SPIRITO SANTO: La quarta creazione: “IL CRISTIANO”
[Mons. Gaume: Trattato dello Spirito Santo: vol. II Capp. XVIII, XIX, XX – Firenze 1887]
Le tre prime creazioni dello Spirito Santo nel Nuovo Testamento si riferiscono alla quarta. Maria per il Verbo incarnato; il Verbo incarnato per la Chiesa; la Chiesa per il cristiano; il cristiano medesimo per divinizzare la creazione tutta intera e ricondurla al suo principio, moltiplicando dappertutto i fratelli del Verbo incarnato: “ut sit Deus omnia in omnibus”. Studiamo questo nuovo capo d’opera che compendia tutti gli altri. Che cosa è infatti il cristiano? È il fratello del Verbo incarnato [Joan XX, 17] è un altro Gesù Cristo. Ora il Verbo incarnato è Dio, figliuolo di Dio ed erede di tutti i beni di suo Padre sulla terra e nel cielo, nel tempo e nell’eternità. Nel significato in cui noi stiamo per spiegarlo, il cristiano è tutto ciò: Dio, figliuolo di Dio, coerede di tutte le cose col Verbo suo fratello maggiore. Egli è Dio: “Io ho detto: voi siete Dii e figli di Dio vivente”. [Ps. 81. — Osea, I, 10]. « In virtù dello Spirito Santo, aggiunge san Basilio, i santi sono Dii. » [“Sanctos propter inhabitantem Spiritum sanctum esse Deos”. Homil. de Spir. Sanct.] E sant’Àtanasio: «In quella guisa che nell’incarnarsi Iddio si è fatto uomo, cosi per il Verbo incarnato, l’uomo si è fatto Dio. » [“Ut enim Dominis; induto corpore factus est homo; ita et nos homines ex Verbo Dei fìamus dii”. Serm. iv, Cont. Arian.]. Il Verbo è Figliuolo di suo Padre per mezzo di una generazione eterna: questa generazione è il tipo di quella del cristiano. Fin da “ab eterno”, Iddio Padre genera un Figlio consustanziale ed eguale a Lui in tutte le cose. Egli genera nel tempo, dei figli che sono per cagion della grazia, ciò che il suo Figlio unico è per natura. Cosi il cristiano è un essere a parte, e il risultato di un fiat speciale.1 Corn. a Lapid Osea, I, 10. Egli non è figlio né di dèi morti, né di idoli muti, né del sangue, né della carne, né della volontà dell’uomo; Egli è Figlio di Dio vivente: Fìlli Dei viventis. È simile al Verbo, il cui Padre dice eternamente: Tu sei mio figlio, io medesimo ti ho generato. [Hebr., i, 5]. Egli è coerede di tutte quante le cose. Il Verbo incarnato, dice san Paolo, è l’universale legatario di Dio. Id., I, Tutto appartiene a Lui, tanto in cielo che sulla terra; ed aggiunge: “E noi siamo tutti coeredi del Verbo”. [Rom. VII, 17]. II cielo e la terra non sono stati fatti né per gli angeli cattivi, né per i malvagi; ma per il cristiano. Il cielo è il suo regno, il suo paese, la sua dimora nell’eternità. La terra è il suo luogo di passaggio. Quando l’ultimo cristiano avrà ricevuto il battesimo e rimessa l’anima sua tra le mani del suo divin Padre, il mondo finirà, e finirà, perché avrà perduta la sua ragione di essere: “Omnia propter electos: consummatum est”. Grandezza ineffabile! anzi ineffabile bontà! far uscire dal nulla il cielo con gli astri e con gli Angeli, la terra con le sue ricchezze e co’ suoi abitanti è una magnifica creazione, giustamente attribuita al Padre. Ve ne è un’altra più magnifica, e la cui gloria ritorna allo Spirito Santo; ed è la creazione del cristiano. « Un’opera forse appellata grande, dice san Tommaso, a causa della stessa grandezza dell’opera. Sotto questo rapporto la giustificazione dell’uomo, che ha per fine la partecipazione eterna alla natura divina, é più grande della creazione del cielo e della terra, che si termina col godimento di una natura peritura. Perciò, sant’Agostino, dopo aver detto che il fare un giusto di un peccatore è una più gran cosa che il trarre dal nulla l’universo, aggiunge: “Poiché il cielo e la terra passeranno, ma la giustificazione e la salute dei giusti non passeranno”. » [la q. 113 corp.]. Che l’uomo tratto dal niente del peccato, sia innalzato fino alla partecipazione della natura divina; che il figlio della polvere diventi il figlio di Dio; che Dio appelli l’uomo suo figlio; che l’uomo appelli Dio suo Padre; e che questa appellazione reciproca sia l’espressione della realtà: « Ecco, continua san Leone, la creazione più meravigliosa, il dono che sorpassa tutti i doni. O cristiano, riconosci dunque la tua dignità: nel partecipare della natura divina, bada di non degradarti con una condotta indegna della tua grandezza. » [Id. ibid., Serm. I]. Qual è il principio di questa generazione, causa della nostra incomparabile nobiltà? come si compie essa? quali sono in particolare gli effetti che ne risultano? dove si compie? O spirito di luce, degnatevi illuminarci nel momento in cui, nell’interesse della vostra gloria, tentiamo di rivelare a’ vostri figli il mirabile e profondo mistero della loro origine. Qual è il principio della generazione del cristiano? La grazia; ma che cosa è la grazia, e come dire la sua eccellenza e la sua natura intima ? « La grazia, dice san Pietro, é tutto quello che Vi abbia di più eccellente nei tesori di Dio. È un dono che rende l’uomo partecipe della natura divina. [II Pietr. I, 4].» L’angelo della teologia parla come il principe degli apostoli. Secondo san Tommaso: « La grazia è una partecipazione della natura stessa di Dio. È la trasformazione dell’uomo in Dio, essendo rincominciamento della gloria in noi. [“….Ipsum lumen gratiae quod est participatio divinae naturae”. l a 2ae, q. 110, art. III, corp. “Gratia nihil aliud est quam quaedam inchoatio gloriae in nobis”. 2a 2ae, q. 24, art. 3, ad 2]. I catechismi spagnuoli aggiungono: «La grazia é un principio divino che ci fa figli di Dio ed eredi della sua gloria. » [La gracia es un ser divino que nos hace hijos de dios y herederos de su gloria]. Ma qual è nella sua natura intima questo dono deificatore? La grazia non è solamente come troppo spesso la si definisce, un aiuto dato da Dio in vista della nostra salute. L’aiuto è l’effetto della grazia e non la grazia, nella sua essenza. La grazia non è più un dono esterno all’anima, ma è nell’essenza stessa dell’anima. È un principio divino, un nuovo elemento, sopraggiunto alla nostra natura, una qualità suprema che risiede nella stessa essenza dell’anima, che opera sull’anima e su tutte le potenze; come la stessa anima opera sul corpo e su tutti gli organi. « Senza dubbio, continua san Tommaso, la grazia non è la sostanza stessa dell’anima, o la sua forma sostanziale; ma è la sua forma accidentale. [Si sa che la parola forma, nell’antica teologia, vuol dire principio o causa che determina e perfeziona una cosa : come l’anima nel corpo. La “grazia santificante” è un principio divino che ci fa figli di Dio ed eredi della sua gloria. La grazia santificante è un dono creato, cioè dire che, quale si sia la perfezione di questo dono, questo dono non ‘è la sostanza stessa di Dio. Infatti questo dono è inerente all’ anima, vale a dire che modifica l’anima ma non la distrugge, né la cambia sino al punto di cessare d’essere anima. E inerente e sotto forma d’abitudine, cioè dire d’inclinazione, di propensione a fare il bene. Ora se questo dono fosse la sostanza stessa di Dio, non vi sarebbe solamente inclinazione a fare il bene, ma vi sarebbe azione continua del bene, perché Dio è sovranamente e eternamente autore del bene. La grazia santificante, come dice san Pietro, è ima partecipazione alla natura divina! Quaggiù nessuna creatura può intendere il significato, né la natura di questa parola; noi la comprenderemo in cielo, e questa intelligenza sarà parte della nostra felicità in patria. La causa produttiva della grazia è lo Spirito Santo, autore di ogni dono naturale e soprannaturale. La causa meritoria, è il Verbo incarnato. Sua causa strumentale sono i sacramenti: la causa formale, la natura della grazia, posta nell’anima, è la vita divina comunicata a quest’anima. La causa finale, o la ragione per la quale Dio la comunica nell’anima, è la gloria di Dio; la gloria del Verbo incarnato; la deificazione dell’uomo che gli dà diritto alla gloria di Dio ed a tutti i suoi beni della grazia e della gloria – l a 2ae, q. 110, art. 2, ad 2. — Vedi anche il testo di san Basilio in Corn. a Lap., in II, Petr. I, 4]. Difatti, per mezzo della grazia, ciò che è sostanzialmente in Dio, diviene accidentalmente nell’anima, resa partecipe delle perfezioni