A proposito della misericordia a buon mercato, comoda e senza sforzi strombazzata dalla setta apostatica modernista-ecumenista, leggiamo quanto la Chiesa CATTOLICA ha da sempre ribadito, a cominciare da Nostro SIGNORE GESU’ CRISTO, per evitare l’inferno alle anime ingannate dal falso perdono senza pentimento, né contrizione, né penitenza, ma con somma goduria del demonio.
MORTE DEL PECCATORE
[da: I Tesori di Cornelio Alapide, vol. II, Torino, 1930]
Ogni sorta di mali si rovesciano sul peccatore che muore. — 2. Dio si allontana dal peccatore moribondo. — 3. Il peccatore in punto di morte cade nella disperazione. — 4. La morte sorprende i peccatori. — 5. I peccatori muoiono nell’impenitenza. — 6. La morte del peccatore è pessima. — 7. Esempi ricavati dalla morte di alcuni empi. — 8. La memoria dei peccatori finisce nella maledizione. — 9. Chi vive lontano da Dio muore in sua disgrazia.
- Ogni sorta di mali si rovesciano sul peccatore che muore. — Il Salmista tratteggiò con poche pennellate il quadro del peccatore morente. « I dolori della morte mi circondarono, e i torrenti d’iniquità mi riempirono di affanno. Avviluppato tra i lacci di morte, ebbi a soffrire dolori d’inferno » (Psalm. XVII, 4-5). « Le vostre saette, o Signore, mi penetrano le carni, e la vostra mano si è aggravata sopra di me. Il vostro sdegno non mi lascia, più parte sana nel corpo, la vista dei miei peccati mi conturba fino al midollo delle ossa. Le mie iniquità mi si rovesciarono in capo, ed io mi trovo accasciato come sotto insopportabile peso. Le mie piaghe sono imputridite a cagione della mia insensatezza. Curvato a terra, io divenni misero e tapino. Le mie viscere ardono di un fuoco che le divora; tutto il mio corpo non è che una piaga. Languisco affranto; fremo e urlo dentro di me. L’anima mia geme angustiata, la mia forza mi abbandona, il lume degli occhi miei si spegne; e già vo brancicando nel buio » (Psalm. XXXVII, 2, 10). « Lo sgomento della morte si è impadronito di me, il timore ed il terrore mi opprimono, le tenebre mi avvilupparono » (Ps. LIV, 4-5). «Ah! piombi la morte su gli empi e li trabalzi vivi nell’inferno. Essi sono vestiti delle loro malvagità, come di un abito » (LXXII, 6). «Nell’ora della morte i mali investiranno l’uomo che ha commesso ingiustizia » (Psalm. CXXXIX, 12). «Egli allora vedrà e infurierà, c fremerà di rabbia» — Peccator videbit et irascetur, dentibus suis fremet et tabescet (Psalm. CXI, 9). Il peccatore trema al ricordo della sua vita infame, alla vista dei suoi accusatori…; vien meno sotto il peso dei suoi patimenti, ed al pensiero di doversi staccare dal corpo, dal mondo, dai beni, dai piaceri…; gli sta innanzi orrenda, la morte, terribile il giudizio di Dio: gli orrori dell’inferno e un’eternità di supplizi non gli lasciano chiudere palpebra… « Da tutte le parti, dice il Crisostomo, spaventosi tormenti gli si presentano agli occhi: il timore dell’avvenire, i patimenti del presente, il rimorso del passato ». Il ricordo dei suoi delitti, dei suoi scandali, delle sue empietà, tutto si rovescia d’un tratto sul peccatore che muore. Mentre viveva, era quasi giunto, a forza di soffocarne il grido, a dimenticarli, ma nell’ora della morte gli si schierano tutti dinanzi come un esercito nemico, e gli dicono insolenti: Ci conosci tu ora? Ecco, noi siamo l’opera tua… Nel presente vede il mondo che frigge e lo disprezza, le ricchezze, gli onori, i piaceri che svaniscono…; il corpo ch’egli tanto curava e accarezzava e che, rotto dai dolori, comincia a corrompersi…; i demoni che lo assediano, se lo contendono, lo accusano…; il severo giudizio di Dio che lo attende…; la disperazione eterna…; insomma tutti i mali scrosciano a un tratto sul corpo e su l’anima del peccatore moribondo… Si adempie allora la parola del Signore: «Io farò degli ultimi istanti del peccatore, un giorno pieno di amarezza » (Amos. VIII, 10). Non avendo seminato che erbe cattive, non avendo piantato che alberi selvaggi, nel giorno della loro morte i peccatori mangeranno frutti acerbi e guasti; hanno studiato il male e concepito l’iniquità, mangeranno di ciò che hanno seminato… (Prov. I, 31). « I miei giorni, esclamerà il peccatore con le parole di Giobbe, passarono, i miei disegni svanirono lasciandomi lo strazio nel cuore » (Iob. XVII, 11).
