Caro direttore, mi permetto oramai, indegnamente, di fregiarmi del titolo di suo amico, non so se la cosa le faccia piacere … spero di si, perché per me oramai lo è! Riflettevo qualche giorno fa sull’espressione che ripetutamente Gesù nel Vangelo cita: “Chi ha orecchie per intendere, intenda!”… e alla mia povera mente, non le saprei dire perché, si presenta la figura del profeta Giona per il quale si staglia alla perfezione il detto: “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”, pare oggi molto in voga, specie in certi ambienti che è meglio non specificare, ma che lei saprà certamente individuare. Giona (che significa “colomba”) inviato a Ninive, è figura degli Apostoli inviati a predicare il Vangelo ai pagani, ci diceva lo Zio Tommaso, di Gesù stesso che restò tre giorni e tre notti nel sepolcro, come Giona nel ventre della balena, e dello Spirito Santo che scese su Gesù sotto forma di colomba … ma … “attenzione, -interviene Caterina all’improvviso, non essendomi accorto del suo ingresso in sala- una colomba che vola verso l’alto a testa in su, … perché a testa in giù, come in certe insegne liturgiche attuali, tipo la croce pettorale dell’usurpante “Ciccio formaggio” [la solita macchietta di Mimmo!?!], rappresenta ben altro spirito …, quello della colomba del satanico O.T.O., … per non dire del baphomet rappresentato sulla stessa croce pettorale” (… direttore, ma che vorrà mai dire, boh !?). “La conversione di Ninive – dialogo quindi con Caterina – è figura di quella di Roma destinata ad essere la capitale della Nuova Alleanza. Gesù stesso, agli ebrei che gli chiedevano un segno, rispose: “vi sarà dato il segno di Giona il profeta: come infatti Giona è stato ingoiato nel ventre di una balena per tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo sarà [sepolto] nel seno della terra tre giorni e tre notti” (Mt., XII, 39-40). Gesù, citando Giona, annuncia la sua morte, la sepoltura e la resurrezione. La missione di Giona continua quella dei profeti a lui anteriori, i quali avevano minacciato sventure (d’altra parte questo è il ruolo del profeta!), castighi per i peccati di Israele, specialmente per i peccati di idolatria e d’infedeltà a Dio. Ma gli ebrei non avevano voluto credere ai profeti e non si erano convertiti. Allora Dio, prima di scatenare la sua collera, fa un ultimo tentativo: suscita un nuovo profeta, Giona, e lo manda a Ninive, la grande metropoli pagana, una specie di New York dell’epoca, una delle più importanti in quei tempi, ricca di ogni corruzione (come oramai la quasi maggioranza delle nostre città e cittadine nostrane attuali!). I Niniviti si convertiranno, a differenza degli ebrei che non avevano voluto convertirsi quando erano stati inviati loro gli altri profeti, anzi li avevano perseguitati ed uccisi”. Ricordo brevemente i fatti narrati, soprattutto a beneficio di mio nipote, giunto inatteso, Mimmo, un testone, carentissimo in fatto di conoscenze bibliche: “Il Signore dice a Giona: “Va’ a Ninive, rimprovera ai suoi abitanti la loro iniquità e poi ritorna a Me”. Giona si alza, ma invece di obbedire, fugge lontano da Dio, in direzione opposta a Ninive, verso Tarsis, nella Spagna meridionale, allora estremo limite della navigazione mediterranea. Certamente Giona, formato da Elia, sapeva che Dio è Onnipresente, ma da buon “pio-israelita” pensava che, in virtù dell’Alleanza stipulata con Abramo, non sarebbe mai intervenuto fuori della Giudea. Egli pensava che, una volta fuori della Giudea, Dio lo avrebbe lasciato in pace. Ma perché mai non voleva predicare ai Niniviti? San Girolamo (in: Commento su Giona, Prologo, P.L., t. XXV, c. 1.117) lo spiega così: “Innanzi tutto si vedeva sminuito nella sua dignità profetica, essendo egli trasferito presso i pagani. Tutti gli altri profeti erano stati inviati in Israele, Giona, invece, era … diciamo … declassato, poiché inviato