divine. » – Ora, chi è sostanzialmente in Dio, se non Dio medesimo: il Padre, il Figliuolo, lo Spirito Santo, l’Adorabile Trinità. Per cagione della grazia è dunque Dio, il Padre il Figliuolo, lo Spirito Santo, l’adorabile Trinità che è accidentalmente nel cristiano. Dio è sostanzialmente vita, santità, forza, luce, perfezione, beatitudine eterna. Il cristiano è dunque accidentalmente vita divina, santità divina, forza divina, luce divina, perfezione divina, beatitudine divina. Tutto questo egli è accidentalmente, vale a dire, ch’egli può cessare d’esserlo, mentre Dio non lo può. – L’anima del cristiano è dunque la dimora, il tempio, il trono di Dio. Al cristiano, Dio è dunque infinitamente più unito che non lo sia alle altre creature, per la sua essenza, per la sua presenza e per la sua potenza. È a tal punto che se, per impossibile, Dio non fosse nell’anima, come è con tutti gli esseri creati con l’essenza, con la presenza e con la potenza, ei vi sarebbe per grazia. Come il corpo del Verbo incarnato diviene presente sotto la specie del pane mediante le parole della consacrazione; o come la sua divinità divenne presente all’umanità nel momento della incarnazione; di guisa che, se fino allora essa ne fosse stata assente, avrebbe essa cominciato allora ad esserle presente ed esistere personalmente in lei; cosi avviene dell’unione di Dio con l’uomo mediante la grazia. Questa unione è talmente intima, che è la più perfetta a cui possa pretendere una pura creatura. [Corn. a Lapid Act. apost II, 4]. Come si compie in noi questa unione divina, alla quale dobbiamo l’essere non solamente chiamati ma essere realmente figli di Dio? La risposta a questa questione ci fa scandagliare uno degli abissi dell’amore infinito. Comunicando a noi la grazia, lo Spirito santificante avrebbe potuto renderci solamente giusti e santi senza farci suoi figli. Un simile favore avrebbe meritata una eterna riconoscenza. Avrebbe potuto onorarci di questa adozione, contentandosi di darci la grazia e i doni creati; imperocché la grazia, come vedemmo, è la partecipazione alla natura divina. Questo secondo favore sarebbe stato più grande del primo : lo Spirito Santo non se n’è contentato. Co’ suoi doni Egli ha voluto dare se stesso, e da sé medesimo in persona deificarci e adottarci. Per questo scopo Ei si é volontariamente unito a’ suoi doni. Di modo che, allorquando Ei gli versa nell’anima, Egli medesimo vi si versa per essi e con essi, personalmente, sostanzialmente, a fine di contrarre con noi una unione superata solamente dall’unione ipostatica di Dio e dell’uomo nel Verbo incarnato. Tale è dunque l’amore immenso dello Spirito Santo, e la suprema elevazione del cristiano. Nel momento della nostra generazione divina, non è solamente la grazia e gli altri doni dello Spirito Santo che si sono versati in noi, ma è lo Spirito Santo medesimo, dono increato e autore di tutti i doni. Mescolato e come identificato co’ suoi doni, questo divino Spirito in persona abita in noi, ci vivifica, ci adotta e ci divinizza. [Corn. a Lap., in Osee, I, 10]. Vogliamo noi qualche cosa ancora di più grande? Lo Spirito Santo discendendo personalmente nel cristiano, è accompagnato dal Padre e dal Figliuolo, da’ quali non può essere separato. Così tutta l’augusta Trinità personalmente e sostanzialmente abita in lui, tanto tempo quanto egli persevera nella giustizia. Chi osserverà la mia parola, diceva il Verbo incarnato, “noi verremo da lui e faremo dimora presso di lui“. [Joan. XIII, 14]. Così per la grazia, Iddio dimora personalmente in noi, e noi dimoriamo personalmente in Dio. Guardiamoci dal paragonare questa abitazione di Dio in noi, all’abitazione di un re in un palazzo, oppure alla presenza di Dio in qualunque altra pura creatura; sarebbe un errore. L’abitazione di Dio nell’anima giusta, è una unione attiva, che tende alla trasformazione dell’uomo in Dio. Tale fu l’immensa gloria chiesta e ottenuta dal Verbo, nostro fratello maggiore, nella preghiera eh’Egli fece al Padre prima di morire: « Che siano tutti una sola cosa: come tu sei in me, o Padre, ed io in te, che siano anch’essi una sola cosa in noi. » [Joan., XVII, 21]. Quali sono i principali effetti di questa unione, o piuttosto della nostra generazione divina? Il primo è la vita : « Io sono venuto diceva il Redentore, perché abbiano vita, e siano nell’abbondanza». [Ibid., X, 10]. Allo Spirito Santo, successore e continuatore del Verbo, appartiene il diritto di tenere lo stesso linguaggio. Ma qual vita ci dà Egli? Vi sono quattro sorte di vite: la vita vegetativa che è quella delle piante; la vita sensitiva che è quella degli animali, la vita ragionevole che é quella degli uomini; la vita divina che è quella di Dio medesimo e degli Angeli. Quando lo Spirito Santo discese sulla terra, la vita vegetativa, la vita sensitiva, la vita della semplice ragione, scorrevano strabocchevolmente. Non é dunque per renderle più abbondanti che lo Spirito d’amore e di verità lasciava le altezze dei cieli. Ma la vita divina era quasi spenta. Chi viveva di essa? Chi pur la conosceva? I savi, i dotti, i virtuosi si erano degradati sino al punto di non vivere altro che della vita delle bestie [Ps. XLVIII]. È dunque la vita di Dio che lo Spirito Santo ci comunica per via della grazia. Questa vita dominante, assorbente ogni altra vita, espelle dall’anima il peccato, principio di morte, e soprannaturalizza ciò che è puramente naturale. « La grazia, dice san Tommaso, sana l’anima, le fa volere il bene e praticare il bene ch’essa vuole; la fa perseverare nel bene e giungere alla gloria. Essa nobilita tutte le sue potenze e le rende capaci di atti sublimi, in relazione col principio divino che le mette in azione. [“Sicut ab essentia animae effluunt ejus potentiae, quae sunt ejus operum principia, ita etiam ab ipsa gratia effluunt virtutes in potentias animae, per quas potentiae moventur ad actus”. l a 2“ , q. 110, art. 4, ad 1.]. A questa vita divina le nazioni cristiane hanno dovuto e devono ancora, tutta la superiorità intellettuale e morale che le distingue. Se avessero la disgrazia di perderla non resterà loro, come al mondo pagano, se non che la povera vita della ragione, dominata ben tosto dalla vita della pianta e della bestia. Se l’Europa non si sollecita a rientrare nello stato di grazia, questa nuova caduta dell’umanità è infallibile: tra l’uomo antico e 1’uomo moderno la sola differenza è quella che vi ha posto il Cristianesimo. – Il secondo effetto della generazione divina è “l’adozione divina”. La nostra adozione divina non rassomiglia in nulla 1’adozione che ha luogo fra gli uomini. In questa, i figli non ricevono nulla della natura fisica del loro padre adottivo. Essi gli debbono soltanto un nome che dà loro il diritto all’eredità. Altra cosa è l’adozione divina: « Osservate, dice san Giovanni, qual carità ha dato il Padre a noi che siamo chiamati e siamo figliuoli di Dio. » [I Joan., III, 1]. – Infatti, con la grazia il cristiano riceve da Dio la stessa natura divina, alla quale egli partecipa, non solamente per accidente, ma come sostanzialmente. Noi siamo dunque figli di Dio, e come tanti dei, poiché Dio ci comunica realmente la sua natura. [Qua adoptione accipimus summam dignitatem filiationis divinae, ut reipsa non tantum accidentaliter per gratiam, sed et quasi substantiaiiter per naturam simus fìlii Dei, et quasi Dii. Deus enim suam naturam realiter nobis communicat et donat. Com. a Lap., in Osee, I, 10. — In un altro luogo, il dotto commentatore spiega le due parole accidentalmente e sostanzialmente. “Accidentalmente”, il cristiano è partecipe della natura divina mediante la grazia santificante che è un dono accidentale versato nell’anima, in virtù del quale egli partecipa della maniera più elevata e più perfetta della natura divina. “Sostanzialmente”, perché partecipa realmente della natura divina che gli è comunicata; imperocché la grazia dell’adozione non può più essere separata dallo Spirito Santo, come l’adozione dello Spirito Santo non può essere separata dalla grazia, in quella guisa che il raggio non può essere separato dal sole, come il sole dal raggio.”Nec enim gratia adoptans a Spiritu sancto, nec Spiritus sancti adoptio a gratia divelli potest : sicut