- Dio si allontana dal peccatore moribondo. — Sono terribili le parole di Dio: «Perché vi ho chiamato e voi non avete risposto, vi ho steso la mano e non vi degnaste di voltare la faccia; perché non avete ascoltato i miei consigli e non vi siete curati delle mie minacce, anch’io mi riderò e burlerò di voi, quando vi sarà avvenuto quello che temevate; quando la disgrazia vi piomberà sopra improvvisa, quando l’angustia e l’affanno vi stringeranno, quando la morte vi verrà sopra come grandine. Allora essi m’invocheranno, ed io farò il sordo; si leveranno di buon mattino per cercarmi e non mi troveranno » (Prov. I, 24-28). Dio tratterà i peccatori nel modo stesso con cui fu trattato da loro; renderà loro al punto di morte quello che essi gli diedero nel vigore della loro sanità e robustezza; il riso, l’ironia, la derisione, il disprezzo e l’abbandono… Quando, simili alle vergini stolte di cui parla il Vangelo, batteranno alla porta del perdono o della grazia, alla porta del ciclo, gridando: «Signore, Signore apriteci» (Matth. XXV, 11)), il gran Dio risponderà loro: «Andatevene; io non vi conosco» (Ib. 12). Voi non appartenete al mio ovile. Iddio si ride del peccatore moribondo e lo schernisce, 1° castigandolo come suo nemico, ma giustamente, a cagione dei suoi misfatti…; 2° esponendolo alle derisioni del cielo, della terra, dell’inferno…; 3° rinfacciandogli le sue iniquità, come farà poi di nuovo al giudizio universale…; 4° rallegrandosi della sua giusta pena e facendo sì che se ne rallegrino gli Angeli e i santi come, secondo l’Apocalisse, si rallegrarono della rovina della colpevole Babilonia, figura dei peccatori impenitenti. « È caduta, è caduta, grideranno anch’essi, questa Babilonia, ed è divenuta casa dei demoni, asilo di ogni spirito immondo » (Apoc. XVIII, 2). « Giubilatene, o cieli, o santi apostoli e profeti, che Dio l’ha giudicata» (Ib. 20); 5° Dio si ride del peccatore moribondo, abbandonandolo ai suoi nemici e principalmente ai demoni che nel torturarlo e tormentarlo lo coprono d’ironia e di scherno. « In quell’estremo, dice il Signore, m’invocheranno ed io non li esaudirò » (Prov. I, 28). Al presente non vogliono udire la mia voce che li chiama; in punto di morte, quando angoscio e miserie li stringeranno da ogni parte, io farò il sordo alla loro voce che implorerà il mio soccorso. Allora il dolore vi aprirà gli occhi, o peccatori, quegli occhi che le passioni e le impurità oggi vi tengono chiusi; griderete a me piangendo, ma io non vi darò retta, perché vivendo aborriste la disciplina e non voleste, temermi, non seguiste il mio consiglio, e disprezzaste le mie correzioni: (Ib. 29-30). La ragione per cui ordinariamente il peccatore moribondo non è esaudito da Dio, benché lo invochi, è perché si è ostinato nei quattro delitti, ai quali accenna il sopra riferito testo dei Proverbi; delitti che contengono quattro gravi ingiurie alla sapienza divina: la prima è l’aborrimento della disciplina, perciò della scienza divina; la seconda, la trascuranza del suo timore; la terza, il rifiuto di secondare i suoi consigli; la quarta, il misconoscere e bestemmiare le correzioni della Provvidenza.
- Il peccatore in punto di morte cade nella disperazione. — « Nel giorno della morte, tutti i pensieri (le buone volontà) del peccatore svaniranno » (Psalm. CXLV, 3). « E la loro speranza va in fumo » (Sap. III, li): « perché la piaga del peccatore è senza rimedio » (Mich. I, 9). Quanti vi sono che nell’ultima loro ora imitano Caino e gridano: « Ahi! troppo enorme è la nostra iniquità, perché possiamo sperare perdono» Gen. IV, 13). Invece di gettarsi nelle braccia della misericordia divina, essi non vedono che la sua giustizia… invece di considerare i meriti del sangue di Gesù Cristo, non vedono più che i molti ed enormi delitti di cui si resero colpevoli….
