descrivere la tenerezza di cui ti circonda Colui che tu hai con tanto coraggio riconosciuto davanti agli uomini? Egli vuole che fin da quaggiù risplendano nei tuoi riguardi i segni della sua munificienza; poiché ti affida una larga parte nell’esercizio della sua potenza misericordiosa. In cambio della santa libertà che regnò nella tua anima e sottomise in una completa obbedienza il tuo corpo a quest’anima, tu possiedi sulla natura decaduta un meraviglioso potere; gli infelici le cui membra disordinatamente agitate da una crudele malattia non conoscono più la guida di una volontà sovrana, gli uomini stessi che un sonno troppo prolungato non lascia più liberi delle proprie azioni, ritrovano ai tuoi piedi la perfetta armonia del corpo e dell’anima, poiché la docilità del primo permette alla seconda di attendere ai doveri che le incombono verso Dio e verso la società. Illustre Santo, sii sempre più prodigo nell’esercizio del tuo prezioso dono, per il bene dell’umanità sofferente e per la maggior gloria di Dio che ti ha incoronato. Noi te lo chiediamo per tutti insieme alla Chiesa, e per tuo mezzo chiediamo a Dio « di allontanare da noi ogni sentimento di orgoglio, di farci professare l’umiltà che piace a Dio, affinché, disprezzando ciò che è male, pratichiamo amorosamente e liberamente tutto ciò che è bene » (Colletta della Messa).

I SALMI PENITENZIALI

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I SALMI PENITENZIALI

I sette salmi penitenziali costituiscono una pratica spirituale di estrema importanza nella Chiesa cattolica di sempre. Ad essi anche la Liturgia e l’Ufficio divino attingono a piene mani. Questi salmi sono indicati, come preghiera del Cristo sofferente, in tutte le circostanze difficili della nostra vita, e costituiscono un balsamo lenitivo in malattie, angustie, persecuzioni, dissapori, ingiustizie. Hanno pure una grandissima valenza nel lenire le pene del purgatorio ed abbreviare il soggiorno delle anime ivi penitenti. S. Pio V con la Bolla “Quod a nobis” del 9 luglio 1568 accordò l’indulgenza di 50 giorni a chiunque li reciti per obbligo, e con la Bolla “Superni Onnipotentis Dei”, del 5 aprile 1571, l’indulgenza di 50 giorni a chi li reciti per devozione. Riprendiamone la pratica costante applicandola ai nostri bisogni ed in suffragio dei nostri defunti: i benefici, non solo spirituali, non si faranno attendere!

[è superfluo sottolineare che vanno recitati esclusivamente in latino, la lingua della Chiesa!]

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Salmo 6:

[1] In finem, in carminibus. Psalmus David. Pro octava.

[2] DOMINE, NE IN FURORE tuo arguas me, neque in ira tua corripias me.    [3] MISERERE mei, Domine, quoniam infirmus sum; sana me, Domine, quoniam conturbata sunt ossa mea.  [4] Et anima mea turbata est valde; sed tu, Domine, usquequo?  [5] Convertere, Domine, et eripe animam meam; salvum me fac propter misericordiam tuam.  [6] Quoniam non est in morte qui memor sit tui; in inferno autem quis confitebitur tibi?  [7] Laboravi in gemitu meo; lavabo per singulas noctes lectum meum; lacrimis meis stratum meum rigabo.  [8] Turbatus est a furore oculus meus; inveteravi inter omnes inimicos meos.  [9] Discedite a me omnes qui operamini iniquitatem, quoniam exaudivit Dominus vocem fletus mei. [10] Exaudivit Dominus deprecationem meam; Dominus orationem meam suscepit.  [11] Erubescant, et conturbentur vehementer omnes inimici mei; convertantur, et erubescant valde velociter.  