radius a sole, et sol a radio divelli nequit“. In II Petr., I, 4]. – Se noi siamo veramente figli di Dio, Dio altresì è veramente nostro Padre. Difatti, quegli è veramente padre che comunica la sua natura a suo figlio, è dunque con ragione, che Dio è chiamato non solamente il Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, ma Padre nostro, poiché ci comunica la sua natura mediante la grazia, come Ei la comunica mediante la unione ipostatica a Nostro Signore, facendoci veramente suoi fratelli.1. Corn. a Lap., in Osea, I, 10]. Quest’è l’insegnamento formale dello stesso Spirito Santo. « Coloro che Egli ha preveduti, dice san Paolo, gli ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figliuol suo, ond’Egli sia il primogenito tra molti fratelli. » Rom VIII, 29]. E san Giovanni : « Egli diede potere di diventar figliuoli di Dio a quelli che credono nel suo nome; i quali non per via di sangue, né per volontà della carne, né per volontà d’uomo, ma da Dio son nati. » [Joan. I, 12]. – Che cosa dire di una gloria simile? Come figliuoli di Dio prestiamo orecchie alle parole dello stesso apostolo, rapito d’ammirazione in presenza a tanta grandezza; «Carissimi, noi siamo adesso figliuoli di Dio, ma non ancora si è manifestato quel che saremo. Sappiamo che quand’Egli apparirà sarem simili a Lui, perché Lo vedremo qual’ Egli è » [1 Giov. III, 2]. O cristiano, essere sublime, se tu sai comprenderti! Essere figlio di Dio, erede di Dio, è essere infinitamente più che re, imperatore, Papa, monarca di tutto l’universo: più che essere angelo, arcangelo, cherubino, serafino. Essere figlio di Dio, essere Dio sulla terra, “terrenus Deus”; assimilarsi mediante il cibo tutte le creature inferiori; nutrirsi della carne e del sangue di Dio medesimo, e partecipare realmente della sua natura: ecco il “panteismo cattolico”. La ragione ne è offuscata. Che c’è da meravigliarsi dell’immenso successo di Satana, allorquando egli lo contraffà, e che offre all’uomo la contraffazione in luogo dell’originale? Oh quanto é dunque degna d’invidia la filiazione divina! o uomo, come tu devi amarla! con che sollecitudine tu devi conservarla; e se per disgrazia vieni a perderla, con qual prontezza tu dei recuperarla! Come un figlio si conduce con suo padre, cosi dee condursi con Dio. Vivi di fiducia, d’ amore e di rispetto figliale. Dietro l’esempio de’tuoi avi, Noè, Enoch, Abramo, sii perfetto in tutte le vie. Che la tua società si componga piuttosto d’Angeli che di uomini. Niente attiri, niente offuschi gli sguardi di colui che sa d’essere figliuolo di Dio. Egli si degraderebbe, se dopo Dio potesse ammirare qualche cosa. [S. Cypr., De Spectacul.]. – Il terzo effetto della generazione, o figliolanza divina, è il “diritto all’eredità paterna”! Questa eredità, alla quale nessun’altra può essere paragonata, si compone della grazia e della gloria: tesori infiniti che comprendono tutti i beni del padre nostro sulla terra e nel cielo. Ne nominerò soltanto alcuni: al momento della sua adozione, il cristiano riceve con la remissione dei suoi peccati e con la perfetta purificazione dell’ anima sua, le tre virtù teologali : la fede, la speranza, la carità; le quattro virtù morali soprannaturali: la prudenza, la giustizia, la forza, la temperanza, i sette doni dello Spirito Santo, che discesero primitivamente sul Verbo, suo maggior fratello. – Di più ancora: poiché in Lui discendono, a Lui si danno lo Spirito Santo, autore di tutti i doni, il Figliuolo ed il Padre, tutta l’augusta Trinità sostanzialmente e personalmente. [S. Th., l a 2ae q. 08, art. 8 corp.; Conc. Trid., sess. VI, c. vii. Falluntur qui in justifìcatione et adoptione censent dari Spiritum sanctum duntaxat quoad sua dona, non autem quoad suam substantiam et personam”. Corn., a Lap., in Qsee., I, 10]. – Tutti questi doni versati sino nella profondità dell’anima, fanno del cristiano un essere nuovo, nato ad una vita nuova e capace di opere divine. Lavorando sino alla morte 1’uomo non adottato può guadagnare dell’oro e dell’argento che con lui periscono; ma il cristiano può guadagnare ogni giorno, ogni ora un accrescimento di grazia, il cui minimo grado vale più dell’intero universo. [“Bonum gratiae unius majus est quam bonum naturae totius universi”. S. Th., la 2a q. 113, art. 9, ad 2]. – La ragione è che le sue opere sono le opere di un figlio, in qualche modo sostanziale di Dio, procedente da Dio medesimo e dallo Spirito Santo che ne è il motore ed il cooperatore. [Corn. a Lap., in Osee, I, 10]. – Pur tuttavia non è questa che una parte de’ nostri tesori e il principio della nostra nobiltà. Tutte le opere del cristiano sono semi di gloria. Come l’albero e il frutto nascono dal grano, cosi la gloria e la felicità eterna nascono dalla grazia. Per calcolare tutta la dignità del cristiano bisogna dunque aggiungere che la sua adozione cominciata sulla terra si consumerà in cielo. Ivi, in possesso di un regno del quale quaggiù niente potrebbe darcene l’idea, in seno alla visione beatifica, egli sarà trasformato in Dio in modo cosi perfetto, unito di una unione cosi intima, che andrà, senza confondere le nature, sino alla consumazione nella unità [Joan., XVIII, 28]. – Alla vista di tanta grandezza, la parola spira sulle sue labbra. Non rimane altra forza che per dire al cristiano: Nobiltà obbliga, ed ai sacerdoti: Fate conoscere a questo figliuolo di Dio la sua dignità e gli obblighi che ne derivano. Oggi specialmente che l’uomo tende a disprezzarsi sino al punto di assomigliarsi alla bestia, gridategli: “Sollevate i cuori. Stirpe divina, la terra è indegna di te; che gli istinti grossolani della natura, che le pallide faci della ragione siano le scorte degli altri uomini; per te, la regola dei tuoi pensieri, delle tue affezioni e delle tue opere, è la parola del tuo divino fratello, il Verbo incarnato: “Siate perfetti come lo stesso Padre vostro celeste è perfetto”. Queste misteriose operazioni che abbiamo descritte essendo la base della formazione del cristiano, crediamo utile di riassumerle in poche parole. Esse renderanno, bene intese, facile lo studio particolareggiato della quarta e magnifica creazione dello Spirito Santo. – Come l’uomo è figlio dell’uomo per la generazione umana, così egli è figlio di Dio per una generazione divina. Questa generazione che lo rende partecipe della natura stessa dì Dio, si fa mediante la grazia. La grazia è un dono, un elemento divino che fa l’uomo, figlio di Dio ed erede della sua gloria. Il mistero si compie cosi: lo Spirito Santo discende personalmente nell’uomo, e se lo unisce con l’unione che é più intima dopo la unione ipostatica. – In virtù di questa unione la carità, di cui lo Spirito Santo è la sorgente, si trasfonde tosto nella essenza dell’anima. Essa vi porta tutte le virtù, tutti i principi costitutivi della vita soprannaturale o divina, essendo essa medesima questa vita. Senza perdere della sua natura, l’anima al contatto dell’elemento divino si divinizza, in quel modo che rimanendo ferro il ferro immerso nel fuoco, ne prende tutte le qualità. – Mediante la grazia santificante o abituale, l’uomo, divenuto figlio di Dio, è capace di qualunque bene soprannaturale. Nondimeno per compierlo, ha bisogno di un impulso che deve rinnovarsi cosi spesso quanto l’obbligo di operare. Cosi il succo che è nell’albero e che è la sua vita, deve essere messo in movimento per mezzo dei raggi del sole, per circolare nei rami e formare i fiori ed i frutti. Nell’uomo questo impulso è la grazia attuale. Come lo indica il suo nome, la grazia attuale è un movimento, un impulso, una ispirazione transitoria dello Spirito Santo, che a un dato momento pone in azione la grazia abituale, e comunica all’anima, secondo il bisogno, la luce, la forza, i rimorsi, il desiderio, necessari per compiere il bene che si presenta. [“Hujusmodi gratiae actualis auxilmm necessarium est ad eas omnes exercendas operationes quae aliquo modo naturae vires excedunt. Montagn., De gratia, quaest. Proaem., p. 53, ediz. in-4. — Quoties bona agimus, dum in nobis et nobiscum est, ut operemur, operatur. Conc, arausic., XI, c. IX. — Hac gratia agitur, non solum ut diligenda credamus verum etiam ut credita diligamus. S. Aug., Lib . de Grat. Christi, c. XII].