- La morte sorprende i peccatori. — S. Paolo scrive: «Voi sapete benissimo, o fratelli, senza che vi sia bisogno che noi ve ne scriviamo, che il giorno del Signore verrà come ladro notturno. Quando i peccatori diranno pace e sicurezza, allora sopraggiungerà ad essi improvvisamente la morte e non avranno scampo » (I Thess. V, 3). I cattivi fanno assegnamento sul tempo, e questo mancherà loro. La morte comparirà loro innanzi formidabile e pronta, dice la Sapienza (VI, 6). La sciagura li sorprenderà all’improvviso, leggiamo nei Proverbi, e la morte li investirà come turbine (Prov. I, 27). La loro sorte somiglierà a quella di una casa scossa dal terremoto, o di una nave che va a picco, sbattuta dalla tempesta, e sconquassata dagli scogli… Ecco come Dio percuote e castiga gli empi che disprezzano le sue leggi; sono in pericolo, e intanto scherzano credendosi al sicuro; la morte è vicina, ed essi pensano alla vita; il tempo loro fugge, ed essi non badano all’eternità. Né parenti, né amici ardiscono avvertirli dell’avvicinarsi della morte. Vogliono ingannarsi e s’ingannano; vogliono essere ingannati, e lo sono… A domani, dicono, a domani gli affari di coscienza… E il domani non li trova più: essi già sono entrati nella casa della loro eternità…
- I peccatori muoiono nell’impenitenza. — « Se volete fare penitenza solo quando non potete più peccare, è il peccato che abbandona voi, non voi che abbandonate il peccato », diceva S. Agostino. Alla morte i peccatori periranno, dice il Salmista (Psalm. XXXVI, 20). Periranno, perché Dio li abbandonerà. Né state ad opporre che, in tal caso, l’invocazione di Dio e la penitenza del peccatore in punto di morte si dovrebbero chiamare inutili e troppo tarde; poiché l’invocazione di Dio e la penitenza, per quanto tarde, non sono mai inutili in questa vita, quando siano sincere; ma piuttosto bisogna dire che raramente sono sincere quelle che sono tarde. Difatti può bene, in fin di vita, un peccatore qualunque, anche incredulo, empio e indurito, invocare Dio; ma che cosa è una tale invocazione? Essa ha comunemente lo scopo di chiedere la remissione della pena, non il perdono della colpa. Il peccatore non ha altro in mente, che di sottrarsi alla morte; ecco perché non è esaudito: il suo peccato non gli è rimesso, perché egli non domanda tale remissione. Allora è impenitente. Non chiedendo il perdono della colpa, non ottiene né quello della pena, né quello della colpa e muore da reprobo… E poi invoca egli Iddio veramente di buon animo?… si pente egli di vero cuore?… ha egli sincera volontà, qualora ottenga guarigione, di non più offendere Dio in quelle cose in cui l’ha fino allora offeso?… Ordinariamente tutto questo gli manca e, mancando queste condizioni essenziali della contrizione, l’impenitenza è reale… «Il peccatore morrà nell’ingiustizia che ha commesso », dice Ezechiele (XVIII, 26). Questo vuol dire che il peccatore indurito e impenitente morra nel suo peccato e sarà riprovato… Ma di questo indurimento e di questa riprovazione, si deve attribuire la causa non a Dio, ma al peccatore, come apertamente proclama Osea: « La tua perdita, o Israele, è opera delle tue mani » (XIII, 9). Non Dio, ma tu medesimo, o peccatore, metti ostacolo al tuo avviamento per la strada della salute; poiché da una parte tu fai e vuoi fare quello clic Dio vieta e detesta; dall’altra, né adempi né vuoi adempire quello ch’egli ama e comanda. Ora se tu non facessi quello che Dio abbomina, egli verrebbe a te; la giustizia che punisce, non precede il misfatto o il peccato, ma lo suppone e lo segue… Peccatore, tu morrai in terra contaminata, dice il profeta Amos: (VII, 17); cioè in un corpo brutto di peccati, macchiato dal vizio. « Voi mi cercherete e non mi troverete, disse Gesù Cristo, mi cercherete e morrete nel vostro peccato » (Ioann. VII, 34 — VIII, 21). Voi mi cercherete male e perciò non mi troverete e, non trovandomi, morrete nel vostro peccato… « I peccatori, come osserva S. Gregorio, avrebbero voluto, se fosse stato in loro potere, vivere sempre per poter sempre peccare; ed infatti non cessando mai dal peccare finché vivono, lasciano apertamente arguire dalla loro condotta, che desiderano di vivere per sempre nel peccato ». Se in fine di vita cessano di peccare, non è la loro volontà, ma la morte che li impedisce dal perseverare nel male.