Salmo 31 : 

[1] Ipsi David intellectus. BEATI QUORUM REMISSAE sunt iniquitates, et quorum tecta sunt peccata.  [2] Beatus vir cui non imputavit Dominus peccatum, nec est in spiritu ejus dolus. [3] Quoniam tacui, inveteraverunt ossa mea, dum clamarem tota die. [4] Quoniam die ac nocte gravata est super me manus tua; conversus sum in aerumna mea, dum configitur spina.  [5] Delictum meum cognitum tibi feci, et injustitiam meam non abscondi. Dixi: Confitebor adversum me injustitiam meam Domino; et tu remisisti impietatem peccati mei.  [6] Pro hac orabit ad te omnis sanctus in tempore opportuno. Verumtamen in diluvio aquarum multarum, ad eum non approximabunt.  [7] Tu es refugium meum a tribulatione quae circumdedit me; exsultatio mea, erue me a circumdantibus me.  [8] Intellectum tibi dabo, et instruam te in via hac qua gradieris; firmabo super te oculos meos.  [9] Nolite fieri sicut equus et mulus, quibus non est intellectus. In camo et freno maxillas eorum constringe, qui non approximant ad te.  [10] Multa flagella peccatoris; sperantem autem in Domino misericordia circumdabit.

Salmo 37 :

[1] Psalmus David, in rememorationem de sabbato.  [2] DOMINE, NE IN FURORE TUO ARGUAS ME, neque in ira tua corripias me;  [3] QUONIAM sagittae tuae infixae sunt mihi, et confirmasti super me manum tuam. [4] Non est sanitas in carne mea, a facie irae tuae; non est pax ossibus meis, a facie peccatorum meorum:  [5] quoniam iniquitates meae supergressae sunt caput meum, et sicut onus grave gravatae sunt super me.  [6] Putruerunt et corruptae sunt cicatrices meae, a facie insipientiae meae.  [7] Miser factus sum et curvatus sum usque in finem; tota die contristatus ingrediebar.  [8] Quoniam lumbi mei impleti sunt illusionibus, et non est sanitas in carne mea. [9] Afflictus sum, et humiliatus sum nimis; rugiebam a gemitu cordis mei.  [10] Domine, ante te omne desiderium meum, et gemitus meus a te non est absconditus.  [11] Cor meum conturbatum est, dereliquit me virtus mea, et lumen oculorum meorum, et ipsum non est mecum.  [12] Amici mei et proximi mei adversum me appropinquaverunt, et steterunt; et qui juxta me erant, de longe steterunt, et vim faciebant qui quaerebant animam meam. [13] Et qui inquirebant mala mihi, locuti sunt vanitates, et dolos tota die meditabantur.  [14] Ego autem, tamquam surdus, non audiebam; et sicut mutus non aperiens os suum.  [15] Et factus sum sicut homo non audiens, et non habens in ore suo redargutiones.  [16] Quoniam in te, Domine, speravi; tu exaudies me, Domine Deus meus.  [17] Quia dixi: Nequando supergaudeant mihi inimici mei; et dum commoventur pedes mei, super me magna locuti sunt.  [18] Quoniam ego in flagella paratus sum, et dolor meus in conspectu meo semper. [19] Quoniam iniquitatem meam annuntiabo, et cogitabo pro peccato meo.  [20] Inimici autem mei vivunt, et confirmati sunt super me: et multiplicati sunt qui oderunt me inique.  [21] Qui retribuunt mala pro bonis detrahebant mihi, quoniam sequebar bonitatem.  [22] Ne derelinquas me, Domine Deus meus; ne discesseris a me.  [23] Intende in adjutorium meum, Domine, Deus salutis meae.

Salmo 50 :