Nascita del cristiano: il Battesimo
Noi conosciamo la realtà e l’eccellenza della nostra generazione divina, ma dove si compie? Nella, vita del cristiano havvi un’ora solenne tra tutte, ora unica, ora di gloria e di benedizioni eterne; l’ora cioè del battesimo. Allora si opera un miracolo più grande della creazione del cielo e della terra; il figlio dell’uomo diventa il figlio di Dio. Che c’è da meravigliarsi, se ogni volta che questo prodigio si rinnova, le trombe della Chiesa militante, le campane prorompono in suoni giocondi per annunziarlo al cielo e alla terra? Che fa meraviglia, se il più gran re del più bel regno segnava, non il nome della sua famiglia, ma quello del luogo dove aveva ricevuto il battesimo, e si chiamava Luigi di Poissy? Che è necessario meravigliarsi, se ogni anno i nostri padri celebravano con una festa solenne detta Pasqua annotina, l’anniversario della loro nascita divina? No; tutto ciò nulla ci deve meravigliare. Ciò che sorprende ed affligge è di vedere il giorno più grande della vita, divenuto, per la maggior parte dei cristiani d’oggigiorno, un giorno come un altro. Che nelle acque del battesimo l’uomo diventi figlio di Dio, è una verità di fede. « Chiunque, dice il Verbo incarnato, non rinasce con l’acqua e con lo Spirito Santo non può entrare nel regno di Dio.» [Joan., III, 3]. E il santo concilio di Trento interprete infallibile del Maestro, dice : « La causa strumentale della santificazione è il Sacramento del battesimo. » [“Justificationis causa instrumentalis item, sacramentum Baptismi; quod est sacramentum fìdei, sine qua nulli unquam contigit justifìcatio”. Sess. VI, c. VII et c. IV]. Qui ricomparisce con un nuovo splendore razione creatrice dello Spirito Santo, e la profonda armonia che Dio ha posta tra il mondo della natura e il mondo della grazia. Poiché il soggetto ci porta, parliamo di questi misteri oggi cosi poco ammirati, e però cosi degni, d’esserlo.
L’acqua è la materia del battesimo. Perché l’acqua e non un altro elemento ? L’incertezza cesserà con la risposta a questa questione: che cosa è l’acqua? Tra’ tanti ozi perduti, non ci è mai accaduto di consacrarne un solo, per breve che sia, a cercare qual è questo elemento, il più amico dell’uomo, questa bella e benefica creatura di cui facciamo un uso cosi frequente? Tentiamo almeno ima volta questo studio. Rivelandoci la cagione per la quale Iddio impiega l’acqua nella più magnifica delle sue opere, essa ci ispirerà nobili concetti e nobili sentimenti. L’acqua è la madre del mondo e il sangue della natura. A definirla in tal modo siamo autorizzati, come bentosto vedremo, dal più dotto dei geologi, san Pietro, il principe degli Apostoli. Avendo imparato la geologia alla scuola medesima del Creatore, nessuno meglio di lui conosce l’origine delle cose. L’acqua è la madre del mondo, se dal suo seno e dalla sua sostanza sono usciti la terra ed i cieli. Ecco ora ciò che noi leggiamo in capo al Genesi: « In principio Iddio creò il cielo e la terra ; e la terra era informe e vuota, e le tenebre erano sopra la faccia dell’abisso. » La materia primitiva, lanciata nello spazio dal Verbo creatore, formava una massa informe in stato liquido. La terra, che ne era parte integrante, subiva la comune condizione. Acqua non condensata era essa, come dice la Scrittura, senza consistenza e senza forma determinata. « Questa materia informe, che Iddio trasse dal nulla, dice sant’Agostino, fu da principio chiamata cielo e terra. Ed è detto: “In principio Iddio fece il cielo e la terra”. Non che ciò fosse già, ma perché poteva esserlo; imperocché è scritto che il cielo fu fatto. Perciò, quando noi consideriamo il grano di un albero, diciamo che in esso sono le radici, il tronco, i rami, le foglie, i frutti, non che già queste cose sieno; ma perché devono essere. Nello stesso senso è stato detto: “Nel principio Iddio fece il cielo e la terra”, sebbene la materia del cielo e della terra fosse ancora in stato di caos. Ma perché da questo caos dovevano con certezza uscire il cielo e la terra, di già la medesima materia era chiamata il cielo e la terra. » [De Gen. contr. Maniche lib. I, c. VII, opp. t. I, p. 1052, ediz. Novis]. Udiamo adesso il principe degli Apostoli. A tempo suo vi erano (come oggi dei Renan, dei Proudhon, dei Quinet, degli Strauss) degli scolaretti del piccolo Epicuro, i quali negavano la creazione del mondo, il suo libero governo mediante la Provvidenza e la sua distruzione finale. San Pietro risponde : « Questi beffatori ignorano perché lo vogliono, che furono da prima per la parola di Dio i cieli e la terra uscita dall’acqua, e che ha consistenza per l’acqua. » [“Latet enim eos hoc volentes quod, coeli erant prius et terra de aqua et per aquam, consistens Verbo Dei”. II Piet.,III, 5. — Benché al singolare la parola consistens confermata, si riferisca del pari al cielo ed alla terra, gli Ebrei hanno l’usanza di fare accordare l’aggettivo con l’ultimo sostantivo]. Cosi il cielo e la terra con quanto racchiudono di creature materiali, sono stati formati dall’acqua, alla quale il Verbo creatore ha dato, condensandola, una forma decretata e mantenuta in uno stato permanente. Presso i Padri ed i commentatori, l’interpretazione delle parole dell’apostolo è invariabile. Per primo troviamo il Papa San Clemente, discepolo di san Pietro, che assicura tenerla dalla bocca del suo augusto maestro: « Io vi insegnerò, mi diceva Pietro, come e per qual motivo il mondo è stato fatto. In principio Iddio fece il cielo e la terra, come un solo edilìzio. L’acqua che occupava il mondo, Iddio la condensò come una ghiacciaia, la rese solida come il cristallo: essa formò il firmamento che avvolge tutto lo spazio, compreso tra il cielo e la terra. » [“Repetamus…. quomodo vel a quo factus sit mundus…. In principio cum fecisset Deus coelum et terram tamquam domum unam…. aqua, quae erat intra mundum.,.. quasi gelu concreta et crystallo solidata distenditur, et hujusmodi firmamento velut intercluduntux media coeli ac terrae spatia”. Recognita lib. I, c. XXVI et XXVII]. Come si vede, non si tratta dell’acqua come materia elementare. Iddio l’ha separata in due parti: una, ridotta allo stato concreto, forma la terra : l’altra, tenuta in sospeso nel vuoto, si chiama firmamento, e forma intorno alla terra come una corona di cristallo smaltata di diamanti.11 [Vedi Fabricius, Teologia delV acqua, lib. II, c. I]. Ecumenio parla come San Clemente. « Il cielo e la terra, dice, sono state create dall’acqua. Il cielo non è che l’acqua vaporizzata, o nello stato aeriforme; e la terra, l’acqua consolidata o in stato di concrezione.» [“Sicut coelo et terra ex aqua constitutis…. nam aer ex aquarum exhalatione, terra ex eorum concretione consistit”. In II Petr. III, 5]. Sant’Agostino non è meno esplicito. « Nel principio, i cieli e la terra furono creati dall’acqua e per mezzo dell’acqua. Non è dunque assurdo il dire che 1′ acqua era la materia primitiva; imperocché tutto ciò che nasce sulla terra, gli animali, le erbe e gli altri esseri simili, ripetono dal1’acqua la loro formazione e il loro nutrimento. » [De Gen, conir. Manich., lib. I, c. VII , p. 1058]. Tale è il sentimento