- La morte del peccatore è pessima. — « La morte del peccatore è pessima » (Psalm. XXXIII, 21), dice il Salmista: « Morte orribile è la morte del peccatore, dice l’Ecclesiastico, e meno tristo di lei è l’inferno » (XXVIII, 25). Pessima e terribile è la morte del peccatore, perché abbandonato da Dio, dagli Angeli, dagli uomini, condannato dalla sua ragione e dalla sua coscienza, egli si sente opprimere sotto il peso dei suoi misfatti e cade in preda al dolore, alla disperazione e ai demoni. Orrenda è la sua morte, perché egli vede già, per così dire, le fiamme dell’inferno investirlo e consumarlo… Alla morte, scrive il grande Apostolo, i peccatori soffriranno le pene dell’eterna dannazione (II Thess. I, 9). In quel punto comincerà ad avverarsi la parola del Salmista: « Il Signore renderà agli empi le loro iniquità, e li perderà nella loro malizia » (Psalm. XCIII, 23).
- Esempi ricavati dalla morte di alcuni empi. — La Sacra Scrittura ci narra che Dio percosse l’empio Antioco di una piaga invisibile e incurabile; dolori atroci e spasimi crudeli ne laceravano le viscere; dal suo corpo scaturivano vermi, le sue carni cadevano corrotte a brani, ed egli viveva in mezzo a tanti dolori; e il puzzo che da tanta corruzione si levava era tale, che il suo esercito non poteva soffrirlo (II Machab. IX, 5, 9). Così moriva Antioco maledetto da Dio e dagli uomini. E di morte consimile finiva Erode Ascalonita, l’uccisore degli innocenti, il persecutore di Gesù Cristo; né altra sorte toccò al nipote suo Erode Agrippa. Considerate quale morte incontrarono l’ostinato Faraone e l’empio Baldassarre, e il traditore Giuda… Nerone, ridotto a doversi uccidere di proprio pugno, non poté riuscirvi se non con l’aiuto di Apafrodito, suo famigliare… Domiziano fu ucciso da un suo liberto… Settimio Severo morì di disgusto, lasciando un figlio che aveva attentato alla sua vita e che uccise poi il proprio fratello. Tutta la sua famiglia perì miseramente… Massimiano cadde trucidato dai propri soldati… Decio rimase sepolto in una palude… Gallo fu ucciso un anno dopo che aveva ordinato la persecuzione… Valeriano e Aureliano finirono di morte violenta… Caro, che si faceva chiamare dio, cadde incenerito dal fulmine. Numeriano suo figlio fu scannato dallo zio Apro; un altro figlio di Caro, da Diocleziano; Diocleziano terminò col veleno una vita divenutagli pesante o odiosa, una vita macchiata di orribili delitti… Massimiano Erculeo fu costretto a strangolarsi con le proprie mani… Galerio vide, come Antioco, la sua carne cadergli a brani, rosa dai vermi… Massimino Daia lasciò la vita tra spasimi atroci… Massenzio, sconfitto da Costantino, cadde nel Tevere e vi affogò… Licinio fu messo a morte… Tutti sanno come finì Giuliano l’Apostata… Quasi tutti gli eresiarchi finirono malamente e di morte inaspettata. Manete ebbe strappate le viscere dal corpo, per ordine del re di Persia… Montano s’impiccò… Alcuni Donatisti avendo gettato la santa Eucaristia ai cani, furono immediatamente messi in brani da quegli animali divenuti arrabbiati… Ario lasciò l’anima insieme con gl’intestini… Priscilliano fu decapitato per ordine del tiranno Massimo… Leone l’armeno, iconoclasta, fu assassinato in chiesa… Eraclio, fautore del monotelismo, fu colto da morte subitanea e spaventosa… Valente, ariano, fu vinto dai Goti e bruciato… Anastasio, partigiano di Eutiche, peri colpito dal fulmine. I vermi rosero la lingua del bestemmiatore Nestorio… Luterò morì soffocato nel suo letto, dopo una lauta cena, ed uno storico contemporaneo racconta che una frotta di diavoli, sotto sembianza di corvi, volarono attorno al suo corpo orribilmente gracchiando, e l’accompagnarono fino alla tomba… Zuinglio lasciò la vita in una battaglia. Calvino, divorato dai vermi, spirò bestemmiando… Enrico VIII, re d’Inghilterra, morì da disperato… Questi ed altri casi della morte spaventosa dei grandi peccatori stanno registrati nella Storia Ecclesiastica; del resto la propria esperienza può avere insegnato a ciascuno quanto riesca disgraziata in generale la morte dei malvagi induriti nel male.