[1] In finem. Psalmus David, [2] cum venit ad eum Nathan propheta, quando intravit ad Bethsabee.  [3] MISERERE MEI, Deus, secundum magnam misericordiam tuam; et secundum multitudinem miserationum tuarum, dele iniquitatem meam.  [4] Amplius lava me ab iniquitate mea, et a peccato meo munda me.  [5] Quoniam iniquitatem meam ego cognosco, et peccatum meum contra me est semper.  [6] Tibi soli peccavi, et malum coram te feci; ut justificeris in sermonibus tuis, et vincas cum judicaris.  [7] Ecce enim in iniquitatibus conceptus sum, et in peccatis concepit me mater mea.  [8] Ecce enim veritatem dilexisti; incerta et occulta sapientiae tuae manifestasti mihi.  [9] Asperges me hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super nivem dealbabor.  [10] Auditui meo dabis gaudium et laetitiam, et exsultabunt ossa humiliata.  [11] Averte faciem tuam a peccatis meis, et omnes iniquitates meas dele.  [12] Cor mundum crea in me, Deus, et spiritum rectum innova in visceribus meis. [13] Ne projicias me a facie tua, et spiritum sanctum tuum ne auferas a me.  [14] Redde mihi laetitiam salutaris tui, et spiritu principali confirma me.  [15] Docebo iniquos vias tuas, et impii ad te convertentur.  [16] Libera me de sanguinibus, Deus, Deus salutis meae, et exsultabit lingua mea justitiam tuam.  [17] Domine, labia mea aperies, et os meum annuntiabit laudem tuam.  [18] Quoniam si voluisses sacrificium, dedissem utique; holocaustis non delectaberis.  [19] Sacrificium Deo spiritus contribulatus; cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.  [20] Benigne fac, Domine, in bona voluntate tua Sion, ut aedificentur muri Jerusalem.  [21] Tunc acceptabis sacrificium justitiae, oblationes et holocausta; tunc imponent super altare tuum vitulos.

 Salmo 101 :

 1] Oratio pauperis, cum anxius fuerit, et in conspectu Domini effuderit precem suam. [2] DOMINE, EXAUDI orationem meam, et CLAMOR meus ad te veniat.  [3] Non avertas faciem tuam a me; in quacumque die tribulor, inclina ad me aurem tuam; in quacumque die invocavero te, velociter exaudi me. [4] Quia defecerunt sicut fumus dies mei, et ossa mea sicut cremium aruerunt.  [5] Percussus sum ut foenum, et aruit cor meum, quia oblitus sum comedere panem meum.  [6] A voce gemitus mei adhaesit os meum carni meae.  [7] Similis factus sum pellicano solitudinis; factus sum sicut nycticorax in domicilio.  [8] Vigilavi, et factus sum sicut passer solitarius in tecto.  [9] Tota die exprobrabant mihi inimici mei, et qui laudabant me adversum me jurabant:  [10] quia cinerem tamquam panem manducabam, et potum meum cum fletu miscebam;  [11] a facie irae et indignationis tuae, quia elevans allisisti me.  [12] Dies mei sicut umbra declinaverunt, et ego sicut foenum arui.  [13] Tu autem, Domine, in aeternum permanes, et memoriale tuum in generationem et generationem.  [14] Tu exsurgens misereberis Sion, quia tempus miserendi ejus, quia venit tempus;  [15] quoniam placuerunt servis tuis lapides ejus, et terrae ejus miserebuntur.  [16] Et timebunt gentes nomen tuum, Domine, et omnes reges terrae gloriam tuam;  [17] quia aedificavit Dominus Sion, et videbitur in gloria sua.  [18] Respexit in orationem humilium et non sprevit precem eorum.  [19] Scribantur haec in generatione altera, et populus qui creabitur laudabit Dominum.  [20] Quia prospexit de excelso sancto suo, Dominus de caelo in terram aspexit;  [21] ut audiret gemitus compeditorum, ut solveret filios interemptorum;  [22] ut annuntient in Sion nomen Domini, et laudem ejus in Jerusalem,  [23] in conveniendo populos in unum, et reges ut serviant Domino.[24] Respondit ei in via virtutis suae: Paucitatem dierum meorum nuntia mihi: [25] ne revoces me in dimidio dierum meorum, in generationem et generationem anni tui.  [26] Initio tu, Domine, terram fundasti, et opera manuum tuarum sunt caeli.  [27] Ipsi peribunt, tu autem permanes; et omnes sicut vestimentum veterascent. Et sicut opertorium mutabis eos, et mutabuntur;  [28] tu autem idem ipse es, et anni tui non deficient.  [29] Filii servorum tuorum habitabunt; et semen eorum in saeculum dirigetur.

Salmo 129 : 

[1] Canticum graduum. DE PROFUNDIS clamavi ad te, Domine;  [2] Domine, exaudi vocem meam. Fiant aures tuae intendentes in vocem deprecationnis meae.  [3] Si iniquitates observaveris, Domine, Domine, quis sustinebit?  [4] Quia apud te propitiatio est; et propter legem tuam sustinui te, Domine. Sustinuit anima mea in verbo ejus;  [5] speravit anima mea in Domino.  [6] A custodia matutina usque ad noctem, speret Israel in Domino;  [7] quia apud Dominum misericordia, et copiosa apud eum redemptio.  [8] Et ipse redimet Israel ex omnibus iniquitatibus ejus.