degli altri dottori, a cui il terzo versetto della Genesi viene a dare, a quanto sembra, una splendida conferma. [Vedi Corna Lap., in Eccles., XXIX, 28]. E lo Spirito di Dio si muoveva sopra le acque. Perché la Scrittura non dice: “sul cielo e sulla terra”, da lei nominati, e soli ? Non è forse evidente che dice cosi, perché esistevano in stato d’acqua, e che l’acqua era l’elemento generatore dell’uno e dell’altro? – La memoria della primitiva origine degli esseri materiali non si era interamente perduta presso i pagani. Dall’Oriente, culla della tradizione, era passata in Occidente. La prima scuola filosofica della Grecia, quella di Talete, stabiliva per principio che l’acqua aveva dato l’origine a tutto quello che noi vediamo. [Aquam principem rebus creandis dixere. Auson., De Lud. Sapiente] Plinio, il naturalista più erudito che fosse tra i romani, scrive: « L’acqua è la regina di tutto, essa conserva la terra, uccide il fuoco, sale in alto e possiede l’impero del cielo. Cadendo, essa fa nascere ciò che produce la terra. Prodigio della natura! Se si considera come nascono le messi, come vivono gli alberi e le piante, come l’acqua sale al cielo, e come ne discende per dar vita alle erbe, confesseremo con verità che la terra deve ogni cosa all’acqua. » [Hist. nat., lib. XXXI, c. I, ediz. in-8, Parigi, 1827]. Festo e altri grammatici pagani, danno alla parola acqua un’etimologia che significa madre di tutto ciò che esiste. [Corn. a Lap., in Joan., IV, 9]. – All’insegnamento della tradizione universale, la chimica, quando sarà più avanzata, verrà, non ne dubitiamo, ad aggiungere l’autorità delle sue esperienze. In luogo di cinquanta corpi semplici, riconoscerà che un elemento solo è bastato al Creatore per formare tutto ciò che noi vediamo. Ora, questo elemento primitivo è l’acqua. Tale è di già l’opinione di una parte del mondo colto. Come il bambino esce dal seno e dalla sostanza di sua madre, cosi la creazione materiale è dunque uscita dall’acqua. Parimente i cieli e la terra e tutto ciò che essa produce, sono figli e nipoti dell’acqua : Ex aqua et per aquam. Ché nobile madre, che bella e numerosa famiglia! Volgiamo i nostri sguardi sull’immensa varietà di alberi, di vegetali, di piante, d’erbe, di fiori e di frutti, nei quali non si sa che più ammirare, o l’utilità del loro legname e della loro fronda, la ricchezza dei loro colori, la graziosità delle loro forme, l’odore squisito dei loro profumi, o le loro proprietà medicinali. Con tutto ció, questa non è la più bella parte dei figli dell’acqua. – Da essa altresì sono nati gli animali che riempiono la terra, i pesci ché popolano il mare, la cui grassezza o piccolezza, la forma è la struttura, le industrie e i mezzi d’attacco e di difesa, del pari ci sorprendono. – Qualche cosa di più grazioso e altresì di più brillante. Gli uccelli sono fratelli dei pesci. Per la gentilezza delle loro forme, la vivacità del loro portamento, lo splendore, la magnificenza e la varietà delle loro piume, la sicurezza del loro istinto e l’armonia dei loro canti; queste incantevoli creature offrono uno spettacolo che non si cessa mai di ammirare. Che più? Dalla terra è uscito il capolavoro della creazione materiale, il nostro corpo, come la terra medesima è uscita dall’acqua. Se dunque la terra è nostra madre, l’acqua è l’ava nostra. Qualunque uomo è nato da lei: “Initium vitae hominis aqua”. [Hydrogiologia, sect. i, c. III, auct. Marco Ani. Marsilio, Columna archiep. Salernit]. – Il Creatore che ha tratto la terra dall’acqua, ha voluto che questa figlia, in qualunque tempo, riposasse come un bambino nel seno di sua madre. Egli ha fondato la terra sull’acqua: “super maria fundavit eam”, dice il profeta. [Ps, XXIII]. L’acqua in vero, le serve di punto d’appoggio, di cuna e di fascie. Di fatti la conservazione degli esseri non è che la loro continua creazione; ciò significa che essi vivono degli stessi elementi di cui sono formati. Se dunque l’ acqua è l’elemento generatore degli esseri materiali, essa deve rappresentare una parte sovrana nella loro conservazione. Ora è un fatto, che l’acqua entra in tutti gli alimenti; che è il rimedio diretto a una quantità di malattie, che serve di veicolo alla maggior parte dei medicamenti. Siccome nelle opere di Dio tutto è fatto per istruzione dell’uomo, perciò sant’Ambrogio applica la lezione che ci è data da questa indissolubile unione della terra con l’acqua. « Vedete, dice egli, che buona madre è l’acqua! Essa nutrisce ciò che partorisce, né mai se ne separa. E tu, o uomo, tu hai insegnato al padre ed alla madre l’abbandono dei propri figli, le separazioni, gli odi, le offese; impara dall’acqua quali siano gli intimi legami che debbono unire fra loro i genitori ed i figliuoli. – Hexaem.,lib. V, c. IV. – Apprendiamo altresì quanto grandi debbano essere la nostra umiltà e il nostro distacco dalle creature. Che cosa è il nostro corpo ? Acqua rappresa. E gli animali, le piante, la terra, e tutte le creature materiali? Acqua rappresa. E per un poco d’acqua rappresa noi vorremo inorgoglire e perdere l’anima nostra fatta ad immagine di Dio? L’acqua non è solamente la madre del mondo, ma è eziandio il sangue della natura. – Come il sangue è necessario alla vita del corpo; cosi l’acqua è necessaria alla vita dell’universo. Nel corpo umano il sangue ha i suoi serbatoi; di lì esce per alimentare tutte le nostre membra; vi torna per rinfrescarsi, e ne esce di nuovo per seguitare le sue funzioni indispensabili. Avviène la stessa cosa nel gran corpo della natura. I mari senza fondo, le ampie cavità delle montagne sono i serbatoi del suo sangue. Per un moto non interrotto di flusso e riflusso, l’acqua purificata, rinfrescata, impregnata di tutte le sue natie qualità, continua ad infondere la vita in mille svariate produzioni: l’avvicendarsi delle quali in un modo regolare, non é il carattere meno ammirabile. È la sapienza infinita che fa uscire dai suoi ricettacoli il sangue, che lo spartisce e lo dirige per cento canali, di diversa grandezza secondo i bisogni di ciascun organo. – Nella natura la stessa sapienza presiede alla distribuzione delle acque; ed apre, ai suoi tempi, quelle grandi conserve, ne spartisce la massa, le mostra i canali per cui deve passare, per bagnare, rinfrescare, e mantenere da per tutto la bellezza e la vita. In questi canali, alcuni come fiumi, sono le arterie del gran corpo della natura; le riviere, i ruscelli, le fontane, le infiltrazioni sotterranee, sono le vene, le fibre, i vasi capillari, per dove l’acqua penetra nelle più minute parti della terra: come il sangue nelle estremità più deboli dei nostri organi, e le più lontane dal centro. È un fatto comprovato che trovasi acqua da per tutto. Su tal proposito i pozzi artesiani sono venuti, come tutte le altre scoperte, a confermare gli insegnamenti della teologia. Che sarebbe se l’uomo possedesse una scienza più completa, oppure se potesse adoprare strumenti più perfetti? La precisione con la quale Dio misura la quantità dei sangue, che dee entrare in ciascun vaso, la rapidità o la lentezza con cui deve scorrere, è tale che non v’é mai, tranne un caso strano, né un ingorgo, né