in Assiria, a Ninive! Inoltre lo Spirito Santo gli aveva rivelato che la conversione dei pagani avrebbe segnato la fine del primato di Israele. Per Giona, che, pur essendo un profeta, era pur sempre un uomo e un “pio israelita’, questo era un compito ingrato; non se la sentiva! Infine Giona sapeva bene che ‘Dio è misericordioso, paziente, sempre pronto a perdonare chi si pente’, ed è proprio per questo che non voleva andare a Ninive, per rispetto umano o paura che, qualora essa si fosse pentita, Dio l’avrebbe perdonata e lui avrebbe fatto una figura meschina”. Giona, quindi, si imbarca per traversare il Mediterraneo e andare addirittura verso la Spagna meridionale. Ma Dio non è d’accordo … fa sollevare una grande tempesta! Tutti i passeggeri, che sono pagani, sono presi dal panico, mentre solo Giona resta indifferente, poiché, tormentato dal rimorso di aver disobbedito a Dio, è noncurante di ciò che succede attorno a lui e, per la tristezza, si addormenta. Il capitano della nave, anche lui un pagano, meravigliato da tanta calma, lo prende per un “santo” e lo invita a pregare il “suo” Dio. Giona comincia a pregare, ma la tempesta non cessa. Allora i pagani pensano che quella tempesta sia l’effetto dell’ira di chissà quale divinità offesa, e tirano a sorte per sapere chi ne sia il colpevole. La sorte cade su Giona. I marinai gli chiedono allora che cosa fare per calmare la collera di Dio, ed egli risponde: “prendetemi e gettatemi in mare. Infatti so che è a causa del mio peccato che la tempesta si è sollevata”. I marinai, pur se addolorati, lo gettano in mare, che immediatamente si calma ed allora una balena ingoia il profeta. Giona, nel ventre della balena, prega Dio, Gli chiede perdono e promette di fare la sua volontà. Dio allora comanda alla balena di “sputare” Giona sulla riva del mare. Giona, questa volta, non avendo altra scelta, si reca a Ninive e predica la penitenza per i peccati che vi si commettono. Ninive era talmente grande che ci volevano tre giorni di marcia a piedi per percorrerla da un capo all’altro … e pensare che allora non c’era il traffico automobilistico! … Giona durante la sua “marcia” non cessa di gridare: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. I Niniviti, impressionati sia dal messaggio che dalla gravità del messaggero, si pentono e fanno penitenza dei loro peccati, credendo in Dio. La cosa giunge sino alle orecchie del re: ossia il popolo comincia il “pentimento”, Dio lo accetta e decide di non distruggere Ninive; poi interviene anche il re (come nel Natale di Gesù prima vanno ad adorarLo i pastori, poi tre re pagani). Questo per farci capire che il regno di Cristo non domina solo sulle singole anime, ma su tutta la società, poiché l’uomo è creato “animale socievole” e quindi in società, sotto la legittima autorità, e non solo in privato, deve dare a Dio il culto dovutoGli. Anche il re fece pubblica penitenza, si rivestì di sacco e si cosparse il capo di cenere. Ecco perché Gesù porta i Niniviti ad esempio contro i Giudei del suo tempo: mentre i Niniviti, che erano pagani, si convertirono di fronte alla predicazione di Giona, un semplice profeta, i Giudei non vollero convertirsi di fronte alla predicazione di Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. Questo episodio ci fa capire che già nell’Antico Testamento si preparava la missione “ad Gentes”, s’iniziava l’universalismo religioso del Nuovo Testamento”. Sempre rivolto alla mia cara nipote, con un sorriso di compiacenza, continuo: “Gesù e san Paolo l’hanno promulgato e praticato, ma era già nello spirito del Giudaismo mosaico, totalmente diverso da quello talmudico cabalistico, che idolatra Israele e odia i goym (in particolare noi stupidi ed insulsi –secondo loro- Cristiani!). Il Giudaismo attuale, per quanto possa ricordare, ha rotto con Mosè ed i profeti, ha assorbito culti pagani, idolatri e