Salmo 142 :

[1] Psalmus David, quando persequebatur eum Absalom, filius ejus. DOMINE, EXAUDI orationem meam; AURIBUS percipe obsecrationem meam in veritate tua; exaudi me in tua justitia.  [2] Et non intres in judicium cum servo tuo, quia non justificabitur in conspectu tuo omnis vivens. [3] Quia persecutus est inimicus animam meam, humiliavit in terra vitam meam; collocavit me in obscuris, sicut mortuos saeculi.  [4] Et anxiatus est super me spiritus meus; in me turbatum est cor meum.  [5] Memor fui dierum antiquorum: meditatus sum in omnibus operibus tuis, in factis manuum tuarum meditabar.  [6] Expandi manus meas ad te; anima mea sicut terra sine aqua tibi.  [7] Velociter exaudi me, Domine; defecit spiritus meus. Non avertas faciem tuam a me, et similis ero descendentibus in lacum.  [8] Auditam fac mihi mane misericordiam tuam, quia in te speravi. Notam fac mihi viam in qua ambulem, quia ad te levavi animam meam.  [9] Eripe me de inimicis meis, Domine; ad te confugi.  [10] Doce me facere voluntatem tuam, quia Deus meus es tu. Spiritus tuus bonus deducet me in terram rectam.  [11] Propter nomen tuum, Domine, vivificabis me; in aequitate tua, educes de tribulatione animam meam;  [12] et in misericordia tua disperdes inimicos meos, et perdes omnes qui tribulant animam meam, quoniam ego servus tuus sum.

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Si tratta di un gruppo di Salmi che esprimono la fiducia nella misericordia infinita di Dio verso il peccatore e verso il perseguitato. Formarono una collezione liturgica sin dai primi secoli della Chiesa; già in uso al tempo di S. Agostino, è ricordata da Cassiodoro; fu commentata, pare, da S. Gregorio Magno. La serie dei Salmi Penitenziali era recitata nel venerdì di Quaresima dopo le lodi, il giorno delle Ceneri per il rinvio dei penitenti e il Giovedì Santo per la loro riconciliazione. Fa parte delle preghiere per l’Estrema Unzione, per la Consacrazione delle chiese, la benedizione dei cimiteri, la benedizione dell’abate. È data come penitenza ai chierici promossi alla tonsura e agli Ordini minori.

Considerata in sé, la serie dei Salmi Penitenziali non è un gruppo omogeneo. Comprende infatti, Salmi strettamente penitenziali, (6, 37, 50, 129), di lamentazione (101, 142) e un salmo sapienziale (31). Però spiega la funzione che essi ricevettero nella liturgia cristiana. [Giorgio Castellino; Enciclopedia Cattolica, Vol. IX, Col. 1133 – C. d. Vat., 1952.]

ISTRUZIONI SULLE CAMPANE

Istruzioni sulle campane

[da: “La Filotea del sacerdote G. Riva” – Milano 1888]

campane

Presso gli Ebrei, fatti liberi nell’esercizio del proprio culto si annunciavano le sacre funzioni per mezzo delle trombe levitiche. E nel Cristianesimo, uscito trionfante dalle persecuzioni si introdussero le campane per chiamare i fedeli alla chiesa. – Le CAMPANE COSÌ denominate, o perché la Campania, provincia del regno di Napoli, fu la prima ad usarle, o perché il metallo di detto luogo fu trovato il più acconcio alla fusione di questi vasi metallici, la cui sonorità suole estendersi ai luoghi i più lontani, rappresentano la predicazione degli Apostoli che diffusa in tutti gli angoli della terra chiamò tutti i popoli alla vera fede. – Come tutto quello che è destinato al culto divino elevato ad un ordine soprannaturale per mezzo di apposite benedizioni, così, fino dai primi tempi si ordinò, come si legge nel Pontificale, che “ogni Campana prima che si ponga sul campanile, venga benedetta secondo l’ordine per ciò stabilito”. – Questa benedizione non può darsi se non dal Vescovo, e solo in certi casi particolari da qualche suo delegato costituito in ecclesiastica dignità. Essa impropriamente dal volgo si chiama Battesimo, forse perché nel benedire le campane, occorrono alcune cerimonie proprie del Battesimo degli adulti, com’è il recitare Salmi, il lavar la Campana coll’acqua benedetta, l’ungerla coll’Olio Santo degli Infermi e col sacro Crisma, l’imporle il nome di un Santo, senza dire della pratica di alcuni paesi di ammettervi anche i Padrini, il che non è prescritto, ma tollerato.