una perturbazione nell’organismo. Con un arte del pari meravigliosa lo stesso Creatore si fa gloria d’aver misurato, equilibrato e spartite le acque nel corpo della natura, per modo, che ciascuna parte ne riceve la quantità che gli bisogna. « Sono io che ho messo l’acqua nella bilancia; io che segnai il corso all’impetuosa pioggia, e la strada al tuono rumoreggiante. » [Job., XXVIII, 25,26]. – Ma se l’uomo si rende meritevole di qualche grave castigo, l’ordine é sospeso. Siccome nella famiglia quella a cui tocca più spesso di correggere il figlio colpevole è la madre: cosi nella natura è l’acqua, che vendica il Padre celeste oltraggiato. A lei Iddio intima di rinchiudersi nei suoi serbatoi, e di far languire la terra e i suoi prodotti; o di cadere in piogge dirotte e funeste che inondando la prima, alterando i secondi, costringono l’uomo colpevole a chiedere mercé. – Si può dunque ripetere a buon diritto con un autore pagano: « L’acqua è l’elemento più amico che si abbia l’uomo; non ve ne sono altri che gli arrechino tanti vantaggi; senza l’acqua nulla potrebbe nascere, né conservarsi, né essere adattato ai nostri usi. » [Vitruv., lib. VIII, c. IV]. Aggiungiamo con Eusebio, che di tutti gli elementi, l’acqua è quella che sembra rendere maggiore gloria agli attributi di Dio. I fiumi e le riviere che scorrono di continuo in sì grande abbondanza, fanno conoscere la magnificenza del Creatore. Le fonti inesauribili che notte e giorno scaturiscono dagli abissi nascosti all’occhio umano, mostrano la bontà di Dio che le alimenta. La grandezza della sua potenza si rivela mediante la immensa massa delle acque racchiuse nell’abisso degli oceani, e per mezzo degli audaci flutti che innalzandosi fino alle nubi, fanno paura alla terra, ma vengono a rompere l’orgoglio contro un grano di sabbia. [De Laud. Constant., p. 605]. – Tale è l’acqua in se stessa e nell’ordine naturale. Non è egli giusto che a motivo del supremo ufficio di cui è onorata, canti ella la gloria di Dio, e che l’uomo associandosi alla madre sua, l’aiuti a pagare il debito della riconoscenza? Perciò nel cantico in cui invoca tutte le creature ad esaltare, a sopra esaltare il loro autore, il profeta, dopo essersi indirizzato agli Angeli, gloriosi abitatori del mondo superiore, passa alla creazione inferiore e appella immediatamente l’acqua, sua madre sempre feconda: “Benedicite aquae omnes quae super coelos sunt Domino”. – Ecco dunque, gli onori resi all’acqua. È un fatto poco notato e però tanto più degno d’esserlo, quanto è universale: tutti i popoli inciviliti dell’Oriente e dell’Occidente, ebrei, pagani, o cristiani, hanno posto una parte della loro gloria nell’adornare le fonti. Essi hanno voluto che la lor madre, giungendo presso di loro, fosse ricevuta non da vasi di pietra o di legno rozzamente lavorati, ma in vasche e bacini di marmo, di bronzo, di porfido, riccamente adorne di sculture e di bassorilievi. – Le acque non sgorgano punto da orifizi semplici e senza arte: ma graziosi e vari sono i loro canali. Escono esse ora dal becco di un uccello, ora da una gola di leone, o dalla bocca di qualsiasi altra creatura animata, e il rumore della loro caduta, dolce e risuonante, forma un concerto che è, secondo l’espressione del Profeta, il battito di mani delle acque: “Flumina plaudent manu”. Nessuno intese il culto delle acque meglio dei due più grandi popoli dell’antichità, cioè gli Ebrei ed i Romani. Gli acquedotti di Salomone erano di una magnificenza incredibile, di una grandezza e larghezza che sembrerebbero favolose, se le prove scritte e materiali non le rendessero certe. I Cesari non entrarono mai in Roma con tanta pompa come le acque, chiamate ad abbellire la eterna città. Per esempio l’acqua detta Paola e Vergine, la cui abbondanza e purezza fanno ancora della Roma attuale la città delle belle fontane, arrivavano, come tante regine, sopra archi trionfali della lunghezza di dieci o quindici leghe. I nostri acquedotti, scriveva Plinio, sono le meraviglie del mondo; orbis miracula [Lib. XXXVI, c. XV]. Non deve dunque fare meraviglia se la grande scimmia di Dio, satana, si é impadronita di questa venerazione istintiva per le acque, e la fa volgere a suo profitto. Egli, per corrompere l’uomo e fare insultare Dio dalla più bella delle sue creature, si è messo con accanimento a profanare le acque e le fontane: le prime furono popolate di una moltitudine di divinità impure: delle seconde, ha fatto uno spettacolo di lubricità. Uscendo dalla bocca o dalla conca, sirene, naiadi, tritoni, vale a dire demoni provocatori, le fontane ridiventate pagane non cantano più gli attributi del Creatore, ma le infamie di satana, dei suoi angeli e del suo culto. [Vedi Corn. a Lap., in Zach., XIV, 6; et Cant, IV, 16]. – Lo stupore raddoppia, o piuttosto la scienza si svolge, quando si considera l’ufficio importante dell’acqua nell’ordine morale. Qual elemento ha più spesso servito alle meraviglie dell’Onnipotente! Il diluvio, il passaggio del Mar Rosso, il monte di Horeb, il passaggio del Giordano, il culto mosaico con le sue numerose cerimonie, di cui l’acqua forma quasi sempre una parte integrante; non attestano essi che l’acqua è l’elemento preferito del Creatore? Quante volte il Verbo incarnato l’ha fatto servire a’ suoi misteri ed a’ suoi miracoli, sarebbe lungo il narrarlo. Citiamo un sol fatto: al limitare della sua vita pubblica egli vuol manifestare la sua divinità con un irresistibile splendore. Il primo suo miracolo sarà, come la sua lettera credenziale. Per operarlo qual’elemento adopera? L’acqua. – « Cosa degna di nota, dice a questo proposito il dotto Fabricio, il cambiamento dell’acqua in vino alle nozze di Cana; il Verbo rigeneratore continua ad operarlo tutti i giorni con un lusso di varietà, davanti a cui si cade in ginocchio. Egli fa cosi bene unire l’acqua con la virtù del ceppo della vigna, che le uve si empiono non d’acqua ma di un succo delizioso. Chi potrebbe annoverare tante specie di vini, tante sorte di altri vini, di olii e di frutti succulenti ; nei quali l’acquasi cangia al contatto delle virtù racchiuse nei loro semi? » [Teologia dell’acqua, lib. I, c. IV]. . Se la miracolosa trasformazione dell’acqua si compie al contatto di un elemento creato, perché non potrebbe essa compiersi dietro l’ordine immediato di Colui che ha creato l’acqua e l’elemento trasformatore? – Era necessario di far conoscere l’eccellenza naturale dell’acqua, mostrando ciò che è nel mondo fisico, per avere la ragione della scelta costante, che Dio ne fa sin dall’origine, come elemento delle cose più grandi nel mondo morale. Ora queste antiche meraviglie non erano che il preludio di una maraviglia ancor molto più grande. Noi vogliamo parlare della nascita del cristiano: all’acqua ridonda questo onore. Esso, come unico, incomparabile ed immortale, pone in evidenza una delle armonie che più rapiscono tra le opere divine, né forma la minor prova che l’ acqua è bene l’elemento generatore di tutte le cose. Vedremo ciò a breve. Non é dunque perché essa si trovi dappertutto, ma bensì, perché è cosa profondamente misteriosa, che l’acqua sia stata scelta per l’elemento del battesimo.