frutto di superstizione, mutuati dai popoli loro confinanti e dalle peregrinazioni erranti a cui erano sottoposti, ed in particolare è impregnato da dottrine gnostiche, cioè della dottrina del serpente primordiale. In realtà il vero Giudaismo con Mosè e tutti i profeti annunciava Cristo e la Chiesa, che è il vero e nuovo Israele, secondo lo spirito e non secondo la carne. I Sommi Sacerdoti, gli scribi e i farisei-sadducei hanno crocifisso Gesù, e la storia continua nella sua Chiesa, Corpo mistico di Cristo. È proprio ciò che Gesù rimprovera ai Giudei del suo tempo: “i pagani di Ninive fecero penitenza, e voi no; perciò inciampando nella Pietra angolare,“morirete nel vostro peccato” l’orgoglio (il peccato massimo, come recita il salmo XVIII): il rifiuto del Messia, che perdura tuttora! “Le vicende attuali, ricorda Caterina, evidentemente ben ferrata sull’argomento, ci mostrano che nulla è cambiato, lo stesso odio che animava i Giudei increduli duemila anni fa contro Cristo, anima quelli increduli di oggi contro la Chiesa e contro chi, come Giona, predica la verità, la penitenza, Gesù Cristo, unico Salvatore dell’uomo, sia pagano, sia ebreo. Roma, come Ninive, si è convertita, prima il popolo, poi Costantino; invece Gerusalemme, tranne il “piccolo resto” degli Apostoli e dei primi discepoli cristiani, con qualche sporadico caso nel corso dei secoli, si è indurita (prima i sacerdoti, poi il popolo) nel rifiuto di Cristo”. Mimmo, che sembra avere un impegno urgente, sollecita la conclusione del discorso … “Giona, dopo aver terminato la sua missione di tre giorni, scappa da Ninive, ha paura di essere distrutto assieme ad essa, si rifugia su una collina abbastanza, ma non troppo, lontana, per veder, al sicuro, il castigo della città. Passano quaranta giorni e Ninive non è distrutta. Allora Giona si rattrista e si incollerisce, teme di fare la figura del brocco, falso profeta. “Giona ha paura delle umiliazioni – interviene ancora Caterina – e chiede a Dio di farlo morire. Dio, allora, gli dà una piccola lezione: fa nascere un albero di ricino che lo ripari dal sole; in una sola notte spunta e diventa alto e frondoso, in modo da poter far ombra al profeta che lo apprezza grandemente; però il giorno dopo, Dio manda un verme che, rodendo le radici dell’arbusto, lo fa seccare. Il sole sorge implacabile, un vento di scirocco caldo comincia a soffiare e rende l’aria insopportabile. Giona ne è talmente “sciroccato” che di nuovo comincia a pregar Dio di ritirarselo da questo brutto mondo. Dio lo interroga: “Credi che tu possa indignarti perché un alberello si è seccato?”. Giona risponde di sì! Dio lo rimprovera dicendogli: “Tu sei in collera perché un alberello che è nato in una notte, senza alcuna tua fatica, è seccato in un giorno. E tu vorresti che Io assista, indifferente, alla distruzione di questa enorme città con i suoi abitanti che si son pentiti?”. Uscito Mimmo, anche lui “sciroccato”, cerco di trarre le opportune considerazioni. Mi rivolgo all’attenta Caterina e continuo a dire: “questo libro biblico ispirato vuole farci capire il mistero della Misericordia di Dio verso gli uomini, anche i più disgraziati, anche i pagani o non-ebrei, che riconoscono le loro miserie e ne chiedono perdono. Sant’Agostino (Epistola 102 ad Deogratias, PL, t. XXXIII, c. 383 ss.) ci spiega la morale di questo episodio, come ci ricordava opportunamente lo zio Tommaso, santo sacerdote, nelle sue lezioni domenicali a noi nipoti che pendevamo (ma non sempre!) dalle sue labbra, così: «Giona gioca un ruolo ingrato, in questa scena finale, oltre che nella prima [la fuga]. Egli è figura del popolo ebraico, che si irrita quando vede che anche le nazioni pagane sono chiamate da Cristo al suo Regno. Invece di far penitenza come i Niniviti, o i pagani convertiti dai dodici Apostoli, resta in disparte, urtato, piagnucoloso e lamentoso, sulla