Le campane si benedicono, o si consacrano per 4 ragioni:

. Lo Spirito Santo nella Pentecoste consacrò colla unzione della grazia le lingue degli Apostoli prima che andassero a predicare; – 2.° Acciò esse, per mezzo della benedizione, siano come trombe della Chiesa Militante;   – 3.° Per spaventare e discacciare il nemico infernale, e rompere i di lui sforzi nelle tentazioni con cui assale le nostre anime, e nelle tempeste con cui travaglia ì nostri corpi e le nostre campagne; – Per animare a battaglia contro di esso i fedeli, indicando loro le ore dell’orazione e degli altri esercizi della cristiana pietà. – Nel consacrar le Campane si dà loro il nome di qualche Santo: 1) per discernere le une dalle altre, e distinguere i segni ai quali sono specialmente destinate; 2) acciò i fedeli siano più animati al servizio di Dio, parendo loro di esservi invitati dalla voce di qualche santo; 3) acciò le orazioni di quel santo eccitino i cuori de’ fedeli ad imitarne gli esempi.

La strana sindrome di nonno Basilio: 23

nonno

Attendite, popule meus, legem meam; inclinate aurem vestram in verba oris mei. Aperiam in parabolis os meum; loquar propositiones ab initio; quanta audivimus et cognovimus ea, et patres nostri narraverunt nobis…”  [Popolo mio, porgi l’orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca in parabole, rievocherò gli arcani dei tempi antichi. Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato, non lo terremo nascosto ai loro figli; diremo alla generazione futura le lodi del Signore, la sua potenza e le meraviglie che egli ha compiuto. Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe, ha posto una legge in Israele: ha comandato ai nostri padri di farle conoscere ai loro figli, perché le sappia la generazione futura, i figli che nasceranno. Anch’essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli perché ripongano in Dio la loro fiducia e non dimentichino le opere di Dio, ma osservino i suoi comandi.”]. Caro direttore, mi perdoni se non l’ho salutata subito, ma ero così immerso nella lettura, che ho cominciato a scrivere quasi meccanicamente quello che a memoria stavo ripetendo. Mi perdoni ancora e mi saluti cordialmente i suoi lettori, ammesso che ci sia ancora qualcuno disposto a leggere le mie scribacchiate. Avrà sicuramente riconosciuto i versetti iniziali del salmo LXXVII, salmo di Asaf, un Maskil, cioè uno scritto magistrale, basilare, istruttivo delle realtà spirituali, profondissimo, pur nella narrazione storico-evocativa, che andavo leggendo e meditando con i miei cari nipoti, i già a lei noti Mimmo e Caterina, ai quali avevo appena mostrato il contenuto della lettera dello zio Pierre di cui le parlavo la volta scorsa. Questo era uno dei salmi preferiti dal mai abbastanza compianto zio Tommaso, santo prete, figura gigantesca della mia infanzia e della prima giovinezza, ed ancora presente nella mia memoria con la sua saggezza divinamente ispirata dei sacerdoti di un tempo – a lui si addiceva perfettamente il “Tu es sacerdos in aeternum” … del salmo CIX, 4 ! -, figura della cui incidenza sui miei valori morali e spirituali mi rendo conto solo ora, nella mia malandata vecchiaia, ma anche così mi è di dolce conforto …! Valori che il salmo in oggetto auspicava venissero tramandati ai posteri, in particolare dal corpo sacerdotale. All’uopo, ricordo che il “mio” Papa, il “Genio” Pacelli (noi monelli dell’epoca lo chiamavamo “E’ un Genio”, parafrasando il suo nome Eugenio), il Petrus romanus” Pio XII, aveva cercato di arginare il movimento neomodernista, tornato con virulenza pestifera all’assalto del Cattolicesimo, sostenuto dalle filosofie e pseudo-teologie (sarebbe forse il caso di dire “anti-teologie”) delle conventicole esoterico-iniziatiche” infiltrate nelle menti bacate di superbi e lussuriosi chierici di “alto bordo”, e dai marrani della “quinta colonna” [sempre nel linguaggio colorito dello zio Pierre, e se no … di chi altri?] con scritti e Magistero illuminante il cui apice fu l’Enciclica “Humani generis”(caro direttore mi perdoni ma, anche se questo esula dai suoi compiti, dovrebbe trovare prima o poi il modo di pubblicarla, non fosse