Magnificenza del battesimo dei cristiani
Nel primo giorno del mondo, lo Spirito Santo riposa sulle acque, simile all’uccello che cova il suo nido per tarlo schiudere. Dalle acque primitive cosi fecondate sorgono le brillanti e innumerevoli legioni d’esseri organici, viventi, animati e destinati a vivere sulla terra, uscita confessi dal seno delle acque. Nella pienezza dei tempi, lo stesso Spirito riposa sulle acque del battesimo, le feconda e per tutta la durata dei secoli ne fa uscire l’innumerevole famiglia dei figli di Dio, destinati a popolare il cielo. Questo spettacolo rapisce i Padri e i dottori della Chiesa. Come gli antichi profeti si erano dilettati a cantare la prima creazione uscente dal seno delle acque, cosi essi celebrano a gara la seconda creazione uscita dallo stesso elemento. « Quel che fu il seno di Maria per il Verbo, dicono essi, Io è per noi il fonte battesimale; seno materno in cui è ricevuta la grazia generatrice e donde noi usciamo fratelli e coeredi del Verbo incarnato. Oh l’ammirabile artefice che è lo Spirito Santo! » [“Fons aquae elementaris, hoc Spiritu interveniente, fìt uterus Ecclesiae, uterus gratiae, etc.” – Rupert, de Spirit. Sanct., lib. III, c. CIII. — Qui si vede la ragione per la quale l’acqua elementare o naturale è l’unica materia del battesimo. E sola che lo Spirito Santo ha santificata e resa feconda. – « Che utilità reca l’acqua, domanda san Crisostomo, per dare una seconda nascita al mondo? Sono grandi misteri. Io non ne dirò che un solo. In virtù della legge che presiede alla trasformazione o al perfezionamento degli esseri, nell’acqua battesimale si compie un mistero di morte e un mistero di vita. Morte, sepoltura, vita, risurrezione, tutto si fa nello stesso tempo. L’acqua battesimale è una tomba. Noi vi discendiamo, e l’uomo vecchio vi é sepolto e immerso tutto intero. Noi ne usciamo, e l’uomo nuovo n’esce pieno di vita. Per quanto sia a noi facile d’immergersi nell’acqua e ritornare a galla, è altrettanto facile a Dio il seppellire l’uomo vecchio e creare il nuovo…. Ciò che è il seno della madre per il bambino, cosi è il battesimo per il cristiano: essendo nell’acqua fatto e formato. In principio fu detto: “Che le acque producano i rettili animati”. Dacché il Verbo Redentore è disceso nel Giordano, non è più la razza dei rettili prodotti dalle acque, ma la famiglia delle anime dotate di ragione e piene dello Spirito Santo.2 » [“….Quod est matrix embryoni, hoc est aqua fìdeli: in aqua enim fìngitur et formatur, etc.” in Joan., homil. xxv, n. 2; et homil. xxv, n. 1, opp. t. VIII, p. 168 et 171, ediz. Novis.] – Non vi è alcuno che abbia colori più graziosi e più vivi di Tertulliano, per dipingere le maraviglie della seconda creazione, tanto più magnifica che la prima. « Fortunato mistero della nostra acqua battesimale! Esclama questo grand’uomo. In esso noi siamo purificati delle nostre antiche colpe e resi liberi per la vita eterna. La vipera, voglio dire l’eresia, ama i luoghi asciutti e aridi. Per noi, piccoli pesci, secondo il nostro pesce Gesù Cristo, nasciamo nell’acqua e non viviamo della vita divina se non rimanendo nell’acqua. » [“…. Sed nos piscienti secundum iktun nostrum, Jesum Christum, in aqua nascimur; nec aliter quam in aqua permanendo salvi sumus”. De Baptism., c. I]. Quest’acqua potente ebbe la sua figura nella creazione del mondo. Allora lo Spirito Santo era portato sulle acque e le santificava. Sino da quel momento l’acqua santificata ebbe la virtù di santificare essa medesima; imperocché è una legge che la creatura inferiore prenda le qualità dell’essere superiore che influisce su di lei, specialmente se si tratta della materia riguardo allo spirito. Tutte le acque essendo venute da quelle acque primitive, partecipano della stessa virtù. Perciò poco importa che si sia battezzati in mare, in un lago, in un fiume o in una fonte, in Oriente o in Occidente, da Giovanni nel Giordano, o da Pietro nel Tevere. Appena che è invocato il nome di Dio, lo Spirito dalle altezze dei cieli discende sulle acque, le santifica da sé medesimo, e così santificate, bevono esse la virtù di santificare. [“Invocato Deo, supervenit enim statini Spiritus de coelis, et aquis superest, sanctifìcans eas de semetipso, et ita sanctifìcatae vim sanctifìcandi combibunt”. Id., c. IV]. È dunque vero che il mondo morale e il mondo fisico sono usciti dallo stesso elemento rigeneratore, sotto l’azione dello stesso Spirito. I cieli e la terra nascono dall’acqua e vivono nell’acqua, et per aquam, dice san Pietro; e il mondo cristiano nasce dall’acqua e non può vivere che nell’acqua: “In aqua nascimur; nec aliter quam in aqua permanendo salvi sumus”. – Meglio che tutti i discorsi, questo fatto ci mostra l’eccellenza deill’acqua e il posto ch’essa occupa nelle opere divine. Per questo appunto essa sarà 1’oggetto inevitabile dell’odio privilegiato del demonio. Se dunque il gran nemico del Verbo incarnato aveva profanato l’acqua, considerata solamente come principio della creazione materiale, noi dobbiamo vederlo raddoppiare di rabbia per profanarla, per disonorarla come elemento della creazione spirituale e speciale istrumento dei miracoli dell’uomo Dio. Infatti è cosi: riferire ciò che il principe delle tenebre ha fatto per corrompere l’acqua; e, di questo elemento santificante, fare un istrumento di male morale e fisico, sarebbe quasi impossibile. Si direbbe che avendo avuto cognizione dei destini sublimi dell’acqua per la rigenerazione del mondo, Satana ha scaricato il suo odio su questo elemento due volte misterioso, come l’aveva scaricato sulla donna. Tertulliano che lo vedeva all’opera, cita qualcuna delle sue contraffazioni sacrileghe e delle sue perfide scelleratezze: « Egli ha, dice, il suo battesimo per iniziare i suoi adepti ai misteri d’Iside e di Mitra. Da ogni parte veggonsi i suoi adoratori purificare con acqua le campagne, le case, i templi, le città intere. Nei giochi di Apollo e di Peluso, i combattenti si immergono nell’acqua col pensiero di rigenerarsi e di ottenere il perdono delle loro colpe. Presso gli antichi l’uomo che aveva commesso un omicidio si purificava con acqua. Riconosciamo qui satana geloso di Dio, poiché ha pure esso il suo battesimo. Ma qual rapporto tra il suo e il nostro? L’immondo purifica, l’uccisore vivifica, il dannato assolve! distruggerà egli l’opera sua cancellando i delitti che egli stesso ispira? «Indipendentemente da ogni pratica superstiziosa, il demonio é il corruttore delle acque. I pagani non l’ignorano, ché negando essi l’ azione di Dio sull’ acqua, ammettono la caricatura. Che forse gli spiriti immondi non riposano sulle acque contraffacendo la posizione dello Spirito Santo sulle acque primitive? Tutte le fontane ombrate sanno ciò, tutti i ruscelli solitari, le piscine dei bagni pubblici, e, nelle case particolari, tutte le gore, cioè dire le cisterne e i pozzi chiamati euripi poiché attraggono a sé, mediante lo spirito maligno quelli che vi si accostano. I disgraziati che quelle acque hanno uccisi, o resi pazzi, o colpiti di panico, le appellano linfatiche e idrofobe.1 » [Tertull., De baptismo, c. V]. Porre indubbio la realtà di questi fenomeni satanici sarebbe semplicemente ridicolo. Tertulliano non gli ha inventati, gli autori pagani attestano ciò. Essi citano nelle differenti parti’ del mondo un gran numero di queste acque che producono gli effetti segnalati dal grande apologista. Plinio nomina una di queste gore omicide o malefiche nell’Arcadia, tre nella Tauride, altre in Lidia, in Etiopia, in Beozia, nell’isola di Cèos, nella Frigia, in Ispagna, nella Tracia e nella Sicilia.2 [Lib. XXXI, c. I et c. XI. — In Cea insula fontem esse quo hebetes fìant. Id., Id., c. XII. — Necare aquas Theopompus et in Thracia apud Cychros dicit: Lycus in Leontinis, tertio die quam quis biberit. Ibid., c. XIX.]