- La memoria dei peccatori finisce nella maledizione. — « Il loro ricordo si è spento col rumore che destò la loro morte » (Psalm. IX, 7), dice il profeta. E in altro luogo così parla all’empio: «Iddio ti distruggerà per sempre; ti schianterà e ti porterà via dalla tua casa; ti sradicherà dalla terra dei viventi » Psalm. LI, 5). « Il Signore, leggiamo nella Sapienza, si riderà degli empi. Cadranno disonorati e diventeranno oggetto di obbrobrio tra i morti in eterno. Il Signore li stritolerà nel loro orgoglio fattosi muto e li strapperà dalla loro base; gemeranno oppressi da mali e il loro nome sparirà dalla memoria degli uomini » (Sap. IV, 18-19). « La memoria del giusto, dice il Savio, vivrà tra le lodi; il nome degli empi marcirà nell’infamia » (Prov. X, 7). Il nome dell’empio, la sua gloria e la sua fama spandono fetore di morte; avrà per sua porzione l’oblio e il disprezzo. Il loro nome cadrà infracidito, cioè sarà calpestato e scomparirà come tronco secco e tarlato divelto dal turbine e gettato lungo la pubblica strada. Non essendo condita del sale della virtù e della saggezza divina, la loro fama si corrompe, e si attirerà l’esecrazione e la maledizione universale. La gloria temporale degli empi si oscura e svanisce; di modo che gli uomini, quando se ne parla, li biasimano, li straziano, li nominano con orrore… «Vi sono di quelli, dice l’Ecclesiastico, di cui non si conserva memoria; perirono come se non fossero mai esistiti, nacquero ed è come se non avessero mai veduto la luce; e i figli degli empi dividono la sorte dei padri loro » (Eccli. XLIV, 9)… Detestati in vita, aborriti in morte, saranno ancora maledetti al di là del sepolcro.
- Chi vive lontano da Dio muore in sua disgrazia. — « Già sovente l’ho detto, scriveva S. Paolo ai Filippesi, ed ora piangendo lo ripeto: vi sono molti che vivono da nemici della croce di Gesù Cristo; molti la cui fine é la perdizione, i quali adorano il ventre e mettono la loro gloria in ciò che forma il loro disonore e altro non gustano che le cure terrene » (Philipp. III, 18-19). « Se non temete il peccato, scrive S. Agostino, temete la morte, perché il peccato consumato genera la morte. Se non temete il peccato, temete le conseguenze del medesimo, vi spaventi l’abisso al quale vi conduce. Il peccato è dolce, ma è amara la morte nel peccato. Questa è la disgrazia degli uomini, che morendo lasciano gli oggetti per possedere i quali si erano abbandonati al peccato, ed altro non portano con sé che il peccato il quale li brucerà in eterno ». Strana illusione dei peccatori! Essi non badano che il piacere del peccato, di cui vorrebbero godere in eterno, sfugge loro subito; e che il castigo del peccato, al quale vorrebbero sottrarsi, non si allontanerà mai da loro!… Di essi dice il Salmista: «Le nazioni sprofondarono nell’abisso di morte che esse medesime si sono scavate; il loro piede fu colto al laccio che esse medesime avevano teso… Gli empi siano precipitati nell’inferno insieme con tutte le genti che dimenticano Dio » (Psalm. IX, 15, 17). « Ecco che quelli i quali si allontanano dal Signore, periranno; e saranno travolti nell’abisso di perdizione » (Id, LXXII, 26); (LIV, 24). «La giustizia divina, secondo l’osservazione di S. Agostino, si vendica del peccatore permettendo che, avendo egli dimenticato Iddio in vita, dimentichi se stesso in morte ». I disgraziati andranno dicendo sul letto di morte: « Noi non abbiamo voluto dare nessun segno di virtù nei giorni della nostra vita ed eccoci ora. divorati dalla nostra malvagità» (Sap. V, 13). Ascoltiamo dunque l’avviso dell’Ecclesiaste, e « premuniamoci contro il giorno cattivo » (VII, 15), schivando il male e facendo il bene secondo la regola del profeta (Psalm.. XXXVI, 27). Guardiamoci dall’imitare quel cieco peccatore di cui il medesimo profeta scrive, che « non ha voluto comprendere per non essere obbligato a impiegarsi in buone opere» (Id. XXXV, 3).