altro che per far capire ai giovani sacerdoti che il Cattolicesimo è ben altra cosa rispetto alle barzellette che sono state loro insegnate facendo studiare non la teologia del “Dottore angelico”, bensì lo gnosticismo così malamente celato della “Nouvelle Théologie”, impastata di naturalismo, immanentismo, dualismo, docetismo, primato della coscienza ed altre amene … bestialità, grembiulinate ed immondezze varie, favole giudaiche, come dice l’Apostolo, … formando così “ciechi che guidano altri ciechi, ipovedenti, miopi, assonnati, abulici, distratti, infingardi …”!). Spiego all’attenta Caterina e a Mimmo, che fa finta di essere disinteressato, ma in realtà con finti occhi sonnacchiosi ascolta attentamente, che sull’intestazione della suddetta Enciclica appare la dicitura:ENCICLICA “HUMANI GENERIS” DI S. S. PIO XII “CIRCA ALCUNE FALSE OPINIONI CHE MINACCIANO DI SOVVERTIRE I FONDAMENTI DELLA DOTTRINA CATTOLICA”. Queste false opinioni erano state già condannate da Leone XIII, che tra l’altro in “Satis cognitum” scrive: «Ripugna alla ragione che anche in una sola cosa non si creda a Dio che parla (…). Non è lecito, perciò, ripudiare neppure “uno solo” (“iota unum” avrebbe detto Gesù – n.d.Bas.-) degli ammaestramenti degli Apostoli, come non si può rigettare nulla della dottrina di Gesù Cristo». Le neo-eresie riproposte e anatemizzate da Pio X (in “Pascendi” e decreto “Lamentabili”), e fin dal Syllabo di Pio IX, sono proprie quelle che il Concilio Vaticano II ed il postconcilio (la segatura marcia prodotta dal “punteruolo rosso” del Vaticano II, che sta svuotando la palma robusta della Galilea, tanto per usare un’espressione biblica), hanno rimesso attualmente in auge … mi conferma prontamente Caterina, traghettate da personaggi già ampiamente messi all’indice in epoca preconciliare, cioè cattolica, e riesumati con tanto di onori dalle “maestranze vaticane” evidentemente conniventi. Caterina mi ricorda alcuni nomi, alcuni già a me tristemente noti, come i (finti)domenicani Marie-Dominique Chenu ed Yves Congar, i (finti)gesuiti Henri de Lubac, Hans Urs von Balthasar, Theilard de Chardin, ed altri nuovi (tra cui un certo Karl Rahner, ed un giovane teologo bavarese dall’aria da volpone falsamente innocente) certamente teologicamente più dinamitardi dei precedenti, vere “ruspe” dell’edificio Cattolico romano. Tra una considerazione e l’altra continuo la lettura del Salmo (la preghiera innanzitutto, amabile direttore …!), siamo ai versetti 36-37: “Et dilexerunt eum in ore suo, et lingua sua mentiti sunt ei; cor autem eorum non erat rectum cum eo, nec fideles habiti sunt in testamento ejus. Ipse autem est misericors, et propitius fiet peccatis eorum et non disperdet eos. Et abundavit ut averteret iram suam, et non accendit omnem iram suam”. [lo lusingavano con la bocca e gli mentivano con la lingua; il loro cuore non era sincero con lui e non erano fedeli alla sua alleanza. Ed egli, pietoso, perdonava la colpa, li perdonava invece di distruggerli. Molte volte placò la sua ira e trattenne il suo furore…] ma guarda un po’, questo Asaf sembra partecipare alla nostra conversazione … non avrà mica pure lui letto, magari profeticamente, gli atti dell’anti-concilio che Caterina possiede e ogni tanto legge inorridita.… bah … sarà un effetto della mia memoria malata … che le devo dire, direttore!?? Egregio direttore, voglio solo ricordarle alcuni brevi passi di questa “infallibile ed irreformabile Enciclica”, giusto per farle comprendere come questo “vero” Santo Padre (… che si sono guardati bene dal canonizzare i profeti della sinagoga di satana infiltrati e organizzanti il “conciliabolo” ed il post conciliabolo!!