. – Il gran teologo del paganesimo, Porfirio, conferma gli stessi fatti, e riporta quell’oracolo di Apollo ad Alessandro : «O figlio d’Eaco, bada di non accostarti all’acqua di Acherusa e di Pandosia, poiché ti attende una morte inevitabile » [Oracul. Veter., orac. Apoll. ab Obsapaeo, p. 62]. — « Vi è, dice Psello, un genere di demoni, chiamati demoni acquei perchè s’immergono nell’acqua, frequentano volentieri i laghi ed i fiumi, eccitano le tempeste e fanno perire molte navi e persone in quelle acque. » [De daemonib., cit. init.] – Questi fatti e molti altri permettono dunque di affermare con sicurezza che tra le creature animate, 1’oggetto privilegiato dell’odio di Satana, è la donna ; e tra le creature inanimate, l’acqua. La donna, perché in Maria è la madre del Verbo incarnato; l’acqua, perché nel battesimo è la madre del cristiano, fratello del Verbo incarnato. Quindi la sollecitudine particolare con cui la Chiesa veglia sulla donna, e specialmente sulla giovinetta. Di qui pure viene che di tutti gli elementi, l’acqua è quella che più spesso purifica, e di cui ella si serve per purificare le creature. Tertulliano conclude dicendo: « Perché abbiamo noi riferite tutte queste cose? Perché nessuno stenti a credere all’azione degli Angeli buoni sulle acque per la salute dell’uomo, poiché gli angeli cattivi hanno commercio con lo stesso elemento per la perdita dell’ uomo. » [Tertull. ubi supra. II . 13]. – Ma contro l’incredulità moderna non abbiamo bisogno di simili prove. La virtù miracolosa dell’acqua del battesimo è un fatto splendidissimo come il sole. Io sfido il negatore più intrepido del soprannaturale e gli domando: Evvi si o no una differenza tra il mondo pagano e il mondo cristiano? tra un mondo prostrato ai piedi di mille idoli più terribili, più crudeli, più impuri, gli uni degli altri, ai quali offra in sacrificio migliaia di vittime umane; e un mondo adoratore di un solo Dio tre volte santo, che egli onori con un culto di una purità irreprensibile? Se risponde di no; è detto tutto; con la follia non si ragiona. Se risponde affermativamente, io gli domando: in qual luogo questo mondo cristiano tanto superiore al mondo pagano ha egli preso nascita? Se non vuol cadere nel ridicolo, negando l’ evidenza, egli è ben costretto a mostrarmi i fondamenti del battesimo. Da questi infatti è uscito il mondo cristiano. Il fatto è talmente vero, che tutti i popoli antichi dell’Oriente e dell’Occidente, tutte le repubbliche tanto vantate di Sparta, d’Atene e di Roma, malgrado i loro filosofi, i loro poeti, i loro capitani, le loro arti, la loro civilizzazione materiale, sono rimasti adoratori delle più mostruose divinità, schiavi dei più vergognosi errori, fino a che non sono venuti ad immergersi nell’acqua battesimale. Affinché la permanenza del miracolo rendesse l’incredulità non scusabile, che cosa vediamo noi ancora oggi? – Quando l’africano adoratore del serpente, l’oceanico antropofago, cessano d’essere adoratori di serpenti e mangiatori d’uomini? Il giorno del loro Battesimo. È dunque eternamente vera la bella parola di Tertulliano : “I cristiani sono piccoli pesci che nascono nell’ acqua”: “Pisciculi in aqua nascimur”. Non meno vera quell’altra che aggiunge; E noi non possiamo vivere che stando nell’ acqua: “Nec aliter quam in aqua permanendo salvi sumus”. Infatti se i cristiani, uomini e popoli, vengono a degenerare, la storia mostra, come data precisa della loro decadenza, il giorno in cui essi si sono allontanati dalle acque del battesimo, dalla vita che vi avevano ricevuta e dallo Spirito che gliel’aveva data. [A motivo dell’ importante ufficio che essa adempie nell’ordine naturale, l’acqua è ben degna di servire a questo miracolo come a tutti gli altri. Come appunto abbiamo visto, essa possiede con la grazia numerosi e notevoli rapporti. Citiamo altresì questa bella armonia. L’acqua che sorge da una collina e che attraversa una valle, risale la collina opposta, fino al livello della sua sorgente ; è una legge fisica. Avviene lo stesso nell’ ordine soprannaturale. Parlando della Samaritana, il figlio di Dio gli promette di dare al mondo un’acqua che risalirà sino alle altezze del cielo. Dunque la sorgente di quest’acqua è nello stesso cielo. Ora questa sorgente è stata aperta al battesimo; essa non si è mai seccata. Scorrendo sulla terra sino all’ultimo giorno del mondo, essa risalirà all’altezza della sua sorgente, portando seco l’uomo rigenerato, pieno di vita e ricco di virtù che il paganesimo, né la filosofia conobbero mai. Anche questo è un fatto.] – Prendere nascimento nel più magnifico degli elementi, non è la più gran gloria del cristiano. La sua prerogativa per eccellenza è che il suo battesimo ha per tipo il Battesimo del Verbo incarnato. Tutti gli augusti misteri, che noi vediamo rifulgere nel Giordano, si rinnovano in ciascuno di noi. « Il nuovo Adamo, dice san Tommaso, ha voluto essere battezzato, per consacrare il nostro battesimo col suo. Cosi nel primo ha dovuto rivelarsi con splendore tutto ciò che mostra l’efficacia del secondo. Su ciò tre cose sono da considerare. La prima, la suprema virtù che dà al battesimo la sua efficacia. Questa virtù viene dal cielo. Ecco perché quando “il Cristo fu battezzato, il cielo fu aperto”, per mostrare che da qui innanzi la virtù celeste santificherebbe il battesimo. La seconda, la fede della Chiesa e del battezzato che concorre all’ efficacia del battesimo. Di qui la professione di fede pronunziata dal battezzato, e il nome del Sacramento della fede dato al battesimo. Ora per mezzo della fede noi vediamo le realtà dell’ordine soprannaturale che sorpassano i sensi e la ragione. – Questa veduta superiore è significata con queste parole: “Battezzato il Cristo, i cieli furono aperti”. La terza, l’ingresso del cielo aperto dal battesimo del Verbo incarnato: all’uomo che se l’era chiuso col peccato. Di qui pure la parola profondamente misteriosa: “Battezzato il Cristo, i cieli furono aperti”, per mostrare che la via del cielo è aperta ai battezzati. Ma per seguirla costantemente, il battezzato deve di continuo ricorrere alla preghiera. Difatti, se il battesimo rimette il peccato, ei lascia sussistere il focolare del peccato che ci assale interiormente; il mondo e il demonio che ci assalgono esternamente. Per conseguenza quelle parole significanti: Quando Gesù fu battezzato e mentre pregava, il cielo fu aperto. » [P. III, 89, art. 5, corp.]. – Qual’é questa virtù sovrana che opera tanti miracoli? È lo Spirito Santo. Perciò noi lo vediamo appaiare immediatamente sotto una forma sensibile, nel battesimo del nuovo Adamo: misteriosa colomba che noi non vediamo coi nostri occhi posarsi sul capo di ciascun battezzato, ma che nonostante vi si posa. A lei ed a lei sola, il mondo battezzato deve la purità, la dolcezza, la fecondità del bene, la trasformazione intellettuale e morale che lo distingue tanto nobilmente dai pagani di un tempo e dagli idolatri odierni. Vivificata dallo Spirito Santo, l’acqua ha prodotto un piccolo pesce, il cristiano, sul tipo del gran pesce, Nostro Signore Gesù Cristo. Che rimane se non che il Padre eterno riconosca suo figlio in presenza del cielo e della terra: “Ed ecco una voce dal cielo che dice: questi è il diletto mio Figlio, nel quale io mi sono compiaciuto” [Matth., III, 17]. – Per annunziare la perpetuità di questo mistero durevole quanto il tempo, ed esteso quanto il mondo, la voce del Padre che risuonò sulle rive del Giordano, diciotto secoli fa, non cessa mai di farsi sentire sul fonte battesimale, allorché un fratello del Verbo incarnato viene a prendervi nascimento. Ecco il bel pensiero di sant’Ilario: «La voce del Padre, dice, si fece sentire a fine di avvertirci che i miracoli di Nostro Signore si compiono in noi; che la divina colomba discende su di noi, e che la voce del padre annunzia la nostra divina adozione. » [“Super Jesum baptizatum descendit Spiritus sanctus, et vox Patris audita est dicentis: Hic est filius meus dilectus; ut ex his quae consummabantur in Christo, cognosceremus post aquae lavacrum et de coelestibus portis sanctum in non Spiritum involare, et patemae vocis adoptione Dei fìlios fieri.” Super Matth. c. I. in fin.]. – Niente’di più vero, poiché niente sulla terra è più bello, più degno delle compiacenze del Padre eterno, quanto l’anima all’uscire dal fonte battesimale. Di questa creazione dello Spirito Santo, di questo cielo terrestre dove risiede l’augusta Trinità, si può dire ciò che l’apostolo ha detto del cielo empireo: L’occhio dell’uomo non ha visto niente, il suo orecchio non ha udito nulla, il suo spirito nulla concepito, che possa essere paragonato a Lui, per la felicità e per la gloria.