collina. L’alberello rappresenta la religione mosaica dell’Antica Alleanza, che deve cedere il passo – seccando – alla Nuova ed Eterna Alleanza. Il sole che brucia l’albero è Cristo “Sol justitiae”, il verme che ne rode le radici è ancora Gesù: “Ego sum vermis et non homo” (e Felicina per compiacere lo zio iniziava subito la recita del salmo XXI), simbolo dell’umiltà. Ma questo vermicello, in poco tempo, secca l’albero, poiché Cristo è venuto non solo per Israele ma per tutte le genti e, quindi, secca tutte le speranze e le glorie terrestri dell’Israele carnale (le fronde dell’albero, sotto cui Giona si riparava). Preghiamo – conclude il Santo Vescovo d’Ippona il “verme divino”, Gesù, che ci roda, ci consumi e tolga da noi ogni albagia». E Caterina aggiunge subito: ricordo di aver letto un libro di don Barsotti che parla proprio di questo argomento e commentava: «Israele non è eletto per la distruzione dei popoli, ma per la loro salvezza” (p. 20); Israele non voleva capire che tutti i popoli e tutte le terre non solo erano sotto il dominio sovrano di Dio, ma erano creature del suo amore […], ciò lo ferisce nel suo orgoglio. […] L’unica cosa che avrebbe dovuto fare Dio [e dovrebbe ancora … secondo gli ebrei] era quella di distruggere tutte le Nazioni per far regnare Israele”. Ma “Quando Israele vorrà conservare esclusivamente per sé i doni che ha ricevuto da Dio … viene condannato, rigettato, e al suo posto entrano le Nazioni”; “… è vero, Caterina cara, in effetti tutto il Libro di Giona sembra voglia ‘canzonare’ Israele che non sa accettare il piano divino”, e vedi che il Signore ha uno spiccato senso dell’umore, un po’ come “Pulcinella, che ridendo e scherzando, disse la verità”! E poi, proprio questo è il destino del cristiano: essere gettato in mare, essere ingoiato dal pesce, perché nell’abisso della tenebra possa scoppiare dal suo cuore il grido della speranza”. Però, caro direttore, attenzione!… : “il profeta è un cibo indigesto. E così come il pesce non riuscì a digerire Giona, allo stesso modo il mondo non riuscirà mai a digerire Cristo e la sua Chiesa”! Ma una volta “sputato” fuori, risorge a nuova vita e a nuovo splendore! Diceva al proposito lo zio Pierre, senza farsi ascoltare troppo in giro (ed anche lei, mi raccomando!): “… non si illudano i tentacoli, le propaggini, vere armi agenti nell’ombra per conto della “balena cabalista”, e cioè le conventicole massoniche, le associazioni politiche agnostiche, comuniste o progressiste (in progresso verso il nulla e verso il fuoco inestinguibile dell’inferno!), e tutte le istituzioni mondialiste, che preparano il nuovo ordine (o meglio disordine!) mondiale, compresa l’antichiesa modernista ecumenica! [ma che linguaggio strano, questo zio Pierre!] create e sostenute con i mezzi finanziari immensi di cui sono stati defraudati i popoli goym ingannati, ed il cui unico vero fine, al quale lavorano in combutta incessantemente, è quello di distruggere, a qualunque costo, il Cristianesimo e la Chiesa cattolica! Ma “… portae inferi non praevalebunt!” Babilonia sarà distrutta al colmo del suo splendore, sarà arsa quando si riteneva ormai vittoriosa e sicura, protetta dai baluardi della propria infamia, della propria superbia e del disprezzo delle leggi divine; la Babele adultera, prostituita a tutti gli idoli, cadrà miseramente nella desolazione nel pieno del suo orgoglio, attirandosi la giusta ira divina che non avrà alcuna remora né pietà nel radere al suolo e sprofondare negli inferi la culla degli abomini insieme a tutti i suoi falsi sacerdoti e profeti. S. Giovanni nell’Apocalisse ha tutto predetto, e tutto si attuerà, stiamone certi … !” . Caro Direttore, a questo punto la saluto e le auguro un buon pranzo, magari con un buon piatto di pesce, ma … che non sia indigesto, mi raccomando! Buon appetito a tutti da Nonno Basilio e famiglia. Alla prossima.