… e che canonizzano però “subito” personaggi notoriamente “guasti” – per fortuna invalidamente, dice sempre la vispa Caterina … ma come mai e perché?) avesse ben compreso gli eventi in atto anche se poi gli avvenimenti lo hanno travolto, fino addirittura alla morte provocata con tempismo da orologiaio dall’acqua “tofana” (come diceva col dito ritto davanti al naso lo zio Pierre, … chissà cosa volesse dire?!): “Chiunque osservi il mondo odierno, che è fuori dell’ovile di Cristo, facilmente potrà vedere le principali vie per le quali i dotti si sono incamminati. Alcuni, senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali, e con temerarietà sostengono l’ipotesi monistica e panteistica dell’universo soggetto a continua evoluzione. Di quest’ipotesi volentieri si servono i fautori del comunismo per farsi difensori e propagandisti del loro materialismo dialettico e togliere dalle menti ogni nozione di Dio. Le false affermazioni di siffatto evoluzionismo, per cui viene ripudiato quanto vi è di assoluto, fermo ed immutabile, hanno preparato la strada alle aberrazioni di una nuova filosofia che, facendo concorrenza all’idealismo, all’immanentismo e al pragmatismo, ha preso il nome di “esistenzialismo” perché, ripudiate le essenze immutabili delle cose, si preoccupa solo della “esistenza” dei singoli individui (….). Si nota poi un altro pericolo, e tanto più grave, perché si copre maggiormente con l’apparenza della virtù. Molti, deplorando la discordia e la confusione che regna nelle menti umane, mossi da uno zelo imprudente e spinti da uno slancio e da un grande desiderio di rompere i confini con cui sono fra loro divisi i buoni e gli onesti, abbracciano perciò una specie di “irenismo” che, omesse le questioni che dividono gli uomini, non cerca solamente di ricacciare, con unità di forze, l’irrompente ateismo, ma anche di conciliare le opposte posizioni nel campo stesso dogmatico …”. Gliela scriverei tutta, direttore, ma comprendo che non posso, e allora lo faccia lei da solo, tanto la trova su internet … mi diceva l’altro giorno Caterina. Così va avanti il neomodernismo, mi dicono Caterina e Mimmo, cioè la umanizzazione del Sacro, continuo io, la banalizzazione delle cose divine, in particolare il Santo Sacrificio ed i Sacramenti, e massimamente la profanazione dell’Eucarestia, la cancellazione sostanziale dei dogmi cattolici che, se apparentemente vengono conservati, sono svuotati del loro valore profondo intrinseco. E così eliminati, dunque, il Redentore e l’ortodossia, esaltate intelligenza e destrezza al posto delle virtù, non restano che vizi, corruzione, ingiustizie ed un desolante materialismo all’Umanità, privata anche del conforto spirituale dei pastori che nulla hanno ormai da dare, al di fuori dei dannosi e demagogici vaneggiamenti sull’accoglienza e sulla condivisione, indiscriminate, temi da sempre oggetto dell’oratoria politica. Una fede cattolica meno rigorosa, con i canoni aggiornati, velata da un finto pauperismo volutamente sacrilego, è certamente gradita al mondo, ma è causa di perdizione per troppe anime, per le quali, non bisogna dimenticarlo, il Salvatore ha versato il Sangue, non i preti, i vescovi, i cardinali e i papi moderati [a me sembrano in verità delle parodie ridicole, secondo quanto dice Caterina, che hanno persino mistificato il messaggio di Fatima, perché non in sintonia con le loro negoziazioni irenistiche. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti! Lo diceva Gesù: “… è dai frutti che riconoscerete l’albero.” Se i frutti non sono buoni, o l’albero non è buono in partenza, o è stato attaccato dal “punteruolo rosso” … “e dài nonno, con questa storia del punteruolo …” sbotta Mimmo! Va bene … sono diventato noioso, speriamo che il Signore provveda quanto prima mandandoci un rappresentate di Cristo che ripristini la retta dottrina … ma riprendiamo il salmo (vv.45-46) “Mandò tafàni a divorarli e rane a molestarli. (Direttore, ma allora il punteruolo c’era già allora!!! ). Diede ai bruchi il loro raccolto, alle locuste la loro fatica” … (vv. 69-72) e: “Costruì il suo tempio alto come il cielo e come la terra stabile per sempre. Egli scelse Davide suo servo e lo trasse dagli ovili delle pecore. Lo chiamò dal seguito delle pecore madri per pascere Giacobbe suo popolo, la sua eredità Israele. Fu per loro pastore dal cuore integro e li guidò con mano sapiente”. Ma questo Asaf ci sta proprio ascoltando, direttore … ne sono certo, non è la mia mente, mi lasci meditare e vedrà che alla prossima mi saprò spiegare meglio! Adesso sono un po’ confuso, direttore, mi perdoni, troppe emozioni! La saluto cordialmente. A presto!

Preghiera a S. Antonio di Padova

Preghiera a S. Antonio di Padova

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Si quaeris miracula

mors, error, calamitas,

daemon, lepra fugiunt,

Aegri surgunt sani:

Caedunt mare, vincula;

membra, resque perditas

petunt et accipiunt

iuvenes et cani.

Pereunt pericula,

cessat et necessitas;

Narrant hi qui sentiunt,

dicant Paduani!

Caedunt etc…

Gloria Patri, et Filio et Spiritui Sancto.

Caedunt etc.

V. Ora pro nobis, baeati Antoni.

R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Oremus

 Ecclesiam tuam, Deus, beati Antonii Confessoris, tui atque Doctoris solemnitas votiva laetificet spiritualibus semper muniatur auxiliis, et gaudiis perfrui mereatur aeternis. Per Dominum nostrum. 

[Ind. 300 gg. 1 v.g. plen. S.c.p.t.m.]

[Se cerchi miracoli,

la morte, l’errore, la calamità,

il demonio, la lebbra fuggono,

gli infermi si alzano sani.

Obbedisce il mare, si

spezzano le catene, i giovani

e i vecchi chiedono

e riacquistano le membra

e le cose perdute.

Spariscono i pericoli,

cessa il bisogno:

lo raccontino quanti

lo provano, lo testimonino

i padovani.

V.: Prega per noi o beato Antonio –

R.: affinché siamo resi degni delle promesse di Cristo.        

  Preghiamo: La festa del beato Antonio, tuo Confessore e Dottore, allieti, o Dio, la tua Chiesa, affinché sia sempre soccorsa dagli aiuti spirituali e meriti di gustare le gioie eterne. Per N.S.G.C. tuo Figliuolo.]

Gli oggetti perduti.

   Si racconta che nella città di Montpellier dove insegnava la teologia ai Frati, essendo sparito il suo Commento ai Salmi, il ladro fu costretto da satana stesso a riportare l’oggetto la cui perdita causava al Santo i più vivi rimpianti. Parecchi vedono in questo fatto l’origine della devozione che riconosce Antonio come il patrono delle cose perdute: devozione basata fin dall’origine sui miracoli più splendenti e che continue grazie hanno confermata fino ai nostri giorni.

 

Antif. di S. Bonaventura alla LINGUA di S. Antonio.

lingua s.Antonio

O lingua benedicta, quae Dominum semper benedixisti et alius benedicere fecisti, nunc manifeste apparet quanti meriti apud Deum exstitisti.

  1. Ora pro nobis beate Antoni. – R. Ut digni eff. Etc.

Oremus

Visita quaesumus Domine abitationem istam, eique sanctum Antonium confessorem tuum interesse facias, ut nulla valeat inimici fraude turbari, per Christum Dom. etc. [Filotea del sac. G. Riva, Milano 1888].